Eccoci di nuovo qui con il nostro consueto appuntamento domenicale dedicato alla rubrica “Cos’è? Ve lo spiego io“. Oggi, su suggerimento di un utente, ci occuperemo e cercheremo di capire, sempre seguendo il format e lo stile di questa rubrica, ovvero essere diretti, semplici e, allo stesso modo, più chiari possibili, cos’è e cosa comporta il Patto di bilancio europeo meglio conosciuto come Fiscal Compact.
Vi siete mai chiesti perché misure come il reddito di cittadinanza, il ripristino di fondi tagliati a sanità e scuola pubblica e l’abolizione dell’IMU (perché, intendiamoci, non è stata abolita l’IMU) sembrano irrealizzabili? Misure come queste, proprio perché implicherebbero un aumento della spesa in deficit, sono in Italia utopistiche perché il nostro bilancio economico è vincolato, se così si può dire, da un trattato internazionale firmato il 2 marzo 2012 da tutti gli stati membri dell’UE tranne Repubblica Ceca e Regno Unito, ovvero, per l’appunto, il Fiscal Compact.
Che cos’è – Fiscal Compact è il nome informale dato al “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria“, cioè l’Accordo siglato tra i capi di Stato e di governo di 25 Paesi componenti l’Unione Europea (su 27), con le sole eccezioni di Regno Unito e Repubblica Ceca, in occasione del vertice tenutosi a Bruxelles il 9 dicembre 2011, entrato in vigore il 1° gennaio 2013. Tale trattato è stato fortemente voluto dai Paesi, per così dire, più “ricchi” e “virtuosi” (e soprattutto dalla Germania e dalla BCE) al fine di garantire la stabilità dell’euro.
Cosa comporta? - I principali punti contenuti nei 16 articoli del trattato sono:
- Il bilancio annuale di ogni Stato dell’Eurozona deve chiudersi «in pareggio o in avanzo», ed in ogni caso ciascun Paese dovrà rispettare l’impegno di non superare lo 0,5% di incremento del deficit. Tale limite è elevato all’1% per quei paesi con un rapporto Debito/Pil al di sotto o pari al 60%. In sostanza si vieta a ciascun Paese dell’Unione Europea di spendere ogni anno più di quanto viene incassato.
- Se il rapporto Debito/Pil supera il 60%, il debito deve essere ridotto ogni anno di un ventesimo della differenza da tale valore di riferimento.
- In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi concordati, i singoli Paesi dovranno obbligatoriamente attuare misure correttive entro un tempo definito. La violazione di tali vincoli e termini può comportare sanzioni pecuniarie fino allo 0,1% del PIL dello Stato inadempiente.
- La Commissione Europea e la Corte Europea di Giustizia, sono gli addetti come organi di controllo e vigilanza a cui spetterà il compito di vigilare sull’effettivo recepimento delle norme del trattato.
(Naturalmente i contenuti su riportati sono solo degli elementi essenziali del Trattavo sulla stabilità. Per chi fosse interessato e volesse approfondire ulteriormente l’argomento può scaricare e leggere il testo completo in italiano del Trattato sul Fiscal Compact QUI).
Il succo del discorso – In pratica, l’UE vuole a tutti i costi azzerare il debito pubblico della maggior parte degli stati membri e per chi come noi ha un debito superiore al 60% del PIL, firmando questo trattato, l’Italia ha l’obbligo, sottolineo l’obbligo, di rientrare entro tale soglia nel giro di 20 anni. Attualmente l’Italia ha un debito pubblico che si aggira intono al 126% e pensare solo minimamente di portarlo al 60% è da pazzi. E’ folle pensarlo, a meno che, nella nostra penisola non si susseguiranno venti anni di austerità, che renderanno permanente la nostra crisi economica. Ricollegandoci al discorso di prima, quello relativo al perché misure come il reddito di cittadinanza, il ripristino di fondi tagliati a sanità e scuola pubblica e l’abolizione dell’IMU in Italia sembrano irrealizzabili, spero che vi sia ormai chiaro che se il Fiscal Compact rimarrà invariato nella sua struttura di base l’Italia non avrà possibilità di investire a sostegno di incentivare qualsiasi attività lavorativa e a qualsiasi forma di riduzione delle tasse ma potrà, anzi dovrà, anzi sarà obbligata ad attuare esclusivamente tagli alle imprese e alle infrastrutture nazionali al fine di rispettare gli accordi del Fiscal Compact e avere un deficit pubblico strutturale che non superi lo 0,5% del PIL.
Insomma, il Fiscal Compact non fa altro che favorire gli stati come la Germania è affossa inesorabilmente paesi, come il nostro, con un rapporto Debito/PIL superiore al 126%. Per rispettare gli obblighi che questo trattato comporta bisognerà ridurre il debito pubblico di circa 40-50 miliardi all’anno puntando principalmente sulla riduzione degli sprechi della Spesa Pubblica. Attualmente, però, il nostro Governo non sembra proprio intenzionato a tagliare gli sprechi della Cosa Pubblica e non si sa in che maniera, se si continua di questo passo, potrà essere ridotto il rapporto Debito/PIL.
Perché l’Italia ha firmato, sapendo che sarà un’ardua impresa ridurre il nostro Debito Pubblico, il Fiscal Compact? In che modo verrà ridotto, se il PIL non cresce, il Debito Pubblico? Forse con nuove tasse?
fonte: www.salvatorecugliari.it
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