venerdì 15 febbraio 2019

reddito e pensioni, la truffa gialloverde che piace a Juncker

Finalmente abbiamo il decreto su reddito di cittadinanza e sulla “cosiddetta” (lo dice anche il testo della legge) quota 100. Vengono tutte confermate le peggiori anticipazioni di questi giorni, che spesso sui social erano state bollate come “fake news” dai fanatici del governo. Purtroppo non è così. Vediamo i punti cardine dei due provvedimenti. Cominciamo dal reddito. Di cittadinanza ce ne è davvero poca, e anche di reddito; naturalmente non si può che essere contenti se lo Stato dà dei soldi ai poveri, tuttavia non possiamo certo chiamare dignitoso e civile un sistema che sottopone il povero disoccupato a clausole sempre più vessatorie fino a diventare insopportabili. Questo è il modello Thatcher che vediamo denunciato nei film di Ken Loach: ti dò dei soldi ma tu sei a disposizione della burocrazia e delle imprese. Vediamo. Il reddito viene assegnato a chi ha un Isee inferiore a 9.360 euro, i famosi 780 euro mensili che rappresenterebbero la soglia della povertà assoluta. Il principio è che lo stato concorre con quanto manca per raggiungere quella cifra. Quindi hai Isee zero? Allora prenderai tutti i 9.360 euro, ma tutto ciò che guadagni (o il valore della casa che eventualmente possiedi) ti verrà scalato da quella cifra.
Naturalmente qui faccio un esempio limite; ci sono spese, c’è la famiglia, si possono cumulare più redditi se in una famiglia ci sono più disoccupati maggiorenni, insomma bisogna andare al Caf e poi all’Inps con una pila di documenti, ad esempio per Giorgio Cremaschidimostrare quanto è vecchia l’auto, se se ne ha una. Tuttavia alla fine il concetto è chiaro: saranno davvero pochi coloro che incasseranno tutti i 780 euro mensili, che titolano il provvedimento. Anche il governo, per chiarire, ha scritto che comunque nessuno degli aventi diritto potrà avere meno di 480 euro all’anno, 40 al mese. Il reddito viene assegnato a tutti i residenti in Italia che ne abbiano diritto. Attenzione però, perché bisogna essere residenti da almeno 10 anni. Questo vale per i migranti, ma anche per cittadini italiani che siano andati a lavorare all’estero e poi siano tornati avendo perso lì il lavoro. Il limite avrebbe dovuto essere di soli 5 anni, ma Salvini è intervenuto per evitare che troppi migranti avessero il reddito. Così, per togliere soldi ai migranti, li hanno tolti anche agli italiani in difficoltà. Meditate, razzisti, meditate.
Il reddito va anche ai pensionati con più di 65 anni che prendano meno di 780 euro mensili. Siccome questi sono milioni e si prevede di sostenerne solo una piccola quota, spetterà all’Inps fare una selezione sociale (come, lo vedremo). Il reddito verrà versato in una social card che ha degli obblighi di spesa. Chi la detiene potrà prelevare solo 100 euro al mese in contanti. Il resto dovrà essere speso direttamente e mensilmente. Ci sarà un controllo su come vengono spesi i soldi. In ogni caso i soldi sono sempre quelli, quanti che siano coloro che ne avrebbero diritto. In una clausola chiaramente concordata con Bruxelles, il governo si impegna a tenere fissa la spesa per il reddito. Per capirci: se alla fine ne avesse diritto un milione di persone, la Salvini e i migrantispesa è 6 miliardi. Se però fossero tre i milioni a fare domanda, la spesa sarebbe sempre di 6 miliardi, quindi gli stessi soldi sarebbero divisi tra più persone. Altro che 780 euro. “Rimodulare”, si chiama, nel linguaggio del governo.
