L’amore supera ogni confine, qualsiasi ostacolo, anche lo scorrere del tempo.
Forse per capirlo dovevo dire addio a questo mondo.
Non vedrò il cielo domani. Non sentirò il sole sulla pelle.
All’alba morirò.
Il mio destino era segnato dal giorno in cui sono stata arrestata, con l’accusa di aver causato la morte delle mucche del mio vicino.
Chi sono e da dove vengo poco importa. Ciò che conta è la mia storia e il ricordo che resterà di me.
Il mio nome è Margherita e sono morta di stenti in prigione a Novara il 14 agosto 1520.
Sono bella, ribelle, intelligente, ho gli occhi color dell’autunno. Tutti dicono di me che il mio sorriso illumina il mondo.
Ora tutto questo poco importa. È un ricordo. Il mio presente è fatto di un freddo giaciglio di paglia, nella cella in cui sono rinchiusa da giorni, forse settimane. Il tempo si è fermato il giorno del mio arresto.
Da quell’istante ho smesso di vivere.
Dolore e solitudine mi tengono per mano.
Giorno e notte sono un tutt’uno, non so più distinguerli. In questo luogo sola la fiammella di una candela mi fa compagnia.
Mi aggrappo a quel bagliore disperatamente, è il mio ultimo legame alla vita. E quando mi accorgo che la luce diminuisce e comprendo che sta per spegnersi, il mio cuore si ferma. Il buio mi avvolge, il tempo svanisce.
Il mio corpo è prigioniero in questa stanza. La mia mente è libera di correre da lui, fra le sue braccia, ripercorrendo in un istante senza fine la nostra storia che tanto mi ha dato e ora tutto mi toglie.
Il suo nome non lo voglio dire. Resterà il mio segreto. Ciò che dovete sapere è che ha rapito il mio essere Margherita in una calda sera d’agosto.
Oggi con lui sono una donna diversa, ho imparato a vedere il mondo, non solo a guardarlo.
Occhi negli occhi ci siamo staccati dal vivere terreno per non lasciarci mai più.
Un incontro per caso, quasi uno scontro, nel piazzale del castello di Barengo.
Inciampo, mi sorregge.
Mi sfiora appena la schiena, il mio cuore esplode in un sussulto.
Dio mio, che mi succede? Posso provare tanta confusione per uno sconosciuto?
È un forestiero nella mia terra, un cantastorie venuto da lontano. Conosce il passato come nessuno mai.
Molti lo ammirano, alcuni lo temono. Si dice che sia capace di incantare la folla con le sue parole.
Per me ha gli occhi color della primavera e il cuore pieno di giustizia.
“Attenta” mi dice, “la via qui è impervia. Come vi chiamate?”
“Margherita e voi?”
Inizia così il nostro viaggio.
Ogni giorno un incontro sotto la torre. Camminare, parlare, sfiorarsi appena.
Il suo sapere sconfinato mi apre nuovi orizzonti, le sue parole mi segnano l’anima. La verità che mi racconta cambia la mia vita. Parole a fiumi tra di noi. Sorrisi, carezze. La voglia di rivedersi. Poi un giorno la pioggia ci sorprende nel bosco.
La corsa verso la stalla, le risate e poi un bacio, infinito. Una carezza, timida.
Ci siamo amati.
Non sapevamo che occhi cattivi, pieni di invidia, ci stavano osservando, segnando il nostro destino.
Il rancore di una donna mi avrebbe uccisa.
Il tempo con lui passa in un lampo. I giorni diventano settimane, le settimane mesi.
Viviamo nella mia casa al limitare del bosco. La gente lo sa, chiacchiera, ma a noi non importa. Ci sentiamo più forti.
Il cantastorie gira di città in città, raccontando ciò che nessuno conosce. Ogni notte ritorna da me.
Quegli occhi cattivi ci spiano ancora, il rancore cresce come una malattia. Come posso accorgermi del pericolo? L’amore mi guida, mi sento protetta da lui. Il cantastorie è sempre con me.
Un giorno, qualche mese fa, il mio vicino bussa a casa mia.
“Margherita mi puoi aiutare? Le vacche fanno poco latte, so che tu sai cosa fare. Dimmelo.”
Conosco le erbe, come combinarle per avere effetti benefici. Me lo ha insegnato mia nonna. Non mi costa nulla aiutarlo.
Ma quel gesto mi è fatale. Qualche settimana dopo due delle mucche a cui ho dato le erbe muoiono.
Occhi cattivi, che ama in segreto il cantastorie, decide che è giunto il momento di farmela pagare.
Grida al maleficio.
La gente mormora attorno a me, sono segnata.
Tutti le credono, le voci corrono veloci.
Il cantastorie parte per un paese vicino. È l’alba. Il cielo è terso, l’aria pulita.
Un bacio, il suo ultimo bacio. Non lo sapevamo.
“A sta sera amore mio.”
“Ti aspetto.” Rispondo io.
Ma troverà la casa vuota.
Sono venuti ad arrestarmi nel pomeriggio, stavo lavando i panni al fiume.
L’accusa è chiara, ho ucciso le bestie del Ferdinando.
“Cosa vuol dire?” Chiedo io.
“Non lo sai strega?” Rispondono loro.
Ora capisco, non rivedrò più occhi color della primavera.
Mi portano in prigione a Novara, mi buttano in cella. Piango.
Prego Dio, lo stesso in nome del quale loro mi accusano, che mi aiuti. Ma nessuno mi può aiutare, solo la morte benevola mi può portare fuori da qui.
Mi rasano la testa. Cercano il segno del Demonio su di me. Mi toccano con mani irrispettose, mi umiliano, mi lasciano a terra, fra i miei capelli.
Dove sei cantastorie? Ho paura.
Passa del tempo.
Una candela, due. Il buio.
Dolore. Freddo. Fame.
Il mio pensiero vola a lui, ai suoi abbracci, alla nostra casa piena di noi.
Dolore, ancora paura. Una candela. Il buio.
“Devi confessare.”
Ma io non lo farò. Non confesserò. Si accaniscono su di me, ma ormai non sono più in cella, sono libera con il mio cantastorie a camminare nel bosco.
Il tempo si ferma, la mia mente no.
14 agosto. Sono sfinita. Ho solo te nel cuore. Mi bruceranno sul rogo fra due giorni. La sentenza è arrivata ieri. Ma non avranno questa soddisfazione. La vita mi lascia, il mio spirito vola libero. Il cantastorie depone il mio corpo nel bosco, accanto a casa nostra, dove potrò per sempre, libera, sentirlo narrare la nostra storia e quella di mille altre donne sfortunate come me morte per mano dell’Inquisizione.
Rosella Reali
fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/
La fotografia di copertina è stata trovata sul web. Un indirizzo a cui si può liberamente accedere per visualizzarla interamente è il seguente: http://www.gioventurapiemonteisa.net
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