La Beat generation fu un movimento artistico, poetico e letterario sviluppatosi dal secondo dopoguerra (1947 circa) a fine anni cinquanta, negli Stati Uniti.
Il movimento è sostanzialmente frutto di un’utopia che nasce all’interno di questo gruppo di amici, amanti della letteratura e completamente saturi della società che vivono, delle regole, dei tabù. I beat vogliono scappare, viaggiare, far l’autostop fino a dove possono arrivare, ma non per un senso di fuga dalle responsabilità, ma per trovarsi da soli nuove regole e stili di vita. Da qui viene l’avvicinamento alla spiritualità Zen, al cattolicesimo, al taoismo che tanto viene approfondito, discusso e rimodellato in un’ottica beat; ma da qui viene anche l’abuso di sostanze stupefacenti, di alcol per trovare un nuovo sistema di regole, per sedare la sofferenza e per riunire l’io e il Tutto.
Il termine beat viene coniato da Jack Kerouac nel 1947, in una conversazione con John Clellon Holmes durante la quale, parlando delle generazioni passate e non volendo attribuire nessuna definizione alla propria, Kerouac disse: “Ah, questa qui non è che una Beat generation”. La conversazione fu pubblicata nel 1952 sul “New York Times Magazine” con il titolo This is the Beat generation , che attirò l’attenzione del pubblico e ne consacrò la nascita ufficiale.
Beat è un termine che assume molteplici significati già in inglese, ed in italiano è tradotto e spiegato in varie accezioni. Beat come beatitudine (Beatitude), la salvezza ascetica ed estatica dello spiritualismo Zen, ma anche il misticismo indotto dalle droghe più svariate, dall’alcol, dall’incontro carnale e frenetico, dal parlare incessantemente, sviscerando tutto ciò che la mente racchiude. Beat come battuto, sconfitto in partenza. La sconfitta inevitabile che viene dalla società, dalle sue costrizioni, dagli schemi imposti ed inattaccabili. Beat come richiamo alla vita libera e alla consapevolezza dell’istante.
Beat come ribellione. Beat come battito. Beat come ritmo. Quello della musica jazz, che si ascolta in quegli anni, quello del be bop, quello della cadenza dei versi nelle poesie. Beat è la scoperta di sé stessi, della vita sulla strada, del sesso liberato dai pregiudizi, della droga, dei valori umani, della coscienza collettiva. Beat non è politica però, nonostante molti movimenti abbiano origine da questa fonte. Beat non è religione, nonostante sia forte la componente religiosa in questo gruppo. Beat è libertà di essere sconfitti, ma molto più probabilmente beat è uno dei tanti termini che non ha un vero significato semantico, ma più un significato mistico, insito nell’anima battuta, beata, ritmata, ribelle di quella generazione.
Una nuova forma di ribellione che nasce dai movementi intellettuali e si espande nella società come un virus, come una malattia infettiva, è ciò che abbiamo disperatamente bisogno oggi, con le modalità e i ritmi contemporanei, che sappia entrare e impossessarsi delle nostre anime; il momento è propizio per nuovi inizi, per nuovi battiti e nuove idee……..attendo con ansia….
Paola Mangano
“Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati”
“Dove andiamo?”
“Non lo so , ma dobbiamo andare”
(J. Kerouac, On the road)
“Beat è il viaggio dantesco, il beat è Cristo, il beat è Ivan, il beat è qualunque uomo, qualunque uomo che rompa il sentiero stabilito per seguire il sentiero destinato”
(G. Corso)
fonte: fattidarte.wordpress.com
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