Tutti gli interessati al reddito che hanno meno di 65 anni dovranno rendersi disponibili al cosiddetto Patto di Lavoro. Esso è indispensabile per ottenere il reddito, e chi lo sottoscrive entra nel gorgo della collocabilità. Che ha il doppio scopo di costringere le persone ad accettare lavori purchessia, o di far risparmiate tanti soldi allo Stato. Infatti il reddito dura 18 mesi, poi si salta un mese e successivamente lo si può riavere, ma a terribili condizioni. La principale delle quali è che non si può rifiutare nessuna proposta di lavoro in tutto il territorio nazionale. Un disoccupato calabrese che rifiuti un lavoro di 800 euro a Milano perderà il reddito. Ma la tagliola scatterà anche prima. Infatti solo la prima proposta di lavoro “congruo” (chissà che vuol dire) sarà entro 100 km e nei primi 6 mesi di reddito, poi scatteranno 250 km, che sono tanti, implicano già il trasferimento, e dopo 12 mesi questa proposta non potrà essere rifiutata. Insomma, alla fine o emigri o perdi tutto. Salvini odia i migranti esteri e vuole rimpiazzarli con tanti migranti interni.
Il Patto di Lavoro implica 35 ore mensili medie di lavori socialmente utili, partecipazione obbligata a corsi di formazione e una partecipazione quotidiana alle piattaforme informatiche di collocamento istituite apposta. Il tutto sotto gli occhi di un tutore-collocatore. Le aziende che assumeranno i titolari di reddito riceveranno un premio se non li licenziano prima di 24 mesi; questo, per il governo, è l’assunzione a tempo indeterminato. Il premio sarà pari almeno a 5 mensilità di reddito. Lo stesso premio lo riceveranno i tutori-collocatori o gli enti bilaterali tra sindacati e imprese, che avranno un ruolo centrale in tutto il percorso formativo e che riceveranno almeno 5 mensilità per ogni lavoratore collocato. Sa un po’ di caporalato di Stato, ma tanti termini inglesi aggiusteranno tutto. In conclusione, il reddito di cittadinanza era stato presentato come un strumento atto a rendere più forti le persone nel mercato del lavoro, per impedire la concorrenza al ribasso sui salari. Qui invece si fa Di Maiol’opposto, si usa il reddito per l’avviamento coatto al lavoro alle condizioni peggiori, “o mangi ’sta minestra o salti dalla finestra” è il motto che guida il reddito di cittadinanza sfruttata di Di Maio.
