di Gianni Lannes
L'Italia è probabilmente l'unico Paese della comunità internazionale 
dove ogni legislatura parlamentare che esprime un governo diverso dal 
precedente è accompagnata da una nuova organizzazione scolastica 
dell'istruzione rivolta al peggio. Mentre i Paesi OCSE e quelli non OCSE
 ad economia avanzata perseguono un cammino rettilineo nel tempo che ha 
come obiettivo preciso ed unico quello di rendere l'istruzione un 
momento altamente formativo per lo studente in termini culturali, 
civici, di capacità relazionale e critica, ed un trampolino di lancio 
per il suo futuro professionale, in Italia nel corso degli anni si è 
assistito un graduale depauperamento culturale e ad una minor capacità 
competitiva delle nostre giovani generazioni rispetto a quelle di altri 
Paesi, dove la scuola di qualità, selettiva, che remunera in modo 
consono gli insegnanti, è considerata, insieme alla famiglia e al 
lavoro, la pietra d'angolo della società sulla quale costruire un Paese 
prospero in termini sociali ed economici.
 
In
 tale periodo di cosiddetta “emergenza sanitaria” infinita, la scuola si
 è necessariamente dovuta rimodulare per non sospendere i programmi di 
studio senza tuttavia avere i mezzi tecnologici necessari per 
l'insegnamento a distanza. Una scuola che si è rimodulata affidandosi 
senza alcuna esitazione alle risorse tecnologiche personali degli 
insegnanti e degli studenti. Una scuola che si è dovuta adeguare a 
continui mutamenti di indirizzo del ministro Azzolina, anticipati a 
mezzo stampa, su esami, scrutini, rientro a scuola di insegnanti e 
studenti che hanno determinato incertezze nel corpo insegnante, nelle 
famiglie e negli studenti su tempi, modalità, organizzazione dello 
studio. La comunicazione non chiara ha naturalmente sollevato 
perplessità sull'azione del governo grulpiddino e sulla sua capacità 
organizzativa di una realtà, quale quella della scuola e 
dell'insegnamento, articolata e complessa.
Dalle ultime dichiarazioni alla stampa dell'architetto e professore di 
disegno industriale Giulio Ceppi, membro del comitato di esperti del 
ministro Azzolina, sembra che l'esecutivo del Conte bis si stia 
indirizzando in modo certo e definitivo verso un modello di educazione, 
formazione e istruzione denominato "scuola ibrida". Le dichiarazioni, 
oltre a palesare una totale inadeguatezza del comitato di esperti a 
collaborare con le istituzioni dando come acclarate e di certa 
applicazione loro decisioni ancor prima che vengano conosciute e 
valutate dal Parlamento, non lasciano dubbi su quello che dovrebbe 
essere il futuro della scuola in Italia: 
«Stiamo lavorando su un modello molto più ibrido, che adesso seguirà 
ancora la forzatura che il Covid ci impone, ma che nel tempo diventerà 
una modalità permanente. Lavorare con tempi diversi, con modalità 
diverse, con le differenze che ogni scuola vorrà applicare a seconda del
 numero di studenti, di come è collocata nel territorio. [Si tratterà] 
di avere tre piattaforme su cui lavorare: la fisicità della scuola, che è
 quella a cui siamo tutti abituati- andare a scuola. Si andrà meno a 
scuola ma si farà più scuola, perché in parte si lavorerà in piccoli 
gruppi anche da casa e in parte anche lavorando per creare degli spazi 
nuovi, degli spazi esterni alla scuola e fare quelli che abbiamo 
chiamato dei 'patti di comunità', quindi agevolare la possibilità per le
 scuole di avere dei laboratori, delle aule, degli spazi esterni, nelle 
vicinanze della scuola, ma che possano diventare spazi sicuri ma anche 
spazi dove fare didattiche alternative».
In altri termini, il comitato di sedicenti “esperti” disegna una scuola 
meno formativa ed inclusiva, in cui le strutture familiari e i contesti 
relazionali sociali e civici incideranno ben più di quanto avviene oggi 
alimentando diseguaglianze e iniquità nelle opportunità e nelle 
occasioni offerte a ciascuno studente.
La scelta del governo tricolore verso una scuola meno in presenza e più 
virtuale rischia di inverare la profezia del filosofo Giorgio Agamben, 
secondo il quale la pandemia sarebbe stata usata «come pretesto per la 
diffusione sempre più pervasiva delle tecnologie digitali».
È opportuno che consiglieri "tecnici" travalichino in maniera così 
esorbitante le proprie funzioni arrivando a dare per acquisiti obiettivi
 politici di cui il Parlamento non è informato, oppure è un atto 
eversivo ed anticostituzionale?
Riferimenti:
Gianni Lannes, IL GRANDE FRATELLO, Edizioni Draco, Modena, 2012.
http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2020/09/scuola-manca-tutto.html
fonte: SU LA TESTA GIANNI LANNES 

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