mercoledì 25 luglio 2018

una pagina di follia

(狂った一頁 Kurutta ippēji?, è un film muto giapponese, in bianco e nero, diretto da Teinosuke Kinugasa nel 1926.

Storia del film

Creduto perduto per 45 anni fu ritrovato per caso dallo stesso regista e fu diffuso nel 1971. Il film non contiene didascalie perché le proiezioni cinematografiche giapponesi negli anni 20 prevedevano che fosse presente nella sala un narratore (detto benshi o setsumeisha), e manca di un terzo dell'originale del 1926.

Produzione

Il film è un capolavoro dell'avanguardia cinematografica giapponese della metà degli anni Venti.

Yasunari Kawabata, premio Nobel per la letteratura nel 1968, collabora alla sceneggiatura adattando, insieme a Kinugasa, Banko Sawada e Minoru Inozuka, un suo racconto breve.

Il film si può considerare espressione del movimento letterario giapponese (fondato da Kawabata insieme a Riichi Yokomitsu e a altri giovani scrittori) chiamato Scuola delle Nuove Percezioni (Shinkankaku-ha) e aperto agli influssi culturali occidentali.

Vicende produttive

Il film fu girato in un mese, con un budget ridottissimo. Kinugasa, regista e anche produttore, dipinse d'argento le pareti dello studio per compensare la scarsità delle lampade.

Accoglienza

Il film ottenne un notevole successo.

Trama

Il film è ambientato in un manicomio. Un ex marinaio è stato assunto come portinaio e inserviente. Fra i ricoverati c'è sua moglie, impazzita dopo aver tentato di annegarsi insieme al figlioletto: lei è sopravvissuta mentre il bambino è morto. L'uomo tenta inutilmente di farla evadere, ma la donna è terrorizzata e non è in grado di affrontare la fuga.

Tecnica cinematografica
Artifici espressivi

Gli stati del subconscio, gli incubi, i sogni, le ossessioni sono rappresentati con immagini sfocate o distorte, doppie esposizioni della pellicola, inquadrature oblique e rovesciate, effetti ottici ottenuti con l'uso di lenti deformanti, schermo diviso in diverse inquadrature, panoramiche velocissime, montaggio accelerato.

Elementi di contrasto

Per esprimere il dramma della follia e dell'internamento,Teinosuke Kinugasa e Yasunari Kawabata, lo sceneggiatore, hanno costruito il film attorno a una serie di elementi contrapposti: follia/normalità, dentro/fuori, chiuso/aperto, stasi/movimento, ombra/luce... L'effetto è una forte tensione narrativa e formale.

Temi iconografici

Ossessivamente nel film ricorrono immagini di sbarre, corridoi, serrature, cancelli, porte che si aprono e si chiudono.

Surrealismo

Freddy Buache, conservatore della Cinemateca Svizzera afferma:

« ...Al termine di questa straordinaria meditazione sulla follia, incompresa e regolarmente negata, il regista insinua una rivendicazione per la soppressione dell'internamento di coloro che non rientrano nel concetto di cosiddetta normalità: il messaggio antipsichiatrico prende forma in questo affresco in cui si legge in filigrana anche l'imperativo surrealista: Aprite le prigioni, sciogliete gli eserciti! »

Modelli di riferimento

I realizzatori del film avevano presenti alcuni modelli del cinema occidentale come ad esempio:

La rosa sulle rotaie (La roue) di Abel Gance, 1923
Entr'acte di René Clair, 1924
L'ultima risata (Der letzte Mann) di Friedrich Wilhelm Murnau, 1924.

fonte: Wikipedia

Una pagina di follia.png
Una scena del film


Eiko Minami in A Page of Madness.