Vediamo ora la “cosiddetta” quota 100. Come era chiaro da tempo, non c’è nessuna abolizione e neppure riforma della legge Fornero, che resta pienamente in vigore con alcuni interventi temporanei e con una finestra di pensionamenti anticipati e penalizzati che si chiuderà. Dal 1° aprile cominceranno ad andare in pensione coloro che hanno già maturato il requisito di 62 anni di età e 38 anni di contributi. Si procederà per scaglioni e, tra la maturazione del diritto e l’effettivo pensionamento, dovranno passare almeno tre mesi per i privati, sei mesi per i pubblici. Il provvedimento vale per il 2019, 2020 e 2021, poi scatterà l’innalzamento in base al legame con l’aspettativa di vita. Cioè è una finestra una tantum. La pensione viene penalizzata sulla base dei meccanismi, che restano in vigore, della legge Fornero. Cioè: si svalutano i contributi in proporzione alla distanza anagrafica dalla pensione di vecchiaia. Il governo riconosce questo, e pertanto favorisce gli accordi tra aziende e sindacati per integrare la pensione. Per capirci: così si aiutano banche e grandi aziende a svecchiare il personale. Per questo Confindustria & C sono felici del provvedimento: via dipendenti anziani e costosi, dentro giovani pagati la metà e senza articolo 18.
Viene soppresso l’aumento di 5 mesi dell’età della pensione di vecchiaia e di quella d’anzianità, scattato il primo gennaio. Però c’è anche qui il trucco dei tre mesi. Chi arriva all’età della pensione deve aspettare almeno in questa misura. Così viene abolito l’aumento di cinque, ma se ne introduce uno di tre mesi, per giunta non pagato. Non so quanto convengano i due mesi risparmiati rispetto alla Fornero. Vengono confermate opzione-donna ed Ape Social, che però sono state fatte proprio da chi ha votato la legge Fornero e non hanno cambiato in nulla le iniquità del sistema pensionistico. I dipendenti pubblici che Pensionatiandranno in pensione a 62 anni dovranno aspettare quasi cinque anni per avere la liquidazione, anche qui in base alla legge Fornero. Tuttavia potranno farsi prestare i soldi da banche con cui le amministrazioni pubbliche dovrebbero definire apposite convenzioni, con i relativi interessi. Cambiano i governi, ma porcate con le banche si fanno sempre.
E a proposito di porcate, non ci saranno sostituzioni per chi esce, visto che le assunzioni pubbliche sono bloccate fino a novembre, cioè fino alla prossima finanziaria lacrime e sangue. Tutto qui, solo la propaganda menzognera del governo, con la stupidità complice delle opposizioni di Pd e Forza Italia, può far credere che qui si sia davvero istituito il reddito di cittadinanza o che sia stata colpita la legge Fornero, che invece continuerà a far danni. Salvini e Di Maio hanno solo varato una versione povera e feroce della legge tedesca Hartz IV e hanno concesso un prepensionamento per alcune generazioni di impiegati, cosa che fanno tutti i governi in tutti i paesi. Per questo Juncker ha messo il suo bollino sulla manovra: essa è perfettamente compatibile con le politiche liberiste della Ue. Anzi le realizza, finanziandole con un poderoso aumento dell’Iva e con i tagli alla scuola e allo stato sociale. Che naturalmente andranno in vigore dopo le elezioni europee. Intanto la montagna di promesse di Salvini e Di Maio ha partorito il topolino di Juncker.
(Giorgio Cremaschi, “E la montagna di promesse di Salvini e Di Maio partorì il topolino di Juncker”, da “Micromega” del 9 gennaio 2019).

