Io infiltrata nel girone dei lussuriosi
«Bella, giovane e sexy». Giornalista si finge minore sul web: 25 richieste in due giorni, un solo incontro. Ecco com’è andata
Quando il Direttore mi ha chiesto di fingermi una minorenne sul web in cerca di emozioni forti, regali e soldi in cambio di prestazioni sessuali, non immaginavo in quale inferno sarei finita. Un incubo senza fine. Perché la provocazione giornalistica s’è trasformata presto, subito anzi, in un girone dantesco di lussuriosi e schifosi esseri umani insensibili al «dettaglio» che non avessi ancora compiuto diciotto anni, che non potevo incontrarli la mattina perché andavo a scuola, che non potevo riceverli a casa in settimana ma solo il week end quando i miei genitori tornano in Puglia, mia terra d’origine. Ho acquistato un cellulare intestando la scheda a una che non sono io. Così è cominciato il viaggio nell’orrore nella rete a caccia di chat e bacheche per teen agers.
L’annuncio l’ho inserito a mezzanotte. Quando mi sono svegliata ho acceso il telefonino, mentre sorseggiavo un cappuccino e il cellulare è partito a raffica: uno, due, tre, cinque, dieci, dodici, 18 messaggi. Il primo crampo allo stomaco, il cappuccino è rimasto nella tazza. Ho letto il primo sms e da quel momento ho capito che il gioco giornalistico diventava una pesante passeggiata in realtà inconfessabili. Professionisti stimati, padri di famiglia, insospettabili, trentenni, i più giovani, 23 e 25 anni li tengo da parte. Gli altri sono «adulti» sposati con mogli fiduciose e inconsapevoli che li aspettano a casa per parlare dei figli. Una galassia disumana pronta a tutto per un’ora di piacere con una ragazzina. Tante voci, un solo identikit. Orchi a caccia di una minorenne dopo averla braccata su internet. Sono in tanti, troppi, tutti con la stessa voglia di trasgredire. Metto lo stesso annuncio su più siti. Nell’immaginario collettivo non ci vuol molto a capire che rappresento la liceale-tipo, figlia della Roma bene, annoiata dalla routine e in cerca di emozioni forti, fortissime, estreme. Il primo sms che ricevo è diretto: «Ciao, ho visto il tuo annuncio sul sito, quando ci possiamo incontrare?». Il secondo: «Quindi vai ancora a scuola? Come sei fatta?». All’inizio sono impacciata, poi entro nella parte, leggo annunci simili al mio (tipo «bella, calda e sexy giovane ragazza pronta a ricevere a tutte le ore età 20 anni») ma guardando la foto potrebbe essere una ragazzina non ancora maggiorenne, e faccio lo stesso. In due giorni conto oltre 25 richieste, quasi tutte da over 40 e solo in 4, dopo essersi accertati della mia (finta) età hanno detto «no grazie, mica so’ matto - ha detto uno - qui vado ar gabbio (in galera, ndr)».
Gli altri erano tutti disponibili all’incontro, tutti desiderosi di vedermi, incontrarmi, portarmi a letto nonostante la mia giovane età.
