Il problema più serio della spina dorsale è l’ernia al disco che, secondo un parere diffuso, schiaccerebbe il nervo. Recentemente, però, alcuni dottori, esaminando attentamente l’anatomia della spina dorsale e del sistema nervoso (sot- tolineo esaminando attentamente!), hanno fatto una scoperta(!): pare che l’ernia al disco non possa essere considerata la causa dello schiacciamento del nervo perché ciò sarebbe anatomicamente impossibile! Non solo: i nervi non possono dolere. Il dolore è segnalato dalle terminazioni nervose, i ricettori.
Si potrebbe continuare ancora a lungo. Resta da tirare la seguente conclusione: il fatto che esistano opinioni e metodi di cura diametralmente opposti sta a indicare che la medicina ufficiale non ha idea di quale sia il nocciolo della questione e di come risolverla.
Sarebbe divertente se non fosse anche spaventoso, vero? Le cause di questa situazione (relative non alla malattia, ma alla medicina), sottolineate dagli stessi dottori, sono le seguenti:
• Specializzazioni mediche di stretto profilo.
L’uomo è un intero unico, e non un insieme di singoli meccanismi in base ai quali i medici si sono scelti la loro specializzazione. Pertanto l’organismo va percepito e curato come un intero unico. Ma un simile approccio non conviene alla medicina, poiché essa, come anche il sistema, non è interessata alla guarigione della persona. Alla medicina in quanto scienza interessa il processo stesso di cura, come una ricerca di laboratorio che si può continuare all’infinito. Alla medicina in quanto pratica medica, invece, interessa soprattutto il business.
• Approccio di cura legato ai sintomi.
Non è un segreto per nessuno che la maggior parte dei metodi di cura è indirizzata all’eliminazione dei sintomi e non delle cause della malattia. Le malattie croniche insorgono in seguito a delle diagnosi inesatte. Se la diagnosi non è corretta, la cura non può portare alcun risultato. La cosa interessante è che il dolore è, in generale, il sintomo primario, ma ad esso viene attribuito uno status di patologia che dà inizio alla cura. L’approccio è, si può dire, militaresco nella sua linearità: se c’è un dolore, lo curiamo.
• Approccio fisico-chimico quasi meccanico.
La maggior parte dei medici sostiene i metodi e gli approcci conservatori insegnati nelle università di medicina. La scienza della salute si occupa di “meccanismi e strutture”. Nella fattispecie essa afferma che i dolori alla schiena, alle spalle, al collo, alle anche, ai glutei, insorgono in seguito ad alterazioni funzionali o strutturali. Le interrelazioni tra testa e corpo non vengono prese in esame. Ciò che non si può studiare in laboratorio è considerato “non scientifico”. In prima fila nell’elenco delle cose “non scientifiche” finiscono le emozioni, poiché esse non si possono misurare.
Riguardo a quest’ultimo aspetto: sembrerebbe che tutti capiscano che l’espressione “tutte le malattie sono legate ai nervi” ha un fondamento, però ad esso non viene attribuita la giusta attenzione. Più in alto avevamo definito le cause dei dolori della schiena e del collo. Ma qual è la causa primaria responsabile dell’insorgenza di questi sintomi?
Un medico americano, il dottor John Sarno, dopo numerosi anni di ricerca è arrivato alla conclusione che la causa principale dell’origine del dolore alla schiena non è un disordine funzionale e nemmeno strutturale ma è costituita dalle emozioni represse. L’uo- mo moderno si trova in uno stato di stress continuo. Questo stato è diventato per lui quasi familiare, “normale”.
Ecco alcuni fattori responsabili dell’insorgenza di uno stato di stress:
La responsabilità al lavoro o nello studio.
La strada da percorrere per andare e tornare dal lavoro.
I problemi finanziari.
Il cambio di professione o del luogo di residenza.
I problemi nelle relazioni con familiari e colleghi.
Gli insuccessi nella vita privata e nel lavoro.
Un senso troppo elevato di responsabilità.
Una motivazione interiore troppo forte, la necessità di essere i migliori, i primi.
In quest’elenco la responsabilità e la motivazione occupano le posizioni principali. Si tratta delle stesse mollette che il sistema attacca addosso all’uomo, da un lato per frustarlo, e dall’altro per frustrarlo, limitando la sua energia, la sua coscienza e la sua liber- tà, in altre parole, per “frenare il suo ardore”. Quando si accumu- la una massa critica di esperienze di questo tipo, si sviluppa ciò che John Sarno definisce sindrome da tensione muscolare (STM).
