martedì 9 dicembre 2014

stragi di Ustica Bologna: il livello politico


di Gianni Lannes

Perché Ustica e poi Bologna? Perché due stragi? La risposta può venire dall'esame degli eventi relativi all'attacco contro il Dc-9 Itavia sul Mar Tirreno, la sera del 27 giugno 1980, causato da alcuni aerei militari penetrati all'interno dello spazio aereo italiano. Un velivolo di nazionalità ufficialmente sconosciuta (israeliana) ma che, soltanto oltre venti anni di ritardo, l'informato ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha indicato però come francese.
Se caccia militari italiani di un paese amico ed alleato dell'Italia penetrano nel nostro spazio aereo per compiere una missione militare, lo fanno con la preventiva autorizzazione dei vertici politici e militari italiani. La prova? Il fatto che nessuno ha evidenziato in  maniera documentata in atti giudiziari o ricostruzioni giornalistiche l'intervento nell'area dei nostri caccia intercettori. Questi si alzano in volo quando i radar segnalano l'ingresso nello spazio aereo di un velivolo sconosciuto, per raggiungerlo, obbligarlo ad identificarsi e, se necessario, costringerlo ad atterrare.


L'azione degli intercettori non è sottoposta alla preventiva autorizzazione dello Stato maggiore dell'Aeronautica, così se gli aerei che dovevano difendere lo spazio aereo italiano non si sono levati in volo è perché c'era l'ordine di non intervenire in quell'area del Tirreno, dove agivano i caccia militari di Parigi, usati come specchietti per le allodole, al fine di confondere e disorientare un probabile attacco dell'aviazione israeliana. La prova esiste: alle ore 20.24 del 27 giugno 1980, un F-104 G biposto del 4° stormo, con a bordo i piloti Mario Naldini ed Ivo Nutarelli, all'altezza di Firenze-Peretola lancia o meglio squocca il segnale di allarme generale della Difesa aerea, codice 73, ripetendolo per tre volte. Non accade nulla.Gli aerei militari italiani che dovevano proteggere il volo IH 870 non c'erano, anche se l'allarme era stato lanciato da oltre mezz'ora, un tempo ampiamente sufficiente per fare intervenire i caccia intercettori che, invece, sono rimasti lontani per ordini indiscutibili. La vittima designata dal governo Cossiga, ovvero il Dc-9 Itavia ci va di  mezzo, e precipita realizzando un ammaraggio di fortuna. Ma il soccorso aero-navale parte volutamente con notevole ritardo: quelle persone non dovevano salvarsi. Erano testimoni scomodi, eliminati come tutti quelli che conoscevano il segreto e sono stati eliminati ("suicidati") dai servizi segreti. Dopo la strage scatta la necessità del depistaggio, necessario non solo per coprire le responsabilità di una nazione amica ed alleata ma quelle dei vertici politici e militari italiani.


Quale potrebbe essere la connessione tra la strage di Ustica, il depistaggio che ne segue e la strade di Bologna? Difatti, in coinvolgimento diretto del Sismi  a Giuseppe Santovito, quello che inventa la pista libica. Il 28 giugno 1980, alle 14.10, alla reazione milanese del “Corriere della sera” giunge una telefonata: «Qui Nar. Informiamo che nell'aereo caduto sulla rotta Bologna-Palermo si trovava un nostro camerata, Marco Affatigato. Era sotto falso nome e doveva compiere un'azione a Palermo. Il suo corpo è riconoscibile dall'orologio Baume & Mercier che aveva al polso. Interrompiamo la comunicazione, grazie».

