mercoledì 29 ottobre 2014
eutanasia, Brittany Maynard e la decisione di morire tra pochi giorni
Qualche giorno fa aveva dichiarato, “Non sono una suicida e se lo fossi stata l’avrei già fatto, ma sto morendo e voglio farlo. Il mio tumore è così grande che servirebbero delle potenti radiazioni al cervello solo per rallentarne l’avanzata ma con effetti collaterali spaventosi, tra cui le ustioni. Con la mia famiglia abbiamo ragionato e verificato che non esiste un trattamento. Le cure palliative inoltre non riducono comunque il dolore devastante e la possibilità che possa perdere a breve le capacità cognitiva e di movimento, ho deciso quindi per una morte dignitosa”.
E lasciando da parte le polemiche sulle copertine o fesserie simili, non posso che dare tutto il mio appoggio, sostegno, la mia solidarietà a questa sfortunata ragazza che ha avuto il coraggio (e la possibilità) di scegliere come terminare la propria esistenza, senza ulteriori sofferenze e in dignità!
La fine di questa storia è drammatica. Brittany Maynard a soli 29 anni ha un tumore al cervello che non le lascerà scampo. Ma a far discutere l'America e non solo è la decisione della giovane donna di scegliere l'eutanasia e di vivere gli ultimi giorni senza spegnere i riflettori. Si è trasferita da San Francisco nell'Oregon, dove il suicidio è legale, con Dan, quello che è suo marito da un anno, e il resto della famiglia. Da qui porta avanti una campagna mediatica per far conoscere il dramma dei malati terminali e affinché tutti loro, indipendentemente dalle condizioni economiche, "possano morire con dignità".(Rainews)
fonte: www.stopcensura.com
martedì 28 ottobre 2014
Michael Wincott
Iran, impiccata per aver ucciso il suo stupratore
L'ennesima assurda storia dal mondo islamico arriva dall'Iran dove una donna è stata condannata e giustiziata a morte con l'impiccagione per aver ucciso l'uomo che abusava di lei, parliamo di Reyhaneh Jabbari, ragazza di 26 anni giustiziata dal governo Iraniano nonostante gli appelli internazionali rivolti alle autorità locali.
Arrestata nel 2007 dopo aver ucciso con una pugnalata Morteza Abdolali Sarbandi, ex dipendente del Ministero iraniano per l'Intelligence, che l'avrebbe aggredita prima fisicamente e poi sessualmente.
Inutili sono state le richieste, sempre rifiutate, alla famiglia della vittima di accordare il "perdono", che in Iran - secondo le leggi della Sharia - consente ad un condannato a morte di non essere ucciso e di scontare la pena in carcere.
fonte: www.stopcensura.com
lunedì 27 ottobre 2014
Gesù era sposato? Scoperto un frammento di papiro che parla della moglie di Gesù
Dopo l’annuncio della scoperta di un frammento di papiro che parla della moglie di Gesù, torna il tema del segreto del Santo Graal, custodito da Templari e Rosacrociani,
e che altro non sarebbe secondo alcuni il matrimonio tra Gesù e la Maddalena. Del sacro femminile e del suo autentico significato nella cristianità non avrebbe parlato solo Leonardo con la sua Ultima Cena, ma ne sarebbe stato fautore anche Dante Alighieri, membro della setta i “Fedeli d’Amore” di stampo rosacrociano.
“E Gesù disse loro, mia moglie”… “Ella sarà in grado di essere mia discepola”…
Su un pezzo di papiro più piccolo di un biglietto da visita (8 x 4 cm) ci sarebbe la testimonianza che Gesù fosse sposato.
La fenomenale notizia di un frammento scritto in copto saidico (un dialetto dell’Egitto del Sud) e risalente al quarto secolo è stata data da Karen L. King, studiosa di storia antica alla Harward Divinity School. L’annuncio è stato fatto nel corso del Convegno Internazionale di Studi Copti, che si è tenuto in questi giorni a Roma. Il vangelo scoperto è stato immediatamente soprannominato dalla stampa internazionale “Il vangelo della moglie di Gesù”.
Altre frasi presenti nel frammento sono:
“Mia madre mi ha dato la vita,” e “Maria ne è meritevole”.
Ma la più sconcertante è certamente quella della possibilità che Gesù avesse una moglie.
La provenienza del frammento resta misteriosa, in quanto il proprietario ha chiesto di restare anonimo. La studiosa di Harward prima di dare l’annuncio al grande pubblico aveva condiviso la notizia solo con un ristretto numero di esperti di linguistica e papirologia, sebbene sia adesso pronta a far studiare l’enigmatico frammento anche ad altri. Ha detto anche che cercherà di spingere i proprietari a farsi avanti per dare maggiore credito a questa straordinaria scoperta.
Secondo gli esperti che lo hanno visionato, il frammento è comunque autentico e non un falso: le lettere sono scritte dalla mano di una persona non troppo colta, e il papiro e il tipo di inchiostro utilizzato sono compatibili con quelle usate nel quarto secolo dopo Cristo. Il modo di scrivere sembra ricondurre a una scrittura “non professionista”, cioè non quella di uno scriba, magari compilata da qualche credente che voleva tramandare la dottrina cristiana mentre c’erano ancora in corso le persecuzioni.
La professoressa di teologia della Princeton University, AnneMarie Luijendijk, che ha collaborato con la King, ha dichiarato che “Sarebbe impossibile falsificarlo” e per vari motivi. Ad esempio il retro molto rovinato ma che presenta ancora dei frammenti di parola, oltre che il fatto che un presunto falsario avrebbe dovuto essere al contempo un esperto di grammatica copta, di scrittura manuale e di teologia e cultura dell’epoca in determinate zone dell’Egitto.
Sebbene il pensiero voli subito al bestseller di Dan Brown, “Il Codice da Vinci” che riporta romanzandole le voci più che ricorrenti nella storia di un matrimonio tra Gesù e la Maddalena, la King ha detto che il frammento non costituisce una prova inconfutabile che Gesù fosse davvero sposato. Lo scritto segue di quattro secoli la morte di Gesù. Ciò nonostante la studiosa dice che è interessante perché dimostrerebbe che ci fosse già un dibattito presente anche tra i primi fedeli sul valore del celibato nella Chiesa e sul ruolo della donna nella Cristianità.
Moglie fisica o spirituale?
C’è anche chi si è immediatamente lanciato a controbattere ogni ipotesi di una sposa di Gesù asserendo che all’epoca era possibile avere una moglie in modo simbolico e comunque la parola “moglie” potrebbe riferirsi alla Chiesa stessa come accade nel nuovo Testamento. Nell’Antico testamento invece il termine sposa è spesso riferito, parlando dei profeti, alla terra di Israele. Forse dunque non una moglie vera e propria, ma solo un simbolo spirituale già usato in altre parti delle scritture.
