L’arrivo di Jean-Claude Mas in tribunale a Marsiglia per la lettura della sentenza (Afp)Quattro anni di carcere per truffa aggravata e 75 mila euro di multa: è la condanna (di primo grado) inflitta dal tribunale di Marsiglia a Jean-Claude Mas, 74 anni, fondatore della società Pip (Poly implant prothese), che ha venduto per anni protesi per il seno difettose. Condannati anche quattro ex alti dirigenti dell’azienda, con pene che vanno da 18 mesi a 3 anni con la condizionale. L’avvocato di Mas, Yves Haddad, ha annunciato che il suo assistito intende ricorrere in appello.
ALTO TASSO DI ROTTURA - La sentenza riguarda uno scandalo che ha scatenato il panico in tutto il mondo dopo che - a fine 2011 - le autorità sanitarie francesi hanno raccomandato la rimozione delle protesi a causa di un anormale tasso di rottura delle stesse (doppio rispetto agli altri marchi). Si stima che sono più di 300 mila le donne in 65 Paesi - sotto controllo o rioperate per l’espianto - che hanno portato o portano tuttora le protesi vendute dall’azienda francese, nata nel 1991 e chiusa nel 2010 dopo la denuncia dell’Ansm (Agenzia francese dei prodotti per la salute) e il ritiro delle protesi dal mercato. Secondo i giudici, Mas ha deliberatamente ingannato per anni le pazienti, sostituendo il silicone utilizzato a fini medici con un gel industriale. Il fondatore della Pip ha ammesso lo scambio, che però, a suo dire, non avrebbe rappresentato un pericolo per la salute. La corte di Marsiglia non è entrata nel merito della questione, pronunciandosi solo sull’accusa di frode nei confronti degli imputati.
Le protesi per il seno prodotte dalla Pip (Afp)I POSSIBILI DANNI - Solo in Francia, secondo l’Agenzia dei prodotti per la salute, le rotture di protesi - con fuoriuscita di gel nocivo - sono state finora 7.500 e 3.000 i casi di effetti indesiderati. L’Agenzia francese ha identificato un legame certo di 8 casi di tumore e due morti fortemente sospette, ma la rilevante platea di pazienti fa temere, nel tempo, numeri assi più elevati. I rischi più temuti sono la rottura, con il rilascio di sostanze nocive nell’organismo oltre al danno estetico, l‘infiammazione, il rischio cancro, reazioni metaboliche gravi.
I PRECEDENTI - Va detto che i campanelli d’allarme non erano mancati, anche prima del 2010. Già nel 2000 la Food and Drug Administration aveva mandato alla Poly Implant Prothese, che allora fabbricava 100 mila protesi all’anno ed era uno dei maggiori produttori mondiali, una lettera di avviso per gravi difetti dei prodotti a base di liquido salino il cui involucro risultava poco solido. Nel 2005, in Gran Bretagna, furono depositate diverse querele per rotture di protesi ed effetti collaterali che costarono all’azienda una condanna a risarcire 1,4 milioni di euro. Ma lo scandalo vero e proprio è scoppiato solo nel 2010, quando la Francia ha ritirato le protesi e costretto l’azienda alla chiusura. Un’inchiesta delle autorità sanitarie aveva infatti rilevato, oltre ad involucri di qualità pessima, il processo di fabbricazione inappropriato. Ma soprattutto gli esperti avevano scoperto che il gel era fabbricato con ingredienti non sempre rintracciabili, in particolare con un olio di provenienza industriale mai testato su esseri umani.
RICHIESTE DI RISARCIMENTO - Il fronte giudiziario si apre con l’invito del governo francese alle donne a farsi rioperare: da allora più di 2.200 francesi hanno fatto ricorso alle vie legali. Contro la Poly Implant Prothese - Jean-Claude Mas e gli altri dirigenti - si è aperto un processo amministrativo e uno penale, quest’ultimo concluso con la condanna a 4 anni per Mas. Sul piano civile - vista anche l’impossibilità della Pip, ormai liquidata, e dei suoi dirigenti di risarcire le pazienti - le vittime hanno chiamato in causa, con successo, l’organismo certificatore tedesco Tüv Rheinland che aveva garantito la qualità dei prodotti e dei processi di fabbricazione. Il tribunale per il commercio di Tolone - un mese fa - ha condannato Tüv Rheinland a risarcire ogni vittima con un minimo di 3 mila euro, in attesa di perizie individuali. L’organismo leader mondiale del controllo di qualità è stato chiamato in giudizio civile da sei distributori e più di 1.600 donne che si erano sottoposte all’impianto delle protesi. I sei distributori - un bulgaro, un brasiliano, un italiano, un siriano, un messicano e un rumeno - hanno chiesto in sede civile 28 milioni di euro. Mentre le pazienti reclamano 16 mila euro ciascuna, considerando che la frode non sarebbe stata possibile se ci fossero stati controlli seri.
TRECENTO AVVOCATI - Il processo penale a carico della Poly Implant Prothese si era aperto prima dell’estate: Mas ha affrontato la testimonianza di 400 donne che si erano sottoposte all’impianto di protesi Pip. Il procedimento ha visto il coinvolgimento di 300 avvocati e 7.400 parti civili, tra cui l’Agenzia francese dei prodotti per la salute e l’organismo certificatore tedesco Tüv Rheinland.
10 dicembre 2013
fonte: www.corriere.it
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