VIDEO

sabato 21 luglio 2018

Venezuela crisis



vince, al World Press Photo, questa, “Venezuela crisis” di Ronaldo Schemidt.
credo di preferirne altre.











mi rassicurano che il ragazzo se l'è cavata, è vivo con il 70% del corpo ustionato.
sono sempre queste le foto che vincono, ma il giornalismo fotografico può incidere anche senza fuoco assassino.
a me basta molto meno, non ho bisogno dell'orrore per credere.

fonte: http://nuovateoria.blogspot.com/

mercoledì 18 luglio 2018

il gabinetto del dottor Caligari

Das Cabinet des Dr. Caligari, è una pellicola muta del 1920 diretta da Robert Wiene.

L'opera è considerata il simbolo del cinema espressionista tedesco. Gioca moltissimo con il tema del doppio e la difficile distinzione tra allucinazione e realtà, supportato da una scenografia allucinante e caratterizzata da forme zigzaganti.

Trama

La pellicola s'inizia con uno dei personaggi, Francis, che racconta in analessi (flashback) una storia sinistra a un interlocutore, un vecchio seduto di fianco a lui: l'analessi ritorna al 1830, nel piccolo paese di Holstenwall in Germania, in cui un signore poco raccomandabile, di nome Caligari, giunge alla fiera del paese per presentare il suo sonnambulo, Cesare, che tiene sotto ipnosi in una cassa da morto. Il dottor Caligari sostiene che il sonnambulo, una volta svegliato, sia in grado di predire il futuro; con il suo arrivo nel paese, cominciano ad avvenire morti sospette: la prima vittima è un impiegato della fiera che si era dimostrato estremamente scortese e irriverente nei confronti di Caligari.

Il giorno dopo l'amico del narratore, Alan, è il primo a chiedere una predizione: i due uomini condividono l'amore per Jane, bellissima fanciulla che essi si contendono pacificamente. Cesare predice ad Alan che morirà entro il mattino seguente, cosa che effettivamente si avvera: l'uomo viene trovato pugnalato nel proprio letto. I sospetti si concentrano da subito su Cesare, ma il dottore dimostra che questi è sempre rimasto con lui a dormire nella sua bara: viene dunque arrestato un bandito, còlto in flagrante nell'atto di pugnalare un'anziana donna; l'uomo però confesserà di aver tentato di uccidere la vecchia con le stesse modalità degli altri due delitti, allo scopo di scaricare la propria colpa sul misterioso assassino, ma di non averli commessi. Intanto Jane, alla ricerca del padre, si imbatte nel dottor Caligari; questi, dopo averla vista, ordina a Cesare di ucciderla; Cesare è sul punto di farlo, ma rimane estasiato dalla bellezza eterea della giovane: quindi la rapisce, venendo inseguito dalla folla; sfinito, è costretto ad abbandonarla e, dopo aver percorso un ulteriore tratto, non visto, cade a terra morto. Una volta in salvo, Jane rivela che il rapitore è Cesare.

Francis si precipita verso l'abitazione del dottor Caligari ma, osservando di nascosto dalla finestra, rimane sconcertato nel vedere che Cesare continua a essere addormentato nella sua bara con il dottore accanto a lui. Francis chiede aiuto alla polizia, che si reca presso l'abitazione del dottor Caligari, dove scopre che il Cesare che vedono dalla finestra è in realtà solo un manichino che il dottor Caligari utilizza per coprire i propri movimenti sonnambulistici. Smascherato e inseguito dalle forze dell'ordine, il Dott. Caligari si rifugia presso un manicomio di cui è lui stesso il direttore.

Qui Francis svela il mistero, grazie al ritrovamento del diario segreto del dottore: in preda all'insaziabile desiderio di ricerca nel campo del sonnambulismo, il dottore aveva scoperto come nel XVIII secolo fosse vissuto uno psicologo, di nome Caligari, che, girando di città in città nell'Italia settentrionale, si era servito un paziente affetto da sonnambulismo come assassino, contro la volontà stessa di quest'ultimo: volendo imitarlo, e approfittando dell'arrivo al manicomio di Cesare, affetto da sonnambulismo, il dottore aveva avviato con lui i propri esperimenti, riuscendo a comandarlo a piacimento e convincendosi sempre di più di essere lui stesso il dottor Caligari. Vistosi scoperto, l'uomo aggredisce Francis e i dottori accorsi, ma gli viene infilata una camicia di forza e lo si rinchiude in una cella di isolamento.