Lo stress emotivo cresce e si trasforma in stress fisico. L’ener- gia delle emozioni (soprattutto di quelle represse) non va via, non scompare, ma si traduce in deficit funzionale, in spasmo muscolare. Questo, a sua volta, porta a deficit strutturali, incri- natura della colonna vertebrale, ernia intervertebrale, eccetera.
Secondo il dottor Sarno, la sindrome da tensione muscolare non interessa la scienza accademica perché non si lascia dietro tracce causali. Le emozioni non possono essere messe in pro- vetta, pesate e misurate. I metodi dell’analisi medica, essendo soprattutto prove di laboratorio, non sono in grado di registrare l’effetto della sindrome da tensione muscolare.
La sindrome da tensione muscolare non compare solo come fenomeno ma svolge una precisa funzione di sostituzione del do- lore interiore, spirituale, con un dolore fisico, cosa che funge da causa prima dell’insorgenza di detto malessere.
L’uomo sopporta il dolore fisico più facilmente di quello interiore. Tanto più che il cervello è l’organo più importante del nostro corpo. Il cervello preferisce provare dolore fisico nel corpo piuttosto che esperienze negative nella sua coscienza. Finché l’attenzione è occupata dal dolore fisico, le emozioni represse non possono raggiungere il livello della coscienza. Tipica della sindrome da tensione muscolare è anche la reazione ritardata. Il dolore si può manifestare all’improvviso e non nel momento opportuno, per esempio durante una vacanza. Al lavoro la ten- sione emotiva di solito viene bruciata, mentre invece durante le vacanze non trova sbocco.
Il secondo fattore responsabile dell’insorgenza della sindrome da tensione muscolare è simile al primo: la coscienza umana tende a spingere tutti i problemi che la affliggono il più lontano possibile, in profondità, nel subconscio.
L’ansia, la rabbia, il senso di colpa, la responsabilità, la scarsa autostima, vengono relegati nel profondo dell’inconscio perché la coscienza non li vuole sentire e nemmeno dimostrare agli altri. Ma arriva il momento in cui il subconscio non riesce a contenere tutti questi carichi ed ecco allora che insorge la sin- drome da tensione muscolare.
In natura i problemi vengono risolti con semplicità e naturalezza: se si è spaventati, l’adrenalina comincia a circolare nel san- gue. Si corre via ed è passata la paura. Se si è arrabbiati, di nuovo l’adrenalina entra in circolo, ma se si danno un po’ di graffi ci si sente subito meglio. Nel sistema tecnogeno queste formule non funzionano. Il cervello e il sistema nervoso non sono adatti a vivere in un ambiente del genere. L’evoluzione non ha fatto in tempo a raggiungere questi livelli. L’attività fisiologica e fisica non è un problema. Ma cosa fare con le emozioni che non trovano sbocco, il cervello non lo sa, da qui prende inizio la reazione primitiva: sostituirle con un dolore fisico o una malattia.
I muscoli affetti da sindrone da tensione muscolare si trovano nella parte posteriore del collo, nella schiena, nei glutei. Pro- prio essi sono responsabili della corretta posizione della testa e del torso, e sono preposti a garantire l’efficiente funzionamento delle braccia. Il sistema sa dove appendere le sue mollette. Affinché la marionetta si muova com’è giusto, bisogna agganciarla e tenerla appesa per bene. Così le mollette mentali generano delle mollette di un altro tipo, quelle somatiche.
Si tratta di strette e vincoli assolutamente concreti. Le sen- sazioni di dolore costringono l’uomo a condurre uno stile di vita sedentario. Se qualcosa fa male, meglio non muoversi! E la persona perde la voglia di fare ciò che la potrebbe aiutare. Le mollette somatiche privano del movimento, fanno sedere in macchina, in poltrona, sul divano, davanti al televisore, al telefono al computer (sii in collegamento, sii nel sistema!). Il ciclo si è chiuso.
Non vorrei fare prognosi negative (anche se non ci occupiamo di previsione ma di osservazione consapevole), ma appare evidente che il sistema stringe il suo anello. Oltre all’ambiente aggressivo, opprimono continuamente la persona la tensione sociale, il senso di concorrenza, il senso di rivalità. Ne risulta un quadro eccentrico. La gente viene caricata di cibo sintetico, viene schiacciata da ogni parte, privata di movimento, e poi, dallo sportello socchiuso, le viene mostrato il fine, scintillante di lustrini. E viene dato inizio alla corsa degli invalidi.