A favore dell’ipotesi di un Gesù sposato sono comunque alcune considerazioni di tipo storico: ad esempio il fatto che all’epoca sarebbe stato molto improbabile che un rabbi fosse celibe. Un predicatore non sposato in Palestina sarebbe dunque stato una grossa anomalia storica. Nella tradizione si racconta che solo Giovanni tra i discepoli non era ammogliato, mentre tutti gli altri 11 avrebbero avuto una sposa, incluso Pietro-Simone, futuro capo della Chiesa. Anche nella cultura Essena, che secondo molti avrebbe avuto una connessione profonda con il messaggio di Gesù, il matrimonio era la regola.
Ma le considerazioni non si fermano alla figura di Cristo. Ben prima che si parlasse del frammento di papiro, i racconti e le testimonianze storiche di un matrimonio tra Gesù e la Maddalena sono proseguite per secoli, con tanto di persecuzioni per chi portava avanti questa idea. Del resto la figura di Maria Maddalena ha una rilevanza notevole nel Nuovo Testamento: è a lei che Gesù appare per primo dopo la resurrezione e non a Pietro o gli altri discepoli. La sua figura è dunque – al di là che fosse sua moglie o meno – di eccezionale importanza nella storia di Gesù: lei è la prima evangelista in un certo senso, e la prima discepola.
La leggenda di santa Sara, figlia di Gesù
Nel corso dei secoli alla storia di Maddalena, della sua fuga in Francia e del suo possibile matrimonio con Gesù (addirittura seguito dalla nascita di un bambino), in molti hanno creduto. Nel sud della Francia esiste una piccola chiesa, (Les Saints Marie de la Mer) visitata da migliaia di gitani ogni anno che custodisce le spoglie mortali di Santa Sara, la misteriosa fugura che avrebbe aiutato Maria Maddalena assieme a Maria di Giacomo (zia di Gesù e sorella di Maria) e Maria Salomé (madre di Giovanni e Giacomo) a traversare il Mediterraneo a bordo di una barca per giungere in Europa.
Sarebbero le tre Marie che avevano vegliato assieme a Maria madre di Gesù e Giovanni la crocefissione, che avrebbero assistito alla deposizione e a cui Gesù si sarebbe rivelato dopo la resurrezione.
La figura più enigmatica sarebbe comunque quella di Santa Sara, scura di pelle, ha anche una statua che tra il 24 e il 25 maggio di ogni anno riceve la venerazione dei fedeli gitani che la chiamano “Sara-la-Kali”, ovvero Sara la Nera. In tutto il mondo mediovale esistono effigi di queste misteriose Madonne nere, ed ella sarebbe la capostipite.
Sulla storia di santa Sara ci sono molti racconti: si dice che venisse dalla Camargue, nel Sud della Francia, o che fosse una egiziana, o libica. Sta di fatto che in alcune tradizioni più eretiche ella sarebbe addirittura la figlia di Gesù e di Maria e quindi il vero Santo Graal, ovvero il frutto del grembo della Maddalena, raffigurato simbolicamente come una coppa che racchiude il sangue di Cristo.
Secondo la tradizione le tre Marie sarebbero arrivate nella Francia nel 42 dopo Cristo per mare e da lì avrebbero continuato a evangelizzare il messaggio di Cristo. Si hanno testimonianze storiche nel V secolo di un piccolo isolotto boscoso, dove c’era un piccola chiesa proto cristiana chiamata Sainte-Marie de l’Ilot, o Sainte-Marie-de-Ratis.
L’edificio venne probabilmente distrutto tra l’VIII ed il X sec. in seguito alle invasioni saracene, e successivamente ricostruito. Nel XII sec. la chiesa viene ampliata e nel 1315 è l’anno di fondazione della Confraternita delle Saintes Maries. Notre-Dame-de-la-Mer diventa meta di visita di numerosi pellegrini, e parte del Cammino di Santiago. Nel 1349 si scava la cripta sotterranea e nel 1448 una bolla papale autorizza il re di Francia Renato d’Angiò, conte di Provenza, ad intraprendere degli scavi. Verranno scoperti i resti delle “Sante Marie”, successivamente riposti in una teca doppia sistemata, fin da quei tempi, nella Cappella Alta. Lo stesso re, l’anno successivo, farà ampliare la cripta.
Secondo un elenco pubblicato nella discussa raccolta di documenti denominati “Dossiers Segreti”, Renato d’Angiò ricoprì dal 1418 al 1480 la carica di IX Gran Maestro del Priorato di Sion, la misteriosa associazione segreta nata in seno ai Cavalieri Templari, il cui scopo era quello di preservare e perpetrare la stirpe divina del Cristo. Non sembra, quindi, un caso, che egli si sia dato tanto da fare per approfondire e diffondere il culto della Maddalena in Francia. Va sottolineato, però, che i “Dossiers Segreti” sono da tempo ormai considerati inattendibili, e che non esistono prove documentali sulla reale esistenza storica del Priorato di Sion. La leggenda, per quanto suggestiva, è quindi ancora destinata a rimanere come tale.
Maria Maddalena e i Catari
Tra le verdi colline della regione francese della Linguadoca, c’è comunque un forte fermento religioso e culturale nel periodo medievale. Da una parte, il diffondersi a macchia d’olio del culto di Maria Maddalena, sfuggita alle persecuzioni cristiane e che avrebbe trovato rifugio in questa zona della Francia e dall’altra la diffusione ed alla proliferazione del movimento religioso dei Catari, o Perfetti, che predicavano il rinnovamento spirituale accogliendo l’eredità delle dottrine gnostiche e forse degli antichi Esseni.
I Catari furono ferocemente perseguitati dalla Chiesa, una vera e propria guerra santa a cui dovettero prendere parte anche i Cavalieri Templari, sia pure con riluttanza. La Crociata bandita contro i Catari si concluse con l’assedio della fortezza di Montsegur, durato quasi un anno, prima dell’inevitabile capitolazione. Si tramanda che il papa responsabile di tale carneficina, Innocenzo III, avesse ordinato l’uccisione sistematica di tutti i seguaci della dottrina catara, indipendentemente dal sesso e dall’età.
Come mai tanto accanimento? Molte teorie riguardano un segreto pericoloso per la Chiesa, custodito dai seguaci, lo stesso segreto che Maria Maddalena avrebbe portato con sé dalla Palestina: la progenie di Cristo, il Sangue Reale, in altre parole, il Graal.