Mentre il racconto termina con la detenzione forzata del dottore nel suo stesso manicomio, lo spettatore è ricondotto fuori dalla lunga analessi, alla panchina dove sono seduti Francis e il suo ascoltatore; ma un finale a sorpresa fa capire che forse il racconto di Francis non è stato altro che il frutto della sua fantasia: Francis, Jane e Cesare sono infatti pazienti del manicomio menzionato nel racconto e la persona che Francis sostiene essere il dottor Caligari altri non è che l'attuale direttore dello stesso istituto correttivo; nel vederlo, Francis dà in escandescenze e, prima che possa aggredirlo, gli viene messa la camicia di forza.

La pellicola si conclude con Francis rinchiuso in cella di isolamento; il direttore del manicomio afferma che saprà come trattare Francis, ora che è emerso l'oggetto della sua ossessione: il dottor Caligari.

Produzione

La pellicola è stata girata girata a Berlino, nel Lixie-Atelier, nel quartiere Weißensee, dalla Decla-Bioscop AG di Erich Pommer.

Soggetto

Autori del soggetto furono Hans Janowitz e Carl Mayer.

Scenografia

La scenografia fu affidata a Hermann Warm che assieme a due amici pittori e scenografi espressionisti Walter Reimann e Walter Röhrig studiò il copione. Concordarono che esso richiedeva scenografie inconsuete e irreali e così eseguirono fondali su tela dipinta, ispirati dai modelli pittorici di Kirchner.

« In Caligari, l'interpretazione espressionistica è riuscita con raro successo a evocare la "fisionomia latente" di una piccola città medievale dai vicoli tortuosi e oscuri, budelli stretti rinserrati tra case sgretolate le cui facciate sbilenche non lasciano mai entrare le luce del giorno. Porte cuneiformi dalle ombre pesanti e finestre oblique dai vani deformi sembrano rodere i muri. »

(Lotte H. Eisner, Lo schermo demoniaco, p. 32.)

Musica

Nel 1919 Robert Wiene aveva scelto come accompagnamento musicale della pellicola il sestetto per archi Verklärte Nacht di Arnold Schönberg.

Nel 2003 il collettivo Edison Studio (Mauro Cardi, Luigi Ceccarelli, Fabio Cifariello Ciardi e Alessandro Cipriani) ha composto una nuova colonna sonora elettroacustica della pellicola; il lavoro è stato presentato in prima esecuzione assoluta alla International Computer Music Conference di Singapore il 2 ottobre 2003.

Nel 2016 la Cineteca di Bologna ha pubblicato il DVD della versione restaurata della pellicola, accompagnata da due tracce audio di stile totalmente opposto: la colonna sonora elettroacustica di Edison Studio e le musiche composte e dirette da Timothy Brock sul podio della Brussels Philharmonic.

Nel 2017 i Super Trutux e Bologna Violenta hanno composto una nuova sonorizzazione della pellicola. Il lavoro è stato presentato il 21 giugno 2017 a Modena, nell'ambito della rassegna Soundtracks - musica da film, organizzata da Corrado Nuccini e co-finanziata dal Museo nazionale del cinema. In data 13 ottobre 2017 la sonorizzazione è stata anche pubblicata ufficialmente da Dischi Bervisti e Audioglobe, con il titolo Soundtrack For Caligari.

Stile

Il gabinetto del dottor Caligari fu la pellicola-simbolo dell'Espressionismo; quando venne girata, nel 1919, l'Espressionismo era già un movimento artistico noto e conosciuto, per cui quest'opera ne segnò l'apoteosi, aprendo una nuova strada anche nella cinematografia.

