https://www.youtube.com/watch?v=oPchfnjrWNE&feature=youtu.be Annarita Gismondo, epidemiologa, effetti
collaterali, positivi, contagiati, asintomatici…
https://www.youtube.com/watch?v=I4fXet3-EvU&feature=youtu.be Davos passaporto digitale
Una
premessa. Fortunato Macron, che alla rivolta di mezza popolazione contro il suo
regime Rothschild ha trovato il rimedio Coronavirus, con conseguente arresti
domiciliari di massa. Fortunatissimo Macron, che all’insofferenza crescente del
suo popolo, ha visto rispondere la classica arma di distrazione di massa
assegnata alle riserve del Potere: il terrorismo islamico. Mancavano a Macron
le truppe nelle chiese e nelle scuole. Ora ce l’ha. Ora il suo ministro della
Salute può tranquillamente prevedere l’immancabile Terza Ondata del virus. Che
chiappe!
Il fattaccio francese ha
peraltro consentito al nostro Mentana della Rete propaganda La7 di far sforare
il suo tg dai 35 minuti su 30 dedicato al Covid, aggiungendo qualche secondo su
quest’altra calamità.
Parigi oggi
Datemi
un comunista e rivolterò…il Covid
Pur puntando occhi e orecchie,
non riesco a vedere in giro un solo sedicente comunista (e sindacalista) che,
rispetto a quello che si chiamava scontro di classe, non si ponga come utile
idiota, o addirittura amico del giaguaro. Quelli che hanno capito proprio
niente di una realtà che vede masse di miliardi manipolate, ingannate, mutilate
e a milionate uccise da una ridottissima élite con corredo di cortigiani. E poi
quegli altri che, avendo capito qualcosina, non decisiva, del brutto
inflittoci, tuttavia si accomodano borbottando. Al margine estremo, per responsabilità tradite, stanno
coloro cui la realtà non riesce a estirpare la pantomima della “classe
operaia avanguardia della rivoluzione”. Sono affiancati dai sindacati e
perfino dall’USB, sindacato di base che, non contento di tre mesi di micidiali
arresti domiciliari, adesso perora il diritto dei lavoratori a “lockdown veri”!
L’USB è l’emanazione di
quella Rete dei Comunisti (sic) che a suo tempo mise a disposizione del suo
finanziatore comunale, Veltroni, una “Lista per Veltroni Sindaco”.
Tra quelli che non hanno
capito e quelli che non hanno voluto capire, ci stanno proprio tutti,
Classificateli voi, tra sopravvissuti al bertinottismo, microgruppetti dai nomi
cangianti, centri sociali mummificati fino al PAP, la decina di “autentici”
partiti comunisti italiani. E’ tutta gente a cui Togliatti, sepolto Gramsci
come Stalin fece con Bucharin e compagnia, e Berlinguer hanno insegnato un’attesa
talmente paziente, da far incollerire d’invidia il sottotenente Giovanni Drogo
del profetico “Deserto dei Tartari” di Buzzati.
Però una cosa bisogna
riconoscergli. Erano contro la proprietà privata e continuano a esserlo. Fino
all’estremo limite: abolizione della proprietà privata del proprio corpo.
Misura rivoluzionaria, coerentemente comunista per aver già ceduta quella del
cervello. Retaggio feudalcapitalista da nazionalizzare. Ne disponga la mano
pubblica. Ne ha il diritto e gli strumenti. Tecnoscientifici.
La
sinistra è la destra e, da destra, con il Covid, assegna colpe e punizioni.