I Catari credevano che lo spirito fosse puro, ma che la materia fisica fosse contaminata. Essi erano apertamente tolleranti verso la cultura ebraica e musulmana e sostenevano anche l’uguaglianza dei sessi. Come livello di apprendimento e di educazione, i Catari erano tra i più colti nell’Europa di quel periodo, permettendo uguale accesso all’istruzione ai ragazzi e alle ragazze. Di tutti i culti religiosi nati in epoca medievale, il catarismo era il meno minaccioso, ma la tradizione sviluppata in Provenza, già dal I secolo, sulla storia dei discendenti di Gesù alla Chiesa romana non piaceva. Al pari dei Cavalieri Templari, i Catari non volevano assolutamente sostenere la tesi che Gesù fosse morto sulla croce. Si riteneva così che possedessero sufficienti informazioni attendibili per smentire clamorosamente la storia della crocifissione. C’era soltanto una soluzione per un regime disperato che aveva paura di perdere credibilità. Dalla Chiesa di Roma fu impartito un ordine: “Uccideteli tutti”.
Cosa si sa di Maria Maddalena? Che sarebbe morta nel 63 d. C. all’età di 60 anni, a St. Baume. Il suo esilio verrebbe raccontato da Giovanni nel libro della Rivelazione (l’Apocalisse), in cui si descrive di Maria Maddalena e di suo figlio e della loro persecuzione e fuga a causa della sua progenie da parte dei Romani.
“Poi un grande segno apparve nel cielo: una donna [ri]vestita del sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul capo. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Apparve ancora un altro segno nel cielo: ed ecco un gran dragone rosso, che aveva teste e 10 corna e sulle teste 7 diademi. La sua coda trascinava la terza parte delle stelle del cielo e le scagliò sulla terra. Il dragone si pose davanti alla donna che stava per partorire, per divorarne il figlio, non appena l’avesse partorito. Ed ella partorì un figlio maschio, il quale deve reggere tutte le nazioni con una verga di ferro”.
La Chiesa rivede nella donna Maria madre di Cristo, mentre la tradizione esoterica Maria di Madgala e la sua progenie. Tra le fonti scritte sulla vita di Maria Maddalena in Francia troviamo “La vita di Maria Maddalena”, di Raban Maar (776-856), arcivescovo di Magonza (Mainz) e abate di Fuld. Da notare che il termine “Miriam” più che un nome ha un significato di guida spirituale femminile nella tradizione ebraica, mentre i “Moses” sarebbero le guide maschili.
Quindi la Maddalena, prima testimone della resurrezione, sarebbe stata una guida spirituale. Dopo il suo arrivo in Francia Maria Maddalena avrebbe continuato l’opera di predica e di guarigione e trascorso lunghi anni in meditazione e in digiuno in una grotta.
Il culto più attivo della Maddalena s’insediò poi a Rennes-le-Chateau, nella regione della Linguadoca. Ma anche altrove, in Francia, sorsero molti santuari dedicati a S.te Marie de Madelaine, fra cui il luogo della sepoltura a Saint Maximin-la-Sainte Baume, dove i monaci dell’ordine di San Cassiano vegliarono sul suo sepolcro e tomba in alabastro dall’inizio del 400. Un’altra importante sede del culto della Maddalena fu Gellone, dove l’Accademia di Studi Giudaici fiorì durante il IX secolo. La chiesa a Rennes-le-Chateau fu consacrata a Maria Maddalena nel 1059 e nel 1096, l’anno della Prima Crociata, ebbe inizio la costruzione della grande Basilica di santa Maria Maddalena a Vézelay. Nel redigere la Costituzione dell’Ordine dei Cavalieri Templari nel 1128, San Bernardo da Chiaravalle menzionò specificatamente il dovere di “obbedienza a Betania, il castello di Maria e Marta”. E’ quindi molto probabile che le grandi cattedrali di “Notre Dame” in Europa, tutte sorte per volere dei Cistercensi e dei Cavalieri Templari, fossero in realtà dedicate a Maria Maddalena.
La devozione alla Maddalena cominciò a diffondersi. La troviamo in statue, dipinti, fregi, pannelli dell’altare e illustrazioni dei manoscritti. Era usualmente rappresentata o al momento di ricevere l’incarico da Gesù o mentre predicava alle folle.
Si diffuse in tutta Europa il racconto del suo arrivo in Francia attraverso la “Legenda Aurea”, un testo del XIII secolo sulle vite dei santi che veniva letto in ogni chiesa e monastero. Nell’iconografia classica Maria Maddalena veste di nero e porta un mantello rosso, oppure, come appare in molti dipinti, sotto la tunica nera ne indossa una rossa, segno della sua dignità sacerdotale.
Si diffuse in tutta Europa il racconto del suo arrivo in Francia attraverso la “Legenda Aurea”, un testo del XIII secolo sulle vite dei santi che veniva letto in ogni chiesa e monastero. Nell’iconografia classica Maria Maddalena veste di nero e porta un mantello rosso, oppure, come appare in molti dipinti, sotto la tunica nera ne indossa una rossa, segno della sua dignità sacerdotale.
Probabilmente, come Gesù, ella apparteneva alla setta dei Nazirei. Nazireo deriva da “Netzah” figura associata alla lunare Iside egizia e gli appartenenti alla setta vestivano tuniche nere. Maddalena trova la sua etimologia in Magdalha, “Torre”, e proprio Maria Maddalena spesso veniva indicata dai Cavalieri Templari come Madre del Graal e sposa del Messia. Da questi simboli si intuisce anche un legame fra il culto di Maria Maddalena e le celebri Madonne Nere, presenti non a caso soprattutto in Francia.
Ma finalmente dall’attenta lettura sempre per opera di Iacopo da Varazze della famosa “Legenda Aurea”, uno dei primi libri stampati a Westminster da William Caxton nel 1483, emerge la verità. Il libro è una raccolta di cronache ecclesiastiche che narrano dettagliatamente le vite di alcune figure di santi. Molto venerata, l’opera veniva letta in pubblico regolarmente (spesso tutti i giorni) nei monasteri e nelle chiese medievali dell’Europa continentale.
Secondo l’antico e venerato testo ecco la vita di Maria Maddalena:
“Maria nacque da una famiglia nobilissima che discendeva dalla stirpe regale; il padre si chiamava Siro e la madre Eucaria. Insieme al fratello Lazzaro e alla sorella Marta possedeva Magdala, che si trova vicino a Genezareth, Betania, vicino a Gerusalemme e una gran parte di quest’ultima città. Quando i fratelli si divisero fra di loro tali beni, Maria ebbe in sorte Magdala, donde prende il nome di Maddalena, Lazzaro ebbe una parte di Gerusalemme e Marta Betania.
Maddalena era dunque ricchissima, quanto ricca altrettanto bella e non rifiutava al proprio corpo alcun piacere tanto che era da tutti chiamata la peccatrice. Cristo in quel tempo stava predicando lì vicino, ed essa, per divina ispirazione, si recò nella casa di Simon lebbroso dove Cristo si era fermato; Ma non osando, la peccatrice, mostrarsi nel contesto dei giusti rimase in disparte; lavò, con le sue lacrime i piedi di Gesù, li asciugò con i capelli e accuratamente li unse con l’unguento prezioso.