La storia di accuse reciproche tra i personaggi è già di per sé delirante, ma quello che scuote lo spettatore è la caratterizzazione delle inquadrature, girate in scenografie allucinate dalla geometria non euclidea, con spigoli appuntiti, ombre minacciose, strade serpentine che diventano vicoli ciechi; i personaggi recitano col volto pesantemente truccato, in particolare il sonnambulo, che ha gli occhi cerchiati di nero. Il mondo distorto è quello della mente malata di Francis e riecheggia le opere di Ernst Ludwig Kirchner, ma anche le scenografie futuriste di Enrico Prampolini in Thaïs.

La pellicola è girata tramite lunghe inquadrature fisse, con poco montaggio, che crea una sorta di bidimensionalità, oltre all'impressione asfissiante che l'inquadratura sia chiusa su sé stessa, come se fosse un mondo a parte, al di fuori della quale non esiste niente.

Sul ritmo della pellicola scrive Louis Delluc:

« ...Prima lento, deliberatamente laborioso, vuole snervare l’attenzione. Poi quando iniziano a girare le onde dentate della "Kermesse", la cadenza balza, accelera, scorre e non ci lascia che con la parola “fine”, secca come uno schiaffo. »

(Louis Delluc, Cinéa, 1922 (citato da Eisner H. Lotte, Lo schermo demoniaco, p. 27))

Distribuzione

La pellicola uscì in prima a Berlino il 26 febbraio 1920 e fu poi distribuita in tutto il mondo; la lunghezza dell'opera varia nelle diverse versioni; la pellicola è stata restaurata dal Bundesarchiv-Filmarchiv Koblenz.

Restauri

Precedenti al 2014

La pellicola è stata più volte restaurata negli anni: Filmmuseum München (1980), Bundesarchiv-Filmarchiv di Coblenza (1984), Progetto Lumière, 1995. Una versione restaurata e colorata dalla Film Preservation Associates per il mercato DVD è presentata sul mercato nel 1996, con la colonna sonora del compositore Timothy Brock. Negli anni sono state realizzate diverse colonne sonore alternative per il film.

Restauro del 2014 della Cineteca di Bologna

Un bando internazionale, lanciato nell'aprile 2012 dalla Murnau Stiftung, è stato vinto dal laboratorio L'Immagine Ritrovata della Cineteca di Bologna, che ha presentato la nuova versione restaurata del film (durata: 75 minuti) al 64° Festival di Berlino del 2014. Il film restaurato è stato distribuito nelle sale italiane nel febbraio 2016. Il DVD della versione restaurata di Das Cabinet des Dr. Caligari è accompagnato da due tracce audio di stile totalmente opposto: la colonna sonora elettroacustica di Edison Studio e le musiche composte e dirette da Timothy Brock.

Remake

Nel 1962 il regista statunitense Roger Kay ha girato un film dal fuorviante titolo di Il gabinetto del dr. Caligari, che nulla ha a che vedere con l'originale, tranne il nome del protagonista.

Un remake con fotografia estremamente fedele all'originale è stato girato nel 2005 dal regista indipendente David Lee Fisher e presentato allo ScreamFest Film Festival dello stesso anno, dove si è aggiudicato tre premi.

Omaggi

Il gruppo rock inglese dei Suede ha omaggiato il film proponendone una sorta di remake come videoclip del brano Heroine proiettato anche durante i loro concerti.

L'opera è citata nel film Il secondo tragico Fantozzi con protagonista Paolo Villaggio: Fantozzi cita il film come capolavoro del cinema espressionista tedesco per blandire il presidente della commissione all'esame attitudinale Prof. Guidobaldo Maria Riccardelli - appassionato del genere - al fine di ottenere più facilmente una promozione. Viene però corretto da quest'ultimo poiché Fantozzi nomina il Dottor "Calligaris" anziché Caligari.