fonte: LIBRE IDEE

domenica 10 febbraio 2019

Moche, civiltà del sesso?


Un articolo di Focus, del febbraio del 2016, titolava: Moche, la civiltà del sesso. Mentre Roma fondava il suo impero, in Perù vivevano i Moche, un popolo dai tratti enigmatici e con una religione basata sul sesso. All’interno dello stesso scritto possiamo leggere: l’archeologo Maximo Terrazos racconta che quando, oltre 50 anni fa, aprì la porta di una stanza del seminterrato del Museo d’Archeologia di Lima rimase a bocca aperta: davanti a lui si spalancò la vista di 1.500 ceramiche incise dalla popolazione Mochica. Tutti quei vasi, boccali, brocche, e vari oggetti, prelevati da sarcofaghi d’adulti, donne e bambini, ritraevano scene porno: masturbazione di gruppo, atti di sodomia, orge, sesso orale, accoppiamenti con scheletri, ranocchie, ermafroditi, e molto altro.


Prima di comprendere quanto possa essere veritiera l’affermazione presente nel titolo dell’articolo della nota rivista, risaliamo la linea del tempo per comprendere chi erano, da dove venivano e come sparirono i Moche. La civiltà Moche o Mochica nacque e si sviluppò durante l’epoca preincaica, tra il I secolo ed il VII, nella lunga striscia di terra desertica della costa settentrionale del Perù. In quella regione ancora oggi possiamo ammirare i templi piramidali, i palazzi, le fortificazioni, i cimiteri e le opere d’irrigazione che testimoniano il livello raggiunto da questa civiltà nei campi della tecnica e dell’arte. Si trattava di una civilizzazione costiera, in una zona dove la fertilità delle valli e l’ampiezza della costa crearono i presupposti per lo sviluppo e la diffusione della civiltà Moche. Nella regione montuosa dell’entroterra, i Moche occuparono solo parzialmente le valli a causa della presenza di una formazione culturale chiamata Recuay che riuscì a frenare l’avanzata della civiltà Mochica, sebbene le tracce ritrovate dimostrino l’esistenza di una relazione, anche profonda, tra le due culture. Non esistono fonti scritte riguardanti la civiltà Recuay. Le interpretazioni dei reperti e degli scavi archeologici hanno portato gli studiosi a delineare una società dedita all’agricoltura ed alla pastorizia, frequentemente coinvolta in conflitti armati. Le scene raffigurate negli oggetti in ceramica rivelano la natura e l’importanza dei riti cerimoniali, incentrati sul culto degli antenati e sulle offerte rituali alla terra ed ai picchi montuosi, luogo d’origine delle risorse idriche.


Per quanto concerne la nascita della cultura Moche, i ricercatori collocano le sue origini tra l’anno 100 a.c. e l’anno zero, e gli attribuiscono una durata di oltre 7 secoli. La cultura Moche fu divisa in cinque fasi dall’archeologo peruviano Rafael Larco Hoyle, che realizzò una sequenza cronologica basata sullo studio di una grandissima collezione di ceramiche. Le prime tre fasi, che corrispondono al primo periodo Moche, presentano una cultura composta da una serie di gruppi indipendenti che abitavano, ciascuno, la propria vallata. Durante la terza fase, Hoyle suppose che i Moche avessero raggiunto l’unità politica ed avessero iniziato il processo di espansione verso Sud. Nella quarta fase la civiltà Mochica raggiunse il suo apogeo, soprattutto in riferimento ai traguardi culturali raggiunti. La quinta fase corrisponde alla decadenza dei Moche, caduta fortemente influenzata dall’insorgere del fenomeno culturale Huari, oltre ad una serie di catastrofi naturali provocate da un fenomeno meteorologico conosciuto come El Nino.  I Huari furono una civiltà preincaica che fiorì nel sud del Perù nel periodo compreso tra il VI ed il XIII secolo. Durante la loro fase d’espansione, che possiamo identificare nei primi decenni dalla loro comparsa, inglobarono molte delle terre delle civiltà Moche, tanto da essere una delle potenziali cause della decadenza di questa cultura.


Attraverso quali strumenti gli archeologici sono riusciti a ricostruire tratti della cultura Mochica?
Le principali fonti dalle quali attingere informazioni sono tre: le tombe, l’architettura e la ceramica. Nel corso del tempo sono state portate alla luce sepolture multiple dove il defunto, probabilmente un personaggio importante, era tumulato assieme ad una serie d’accompagnatori, sacrificati al momento della sua morte. In una serie minore di casi, i Moche preferirono deporre solo parti di un corpo umano, la testa o le mani, ad accompagnare il defunto nel viaggio nell’aldilà. Quest’usanza, innovazione introdotta dai Moche nell’America del Sud, fu seguita dal popolo che s’intrecciò e ne continuò le gesta: i Chimù.


La principale fonte di documentazione per gli studiosi sono le ceramiche; erano principalmente di colore rosso, in alcuni casi arancio o nero fumo. La maggior parte dei reperti, conosciuti come huacos, sono statuette che rappresentavano vari personaggi. I temi rappresentanti sono scene di vita reale: caccia, pesca e scene di combattimento. In un numero nettamente minore si trovano raffigurate anche figure simboliche immaginarie o antropomorfe.
Nel corso del tempo è variato l’approccio nei confronti della ritualità di questa civiltà, soprattutto per quanto concerne il cannibalismo: inizialmente, in seguito al ritrovamento di segni di scarnificazione sulle ossa d’alcuni prigionieri sacrificati, gli archeologi pensarono alla pratica del cannibalismo rituale. Successivamente, ad una più attenta analisi dei reperti, s’ipotizzò che alcuni rituali dei Moche prevedessero la scarnificazione dei sacrificati. Questo rituale fu riportato, occasionalmente, sul vasellame.