Pensava frattanto il fariseo Simeone: ‘Come può permettere un profeta di essere toccato da una peccatrice?’. Ma il Signore ne riprovò l’orgogliosa giustizia rimettendo alla donna ogni peccato. Costei è infatti quella Maria Maddalena a cui il Signore accordò ogni favore ed ogni senso di benevolenza: scacciò dal suo corpo sette demoni, l’accolse nella sua amicizia, si degnò di essere suo ospite ed in ogni occasione le fu difensore”.
Da un brano seguente:
“quattordici anni dopo la passione del Signore, quando Stefano era stato già martirizzato e gli altri discepoli scacciati dalla Giudea, i seguaci di Cristo si separarono per le diverse regioni della Terra per diffondere la parola di Dio. Tra i settantadue discepoli c’era il beato Massimino a cui fu affidata da S.Pietro Maria Maddalena, Lazzaro, Marta, Marcella (la domestica di Marta) … furono posti dagli infedeli su di una nave e spinti in mare senza nocchiero perché vi perissero; ma per volere divino giunsero a Marsiglia dove non vi fu alcuno che li volesse ricevere nelle proprie case, cosicché dovettero ripararsi sotto il porticato di un tempio.”
Nel lungo brano successivo Maria Maddalena dopo aver visto entrare la gente del posto in un tempio per sacrificare agli idoli, iniziò a predicare la parola di Cristo.
‘Abbatterono poi tutti i templi dedicati agli idoli situati a Marsiglia ed eressero chiese al signore e Lazzaro divenne vescovo di quelle città. Dopo poco la Maddalena e gli altri discepoli si recarono ad Aix in Provence dove con molti miracoli convertirono il popolo alla fede di Cristo e il beato Massimino fu ordinato vescovo. Frattanto la beata Maddalena, desiderosa di dedicarsi alla contemplazione delle cose celesti si recò nel deserto e vi rimase per trent’anni’.
Leonardo, Dante e il femminile sacro
Dan Brown avrebbe dunque costruito il ‘fidanzamento’ di Gesù e la Maddalena, e i loro figli in terra francese (da cui avranno poi origine i Merovingi…) sul viaggio della donna raccontato (da tutte le fonti) nelle modalità sopracitate. La ‘Legenda Aurea’, scritta dal 1255 al 1266, sarà divulgata attraverso i secoli e dalla quale diversi pittori prenderanno spunto per dipingere episodi del viaggio della Santa e di cui venne probabilmente a conoscenza anche Leonardo.
Leonardo, secondo alcuni Gran Maestro del Priorato di Sion, avrebbe ritratto nell’Ultima Cena lo sposalizio di Maria e Gesù.
Sui simboli che Leonardo avrebbe celato nel famoso affresco si sono scritti fiumi di parole, dopo la risonanza internazionale data dal libro di Dan Brown: ad esempio l’aspetto femminio di Maddalena/Giovanni occultato da restauri successivi, il gesto minaccioso di Pietro sul collo di lei (come a suggerire che la Chiesa aveva messo a tacere la vera natura del rapporto tra Maddalena e Gesù) e così via.
Ma non sarebbe solo il celebre genio della Gioconda ad aver celebrato il femminile sacro, bensì secondo alcuni anche il divino Poeta. In base ad una scuola di pensiero iniziata il secolo scorso, Dante Alighieri, come buona parte dei poeti del Dolce stil novo, avrebbe fatto parte di un ordine segreto iniziatici, i Fedeli d’Amore, legato ai Templari e Rosacrociani ed in forte sospetto di eresia. In tutte le loro poesie e nei loro scritti troviamo il simbolismo della Donna come Sapienza Trascendente (Hagia Sophia), come pure quello della “Candida Rosa”. Dante condannava aspramente la Chiesa, chiamava il papa un falso Pastore, e a causa di questa sua lotta fu mandato in esilio dall’amata Firenze. Beatrice, il simbolo della donna amata, è il suo primo ponte verso l’incontro con Dio, un segno di come egli abbia ampiamente esaltato il sacro femminile come esempio di divina Sapienza, per poi passare a San Bernardo, sua ultima guida e guarda caso creatore della regola dei Templari.
San Bernardo conduce infatti Dante a Dio e Dio, lo dice espressamente Dante nel canto 33 del Paradiso, ha un’effige umana, tema squisitamente rosacrociano. I Rosacroce sarebbero stati custodi del mistero sul vero Santo Graal, rappresentato da una coppa, ma che altro non sarebbe stato, come dicevamo prima, il ventre della Maddalena, madre della progenie di Cristo e sua sposa sacra.
Sebbene sulla connessione tra Dante, Templari e Rosacrociani ci sono state molte discussioni, anche discordi, resta il fatto che, Maddalena o meno, nell’antichità esiste chi abbia celebrato il femminile come parte fondamentale di un’autentica trasformazione spirituale. Se fosse anche solo per questo, anche se la leggenda di uno sposalizio da Gesù e la Maddalena risultasse un falso, questa tema rimane di significativa importanza anche al giorno d’oggi.
Palombella per Dionidream
Per approfondimento:
fonte: terrarealtime:blogspot:it
sabato 25 ottobre 2014
l'alluvione del Villaggio
sabato 18 ottobre 2014
la guerra che nessuno voleva, proprio come nel 1914
Un secolo è trascorso dalla Prima Guerra Mondiale, quella che alcuni definiscono la Grande Guerra e ancora pochi qualificano come dovrebbe: il grande massacro dei popoli europei. Per il grande storico Eric Hobsbawn è stata l’inizio del Secolo Breve. Per noi è stata la fine della Belle Epoqe, cioè della prima grande globalizzazione capitalista del pianeta che si concluse proprio con la guerra mondiale del 1914-18. Eppure, anche alla luce della retorica che imperversa in Europa, è difficile guardare alla Prima Guera Mondiale solo come passato, come fatto storico. La realtà di oggi ci consegna innumerevoli segnali che confermano che, se è vero che la storia non si ripete, “a volte fa rima”, come scrisse Mark Twain. La Prima Guerra Mondiale, in Europa, fu scatenata quasi per sbaglio da imperi e potenze riluttanti a scannarsi fra loro. Avrebbero preferito che si combattesse solo nelle colonie, lontano dai confini o dalle città europee ma la pallina sul piano inclinato prese la corsa e non si fermò più fino a quando non cominciarono le cannonate sui confini europei.
Eppure il XX Secolo era cominciato alla grande per le maggiori potenze imperialiste dell’epoca. Tutte insieme (praticamente le stesse che compongono oggi il G8, escluso il Canada) mandarono i loro soldati a reprimere la rivolta dei Boxer in Cina nel 1900. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia, Italia e Giappone si spartirono le spoglie della Cina alle prese con il declino dell’impero. Porti, concessioni commerciali, ferrovie, terre arricchirono il bottino dei grandi gruppi capitalisti europei e statunitensi che vivevano con euforia la fase di sviluppo imperialista. Il mercati mondiali erano a loro completa disposizione attraverso le colonie, i protettorati, le “concessioni per 99 anni” di snodi commerciali e geografici strategici.
Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento la corsa alle colonie era stata impetuosa. Oltre all’espansione delle colonie di Francia e Gran Bretagna in Africa e Asia, perfino un piccolo paese come il Belgio si era pappato come colonia un gigantesco paese africano ricco di miniere come il Congo. La Spagna aveva messo le mani sul Marocco spartendoselo con la Francia. E l’Italietta si era fatta avanti nel Corno d’Africa e poi in Libia, prendendosi le colonie che alimentarono la mistificazione dell’Impero. In Asia i britannici spodestavano definitivamente gli olandesi, mentre la Russia zarista e il Giappone, potenza emergente, già nel 1905 si scannarono per prendersi la Corea. Ma in Africa i britannici prima si erano presi le terre sudafricane dei coloni olandesi (i Boeri) e poi avevano cominciato a contrastare l’invadenza delle colonie tedesche. Il Kaiser la vedeva lunga e nella famosa ferrovia che doveva portare da Baghdad all’Arabia Saudita, l’imperialismo tedesco si proiettava in Medio Oriente attraverso quello che – all’epoca – era l’indicatore dello sviluppo capitalistico: i chilometri di ferrovie.
La Belle Epoqe vedeva le Borse crescere, i profitti aumentare e il capitale finanziario prendere solidamente nelle proprie mani il controllo su quello legato all’industria e all’agricoltura. Le colonie fornivano materie prime a prezzi stracciati e, ospitando gli investimenti occidentali, consentivano a loro volta una valorizzazione dei capitali investiti con ritorni stellari. Ma la Belle Epoqe della prima globalizzazione capitalista del mondo a un certo punto è finita, ha dovuto fare i conti con la crisi e il crollo della valorizzazione dei capitali investiti, e il piano inclinato che ha portato alla guerra ha visto la pallina cominciare a muoversi, prima lentamente poi più velocemente. Come è noto le maggiori potenze imperialiste non volevano combattersi apertamente. Nella peggiore delle ipotesi concordavano nello spartirsi le spoglie del declinante impero ottomano in Medio Oriente o nel ridefinire i confini sulle loro colonie africane.
Le loro economie erano integrate. I magnati francesi, tedeschi, inglesi, austriaci e russi commerciavano, collaboravano o competevano dentro il “libero mercato”. Le dinastie che reggevano monarchie e imperi europei erano imparentate tra loro. Si incontravano ai matrimoni e agli anniversari e bevevano gli stessi champagne. L’accaparramento delle colonie e delle risorse avrebbe dovuto bastare a soddisfare gli appetiti di tutti. Ma gli avvenimenti presero una piega che nessuno voleva. L’attentato di Sarajevo da parte di un indipendentista serbo – Gavrilo Princip – contro il Granduca d’Austria Ferdinando non aveva di per sé la forza di un casus belli adeguato a scatenare una grande guerra totale. Eppure la rottura era lì a un passo. Le false e vere notizie sulle mobilitazioni di truppe sui confini europei dell’est e dell’ovest innescavano contromisure e contromanovre reciproche. I ministri furono via via sostituiti dai “tecnici” (in questo caso i militari). Le previsioni su costi e benefici passarono dalla lunghezza delle ferrovie o degli investimenti a quelli bellici.
Le alleanze tra le varie potenze cambiavano di geometria. L’Italia stava con Austria e Germania, ma nel 1915 entrò in guerra insieme a Francia e Gran Bretagna contro i suoi ex alleati. In un certo senso ebbe una grande responsabilità nello scoppio della guerra a causa dell’invasione della Libia nel 1911 a danno dell’impero ottomano. L’avventurismo e le scommesse sulle mancate o parziali reazioni a questa o quella provocazione – come l’invasione della Serbia da parte dell’Austria o l’invasione della Libia tre anni prima – alzarono la soglia della tensione e dei fatti compiuti dai quali diventava poi difficile recedere senza perdere faccia e prestigio. La posizione più difficile era quella dell’imperialismo maggiore ma avviato al declino: la Gran Bretagna.
La guerra che nessuno voleva fare cominciò ufficialmente nel 1914 e si concluse – di fatto – nel 1945. Il capitalismo arrivato alla sua fase suprema, l’imperialismo, non aveva trovato altra soluzione alla sua crisi iniziata con la fine della globalizzazione della Belle Epoqe ed esplosa con la Grande Crisi degli anni Trenta. Fu un evento scatenante dellastoria che ne innescò un altro, per noi di estrema importanza, la Rivoluzione d’Ottobre e la nascita del primo Stato socialista del mondo. Ma i dirigenti che resero possibile il socialismo non commisero affatto l’errore di schierarsi con l’una o l’altra potenza in campo, anzi dichiararono apertamente “guerra alla guerra” denunciandone il carattere imperialista e la natura di grande massacro dei popoli.
Fin qui la storia. Ma questo scenario del passato è già domani. Gli apprendisti stregoni dell’imperialismo – statunitense ed europeo soprattutto – hanno nuovamente inclinato il piano già nei primissimi anni di questo XXI Secolo. Lo scenario di guerre, instabilità, provocazioni, escalation che dall’Ucraina al Medio Oriente all’Africa circonda l’Europa, è strettamente connesso alla crisi, alla fine della seconda globalizzazione capitalista del pianeta e alla ripresa della competizione globale tra poli imperialisti e nuove potenze capitaliste, declinanti o emergenti che siano. L’epoca delle facili guerre asimmetriche contro Stati immensamente più deboli sta finendo. Prima se ne prende coscienza, si avvia la mobilitazione per fermare la tendenza alla guerra e si mettono in campo alternative, meglio è.
(Sergio Cararo, “Le guerra degli imperi riluttanti”, da pubblicato da “Contropiano” il 17 settembre 2014, alla vigilia della conferenza organizzata a Roma dalla Rete dei Comunisti, con Giuseppe Aragno, Giorgio Gattei e Mauro Casadio, quest’ultimo coautore di “Clash. Scontro tra potenze”, scritto dieci anni fa insieme a James Petras e Luciano Vasapollo: un libro che ha anticipato di molto gli scenari che abbiamo oggi sotto gli occhi).
fonte: www.libreidee.org
la chiesa cattolica e l'omosessualità
di Antonio Bassi
Vista l'attenzione suscitata dalla recente "apertura" della chiesa ai diritti degli omosessuali, vorrei spendere due parole sull'argomento, verso cui nutro enorme interesse. Premetto che, in quanto credente (non praticante, come si suol dire), sostengo la famiglia e il matrimonio tradizionali uomo-donna in quanto le Scritture sono molto chiare a riguardo. Nonostante ciò, questa e' una scelta del tutto personale dettata dalla mia fede religiosa.