L'artista techno Recondite ne rende omaggio in un suo mix chiamato "The Dystopian Cabinet of Dr. Caligari"

Dal film prende il nome il gruppo rock spagnolo Gabinete Caligari, che ha dedicato all'opera cinematografica il pezzo Sombras Negras.

fonte: Wikipedia


Caligari (Werner Krauss)


Caligari e Cesare e la scenografia espressionista della pellicola


VIDEO

sabato 14 luglio 2018

la strage del Monte Cimone 23 settembre 1917: mille soldati italiani finiti in un cratere




Il 23 settembre 1916 la brigata Sele è sulla cima del monte Cimone di Tonezza (VI). All’alba gli austriaci fanno esplodere due gigantesche mine che polverizzano parte della montagna e fanno strage tra le truppe italiane. Così racconta quei momenti il diario reggimentale: "Poco prima delle ore 6 del 23, il nemico fa brillare due poderose mine che squarciano e travolgono le nostre trincee della vetta del Cimone (q. 1230) ove, appena da pochi minuti il I/219° ha dato il cambio ad un battaglione della “Novara” e alla 259° compagnia alpini.  Tutti gli accessi della posizione sono sconvolti; la 1ª, 2ª e 4ª compagnia del 219° rimangono annientate dallo scoppio immane: i superstiti ammontano a due ufficiali e ventidue uomini di truppa.  Frattanto dalla q. 1217 l’avversario avanza lungo la sottile cresta resa anch’essa impraticabile dall’esplosione ma i pochi superstiti delle tre compagnie, raccolti nel lato orientale della posizione, contendono rabbiosamente al nemico la vetta ad essi affidata, seminata dei Cadaveri straziati dei loro compagni.  Il numero degli assalitori ha però presto ragione del piccolo nucleo di eroici difensori che, minacciati anche dal lato occidentale, son costretti a cedere, non senza aver inflitto agli Austriaci ingenti perdite».
La lettera di un soldato italiano, Gino Ricceri, che passò la censura:

Li 27-9-1916

Carissima Madre
Poco ò da aggiungerti alla mia cartolina antecedente dove tutto ti spiegavo. Per il presente godo ancora buona salute come spero il simile di tutti voi. Cara Madre come già avrai anche appreso sui giornali che il giorno 23 sul Monte Cimone mediante due mine gli austriaci una parte lo anno fatto saltar per aria sconcassando anche tutte le trincee e nel medesimo tempo un gran bombardamento dove i nostri anno dovuto ritirarsi per circa un centinaio di metri ma subito anche la nostra artiglieria a fatto subito il contrattacco in modo che è stata mantenuta la posizione però non posso darti nessun resultato dei danni avvenuti certamente molto bene non lo dovrà essere andata per quei miseri che lassù si trovavano. Cara Madre anche questa volta sono stato fortunato perché anch’io vi dovevo essere ma poi ci mandarono invece che sul monte Cimone nella valle di esso e del Monte Cencio cioè fra la Val D’astico e la Valdazza credi che ormai mi son visto perduto e perso ogni speranza e vero di farsi coraggio ma già è ormai troppo che ce lo facciamo e molto più invece che di sentire qualche buona cosa cioè di pace è un silenzio assoluto un vero mortorio e per dir meglio pare che la guerra incominci ora. Altro non ò da dirti saluta chi ti domanda di me saluta Fratello e sorelle più ricevi i miei saluti
tuo Figlio Gino