Tutti questi, complici,
creduloni e facilitatori del Nuovo Ordine sono di destra. Anzi, visti nella
radicalizzazione dello scontro, di estrema destra. Sostengono, o tollerano, il
più micidiale progetto, mai concepito e messo in atto, di oppressione e
sfruttamento, di disumanizzazione, dell’essere umano, mai concepito: il
sociocidio. Paragonabile, sul piano concettuale, solo alla distruzione del
mondo classico ad opera dei cristiani, apostoli, evangelisti, patristi. Pensate
allo scaltro Sant’Agostino che, fatta propria la retorica e pezzi di filosofia
greco-romani, imbambolò migliaia di generazioni con la decerebrante zavorra del
“peccato” e della “colpa”, da cui non le “opere”, ma solo la “grazia” ci può
liberare. Fandonie che, ci vollero oltre mille anni per essere bloccate dal
ritorno dei classici, dall’illuminismo e da Marx. E poi pensate alla
restaurazione, operata dai guru del Covid, del “peccato” del vivere da vivi, e della
“grazia”, che ci arriverà solo col vaccino e col digitale.
Destra
sinistra si scambiano di posto
Mi strappo i capelli a dover
riconoscere che spifferi di sinistra, cioè di rifiuto della vulgata di regime e
di Cupola, arrivano solo, pur nel suo famelico neoliberismo, ossessivo
bigottismo e grottesco nostalgismo, da un’opposizione in cui si sono rifugiati,
tra chi briga per lo scambio di poltrone, anche alcune menti libere e
consapevoli. Provate a vedere “La Verità”. Vi troverete messaggini al
Covid, ai televirologi e a Conte, che non osano da nessuna parte, dai
tradizionali media di massa coglionata, all’anomalia del “manifesto”, mattinale
dei Deep States virusisti.
Ecco dunque, con innegabile
evidenza, la nuova divisione “di classe” che, pur mutatis mutandis, dalla
produzione umana alla digitalizzazione e alla robotizzazione, assolutamente
nulla toglie a Marx. E’ solo cambiata la composizione degli schieramenti. Prima,
operai e, non sempre, contadini, di fronte a piccola e grande borghesia,
feudatari, aristocrazia redditiera e perfino sottoproletariato. Oggi, tutti
costoro a comporre il 99,9 % di ciò che formicola sul globo. Il resto fa da
punta estrema. La classica piramide. Qualcuno ha semplificato: dominati e
dominanti. Senza aver attraversato le nebbie storiche che ancora avviluppano
quelli con la fissa della classe operaia, la nuova “composizione di classe” gli
resterà occlusa dalle sbarre del dogma e, dunque, di affrontarla manco a
parlarne.
La
classe della paura
Col Covid, anzi, con l’idea
del Covid, scatenataci addosso dall’élite extra-umana, si sono enucleate alcune
nuove categorie, differenziate meno per status sociale, quanto per atteggiamento
dello spirito, ma tutte intorcinate dalla paura del nuovo “inferno”: i pecoroni,
che ci credono perché non gli va neanche di pensare; quelli che capiscono, o
perlomeno dubitano, ma si conformano; e quelli che mordicchiano la buccia
difettosa della mela (sempre quella!),
ma soccombendo poi, come Adamo, al nocciolo tossico della mela.
Nei primi prevale la plebe
passiva, nei secondi quelli che hanno fatto il liceo, nei terzi i patrizi, che
si pensano la crème de la crème del pensiero profondo e raffinato. E non
sono altro che i “chierichetti”, servitori della Messa celebrata dai chierici
traditori al servizio dell’ennesimo dio falso e bugiardo. Tutti chiacchiere e
distintivo di sinistra, terrorizzati, sia dal virus che dalla perdita del proprio
ruolo a favore dei digitali, sono destra ed estrema destra. Marx gli
scaglierebbe “Das Kapital” in testa.
La
nuova società: tutti contro tutti e a spione, spione e mezzo
Globalizzare, capillarizzare
il divide et impera. Ci hanno contrapposto tra nazioni, religioni,
autoctoni e alloctoni, donne e uomini, gruppi d’età. Con il peccato del corpo
di troppo hanno raggiunto la perfezione. Una società di delatori che spiano e
denunciano i corpi: quelli di troppo nelle case, quelli di troppo ai tavoli,
quelli troppo vicini, quelli che si toccano, quelli che non si coprono la
faccia, quelli che si mantengono le mani sane evitando l’Amuchina, i troppi in
piazza, in strada. L’arma suprema: tutti che spiano tutti, fino a che i corpi
non spariscano tutti nella matrix, dentro lo schermo.