La Chiesa non e' un'organizzazione che deve prendere posizione sui diritti civili delle persone, poiché a questo ci pensa lo Stato. Dai a Cesare quello che e' di Cesare e a Dio quello che e' di Dio. La Chiesa deve necessariamente sostenere il matrimonio tradizionale uomo-donna, in quanto in caso contrario andrebbe espressamente contro le Scritture. Questa apertura della Chiesa ai diritti civili degli omosessuali e', in realtà', il preludio all'accettazione della perversione sessuale sodomitica in genere (inclusa quella eterosessuale), cioè allo sdoganamento del sesso libero e indiscriminato, in un mondo in cui la libertà sessuale e' ormai sancita come un dogma e sostenuta a spada tratta dalla società civile. La parola "omosessuale" e' legata alla pratica sessuale, non all'amore che una persona può provare per una dello stesso sesso. Dio non condanna una persona che ama un'altra dello stesso sesso, in quanto l'amore puro non e' legato al sesso; Dio condanna la sodomia e la perversione sessuale di qualsiasi genere. Che succede se una persona, che per motivi naturali o meno, capisce di essere attratta da persone dello stesso sesso? Che succede se questa persona crede in Dio e in Cristo e sceglie di amare il suo partner in modo puro e sincero, standogli vicino per il resto della sua vita e non praticando sesso, come del resto fanno anche molti eterosessuali? Dio condannerà questa persona o la salverà? La nostra piccola mente non può comprendere Dio, ma il nostro cuore può, in quanto Dio parla all'uomo che lo cerca. Quindi, il problema non sono le unioni e i matrimoni civili (in quanto il non credente e le società civili se ne infischiano della Chiesa e di Dio), ma la pratica sessuale sodomitica, la perversione, l'adulterio e la depravazione. Può un uomo, non praticando sesso sodomita e perverso, amare una persona dello stesso sesso? Non vedo perché no, visto che le Scritture stesse non condannano una tale eventualità. La Chiesa, non affrontando l'argomento in questi termini, rischia di sdoganare la sodomia e discrimina ancora di più' gli omosessuali come "diversi".
Una persona non sceglie consciamente di "diventare" omosessuale, si accorge semplicemente di esserlo. L'amore vero e puro non contempla il sesso, in quanto non ha bisogno di esso; e' la concupiscenza che porta l'uomo a praticarlo in modo indiscriminato e depravato. La Chiesa non può arrogarsi il diritto di "interpretare" le Scritture, semmai deve rendere chiari e accessibili a tutti gli insegnamenti in Esse riportati. Il passo dalla Prima Lettera ai Corinzi, illustra chiaramente come non si stia condannando l'amore di un uomo per un altro uomo o di una donna per un'altra donna, ma l'immoralità, l'adulterio, la depravazione e la sodomia (tutti atti legati alla sfera sessuale). Sodomita e' un uomo che giace con un uomo tanto quanto uno che giace con una donna allo stesso modo. Non si può condannare un omosessuale e non un eterosessuale sodomita sposato, di cui il mondo e' pieno. La Chiesa deve insegnare le Scritture a tutti, a prescindere dall'orientamento sessuale, non semplicemente "aprire" agli omosessuali, rimarcando quindi la loro "diversità'" e facendo passare il messaggio che il sesso sodomita e' "tollerato". Nessun uomo e' superiore o inferiore a nessuno e l'amore e' cosa ben diversa dell'attrazione sessuale, legata agli istinti materiali e biologici. Il problema e' il sesso, in tutti i casi, e quindi i comportamenti a cui esso ci porta se praticato in modo innaturale, perverso, animalesco e non dominato dallo spirito.
Un uomo che cerca e trova Dio, non avrà' bisogno del sesso fine a se' stesso, in quanto lo spirito non contempla la materia e viceversa. La spiritualità non può occupare lo stesso spazio assieme al materialismo, e viceversa. Quindi, invece di parlare di omosessualità e di diritti civili, la Chiesa farebbe bene ad insegnare agli uomini a cercare prima di tutto Dio. Il resto e' una conseguenza.
Vista l'attenzione suscitata dalla recente "apertura" della chiesa ai diritti degli omosessuali, vorrei spendere due parole sull'argomento, verso cui nutro enorme interesse. Premetto che, in quanto credente (non praticante, come si suol dire), sostengo la famiglia e il matrimonio tradizionali uomo-donna in quanto le Scritture sono molto chiare a riguardo. Nonostante ciò, questa e' una scelta del tutto personale dettata dalla mia fede religiosa.
La Chiesa non e' un'organizzazione che deve prendere posizione sui diritti civili delle persone, poiché a questo ci pensa lo Stato. Dai a Cesare quello che e' di Cesare e a Dio quello che e' di Dio. La Chiesa deve necessariamente sostenere il matrimonio tradizionale uomo-donna, in quanto in caso contrario andrebbe espressamente contro le Scritture. Questa apertura della Chiesa ai diritti civili degli omosessuali e', in realtà', il preludio all'accettazione della perversione sessuale sodomitica in genere (inclusa quella eterosessuale), cioè allo sdoganamento del sesso libero e indiscriminato, in un mondo in cui la libertà sessuale e' ormai sancita come un dogma e sostenuta a spada tratta dalla società civile. La parola "omosessuale" e' legata alla pratica sessuale, non all'amore che una persona può provare per una dello stesso sesso. Dio non condanna una persona che ama un'altra dello stesso sesso, in quanto l'amore puro non e' legato al sesso; Dio condanna la sodomia e la perversione sessuale di qualsiasi genere. Che succede se una persona, che per motivi naturali o meno, capisce di essere attratta da persone dello stesso sesso? Che succede se questa persona crede in Dio e in Cristo e sceglie di amare il suo partner in modo puro e sincero, standogli vicino per il resto della sua vita e non praticando sesso, come del resto fanno anche molti eterosessuali? Dio condannerà questa persona o la salverà? La nostra piccola mente non può comprendere Dio, ma il nostro cuore può, in quanto Dio parla all'uomo che lo cerca. Quindi, il problema non sono le unioni e i matrimoni civili (in quanto il non credente e le società civili se ne infischiano della Chiesa e di Dio), ma la pratica sessuale sodomitica, la perversione, l'adulterio e la depravazione. Può un uomo, non praticando sesso sodomita e perverso, amare una persona dello stesso sesso? Non vedo perché no, visto che le Scritture stesse non condannano una tale eventualità. La Chiesa, non affrontando l'argomento in questi termini, rischia di sdoganare la sodomia e discrimina ancora di più' gli omosessuali come "diversi".
