venerdì 29 maggio 2015

Milano è centro di una compiuta civiltà alimentare

bene , cibo molto cibo, siamo un via vai di proposte culinarie.
perché la sensazione, ripeto la sensazione, è che Expo sia un gran ristorantone, molto cool, molto high tech, molto trendy, molto allargato e di successo, un gran successo architettonico, più che un luogo di riflessione sull'alimentazione nel pianeta.
ma ancora andare ci devo, quindi aspettiamo di vedere e rimanere attoniti e stupiti.
a farmi riflettere sulla gran tradizione culinaria di Milano, "in ogni tempo Milano è stata patria di gloriose osterie"ci ha pensato il buon Savinio e le sue pagine sul Bonola, ristorante di Milano, laboratorio di culinaria sperimentale della durata di due anni.  

Ai nostri tempi, Milano ebbe un laboratorio di culinaria sperimentale: il ristorante Bonola. Se Apollonio di Tiana conosceva tutte le lingue, a imitazione degli apostoli i quali acquistavano questa conoscenza soltanto nel giorno della Pentecoste, Bonola conosceva tutte le cucine del mondo, e da questo universale della gastronomia aveva dedotto con molta pazienza, con molta intelligenza, con molto studio, una cucina "sua". Bonola era un mistico del gaudii palatali.
Il locale era di modesta apparenza, ma non entrava da Bonola chi voleva. Bonola aveva una clientela sceltissima, gente che si faceva fare tutto su misura: le scarpe, le sigarette, i pasti. I suoi clienti Bonola li conosceva uno per uno, intimamente, nella vita e nei gusti. Dirò meglio: i suoi clienti Bonola se li sceglieva da sé. A ciascun cliente egli preparava una cucina personale, piatti che "somigliavano" al cliente, riflettevano i suoi desiderii, illustravano il suo carattere. Erano "pasti ritratto".
Un giorno entrò da Bonola un tale. Fu come l'apparizione di un uomo nero, di un bruto, di un mostro infoiato in mezzo a un girotondo di bianche educande. I clienti si guardarono esterrefatti, ciascuno la forchetta sospesa sul proprio ritratto culinario. Bonola spedì con molta discrezione un cameriere ad avvertire l'intruso che quello non era posto per lui; ma quegli si risentì, fu insistente, cocciuto.
"Facciamo pagare molto caro" confidò il cameriere con l'untuosità di un consigliere spirituale.
"Pagherò" ribattè colui, e volle la lista delle vivande. Gli dissero che da Bonola la lista delle vivande non c'era.
"Fatemi mangiare lo stesso".
Bonola, secondo il suo costume, compose il pranzo da sè: un brodino, due uova su canapè di asparagi, qualche cosuccia per terminare. E finito colui di mangiare, Bonola gli presentò il conto: 270 lire.
Citato in pretura, Bonola dimostrò che ci aveva rimesso: gli asparagi li aveva fatti venire dall'Egitto, la cottura delle uova all'occhio di bue gli era costata 200 lire di cognàc.
Nel firmamento delle culinaria milanese, Bonola fu appena una cometa: brillò due anni, e poi passò.

Alberto Savinio
Ascolto il tuo cuore, città

ironia, aristocrazia, privilegio. contro la cultura dell'eccesso. forse un no expo?
fonte: nuovateoria.logspot.it

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