Di questa nuova
configurazione che, oltrechè sociale, possiamo definire morale e psicologica,
ho avuto esperienza personale. Vi attingo per dare corpo al mio chiacchiericcio
e fornirne prova. Prima, un episodio in cui si manifestano coloro che si
trovano al freddo quando stanno fuori dal gregge e dei quali il verbo che cala
dall’alto sollecita il benessere assicurato dall’adesione al dogma Sono vittime
su cui non va infierito, anche perché già vi infieriscono, oltre ai pastori del
gregge, gli altri due spicchi di società dediti alla postura del ciclista:
pestare verso il basso e abbassare la schiena verso l’alto. Sono i critici dei
distinguo sui modi e non sulla sostanza; quelli che hanno capito tutto, ma lo
fanno passare per benefico progresso, “seppure a certe condizioni”.
Guai
ai demascherinizzati: si possono riconoscere!
Mi trovo davanti a un
ufficio che gestisce documenti pubblici. Siamo una decina nel cortile
antistante. Ben distanziati e con mascherine. Tranne me, non ci avevano ancora
precipitato nell’abominio del bavaglio all’aperto. Lontano cinque metri, un
omaccione imbavagliato mi apostrofa: ”Metta la mascherina!” Spiego che
c’è licenza, all’aperto. Lui incalza e innesca un mormorio generale che diventa
clamore e ingiuria. Una signora chiama i carabinieri a punire la mia fellonia.
Quelli le spiegano che non c’è fellonia e che si calmi. L’energumeno, forte del
consenso di popolo, si esalta e mi viene addosso mulinando le braccia. Ricordandosi
di botto del pericolo mortale che io rappresento, si blocca al mitico e
salvifico metro di distanziamento OMSiano. Qualcuno mi chiama dalla porta: “Tocca
a lei”. Salvo.
Da 15 anni frequento lo
stesso bar. Quello all’angolo col semaforo. Due cappuccini e un cornetto per
5.475 volte. Tolti i giorni di vacanza e trascurati gli aperitivi la domenica.
Un bel contributo, direi, alla salvaguardia dell’impresa dalle crisi e dai
virusiani. La clientela è quella di un vecchio borgo deculturizzato per perdita
di identità sociale. Il tema ghiotto è il pettegolezzo. Facile che diventi
spiata. Il Covid, è un’occasione ottima, legittimata e incoraggiata da un
regime che ne trae sopravvivenza (come tutti i regimi). Frequento pochissimo la
mascherina, ragioni politiche, ma anche perché m’è esploso un herpes sulle
labbra. In più sono l’estraneo arrivato dalla grande città. In più faccio il
giornalista, di quelli fastidiosi, so un po’ di cose e parlo le lingue. In più
ho un bassotto che ogni tanto abbaia e va cercando briciole tra i tavoli.
Bannato!
Insomma io e mia moglie
siamo eterodossi. E non portare la pezza sulla faccia al tavolino e, a volte,
pronunciare cose irriverenti verso il sistema del bene comune, mette cervelli e
coscienze in difficoltà e di pretesti ne trovano a sguazzarci. E, grazie a
tante vocine insofferenti e frustrate, inviperite, bastian e bassotto contrari,
hanno colto l’occasione e, intorno al banco del bar, si sono moltiplicate
sussurri e grida contro il blasfemo, l’iconoclasta, l’untore. La titolare,
poverina, in angustie da chiusure, tanto dannanti quanto demenziali, sa bene da
che lato il suo pane è imburrato. Così ha fatto la sua scelta, tra masse
indigene e singolo intruso. E per dimostrarla ha allestito una pantomima da
volume dieci su mia presunta connivenza col virus. Una miseria. Ma emblematica.