Una persona non sceglie consciamente di "diventare" omosessuale, si accorge semplicemente di esserlo. L'amore vero e puro non contempla il sesso, in quanto non ha bisogno di esso; e' la concupiscenza che porta l'uomo a praticarlo in modo indiscriminato e depravato. La Chiesa non può arrogarsi il diritto di "interpretare" le Scritture, semmai deve rendere chiari e accessibili a tutti gli insegnamenti in Esse riportati. Il passo dalla Prima Lettera ai Corinzi, illustra chiaramente come non si stia condannando l'amore di un uomo per un altro uomo o di una donna per un'altra donna, ma l'immoralità, l'adulterio, la depravazione e la sodomia (tutti atti legati alla sfera sessuale). Sodomita e' un uomo che giace con un uomo tanto quanto uno che giace con una donna allo stesso modo. Non si può condannare un omosessuale e non un eterosessuale sodomita sposato, di cui il mondo e' pieno. La Chiesa deve insegnare le Scritture a tutti, a prescindere dall'orientamento sessuale, non semplicemente "aprire" agli omosessuali, rimarcando quindi la loro "diversità'" e facendo passare il messaggio che il sesso sodomita e' "tollerato". Nessun uomo e' superiore o inferiore a nessuno e l'amore e' cosa ben diversa dell'attrazione sessuale, legata agli istinti materiali e biologici. Il problema e' il sesso, in tutti i casi, e quindi i comportamenti a cui esso ci porta se praticato in modo innaturale, perverso, animalesco e non dominato dallo spirito.
Un uomo che cerca e trova Dio, non avrà' bisogno del sesso fine a se' stesso, in quanto lo spirito non contempla la materia e viceversa. La spiritualità non può occupare lo stesso spazio assieme al materialismo, e viceversa. Quindi, invece di parlare di omosessualità e di diritti civili, la Chiesa farebbe bene ad insegnare agli uomini a cercare prima di tutto Dio. Il resto e' una conseguenza.
fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it
mercoledì 15 ottobre 2014
brutte notizie dall'Italia
Dopo Genova c'è ancora chi avrà il coraggio di dire che le priorità del Belpaese sono le grandi opere e l’inutilissimo nonché costosissimo Tav-Terzo Valico che trasporterebbe milioni e milioni di tonnellate di merci, provenienti dalla Cina sino a Rotterdam, unitamente a passeggeri che vanno e vengono dal Tirreno al mare del Nord?
Di fronte alla nuova alluvione prevista, preannunciata silenziosamente e prevedibile ricordiamo che un anno di guerra in Afghanistan ci costa 600 milioni di euro. Quanti chilometri quadrati di territorio dello Stivale si sarebbero potuti mettere in sicurezza idrogeologica con questa incredibile quantità di denaro pubblico?
Sblocca Italia-sotto-il-fango. Via la TAV dai territori! Investire sulla tutela ambientale! Dalla Liguria e dal Piemonte ancora un segnale chiaro e tondo di politiche da invertire. 15-16 ottobre in piazza a Roma contro lo Sblocca Italia. Oltre 130 tra comitati, organizzazioni sociali, associazioni e reti territoriali e nazionali attive su estrazioni petrolifere, infrastrutture energetiche, grandi opere, acqua e servizi pubblici locali, gestione dei rifiuti, bonifiche, salute e ambiente, saranno in piazza a Roma per una due giorni di presidio sotto il parlamento durante la discussione in aula per la conversione in legge del decreto Sblocca-Italia.
Emergenza idrica a Novi Ligure e Pozzolo Formigaro per la piena dello Scrivia. Acqua torbida dai rubinetti, preallarme per l'inquinamento batterico. Coliformi totali e escherichiacoli a Grondona. Preoccupazioni a Serravalle Scrivia.
Quello che i giornali non dicono: il Tav fa deragliare un Freccia Bianca. La frana provocata dal disboscamento di COCIV a Trasta per la realizzazione del cantiere del Terzo Valico, il cosiddetto cantiere “Galleria Campasso” in via Castel Morrone, ha bloccato un Freccia Bianca. La coltre di terra e detriti, staccatasi dal cantiere, è crollata su quattro vagoni del convoglio FrecciaBianca, ferendo incredibilmente solo il macchinista, causando il deragliamento del treno con la fuoriuscita dai binari di numerosi vagoni. Lottare contro il TAV- Terzo Valico vuol dire lottare contro tutto ciò che sta accadendo a Genova in questo ore, lottare contro i suoi responsabili e i suoi fautori. Ogni parola delle istituzioni e dei suoi burattini è pura menzogna.
Ritrovamento fusti occultati in area Fabbricazioni nucleari di Bosco Marengo. Da quanto tempo erano interrati? Quanti altri? Con quali contenuti? Perché Fabbricazioni Nucleari li aveva nascosti? Sono alcune domande a cui i responsabili, anche penalmente, di F.N., Sogin , tecnici e politici locali e provinciali dovrebbe essere chiamati a rispondere. C'è di più: non dimentichiamo il nostro ricorso al Consiglio di Stato contro il deposito nucleare in superficie, la nostra richiesta di piani di emergenza nucleare, la nostra proposta di indagine epidemiologica per lavoratori e abitanti.
L' annuncite di Renzi non risparmia neppure il nucleare. Il suo sottosegretario al ministero lavoro e politiche sociali, Luigi Bobba, ha annunciato che il governo individuerà finalmente la sede del deposito unico nazionale dove confluire tutti i rifiuti nucleari italiani, compresi ovviamente quelli sotto il capannone di Bosco Marengo in Piemonte e della Trisaia in Lucania. Chi ci crede alzi la mano.
“Illegali, inutili e criminali” sono le guerre cui l’Italia ha partecipato per conto USA & NATO. Ennesima guerra a partecipazione tricolore, questa volta contro il “califfato islamico”.
Piemonte: 32.000 malati non autosufficienti in lista d’attesa. Per ottenere prestazioni sociosanitarie cui hanno pieno diritto. Una vera e propria emergenza.
L’Osservatorio morti sul lavoro di Bologna chiude per indifferenza. Impossibile avere una voce libera in Italia.
Miliardi di api stanno morendo - milioni di esemplari anche in Italia - e la nostra catena alimentare è a rischio, ma regna l'indifferenza generale.
fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it
domenica 12 ottobre 2014
quella serenità di trent'anni fa, quando non c'era paura
Fa un certo effetto pensare a 30 anni addietro. Perché di 30 addietro ho memoria storica personale e ricordi vividi. Quando leggo di serie storiche, di anni Cinquanta e Sessanta, posso solo studiarne i dati e immaginare. Ma il comunicato di Confcommercio della settimana scorsa non lascia scampo: «I redditi delle famiglie sono tornati indietro di 30 anni». Io quei tempi me li ricordo. Io c’ero. I redditi di mio padre e di mia madre me li ricordo eccome. E mi ricordo come vivevamo proprio dal punto di vista economico. Giornalista mio padre, impiegata mia madre, io decenne e mio fratello poco più piccolo in casa e altri due figli di una vita precedente di mio padre che però non vivevano con noi. Il reddito di allora. Il reddito dei miei. Il nostro “tenore di vita” (economico) e quello etico e morale. E me: cosa facevo? Cosa consumavo? Cosa mi mancava? Impossibile non fare confronti con oggi. Oggi che siamo quarantenni noi come allora lo erano i nostri genitori.