Vadim Zeland- Scardinare il sistema tecnogeno
http://altrarealta.blogspot.it/
Si potrebbe continuare ancora a lungo. Resta da tirare la seguente conclusione: il fatto che esistano opinioni e metodi di cura diametralmente opposti sta a indicare che la medicina ufficiale non ha idea di quale sia il nocciolo della questione e di come risolverla.
Sarebbe divertente se non fosse anche spaventoso, vero? Le cause di questa situazione (relative non alla malattia, ma alla medicina), sottolineate dagli stessi dottori, sono le seguenti:
• Specializzazioni mediche di stretto profilo.
L’uomo è un intero unico, e non un insieme di singoli meccanismi in base ai quali i medici si sono scelti la loro specializzazione. Pertanto l’organismo va percepito e curato come un intero unico. Ma un simile approccio non conviene alla medicina, poiché essa, come anche il sistema, non è interessata alla guarigione della persona. Alla medicina in quanto scienza interessa il processo stesso di cura, come una ricerca di laboratorio che si può continuare all’infinito. Alla medicina in quanto pratica medica, invece, interessa soprattutto il business.
• Approccio di cura legato ai sintomi.
Non è un segreto per nessuno che la maggior parte dei metodi di cura è indirizzata all’eliminazione dei sintomi e non delle cause della malattia. Le malattie croniche insorgono in seguito a delle diagnosi inesatte. Se la diagnosi non è corretta, la cura non può portare alcun risultato. La cosa interessante è che il dolore è, in generale, il sintomo primario, ma ad esso viene attribuito uno status di patologia che dà inizio alla cura. L’approccio è, si può dire, militaresco nella sua linearità: se c’è un dolore, lo curiamo.
• Approccio fisico-chimico quasi meccanico.
La maggior parte dei medici sostiene i metodi e gli approcci conservatori insegnati nelle università di medicina. La scienza della salute si occupa di “meccanismi e strutture”. Nella fattispecie essa afferma che i dolori alla schiena, alle spalle, al collo, alle anche, ai glutei, insorgono in seguito ad alterazioni funzionali o strutturali. Le interrelazioni tra testa e corpo non vengono prese in esame. Ciò che non si può studiare in laboratorio è considerato “non scientifico”. In prima fila nell’elenco delle cose “non scientifiche” finiscono le emozioni, poiché esse non si possono misurare.
Riguardo a quest’ultimo aspetto: sembrerebbe che tutti capiscano che l’espressione “tutte le malattie sono legate ai nervi” ha un fondamento, però ad esso non viene attribuita la giusta attenzione. Più in alto avevamo definito le cause dei dolori della schiena e del collo. Ma qual è la causa primaria responsabile dell’insorgenza di questi sintomi?
Un medico americano, il dottor John Sarno, dopo numerosi anni di ricerca è arrivato alla conclusione che la causa principale dell’origine del dolore alla schiena non è un disordine funzionale e nemmeno strutturale ma è costituita dalle emozioni represse. L’uo- mo moderno si trova in uno stato di stress continuo. Questo stato è diventato per lui quasi familiare, “normale”.
Ecco alcuni fattori responsabili dell’insorgenza di uno stato di stress:
La responsabilità al lavoro o nello studio.
La strada da percorrere per andare e tornare dal lavoro.
I problemi finanziari.
Il cambio di professione o del luogo di residenza.
I problemi nelle relazioni con familiari e colleghi.
Gli insuccessi nella vita privata e nel lavoro.
Un senso troppo elevato di responsabilità.
Una motivazione interiore troppo forte, la necessità di essere i migliori, i primi.
In quest’elenco la responsabilità e la motivazione occupano le posizioni principali. Si tratta delle stesse mollette che il sistema attacca addosso all’uomo, da un lato per frustarlo, e dall’altro per frustrarlo, limitando la sua energia, la sua coscienza e la sua liber- tà, in altre parole, per “frenare il suo ardore”. Quando si accumu- la una massa critica di esperienze di questo tipo, si sviluppa ciò che John Sarno definisce sindrome da tensione muscolare (STM).
Lo stress emotivo cresce e si trasforma in stress fisico. L’ener- gia delle emozioni (soprattutto di quelle represse) non va via, non scompare, ma si traduce in deficit funzionale, in spasmo muscolare. Questo, a sua volta, porta a deficit strutturali, incri- natura della colonna vertebrale, ernia intervertebrale, eccetera.