Ci si può, pietosamente, passare sopra. Non però sopra le miserevoli scorribande di
fuggitivi dall’onestà, dalla verità e dalla lotta che si ritrovano tra certi
intellettuali ellittici che spiraleggiano tra opposizioni di cartone e
complicità di fondo con il crimine in corso. E di cui alcuni si pavoneggiano
(nel caso che cito è il termine giusto) nella newsletter “Sinistra in rete”
Un sito che, dato il nome e le tante teste d’uovo, a volte sodo, a volte à
la coque, che vi sono ospitate, si può ben definire “pensatoio comunista di
buon livello”. Ho avuto il privilegio di scrivervi spesso, al tempo in cui, nel
mio mondo, ero considerato soprattutto un esperto di geopolitica e un inviato
di guerra. Quando ho incominciato ad occuparmi della guerra che viene ora
condotta dai governi contro i propri popoli, gli apprezzamenti del titolare del
sito sono venuti a mancare. E a mancare sono venuti anche i miei articoli su
protagonisti, ragioni e obiettivi dei mandanti e mandati dell’operazione
Coronavirus. Visto come i “comunisti” italiani di oggi galleggiano soddisfatti in
quel che si chiama il mainstream, il grande flusso dell’opinione su tale
operazione, ho capito perfettamente il perché del bando alla Facebook da
“sinistra” inflittomi.
Su “Sinistra in rete”, dalla fede nel sol dell’avvenir a quella in un
Coronavirus oggi, domani, sempre.
Anni
fa, c’era anche Giulietto Chiesa, avevamo creato un gruppo di pocofacenti, ma alacremente
analizzanti e denuncianti l’impero, le sue ricadute economiche, sociali,
militari e i suoi clientes. Molte opinioni ci siamo scambiati su Libia e Siria.
Qualche minipresidio abbiamo realizzatoi qua e là. Sicuramente meglio di
niente, quando i “comunisti” si limitavano a dare colpetti alla botte mentre
facevano di tutto per rafforzare il cerchio. Qualcosa di buono abbiamo scritto.
L’ego non minimalista di Giulietto ci ha messo un po’ nell’angolo, ma non è
stata questa la ragione della disfatta. Più di quello potè il virus. Di colpo,
antagonisti feroci dell’establishment occidentale, rimanemmo in meno delle dita
di una mano. Chi si eclissò del tutto. Chi si arrampicò sugli specchi per
parlare d’altro, i trascorsi fascisti in Jugoslavia, si o no ai buchi neri
nell’universo, le lezioni di comunismo di Kim Jong Un. E chi, senza molto
mostrarsi in pubblico, scelse di provare a fare l’ossimoro, mettendosi a metà
strada tra incudine e martello, covid e anticovid, vivendoci bene, ma finendone
stritolato sul piano della logica e della verità..
E’ il caso
di un amico “compagno” che è riapparso in quella dignitosa rassegna di
interventi “comunisti” che è “Sinistra in rete”. E qui ci viene incontro
il simbolo stesso di quella che è la categoria dei chierichietti. Quell’ amico
del tempo delle contrapposizioni frontali è, possessore di due nomi evangelici,
uno di rito latino, l’altro di rito ortodosso. Nel pezzp Covid li fa dialogare
tra di loro. Ha dunque un doppio, il famoso Doppelgänger.di Steiner, Freud, Schnitzler, Maupassant. La curiosità sta nel fatto che
entrambi condividono le stesse opinioni. Quella che, sebbene il governo abbia manifestato carenze ed errori
nell’affrontare il virus, le norme restrittive erano necessarie, Conte è il
migliore dei taumaturghi disponibili e tutti noi, che dubitiamo, o parliamo di
infame operazione di potere, siamo miserabili “negazionisti” e
“terrapiattisti”. Implicito che Conte, da rimproverare solo per non aver
utilizzato tutti “i poteri speciali permessi dall’emergenza”, possa
infliggerci le sue giuste punizioni.