Oggi, quasi all’indomani dell’apertura della scatola nera dei ricordi e degli oggetti svuotati dalla casa avita ormai disabitata per la morte dei miei e per la necessità ereditaria di doverla vendere. Giravano solo cari fantasmi ormai in quelle stanze e in quei corridoi, in quei disimpegni spariti dalle case moderne eppure così utili, così intimi, così indispensabili, così importanti. Fantasmi dei miei genitori e di me e mio fratello piccoli, di mia nonna, del nostro cane. E quei ricordi di come vivevamo allora di cui quasi sento ancora gli odori, i rumori, i ritmi e le consuetudini. Con il reddito dei miei di allora avevamo un appartamento a Roma, in un quartiere ancora vivibile, dove i negozianti ci conoscevano ad uno ad uno. Dove andavo “da Remo” ogni pomeriggio, tornando da scuola da solo, e prendevo un pezzo di pizza che poi mia madre passava a pagare. Dove ci portavano ancora il vino a casa con le damigiane e dove Taraddei, il pizzicarolo dietro l’angolo, un giorno mi accompagnò sin dietro la porta di casa, sul pianerottolo, per riconsegnarmi a mia madre dopo che mi ero acceso come un fiammifero strusciando sull’asfalto in seguito a una curva ardita sulla mia bicicletta rossa.
Ora i palazzi di quel quartiere hanno appartamenti con dei confortevoli affacci vista traffico, smog e rumore h24. Roba da cui scappare, dunque. Ma allora era diverso. Torniamo ai consumi e imponiamoci di non divagare oltre. Una famiglia, dunque, un appartamento al quale poi si sarebbe aggiunto un piccolo villino fuori Roma, sul Lago di Bracciano per trascorrervi i mesi estivi – i mesi estivi, non i quindici giorni comandati di oggi – una Renault 4 bianca che ho detestato fino al compimento dei 18 anni e poi invece adorata per tanti motivi… Ma soprattutto una cosa: la certezza, nei miei genitori e dunque fatalmente trasferita inconsciamente anche a noi figli, di una vita serena. Limitata all’interno del possibile e dell’impossibile di quella condizione di allora, ma senza alcuna paura di precipitare. I nostri genitori allora riuscivano anche a risparmiare. Io allora e negli anni seguenti, e almeno sino ai vent’anni, non ho mai sentito la pesantezza di qualche mancanza grave. Poi il consumo della società prese a salire vertiginosamente. Per quasi tutti. E chi non si adeguava, in qualche modo, si sentiva automaticamente lasciato indietro. E dunque qualche azzardo personale, a rate. E dunque qualche preoccupazione. Qualche capitombolo. Qualche notte non proprio serena.
Per tornare a quello stato di serenità provato anni prima, di consapevolezza di non aver bisogno d’altro, di non sentirne proprio l’esigenza, e dopo essere passati per le forche caudine degli orribili anni Ottanta e Novanta, quelli del consumo folle, c’è voluto almeno un altro decennio e qualche migliaio di libri letti. Una crisi economica colta e aspettata sin da prima che iniziasse sul serio e la volontà di abbracciare la decrescita fatale che ne è scaturita con la consapevolezza della maturità raggiunta, delle convinzioni acquisite. Un processo lungo, dunque. E in continuo aggiornamento. A ogni rinuncia, a ogni step di decrescita, un ulteriore passo verso la serenità. Ma che fatica, soprattutto all’inizio. Fatica del cambiamento. Malgrado aver interiorizzato il tutto, la trasformazione ha richiesto – e richiede – impegno. Una lotta senza quartiere contro le abitudini incrostateci addosso.Voglio dire: in realtà oggi abbiamo infinitamente meno di allora, di 30 anni fa. Non di oggetti, naturalmente, di cui siamo pieni. Ma di speranze per il futuro.
La privazione di allora era per qualche capriccio che non potevamo permetterci – e che a casa mia ci negavamo sino al momento in cui non vi fossero effettivamente stati i denari necessari per eventualmente acquistarlo. La privazione di oggi è in quella serenità che ci è stata sottratta. Allora dovevamo combattere per convincerci a rinunciare a qualche cosa, e magari risparmiare per continuare ad avere quella certezza di riuscire a vivere senza affanni all’interno di quei limiti ben precisi. Oggi si deve lavorare su se stessi per attraversare il guado che la nostra generazione ha davanti, dal mondo come era indirizzato negli ultimi vent’anni a quello che sarà. Per sopportare queste incertezze che abbiamo davanti. Insomma: con il reddito di allora ho la netta sensazione si vivesse meglio, nel senso più ampio della parola,rispetto a come si viveva con il reddito di una decina d’anni fa, nel periodo pre-crisi, per intenderci.
Certo oggi, con un reddito come quello di trenta anni addietro, si vive molto peggio, perché ciò che allora era assicurato, con quel reddito, è ora invece avvicinabile solo con affanno, visto che i servizi dello Stato sono meno e i beni primari costano molto di più. Ma è negli anni prima del 2008 che si è compiuto il dramma. Perché in quella moltiplicazione di beni e servizi in vendita in comode rate è cambiata la nostra capacità di resilienza alla vita. È cambiata la nostra capacità di capire cosa serve e cosa no, cosa è più importante e cosa lo è meno. La sfida personale di oggi – oltre alle battaglie che è necessario combattere contro i titani della finanza e della speculazione – risiede dunque nel ritrovare gli equilibri interni che ci consentano di riprendere contatto con la realtà di cosa ci serve sul serio. Di ciò di cui possiamo fare tranquillamente – tranquillamente! – a meno, e che dunque non vale un solo minuto della nostra serenità perduta onde poterlo raggiungere. E di ciò che invece, certo, ci è sul serio indispensabile.
Ma per trovare quella serenità interiore di trenta anni addietro serve un lavoro mostruoso su se stessi, che è possibile iniziare, peraltro, solo dopo il momento in cui ci si convince intimamente che quel mondo non tornerà. Che è meglio sia così. E che ci si deve iniziare a inventare “come vivere” in un mondo completamente differente. Chi aspetta unicamente che le cose tornino a girare come prima non solo è un ingenuo, perché va incontro immancabilmente a una delusione feroce, ma è spacciato, perché non riuscirà mai più a trovare un vero equilibrio. La nostra generazione deve abbracciare questo cambiamento e deve imparare ad apprezzarlo, sin quasi ad amarlo, per plasmare un nuovo modo di vivere che sia degno di essere vissuto. Fare altrimenti è condannarsi alle delusioni, alle paranoie, alle ansie. È condannarsi a non voler più vivere.
(Valerio Lo Monaco, “Quella serenità di 30 anni fa”, da “Il Ribelle” del 17 settembre 2014).
fonte: www.libreidee.org
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