MARONI, L’UOMO SBAGLIATO (Furio Colombo)
Trovo strana la storia di Maroni. Non riesco a capire con quale slalom egli riesca sempre a sottrarsi da responsabilità, almeno morali, che lo riguardano e perché non debba mai rispondere di niente lui che nega la ‘ndrangheta e si trova a presiedere la Regione della questione Expo.
Di Tremonti si continua a dire (giustamente) che viveva nella casa del suo “assistente” Milanese, legato a parecchie vicende in discussione. Di Bersani si sospetta che conoscesse Greganti. Quando spunta Clini (il ministro dell’Ambiente che si allontana con una parte di essi) non si smette di chiedersi chi lo ha nominato. Nessuno risparmierà mai più la Cancellieri (almeno quanto a commenti) per la sua solidarietà con la famiglia Ligresti mentre era ministro della Giustizia.
Maroni era ministro dell’Interno sia quando una famiglia amica (i Bossi) gestiva privatamente e liberamente i fondi del partito (di cui Maroni era massimo dirigente) sia quando il tesoriere del suo stesso partito era un certo Belsito, noto per le sue non solitarie avventure finanziarie dalla Lombardia alla Tanzania. Maroni, l’attuale governatore della Lombardia che si dice stupito e colto di sorpresa dalla serie di eventi che hanno travolto la sua Expo, era il ministro dell’Interno (dunque l’uomo che, per la sicurezza della Repubblica, deve sapere tutto) quando Roberto Saviano ha detto, in una trasmissione con Fabio Fazio, che la ‘ndrangheta stava mettendo radici nel Nord e in particolare in Lombardia, e lo stava facendo aggrappandosi ai poteri locali (dunque leghisti) con cui nascevano strane simbiosi.
Il ministro dell’Interno (che avrebbe potuto rispondere con una intervista, una conferenza stampa, con un invito di Saviano al Viminale per saperne di più) ha usato il suo potere e la sua carica di ministro per affermare che non era vero niente. E – di nuovo usando il suo peso di ministro nella debole Rai – ha fatto irruzione non prevista (ed estranea al tipo di programma) nella puntata successiva della trasmissione, usando la “formula Berlusconi” per smentire in diretta il grido di allarme di Saviano, sbugiardando l’intera redazione di quel programma. Si è posto così come la alta autorità della Repubblica che smentisce la gravissima denuncia, mostrando (come si è visto con la recente sentenza della Cassazione) non solo di non sapere ciò che avrebbe dovuto dire per primo, ma anche di costituirsi come parte avversa della persona che lui, ministro dell’Interno, attraverso la concessione della scorta, aveva il dovere di proteggere.
Forse Maroni era privo di informazioni sul grande crimine organizzato nelle regioni del suo partito, perché si occupava solo di immigrati, secondo lo statuto della Lega. Ma qualunque sia il caso, ha mostrato in modo clamoroso di non fare (o non saper fare) il delicato lavoro che gli era stato affidato. Capisco che la Rai si sia lasciata usare per la consueta paura dei suoi funzionari e dirigenti. Capisco il problema di Saviano, protetto dalla scorta di Maroni (in quel momento nessuno ha risposto, come se Maroni non fosse venuto a dire, con autorità, una falsità ovvia, dati anche i processi già in corso). Capisco il silenzio imperturbabile di molti miei colleghi, del resto coperti e allineati dal 1994.
Non capisco perché si tributi ancora a Maroni un trattamento che ignora del tutto le cose dette qui, e purtroppo vere e il racconto di Saviano su “Repubblica” dell’8 giugno (clicca qui per leggere) , dove persino Saviano sta un po’ alla larga dallo scandalo del ministro che smentisce la verità in diretta. Ricorda le firme che Lega e compagnia varia hanno prontamente raccolto contro di lui. Ma non mette in rilevo il vero scandalo: Maroni era ministro dell’Interno.
fonte: giacomosalerno.com
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