 
Mig 23 di Israele

Non è l'iniziativa di un mitomane. Il 17 ottobre 1990, il prefetto Vincenzo Parisi, capo della polizia, nel corso della sua audizione dinanzi alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo e le stragi, dichiara testualmente:
«Quella telefonata porta la firma dell'intelligence che ha manovrato l'operazione di Ustica». Il 7 agosto 1984, a Bologna, si verbalizzano i nomi di alcuni presunti “neofascisti” in rapporti con i servizi segreti italiani, fra i quali quello di Marcello Soffiati. Qualche tempo dopo, Marco Affatigato, ordinovista e confidente della polizia nonché dei servizi segreti americani conferma la qualifica di informatore di Marcello Soffiati ed aggiunge che solo lui era a conoscenza del particolare riferito nella telefonata al “Corriere della sera” del 28 giugno 1980 dell'orologio Baume & Mercier che egli effettivamente portava al polso perché, qualche settimana prima della strage di Ustica, lo aveva incontrato a Nizza e proprio Soffiati glielo aveva chiesto in regalo ottenendone un rifiuto. risulta che per quella telefonata è stato indiziato di reato il colonnello Federigo Mannucci Benincasa, capo centro del Sismi di Firenze, poi evidentemente prosciolto perché il suo nome non figura fra quelli degli imputati rinviati a giudizio, ma la connessione con il gruppo veneto di Ordine nuovo non appare.
Il 5 agosto 1980, nel corso della riunione del Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza il collegamento fra le due stragi è stabilito dal direttore del Sismi, generale Giuseppe Santovito, e dal ministro degli Esteri, Emilio Colombo, che privilegiano una “pista libica”, mentre Antonio Bisaglia, afferma che «il massacro alla stazione ferroviaria di Bologna era da riconnettersi alla strage di Ustica con intenti di depistaggio».  

Antonio Bisaglia morirà annegato per cause mai accertate nel mar Ligure il 24 giugno 1984: il suo corpo non è mai stato sottoposto ad autopsia. Otto anni più tardi, il 17 agosto 1992 verrà rinvenuto nel lago di Domegge in Cadore, il cadavere del fratello Mario Bisaglia, sacerdote, che mai si era rassegnato a considerare la morte del congiunto una tragica fatalità. Tutte, ma proprio tutti gli atti parlamentari (interrogazioni e interpellanze) sul caso non hanno mai avuto risposta dal governo italiano. Perché mai?
Il movente? Le prove che ho raccolto sono inequivocabili, ma sono state eluse anche dal giudice istruttore Rosario Priore, il quale è caduto in numerose contraddizioni anche nella sentenza ordinanza del 31 agosto 1999, approdata da un nulla di fatto, poiché i mandanti e gli esecutori materiali non sono mai stati sfiorati. Tra l’altro, Priore ripete da qualche tempo in libri e interviste pubbliche, che i piloti dell’AMI, Naldini e Nutarelli, assassinati nel sabotaggio di Ramstein in Germania nell’agosto del 1988, durante l’esibizione delle frecce tricolori, li avrebbe dovuti interrogare una settimana dopo. Nel suo libro Intrigo internazionale (Chiare lettere), Priore riferendosi agli ufficiali Naldini e Nutarelli, a pagina 145 dichiara: 

«…io li avevo già chiamati a testimoniare ma, poco prima che potessi ascoltarli, morirono nell’incidente di Ramstein».

Errore cronologico o menzogna reiterata? Chiunque può appurare che il magistrato Rosario Priore ha preso in carico l’indagine sulla strage di Ustica soltanto nel luglio dell’anno 1990. E dunque, non poteva chiamare a testimoniare i due piloti militari, poiché il titolare delle indagini era il giudice Vittorio Bucarelli. Francia e Italia a metà degli anni ’70 avevano stipulato giganteschi accordi commerciali con l’Iraq che voleva dotarsi dell’arma atomica. Un programma bellico, osteggiato dal governo sionista di Tel Aviv, prima per via diplomatica, poi con minacce e avvertimenti, poi con attentati ed infine con la strage di Ustica. Certo, si è trattato di un errore israeliano di bersaglio, ingannati dai Mirage francesi che fingevano di scortare il volo italiano, per proteggere e lasciar passare indenne il volo francese diretto a Bagdad con un carico di uranio arricchito.

Per quale ragione il primo ministro Romano Prodi (già affiliato all'organizzazione eversiva Bilderberg) appone il segreto di Stato sulla strage di Ustica, opponendolo proprio al giudice istruttore Rosario Priore nel 1998, e proprio su Israele? Perché Priore non ha fatto ricorso alla Corte costituzionale?



fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

Nessun commento:

Posta un commento