Quando squilla quel telefono, sale l’ansia, spero sempre di aver sentito male, «non può essere un altro» mi dico, trattengo il fiato, rispondo e registro tutto: «Quindi sei minorenne?». È un uomo di 50 anni, la sua voce è pungente, lo chiamerò Aldo. Ingoio la rabbia e rispondo: «Sì, ho 17 anni, ma a breve ne farò 18». Arriva subito al punto : «Ma cosa vuoi in cambio?» Io: «Non so, faccio questa cosa da poco. Mi piacciono i regali e i vestiti, ma anche i soldi». Aldo: «Lo smartphone ce l’hai? Quello ti va bene?». Rispondo: «No, quello ce l’ho già, poi ne parliamo di persona di queste cose». Ma lui non vede l’ora: «D’accordo, facciamo in un albergo, ok? Dimmi quando». Io: «La mattina sono a scuola, ci vediamo di pomeriggio, ok?». Aldo insiste: «Ma oggi non possiamo? Domani lavoro. Dai, fai in modo di vederci oggi». Io taglio corto: «Oggi non posso, ci sentiamo». Provo un senso di tristezza, delusione, rabbia, mi sento offesa, ma vado avanti, passano le ore e il telefono continua a squillare. C’è chi chiama e ha la voce tranquilla: «Allora, ti chiamo un’ora prima, diciamo quando esci da scuola, e ci incontriamo, così una volta che mi hai visto, possiamo accordarci per l’incontro vero. Intanto dimmi quanto vuoi?». Io rispondo: «Guarda, ne parliamo di persona, in genere prendo regali e i soldi». Poi gli chiedo l’età. Lui risponde: «Beh, io sono grande, ne ho 45, però sono snello e slanciato, ho un fisico asciutto: insomma, sono ben messo, sono già stato con ragazze giovani». Un altro mi chiede: «Che scuola frequenti?» Rispondo: «Frequentò un liceo di Roma». È un uomo di 35 anni, romano, anche lui vuole incontrarmi subito. Come sempre trovo una scusa: «Oggi non posso, sono a casa con i miei». Lui: «Ok, ok, ma almeno dimmi come sei fatta, dal sito non si vede bene la foto e io voglio essere sicuro prima di incontrarti». Rispondo che «sono alta 1,70, ho gli occhi scuri e i capelli lunghi e castani». Ma non gli basta: «E il seno come ce l’hai? La pelle, insomma descriviti: voglio i dettagli». Dopo la mia risposta, chiede: «Quanti anni hai?». «Devo farne 18», rispondo. «Quindi ne hai ancora 17», dice. La voce si fa più dolce, come se parlasse a sua figlia: «Dai, ti prego, incontriamoci oggi, fai la brava, trova una maniera, richiamami se riesci». Subito dopo arriva un messaggio sul telefono: «Ciao Simona, la tua voce mi ha incuriosito molto, come va? Posso raggiungerti?».
È il momento di passare all’azione, di vedere che faccia hanno gli adescatori di ragazzine. Con la redazione decidiamo di organizzare un appuntamento. Nell’annuncio specifico di voler fare un incontro preliminare per conoscere la persona con cui dovrei consumare il rapporto. Prendo appuntamento in una caffetteria al centro di Roma, piove e sono molto tesa, mi preparo per andare, look da diciassettenne, un cappello di lana che mi copra il viso, un paio di sneakers ai piedi e un registratore in tasca. Nel frattempo arrivano i suoi messaggi: «Se vuoi, dopo ti accompagno a casa». La mia replica è secca: «No grazie, resto in centro, ci vediamo a breve». Insieme a me una squadra messa a disposizione dalla redazione: fotografi e colleghi intorno a me, durante l’incontro. Appena arrivo lo chiamo: «Ciao, sono qui al bar, dove sei?». Di fronte a me, vedo un uomo che parla al telefono: è distinto ed elegante, sui 45, capelli brizzolati e un aspetto curato. Un uomo comune, probabilmente un professionista: uno "normale". Ci presentiamo e cerco di rompere l’imbarazzo: lui mi invita a bere un caffè, ma è molto teso. Cerco di farlo parlare ma si guarda intorno. Accanto a me prende il caffè un collega, questo mi dà forza: facciamo finta di non conoscerci e iniziano le domande. «Che liceo frequenti? Anch’io ho fatto il liceo a Roma». Faccio la vaga e dico di non voler dare questo tipo di informazioni, beviamo il caffè in fretta, gli tremano le mani, probabilmente la mia età lo spaventa. Poi ci allontaniamo dal bancone e arriva al dunque: «Senti, prima di salutarci dobbiamo accordarci». Io mi faccio