I fatti

Alle 5,45 del 23 settembre 1916 sul Monte Cimone ci fu una strage di soldati italiani, ad oggi sconosciuta ai più. Ne diede notizia al governo italiano il cardinale Scapinelli, nunzio apostolico a Vienna il 27 settembre 1916, ben quattro giorni dopo la strage. Due potenti mine austriache avevano fatto saltare la cima del monte, dove, in una trincea lunga quattrocento metri, un migliaio di soldati italiani erano ammassati. Ai loro piedi sì aprì una crepa di venti metri, che letteralmente li inghiottì. I soldati italiani non potevano essere soccorsi poiché dalle cime alpine circostanti i cannoni della nostra armata si erano messi a sparare su ciò che restava del monte Cimone al fine di impedire l’avanzata austriaca. Il fuoco amico seppelliva i propri soldati. Il 25 settembre il comando austriaco propose una tregua di cinque ore, dalle 14 alle 19 dello stesso giorno, per soccorrere i soldati italiani. Lo Stato maggiore italiano rispose: «Essendo accertato che le truppe austro-ungariche, come hanno potuto ugualmente soccorrere, per spirito di umanità, i feriti italiani nel lungo tempo trascorso tra l’esplosione della mina e l’inizio del fuoco italiano, il comandante d’armata non crede di poter sospendere il fuoco». L’artiglieria italiana, in realtà, non aveva mai smesso di sparare, a partire da quarantacinque minuti dopo l’esplosione delle mine. Il nunzio vaticano a Vienna chiede al Papa di intervenire sul governo italiano per sospendere i combattimenti per il tempo necessario a soccorrere i feriti. Il nunzio era stato contattato dal cappellano militare Bruno Spitzl, perché «La battaglia negava qualsiasi possibilità di salvezza per gli italiani sepolti dalla frana». Il comando d’armata italiano ha però seri dubbi sulla buonafede degli austriaci. Il presidente del consiglio Boselli fa sapere al papa che non approva il comportamento del comando d’armata italiano, ma non muove un dito per far sospendere i combattimenti.  Nei giorni seguenti gli italiani lanceranno sulla vetta del Monte Cimone i gas asfissianti. Malgrado ciò, il battaglione salisburghese impegnato nella battaglia si installò sul picco e scavò fino al 2 ottobre tirando fuori i soldati italiani. Vengono estratti ancora vivi un ufficiale e sette soldati. Alla fine gli italiani salvati dagli austriaci saranno 482 su un totale di mille, e tutti finiranno in ospedali e campi di prigionia austriaci. Il nemico rimase padrone del Monte Cimone fino alla fine della guerra.

fonte: http://larapavanetto.blogspot.com/

Fonti: A., Paloscia, Bendetto tra le spie, Editori Riuniti, Roma, 2007.
http://espresso.repubblica.it/grandeguerra/index.php?page=estratto&id=583

