venerdì 2 febbraio 2018

il matto come via di rigenerazione di sé e del mondo




I Tarocchi, lungi dall’essere solamente un gioco di cartomanzia per gente annoiata amante dell’Occulto, racchiudono un sapere iniziatico che spesso non risulta immediato ai profani. La prima carta del mazzo è quella del Matto o Bagatto, una figura ricca di suggestioni esoteriche e spirituali valide anche per l’oggi. Il Matto è infatti una figura archetipica ispirata ad un personaggio realmente esistito nel Medioevo: il buffone di corte o giullare, la cui presenza presso le corti serviva a ricordare ai potenti che erano soltanto degli uomini, anche loro sottoposti come tali alle leggi imprevedibili e inevitabili della morte. Il giullare, quindi, svolgeva una funzione demistificatrice del potere, e guai a chi osava perseguitarlo o imprigionarlo: qualsiasi performances folle o “mattana” mettese in atto, restava sempre impunito, godendo di una sorta di immunità diplomatica accordatagli dal riconoscimento del suo prezioso ruolo sociale di dissacratore del potente di turno. Già recuperare anche solo questa funzione irriverente del Matto oggi sarebbe cosa saggia. Il comico si avvicina al giullare di corte quando mette alla berlina vizi e virtù dei potenti, ma lo fa sempre da una posizione sicura, quasi mai senza rischiare visibilità mediatica e carriera. Egli sbeffeggia sì i potenti ma non attacca quasi mai il potere e non ne svela i meccanismi perversi. Quando lo fa si può stare certi che è destinato a uscire di scena dal palcoscenico mediatico e che la sua carriera verrà stroncata.

Tornando al significato dell’Arcano Maggiore del Matto, in questo articolo mi propongo di rivelarne gli aspetti esoterici, reinterpretando la carta da un punto di vista iniziatico profondo. Il Matto, dicevo sopra, è l’archetipo della follia, ma non di una follia demenziale bensì di una follia sana. Secondo la concezione tradizionale la follia è una falsa ed insana interpretazione della realtà. Nell’immaginario collettivo il folle è colui che stravolge, che delira, che squaderna. Egli è un demente incapace di guardare al mondo con gli occhi del realismo e della razionalità. Ma questa concezione sanitaria non esaurisce affatto il significato di ciò che è la follia. Per Erasmo da Rotterdam, per esempio, la follia è qualcosa di positivo e di assolutamente necessario: la follia è la condizione necessaria per rigenerare se stessi, la società e il mondo intero, al punto che, secondo il pensatore olandese, “nessuna società e nessuna unione potrebbero esistere senza un pizzico di follia”. Questo perché la follia mette in scacco i modi conformisti ed unilaterali di guardare il mondo. La follia sana infatti insegna a guardare il mondo alla rovescia, da angolazioni nuove, e così cogliere aspetti insospettati della realtà, aspetti che sfuggono all’umana razionalità. La follia è per Erasmo un mezzo per demistificare il mondo, cioè lo strumento principale per rimuovere dalla mente individuale e da quella collettiva le incrostazioni che si sono depositate nel corso dei millenni e che impediscono una rigenerazione vitale e creativa dell’umanità. Per questo motivo la follia per Erasmo è una forza divina, che lui identifica con Eros, il demone che secondo Platone pervade con il suo sacro furore gli uomini portandoli a creare e ricreare il mondo. Rompendo con gli schemi tradizionali della ragione e del potere, la follia conduce l’uomo verso il rinnovamento di tutte le cose. Ecco perché, secondo Erasmo, gli uomini non devono temerla ma accoglierla come un dono degli déi.

L’aspetto interessante della riflessione che Erasmo fa in Elogio della follia è questa capacità sua capacità di depennare tutti i falsi miti sui quali si regge la società umana. Mettendo a nudo l’inconsistenza e la potenza omologante dei miti culturali, religiosi e politici, la follia smaschera la loro vera natura subdola di stampella del potere. E non a caso il potere ha paura della forza demistificatrice della follia: Ezra Pound, con la sua critica corrosiva della modernità, lo sapeva molto bene quale prezzo si paga per osare esercitare quel tipo di follia invisa al potere. Venne internato per 13 anni in un ospedale psichiatrico come infermo di mente. Ma non era pazzo, era solo diversamente normale, cioè lucido. Il suo errore, semmai, fu quello di non comprendere che anche il fascismo, che lui apprezzava moltissimo, era funzionale al potere, in Italia e in Spagna. 

