lunedì 4 marzo 2019

Sofonisba Anguissola, la signora del Rinascimento


I primi riferimenti d’artisti donne si devono, probabilmente, a Plinio il Vecchio che riportò il nome d’alcune pittrici greche, tra cui Kalypso e Timarete. 
L’elemento femminile nel mondo dell’arte è sempre esistito, ma è di difficile documentazione, almeno sino al XVI secolo.  Il Rinascimento comportò un cambiamento che permise alle donne fornite di talento di uscire dall'anonimato. Una di queste donne fu Sofonisba Anguissola la cui fama, malgrado rappresentò l’Italia rinascimentale al femminile, non fu pari a quella d’Artemisia Gentileschi o Rosalba Carriera. 


Nata dalla nobile famiglia piacentina degli Anguissola, Sofonisba Anguissola fu una delle prime esponenti femminili della pittura europea. Era la prima dei sette figli d’Amilcare Anguissola e di Bianca Ponzoni, entrambi di famiglia nobiliare. Quattro delle sorelle di Sofonisba, Elena, Lucia, Europa e Anna Maria divennero anch'esse pittrici. Elena, in seguito, abbandonò la carriera artistica per diventare una suora domenicana. La quinta sorella, Minerva, fu insegnante di latino e scrittrice, mentre l'unico fratello, Asdrubale, studiò latino e diventò musicista. Si formò alla scuola del pittore lombardo Bernardino Campi, che, pur non appartenendo alla nota famiglia di pittori cremonesi comprendente i più celebri Vincenzo, Giulio e Antonio Campi, aveva uno stile che si rifaceva agli esponenti di spicco dell'arte manierista in voga nell'Italia settentrionale tra Cinquecento e Seicento. Lo stile di Bernardino influenzò notevolmente Sofonisba, che ne tradusse i tratti essenziali nell'ambito prediletto: quello della ritrattistica. Sofonisba Anguissola partecipò come figura di spicco alla vita artistica delle corti italiane, data anche la sua competenza letteraria e musicale, ed ebbe una fitta corrispondenza con i più famosi artisti del suo tempo. Fu citata anche nelle Vite di Giorgio Vasari grazie a Michelangelo Buonarroti che sosteneva che la giovane fanciulla avesse talento. Fu il padre di Sofonisba a scrivere a Michelangelo e a mandargli i disegni della figlia. 


Fra quei disegni c'era anche un Fanciullo morso da un gambero, nel quale la giovane artista cremonese, allora poco più che ventenne, aveva colto l'espressione del dolore infantile con un'invenzione che piacque molto al grande artista fiorentino. Da una lettera, scritta da Tommaso Cavalieri a Cosimo I de’ Medici, il 20 gennaio 1562 sappiamo che Fanciullo morso da un gambero fu realizzato su suggerimento di Michelangelo, cui era stato inviato in visione, e che rappresentava Asdrubale, fratellino di Sofonisba. Quella smorfia di dolore fermata da Sofonisba si ritrova nel Ragazzo morso da un ramarro di Caravaggio. Tra le tante ipotesi volte a chiarire come Caravaggio conoscesse questo disegno, la più plausibile è quell'avanzata da Rossella Vodret Adamo, secondo cui Caravaggio potrebbe aver visto una copia del disegno in questione nella bottega del Cavaliere d'Arpino. Nel 1559 Sofonisba approdò alla corte di Filippo II di Spagna, come dama di corte della regina, Elisabetta. Fu la ritrattista della famiglia reale fino alla morte, nel 1568, della sua protettrice. 


Un ritratto d’Elisabetta di Valois, conservato al Museo del Prado, è attribuito a Sofonisba. Elisabetta di Valois si presenta in questo dipinto nello splendore della sua giovanissima età e irradia forza e sicurezza. L'abito nero e lungo fino ai piedi, dalle maniche larghissime, fermate sul polso da un gioiello, è illuminato sul davanti da un delicato ricamo di perle che sembrano comporre i gigli di Francia, sua patria d’origine. Una cintura in oro e pietre preziose le cinge la vita e una collana di analogo disegno le pende al collo. Gli abiti ufficiali erano spesso di colore nero. Sia quelli femminili che quelli del re, ossessionato dall'idea dell'austerità, portano un'importante testimonianza sul modo di vestire alla corte. Nel 1573 sposò il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferì in Sicilia nel palazzo dei Moncada a Paternò, dove dipinse e lasciò la tela Madonna dell'Itria. 


Un atto datato 25 giugno 1579, attesta la donazione del quadro ai Frati Francescani Conventuali di Paternò. Con la morte del marito, avvenuta nel 1578 in mare durante una visita alla corte spagnola, Sofonisba lasciò l'isola per raggiungere la Liguria. Fermatasi provvisoriamente a Livorno, la pittrice lombarda conobbe e sposò, in seconde nozze, il nobile genovese Orazio Lomellini a Pisa nel 1579. Intorno al 1580 incontrò il giovane pittore Pier Francesco Piola che spinse ad assumere come proprio modello di stile i pittori genovesi Luca Cambiaso e Bernardo Castello. Tornata nel 1615 con il nuovo marito a Palermo, dove egli aveva numerosi interessi, Sofonisba continuò a dipingere nonostante un forte calo della vista, ma, purtroppo, alla lunga questo problema le impedì di continuare a esercitare la sua arte, non prima però di aver raggiunto una grandissima fama, tanto che il celebre Antoon van Dyck, succedutole come ritrattista ufficiale della corte spagnola, confessò tutta la sua ammirazione per l'arte di Sofonisba Anguissola, che incontrò personalmente verso la fine della vita della pittrice, nel 1624 a Palermo, presso la corte del viceré di Sicilia Emanuele Filiberto di Savoia. Nell’occasione del loro incontro, Van Dyck eseguì un disegno della pittrice, oggi al British Museum di Londra, raccontando tutta l’ammirazione per Sofonisba con le seguenti parole: “Ho ricevuto maggiori lumi da una donna cieca che dallo studiare le opere dei più insigni maestri”. Sofonisba Anguissola morì l'anno dopo, il 16 novembre 1625, e fu sepolta nella chiesa palermitana di San Giorgio dei Genovesi, chiesa appartenente alla Nazione Genovese di Palermo, dove ancora oggi si trova la lapide del sacello, nella navata destra. 


Nella sua lunghissima carriera Sofonisba non fu mai pagata in contanti, ma esclusivamente con doni. Sono, invece, documentati i pagamenti ricevuti per suo conto dal padre Amilcare e dal fratello Asdrubale. 

Fabio Casalini

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI

Bibliografia

Giovanna Motta, La Moda contiene la Storia e ce la racconta puntualmente, Edizioni Nuova Cultura, 2015 

Millo Borghini, Sofonisba. Una vita per la pittura e la libertà Edizione Spirali, 2006 

Daniela Pizzagalli, La signora della pittura. Vita di Sofonisba Anguissola, gentildonna e artista nel Rinascimento, Rizzoli, Milano 2003


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

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