Nella maggior parte dei rituali il sangue svolgeva un ruolo fondamentale: è frequente la rappresentazione nel vasellame dell’offerta di sangue del sacrificato raccolto in una coppa.
Giungiamo, infine, al rapporto con il sesso.
I Moche credevano che il cosmo fosse formato da tre dimensioni in contatto: quella dei vivi, quella dei morti e quella degli dei. Le scene di sesso tra vivi e defunti, rappresentate nel vasellame, sono la celebrazione degli scambi tra gli abitanti del cosmo. Secondo l’antropologa Anne-Christine Taylor, “il sesso era il motore che permetteva ai tre mondi di restare in contatto”.


In funzione del titolo dell’articolo di Focus e delle esternazioni dell’antropologa Taylor, ci aspetteremmo una grandissima quantità di materiale sessuale. Sarete stupiti leggendo che solamente una percentuale residuale, circa 1%, delle ceramiche ritrovate riporta soggetti erotici, anche se alcuni sono molto elaborati. Quell’esigua percentuale è bastata a trasformare un’interessantissima cultura in una civiltà basata sul sesso, quando sarebbe stato sufficiente spiegare che una parte della religiosità si basava sull’attività sessuale. Analizzando le ceramiche a sfondo sessuale della cultura Mochica, troviamo peni eretti, masturbazioni di gruppo, sodomia, orge, sesso orale e vulve spalancate. Inoltre in alcuni casi si ritrovano scene di sesso tra uomini e defunti e tra vivi ed animali. In base alla datazione delle ceramiche, fu possibile stabilire un passaggio dal culto della fertilità al sesso come scambio tra il mondo dei vivi e quello dei morti. L’atto più rappresentato è il sesso anale, con scene di penetrazione vaginale molto rare. La Fellatio è presente, raramente, mentre il cunnilingus è assente. Sono stati rinvenuti reperti che raffigurano scheletri maschili che si masturbano o sono masturbati da donne viventi. Una possibile risposta alle rappresentazioni sessuali potrebbe attenere all’importanza per l’irrigazione, ricchezza e fondamento della civiltà, della cultura Moche. Le opere d’arte raffiguravano spesso il passaggio di fluidi, a testimonianza dell’importanza della circolazione e del flusso. Sulla base dei dettagli, realistici, delle ceramiche sono sorte diverse teorie, tra cui quella che fa riferimento alla trasmissione delle conoscenze da parte delle generazioni più anziane a quelle giovani. Conoscenze relative alla reciprocità dell’attività sessuale tra il mondo dei vivi e quello dei morti.


L’immenso patrimonio d’opere d’arte della civiltà Moche dona l’immortalità a questa semi-sconosciuta cultura, aldilà della presunta, e dimostrata per un’esigua percentuale di reperti archeologici, sfrenata attività sessuale.

Fabio Casalini

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI

Bibliografia

Alva, Walter (October 1988). "Discovering the New World's Richest Unlooted Tomb". National Geographic. Vol. 174 no. 4 

M.N. Gorio, Sangue e oro dei Moche, in Gruner+Jahr/Mondadori, Milano, nº 39, gennaio 2010 

Damiano Laterza, Quanto eros fra i Moche. In Perù il primo museo dell'arte erotica Precolombiana, in Ilsole24Ore, 5 luglio 2012. 

Focus, Moche, la civiltà del sesso: mentre Roma fondava il suo impero, in Perù vivevano i Moche, un popolo dai tratti enigmatici e con una religione basata sul sesso, febbraio 2016 

Sawyer, Alan R. (1966). Ancient Peruvian ceramics: the Nathan Cummings collection by Alan R. Sawyer. New York: The Metropolitan Museum of Art.


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.