                                                                     H. Bosch, Il vascello dei pazzi

 Ma come rimuovere i falsi miti inneggianti al potere e a tutte quelle ideologie che castrano la possibilità di ricreare se stessi? La risposta è semplice: facendo i matti, cioè riappropriandosi dell’umana facoltà di guardare il mondo alla rovescia, senza dietrologie e deviazioni ideologiche e dottrinali. Ma per fare i matti occorre avere una mente almeno parzialmente insatura, occorre cioè fare spazio a nuove forme-pensiero. Ma le forme-pensiero possono entrare nella mente umana solo se si è disposti a disfarsi delle vecchie. Una mente satura di forme-pensiero invecchiate, cristallizzate in miti ed ideologie, non può creare nulla ex novo. D’altro canto per disfarsi di tali forme-pensiero decrepite occorre in un certo qual modo rivoltarsi contro se stessi e contro quei falsi idoli di cui è satura la mente. Come diceva Albert Camus, l’ “uomo in rivolta” è un uomo che dice no, ma mentre esprime il suo rifiuto del mondo, delle sue storture e i dei suoi squilibri inaccettabili, esprime anche un sì, facendo così un balzo in avanti, una proiezione nel futuro che lo anticipa. L’uomo in rivolta contro il mondo è un uomo dal pensiero insaturo, aperto al futuro: dire no, disubbidire a ciò che ci viene falsamente presentato come inevitabile e ammantato di una razionalità indiscutibile, guardare il mondo sotto una luce nuova e disincantata, significa fari stranieri al mondo. Ma per mettere in scacco questo mondo ingiusto bisogna riuscire a dire no, a prendere le distanze dal presente. “La coscienza” afferma Camus “nasce dalla rivolta”. Una rivolta interiore, uno stravolgimento intimo che fa piazza pulita di miti e credenze inculcati dal sistema per addormentare le coscienze. L’uomo in rivolta, persino contro se stesso, è un uomo che scende nei più profondi antri della sua anima e la scompagina, riuscendo così a reinventare se stesso, a rinnovarsi. L’uomo che non sa dire di no – al mondo che lo circonda, al successo, agli schemi del potere – non è degno di stare nel mondo, non esiste. La rivolta è quindi la condizione essenziale per diventare pienamente umani. Ribaltando l’assunto cartesiano del Cogito Ergo sum, Camus afferma che la prima funzione o evidenza del pensiero non è il mero cogitare ma il rivoltarsi contro il mondo e contro se stessi. 
Da un punto di vista alchemico-spirituale, questa rivolta interiore, questa scompaginazione della propria anima corrisponde alla fase della nigredo, a cui segue quella della albedo (la purificazione interiore), seguita dalla rubedo (la trasmutazione dell’essere in un nuovo essere, che ha fatto tesoro tanto della fase destrutturante della nigredo quanto di quella ristrutturante dell’albedo). Solo in questo senso si può comprendere la forza destrutturante e al tempo stesso ristrutturante della figura archetipica del Matto: egli è colui che ha preso coscienza dell’assurdità del mondo ed è anche colui che trova le parole o altre forme (per esempio opere artistiche) per denunciarla. Quando più coscienze trasmettono, ciascuna coi talenti che le sono propri, il messaggio dell’assurdità e dell’ingiustizia del mondo, si forma un fascio di energie capace di creare nuove forme-pensiero, le quali a loro volta sono la condizione per compiere azioni di vero cambiamento. E' il cosiddetto fuoco dei filosofi o fuoco sottile di Fulcanelli contrapposto a quello volgare che, promando dallo Spirito e posandosi sopra la Vergine (l'anima insatura, principio femminile), dà luogo all'Unio mystica, cioè alla generazione di Cristo, l'Uomo nuovo. Chi può comprendere comprenda. 




Non è la materia che crea il pensiero ma il pensiero che crea la materia: ogniqualvolta la mente fa spazio a nuove forme-pensiero altamente spirituali, ecco che il mondo si rigenera. Lo sapevano molto bene artisti come Dante, Leonardo da Vinci e tanti altri. 
Siamo nel mondo per lasciare un’impronta di noi stessi, non l’impronta di un bipede ma l’impronta di un essere umano senziente. Seguendo la Via del Matto possiamo farci estranei a noi stessi e al mondo e così recuperare la nostra umanità e il senso spirituale del perché siamo nel mondo qui e ora. Come diceva il grande Tommaso Campanella, chi non diventa “folle d’amore per un ideale” – un ideale di giustizia e di rinnovamento spirituale del presente – non sarà mai in grado di debellare “tirannide, sofismi e ipocrisia”. Il Matto docet.

fonte: http://federicafrancesconi.blogspot.it/

1 commento:

  1. non sempre libri e film possono riscuotere interesse, si rischia di ricevere commenti fotocopiati che poco o nulla hanno a che fare con specifici argomenti. Lontani sono i tempi in cui alcune blogger (si contavano sulle dita della mano) accendevano curiosità, ammirazione e grazia. Fascino ed intelligenza erano la loro forza senza mai trascendere nella volgarità. D'accordo, le cose cambiano ma quanto vale il potenziale di una persona se (volutamente o meno) non viene compresa. Qualcuno si domanderà per quale motivo commento quì, non è difficile scoprirlo

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