L’amico binome arriccia il naso sulla chiusura per cena e non per pranzo
dei ristoranti, effettivamente una fusione del neurone degna di Cernobyl, ma
subito si rimette in riga approvando la chiusura di luoghi “a rischio di
contagio, come cinema, concerti e altri eventi”. Rallegra così gli
esercenti che hanno speso barche di soldi per adeguare le strutture alle più
cretine norme di finta sicurezza e al tempo stesso, relega tra i negazionisti
terrapiattisti i complottisti che, nella chiusura di tutte le occasioni
d’incontro, percepiscono la volontà di farla finita con il concorso tra esseri
umani. Ma il bello sta in coda, quando il poveruomo, esaurito l’elogio
all’avvocaticchio dei farmadigitali, vede dietro al Covid un grande complotto
planetario, cov(id)ato dal Forum Economico Mondiale (Davos) e intitolato “Great
Reset”. Quello che sta negli stessi verbali del Forum 2020. L’avere appena
dato dei negazionisti a chi scopre la manfrina di Conte e i suoi per portare
avanti proprio quel “Grande Risettaggio”, spiega i due nomi da Doppelgänger.
Il
sogno digitale di Michele Mezza
Dal chierichetto al
chierico. Su un piano meno confuso si colloca un prestigioso studioso e ex-accusatore
della società modello Algoritmo e relativo mondo disumanizzato, Michele Mezza.
Il mio ex-collega in RAI, pubblica ora sul “manifesto” (e dove sennò?),
direttamente a nome della Cupola del totalitarismo farma-digital-poliziesco, un
peana al futuro mondo in cui tutti saremmo burattini appesi ai fili, o
piuttosto alle antenne, della vita al digitale. Per arrivare a questo
Eden in Terra, che ci vedrà scampati al virus grazie alla morte cerebrale di
tutti noi, non ci vuole la Grazia agostiniana, ma più semplicemente
“l’indispensabile applicazione “Immuni” per il tracciamento” di 6,3 miliardi di
esseri umani.
L’uomo,
che sta impudicamente all’orecchio dei miliardari di Davos, completa la
configurazione ultra-orwelliana della società, esigendo che l’app sia “collegata
alla tessera sanitaria, sia parte integrante della documentazione di ogni
cittadino e deve agganciarsi al GPS in modo da monitorare i nostri movimenti.
Nessun pretestuoso e strumentale richiamo a una privacy, già ridotta a un
guscio vuoto… al Ministero della Salute ci sarà un supercomputer che diventerà
il fulcro e la cabina di regia di questo nuovo welfare del calcolo… che sconfiggerà
la pandemia. Ma non erano stati i vampironi di Davos a sollecitare il
“passaporto sanitario senza il quale non potrai neanche salire su un autobus o,
figurati, varcare un confine comunale?
La democrazia - e il virus - o sono digitali, o non ci sono.
Tutto questo sarebbe
opportuno e di sinistra perché sottrae i controlli sui dati al privato e li accentra
nella mano pubblica. Non è formidabile? “E’ la sola via – conclude il Mezza
– per una democrazia reale, attuale, moderna”. Quella, per l’appunto,
vaticinata dal Forum Economico Mondiale a Davos, nel gennaio scorso, nell’Agenda
ID2020 e relativo vaccino con identità digitale sottocutanea a tutti e a ognuno,
a partire dal 2021. Anno di svolta come fu quello 0 dal quale contiamo. Chi vi
ci accompagna? Ma li conosciamo! Ci accompagnano benevoli virologi, giorno e
notte, da tutti gli schermi. Soprattutto per non farci dormire per il panico.
Sarebbero medici impegnati in camice sulle infinite vittime del virus. Ma li
preferiamo VIPin televisione. E Mezza doverosamente li onora così: “quegli
scienziati, come Andrea Crisanti e Massimo Galli, che chiedono piena autonomia
e sovranità nell’uso dei dati per contrastare la marcia del contagio” (e
l’ultimo brandello di libertà). Ma non aveva, Mezza, scritto un attimo prima
che i dati dovessero passare dai privati allo Stato? E allora Crisanti, Galli? Non
fanno eccezione, sono loro, ora, lo Stato..
Bravo Mezza, una faccia, una
razza.
fonte: FULVIO GRIMALDI