Secondo il dottor Sarno, la sindrome da tensione muscolare non interessa la scienza accademica perché non si lascia dietro tracce causali. Le emozioni non possono essere messe in pro- vetta, pesate e misurate. I metodi dell’analisi medica, essendo soprattutto prove di laboratorio, non sono in grado di registrare l’effetto della sindrome da tensione muscolare.
La sindrome da tensione muscolare non compare solo come fenomeno ma svolge una precisa funzione di sostituzione del do- lore interiore, spirituale, con un dolore fisico, cosa che funge da causa prima dell’insorgenza di detto malessere.
L’uomo sopporta il dolore fisico più facilmente di quello interiore. Tanto più che il cervello è l’organo più importante del nostro corpo. Il cervello preferisce provare dolore fisico nel corpo piuttosto che esperienze negative nella sua coscienza. Finché l’attenzione è occupata dal dolore fisico, le emozioni represse non possono raggiungere il livello della coscienza. Tipica della sindrome da tensione muscolare è anche la reazione ritardata. Il dolore si può manifestare all’improvviso e non nel momento opportuno, per esempio durante una vacanza. Al lavoro la ten- sione emotiva di solito viene bruciata, mentre invece durante le vacanze non trova sbocco.
Il secondo fattore responsabile dell’insorgenza della sindrome da tensione muscolare è simile al primo: la coscienza umana tende a spingere tutti i problemi che la affliggono il più lontano possibile, in profondità, nel subconscio.
L’ansia, la rabbia, il senso di colpa, la responsabilità, la scarsa autostima, vengono relegati nel profondo dell’inconscio perché la coscienza non li vuole sentire e nemmeno dimostrare agli altri. Ma arriva il momento in cui il subconscio non riesce a contenere tutti questi carichi ed ecco allora che insorge la sin- drome da tensione muscolare.
In natura i problemi vengono risolti con semplicità e naturalezza: se si è spaventati, l’adrenalina comincia a circolare nel san- gue. Si corre via ed è passata la paura. Se si è arrabbiati, di nuovo l’adrenalina entra in circolo, ma se si danno un po’ di graffi ci si sente subito meglio. Nel sistema tecnogeno queste formule non funzionano. Il cervello e il sistema nervoso non sono adatti a vivere in un ambiente del genere. L’evoluzione non ha fatto in tempo a raggiungere questi livelli. L’attività fisiologica e fisica non è un problema. Ma cosa fare con le emozioni che non trovano sbocco, il cervello non lo sa, da qui prende inizio la reazione primitiva: sostituirle con un dolore fisico o una malattia.
I muscoli affetti da sindrone da tensione muscolare si trovano nella parte posteriore del collo, nella schiena, nei glutei. Pro- prio essi sono responsabili della corretta posizione della testa e del torso, e sono preposti a garantire l’efficiente funzionamento delle braccia. Il sistema sa dove appendere le sue mollette. Affinché la marionetta si muova com’è giusto, bisogna agganciarla e tenerla appesa per bene. Così le mollette mentali generano delle mollette di un altro tipo, quelle somatiche.
Si tratta di strette e vincoli assolutamente concreti. Le sen- sazioni di dolore costringono l’uomo a condurre uno stile di vita sedentario. Se qualcosa fa male, meglio non muoversi! E la persona perde la voglia di fare ciò che la potrebbe aiutare. Le mollette somatiche privano del movimento, fanno sedere in macchina, in poltrona, sul divano, davanti al televisore, al telefono al computer (sii in collegamento, sii nel sistema!). Il ciclo si è chiuso.
Non vorrei fare prognosi negative (anche se non ci occupiamo di previsione ma di osservazione consapevole), ma appare evidente che il sistema stringe il suo anello. Oltre all’ambiente aggressivo, opprimono continuamente la persona la tensione sociale, il senso di concorrenza, il senso di rivalità. Ne risulta un quadro eccentrico. La gente viene caricata di cibo sintetico, viene schiacciata da ogni parte, privata di movimento, e poi, dallo sportello socchiuso, le viene mostrato il fine, scintillante di lustrini. E viene dato inizio alla corsa degli invalidi.
Vadim Zeland- Scardinare il sistema tecnogeno
http://altrarealta.blogspot.it/
Nessun commento:
Posta un commento