martedì 10 luglio 2018

scie in aumento, Mini: la guerra climatica ormai è realtà

La frequenza delle scie nei nostri cieli (scie di varie forme, dimensioni e colori) si è intensificata. Molti ormai le chiamano “scie chimiche”, ma l’ufficialità continua a negare la loro esistenza. Militari dell’aeronautica e grande stampa, servizi meteo, scienziati e ministri ripetono che si tratta di un fenomeno “normale”, giustificato dal traffico aereo intensificato. Non la pensa così il generale Fabio Mini, già a capo della missione Nato in Kosovo. Per l’alto ufficiale, il fenomeno è anomalo: durante la guerra in Kosovo – ricorda Mini – la manipolazione delle nubi aveva un’importanza strategica ed è stata attuata. «Si possono creare o dissolvere artificialmente e rappresentano uno strumento di guerra», riassume il sito “Ereticamente”, riportando recenti interviste rilasciare dal generale. «Si usano sostanze chimiche (sodio, bario, alluminio, polimeri) che vengono impiegate per le deviazioni delle onde elettromagnetiche». Fabio Mini esorta i cittadini a pretendere la verifica, l’ammissione da parte delle autorità, facendo pressioni per ottenere accertamenti e informazioni ufficiali rilasciate da autorità competenti e di responsabilità: sanità e difesa, aeronautica, ministero dell’agricoltura e della ricerca scientifica. Obiettivo: verificare l’esistenza di prove dettagliate e inconfutabili.
«Riguardo alla questione della geoingegneria – avverte Dane Wigington sul sito “NoGeoingegneria” – le porte di tutti i rappresentanti del governo e di tutte le agenzie governative sono state sbarrate. I responsabili delle operazioni di irrorazione Scie bianche in cieloproteggono questi programmi negli ultimi decenni. Le agenzie governative che si occupano di qualità dell’aria e dell’acqua sono state strutturate in modo tale da mascherare la montagna di composti tossici originati dai programmi di modificazione climatica e meteorologica». Come Mini, anche Wigington esorta a «fornire dati credibili e inattaccabili per poi metterli nelle mani di autorità competenti e spingerle ad occuparsene attivamente». La lista di possibili interlocutori è infinita, aggiunge “Ereticamente”: «Si passa da chi si occupa di questioni ambientali, cibo biologico, malati di Alzheimer, autismo e Adhd a settori quali l’allevamento, la forestale, il giornalismo». In una recente intervista con Enzo Pennetta, lo stesso Mini ricorda che ormai «la guerra è diventata un illecito del diritto internazionale e non è più la prosecuzione della politica, ma la sua negazione, il suo fallimento».
Una caratteristica delle guerre moderne, aggiunge Mini, è anche la perdita di consapevolezza sulla verità: e in questo, la tecnologia sa fare miracoli. «Se tali armi sono state veramente impiegate, si tratta di una violazione del diritto internazionale e dei diritti umani delle vittime». Secondo il professor Pennetta, il cinema americano prepara lo spettatore ad “abituarsi” alla guerra climatica, attraverso immagini più o meno subliminali, dal 1959. Oggi, il “Weather Channel” allarma sui disastri naturali milioni di spettatori su schermi flat e smartphone, come “previsto” (saputo in anticipo?) dalla propaganda militare di Disney nel 1959 con il film “Eyes in Outer Space”, prodotto in collaborazione col Pentagono. «Il film usa musica e animazioni per speculare sull’uso della tecnologia dei satelliti militari lanciati nello spazio, insieme ad una rete di difesa coordinata ed a certi strumenti per modificare il clima. Il controllo del clima, la guerra che minaccia l’ambiente, appunto. Quel film ritrae un ordine futuristico di satelliti e armi spaziali che fanno parte di un sistema di totale controllo climatico militare indirizzato dal presidente Kennedy. E’ stato previsto che satelliti in grado di tracciare il clima avrebbero permesso alle forze militari Il generale Ministatunitensi di predire i modelli climatici per progettare attacchi coordinati contro fenomeni naturali nefasti anticipandoli di mesi».
Il mondo attuale, che “copre” certi progetti di geoingegneria, armi chimiche, elettromagnetiche e spaziali – conclude “Eticamente”, citando Pennetta – è stato anticipato dal film di Walt Disney in stretta collaborazione con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Ci dà una prospettiva storica di come la propaganda statale venga usata per condizionare una deviazione culturale programmata in supporto all’uso della tecnologia militare come le armi usate contro il mondo naturale». Inutile stupirsi se le “scie chimiche” non trovano cittadinanza sui media, se non per il facile sarcasmo delle cosiddette “bufale”. «Siamo in piena guerra dell’informazione da cui, di riflesso, scaturiscono tutte le altre guerre», sintetizza “Ereticamente”. «Una guerra a colpi di mezze verità, bufale, bufale su verità, verità su bufale con tutti i vari incroci ed intrecci che ne derivano». Secondo il blog, «il diavolo si diverte da sempre a mischiare le carte in tavola con grandi verità condite da grandi porcate e grandi menzogne che, tra le righe, nascondono verità». Del gioco fa parte anche il fantastico “algoritmo anti-bufale” messo a punto da Google, «che in sostanza ci dice: le bufale le decido io, tutto il resto è la verità».
