giovedì 18 settembre 2014

la fine del futuro


di Alessandra Daniele

A seguire i media mainstream sembra d’essere tornati indietro di oltre un decennio: la stessa martellante propaganda adoperata ai tempi dell’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq replicata identica, come se non fosse già stata sputtanata come una tragica truffa da anni. Stessi slogan, stessi cliché, stessa retorica, stesse menzogne. In tempi di crisi si ricicla tutto.


L’unica differenza sostanziale è la reazione della maggioranza dell’opinione pubblica che stavolta sembra accettare l’idea della guerra con una rassegnazione quasi apatica, come qualcosa di assolutamente inevitabile. Come se fosse già successo. Sembra essere morta non solo la speranza d’un futuro diverso, ma proprio l’idea stessa di futuro.

Assassinata dal cosiddetto “pragmatismo post ideologico”, cioè dal pensiero unico che nega la possibilità di qualsiasi alternativa allo statu quo, sfruttamento, precarizzazione, disgregazione sociale, e guerre coloniali comprese.

La maggioranza s’è rassegnata alla continua ripetizione d’un presente sempre più grigio e logoro come un vecchio nastro smagnetizzato, seguita soltanto dal collasso definitivo della civiltà, magari schiantata da un’infezione come un moribondo già gravemente immunodepresso.

Come sempre succede, la fantascienza rispecchia fedelmente questa condizione dell’immaginario collettivo, il 99% delle serie sf/horror in circolazione in questi anni prevedono un futuro post apocalittico: The Walking Dead, Falling Skies, The Last Ship, Z Nation, Revolution, Defiance. Anche Doctor Who ormai, quando non si rifugia in un passato posticcio di stereotipi retrò (la Londra vittoriana, la foresta di Sherwood, l’Orient Express) ritrae cupi scenari futuri di guerra globale. È lo stesso anche per quasi tutti i film sf. Persino il franchise di Star Trek – nato come fantascienza utopica per antonomasia – è diventato sempre più distopico, fino a descrivere una federazione iper militarizzata e continuamente assediata da minacce terroristiche interne ed esterne.

La maggior parte di queste distopie apocalittiche però non è concepita per denunciare la deriva millenarista, ma per assecondarla, spesso con toni molto reazionari. Seguire il trend per motivi commerciali. Un trend che è stato creato per motivi commerciali.

L’idea di futuro è stata assassinata da chi ha bisogno di far credere che l’unica alternativa allo statu quo sia l’apocalisse.

Per cancellare il “sole dell’avvenire” s’è cancellato l’avvenire. 



Not Renzi’s boat

Il 22 settembre di dieci anni fa debuttava Lost, serie che nel bene e nel male ha segnato la storia della Tv, della cultura popolare, dei social network. E anche della politica, infatti è ormai chiaro che il sistema utilizzato dal governo Renzi è esattamente lo stesso degli autori di Lost: sparare ogni settimana una cazzata diversa per far dimenticare quella precedente, ed evitare di renderne conto, anche negando l’evidenza. 
In base a questo schema, possiamo provare a formulare sei teorie – una per ogni stagione di Lost – sulle reali condizioni del nostro paese.

Pilot
Siamo tutti morti nello schianto della nostra economia nel 2011, e la faccia di Mario Monti avrebbe dovuto farcelo capire subito. Ci troviamo in Purgatorio per espiare. Non i nostri peccati però, quelli di Berlusconi, che in base a un comandamento ad personam non deve espiarli personalmente. Ci vorrà qualche migliaio d’anni, senza possibilità d’essere affidati ai servizi sociali di assistenza ai bisognosi perché i bisognosi saremo noi.

The Long Con

Siamo le cavie d’un esperimento concepito per scoprire fino a che punto una popolazione possa essere ingannata, truffata, imbrogliata, raggirata, abbindolata, frodata, turlupinata e presa per il culo da una successione di cazzari uno più cialtrone dell’altro, prima di smettere di votarli. Alla fine dell’esperimento l’Italia verrà disattivata e smantellata lasciando libero il Mediterraneo, e noi saremo riciclati come cavie per la sperimentazione del vaccino contro il minaccioso morbo epidemico che colpisce e distrugge l’encefalo: Twitter.

The Man Behind the Curtain
Siamo le pedine d’una partita a scacchi di proporzioni cosmiche tra forze al di là della nostra comprensione, ma soprattutto del nostro reddito. L’Europa è la scacchiera. La placca continentale sottostante è il tavolino. La posta in gioco però non è l’Euro. È un euro. Come in “Una poltrona per due”. Lo scopo della partita è distrarci con una serie di mosse coreografiche inutili mentre le forze al di là della nostra comprensione ci svaligiano l’appartamento.

The Constant
Siamo incappati in un’anomalia del continuum che ci fa a saltare avanti e indietro nel tempo. In particolare i diritti dei lavoratori continuano costantemente a saltare indietro al tempo dello schiavismo.

The Variable
Siamo finiti in un universo parallelo nel quale lo schiavismo non è mai stato formalmente abolito. La differenza col nostro universo d’origine è che a chiamarsi “atipici” sono i contratti che non prevedono il lavoratore come schiavo.

The End
L’Italia è magica. Non non ci sono spiegazioni. Non ci sono risposte. Quello che conta sono i personaggi. E i personaggi fanno cagare.


Fonte & Fonte

fonte: freeondarevolution.blogspot.it

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