coraggio e rispondo: «Di base voglio 200 euro, ma dipende dal tempo e da quello che vuoi tu». Lui mi guarda e annuisce con fare accomodante, poi continua: «Non voglio nulla di particolare, una cosa normale, diciamo di un’ora». Io annuisco e mi informo sul luogo: «A casa mia non è possibile, né voglio venire a casa tua, preferirei in albergo». Lui risponde: «Ok, in albergo va bene. Degli amici mi hanno detto di un posto vicino al raccordo dove non ti chiedono i documenti. Un posto discreto, i miei amici ci vanno con donne sposate». Poi aggiunge: «Da quanto tempo hai messo l’annuncio? Hai già incontrato altri?». Rispondo: «Ne ho incontrati pochi». Lui è contento: «Meglio così: sarebbe un peccato, sei così bella». Qualche altra chiacchiera e qualche battuta, poi mi chiede cosa pensassi dei fatti degli ultimi giorni: d’altronde erano minorenni come fingo di essere io. «Hai sentito che è successo?» - dice. Io rispondo: «Sì, infatti sono spaventata, perciò non dico mai che scuola frequento e dove abito». Allora lui mi tranquillizza: «Sì, ma in quel caso c’era dietro un’organizzazione: è una cosa diversa». Io annuisco, lui aggiunge: «Comunque, non per discolparmi, ma io non faccio mai queste cose: quando ho letto l’annuncio c’era scritto diplomanda, quindi ho pensato avessi 19 anni». Io sorrido e lo rassicuro: «Tanto fra qualche mese compirò diciott’anni, comunque io sono libera, lo faccio per gioco e non dipendo da nessuno». Ascolto incredula la sua risposta: «Sì, ma la legge è legge, bisogna stare attenti». Parla di legge, d’altronde sembra un uomo comune come tanti altri, «una persona per bene», probabilmente ha una moglie a casa che lo aspetta, potrebbe essere un perfetto padre di famiglia. Scambiamo qualche altra battuta, ora è pronto a fissare un incontro. «Ci vediamo sabato pomeriggio, ti aspetto all’uscita della metro, ti prendo e andiamo» - conclude lui. Faccio cenno con la testa, saluto e vado via. Torno a casa e mi metto subito a lavoro, nel frattempo arriva un suo messaggio: «Senti, un’altra cosa, mi vergognavo di dirtelo di persona, né vorrei sembrarti un porco o un pervertito, ma ce l’ho grosso 24 cm: non so se a te dà fastidio». Non rispondo e continuo a scrivere. Dopo un’ora prova a chiamarmi, non rispondo e spengo il telefono.
Le conversazioni con questi uomini ricordano le ossessioni di Humbert Humbert protagonista della Lolita di Nabokov e ne conservano la stessa carica di violenta sottomissione verso i minori, appena mascherata dai toni di un dolce paternalismo e dalla malattia dell’anima che li logora. Una generazione di vuoti a perdere, amorali e poveri di spirito, divorati dalla noia e dalla tristezza, della cui vita, spesso, a nessuno importa davvero. Dall’altra parte una generazione senza punti di riferimento e valori. Il sesso è percepito in maniera superficiale, come un gioco. Il proprio corpo ha lo stesso prezzo di una borsa firmata. È un pianeta sommerso quello delle baby squillo, quante siano in Italia nessuno può saperlo. Si va dalle stime prudenti del consorzio Parsec (45mila prostitute, 7% minorenni), a quelle del gruppo Abele: 70mila sex workers, 20% minorenni. Non tutte sono sfruttate e non tutte si vendono per "fame". La cronaca è piena di storie di giovani adolescenti che si vendono per noia: il nostro esperimento ha rivelato con quale semplicità una minorenne può avviarsi al mondo della prostituzione attraverso il web. Poi ci sono anche storie di adescamenti, come quella delle ultime ore che viene da un paesino della Puglia: un romano si finge adolescente e convince una ragazzina a spogliarsi davanti alla webcam in cambio di qualche ricarica. Le più giovani? Le trovi in Calabria, Marche, Abruzzo, Veneto, Campania e Lazio. La rete è senza confini, la prostituzione minorile su internet è incontrollabile. Ora lo so. Per un attimo smetto di fingere. Immagino come mi sentirei se avessi fatto tutto questo per davvero. Un crampo allo stomaco. Mi faccio schifo.
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