In questo clima di guerra all’ultimo scoop e bombardamento mediatico propagandista, spunta un tema che sta a cuore a tutti, di cui ci si preoccupa o di cui si ride: «Le scie chimiche, il clima impazzito, la guerra climatica o ambientale innaffiata ogni giorno dalla guerra della disinformazione». Aggiunge “Ereticamente”: «Le scie chimiche associate al clima impazzito ed a fenomeni di manipolazione di disastri naturali come terremoti, tsunami, cataclismi e siccità non sono più materia di ‘bufale’». Una vera e propria guerra ambientale è già in atto, afferma il generale Mini: «E’ guerra climatica, clima modificato con agenti chimici». Il protocollo ha un nome evocativo: “Owning the Wheather”, possedere il clima. Dal 2007, il generale affronta la delicata questione delle armi di nuova generazione, destinate a provocare disastri solo apparentemente naturali. «Ha osservato che le scie chimiche che segnano i nostri cieli non sono affatto “di condensa”, chiarendo ogni dubbio in merito». Il Muos di NiscemiMini spiega che c’è qualcosa di più della classica disinformazione dei media: in ambito militare esiste una pratica chiamata “denial of service”, «in base alla quale non solo occorre negare l’evidenza, la verità e la realtà, ma bisogna negare anche l’informazione». E sottolinea: «Negare l’informazione è già, di per sé, un atto di guerra».
Tradotto: «Le persone e interi paesi non devono essere informati», A volte, questa regola «porta a vere catastrofi, come nel caso dello tsunami in Indonesia», riassume “Ereticamente”, citando Mini: «Si poteva avvertire quella gente, ma si sono verificate interruzioni nella trasmissione delle informazioni per via di anelli mal funzionanti o volutamente non funzionanti che hanno impedito la comunicazione». Si torna al punto di partenza: la guerra dell’informazione a tutti i livelli. La nuova arma di distruzione di massa? E’ la “bomba climatica”: «Si sta lavorando a quest’arma di distruzione in segreto, per ottenere vantaggi inimmaginabili su scala mondiale», dichiara il generale. «Alluvioni, terremoti, tsunami, siccità, cataclismi». Uno scenario orwelliano, purtroppo non fantapolitico. «E’ il risultato reale di certe progettazioni in materia di tecnologie militari che la gente non può e non deve conoscere», scrive “Ereticamente”. In campo militare non esiste una moralità che impedisca di varcare un certo limite. «Ciò che si può fare si fa», Cielo interamente velato dalle scieammette il generale: per ottenere un vantaggio, si usano tecnologie «senza fare test sufficienti», pur di sperimentarne gli effetti direttamente sul campo.
La capacità di condizionare l’ambiente sarebbe ormai una realtà, in ambito militare: potrebbe provocare tornado, terremoti, tsunami, uragani. «Si controlla il clima, lo spazio atmosferico, e si conducono operazioni belliche in sicurezza. S’irrorano le nubi con ioduro d’argento, polimeri e altre sostanze chimiche per spostarle o dissolverle», scrive “Ereticamente”. Il generale Mini racconta del “Progetto Seal” avviato con fondi americani e inglesi nel 1946 per indurre piccoli tsunami. Lo scienziato che conduceva gli esperimenti in Australia, Thomas Leech, si spaventò e bloccò il lavoro, ma sicuramente quegli esperimenti furono ripresi e perfezionati in seguito. Con un articolo pubblicato dalla rivista di geopolitica “Limes”, Mini ha divulgato il progetto dell’aeronautica militare statunitense risalente al 1995. Scie chimiche? Un reporter come Gianni Lannes sostiene che l’Italia si oppose a certi sorvoli già ai tempi di Pertini, per poi autorizzarli a partire dal 2001, in piena era Bush. In Sicilia la popolazione si è opposta alle maxi-antenne dell’installazione strategica Muos di Niscemi, collegata al sistema Haarp per il controllo militare mediante onde radio che “rimbalzerebbero” sulla ionosfera, utilizzando un “microfilm” in sospensione – diffuso dalle scie degli aerei? Tante ipotesi, ma nessuno ha ancora spiegato ufficialmente che cosa sono, quelle scie bianche che da meno di vent’anni “infestano” i nostri cieli.

fonte: http://www.libreidee.org/