di
Gianni Lannes
Geopolitica
totalitaria? La psicosi innescata dal sistema di dominio mondiale
sembra aver trasformato l'Italia nel luogo dei senza nome, in uno
Stato di polizia, nel teatro di un racconto distopico, dove
addirittura la paura iniettata nel corpo sociale da autorità,
istituzioni e mass media, è stata commercializzata un tanto al chilo
in ragione del profitto economico. Gli scaffali vuoti dei
supermercati, la gente in fila per accaparrarsi beni di prima
necessità (disinfettanti come l'amuchina), lo
sciacallaggio, politico, gli episodi di sopraffazione e in aggiunta la
solita dose massiccia di razzismo italico.
Insomma, nel belpaese - ora che il calendario generale segna la fine
del febbraio 2020 - si sopravvive in uno scenario post-apocalittico,
comunque in assenza dell’apocalisse. La letteratura, pur ignorata
dalla masse, tratta da tempo immemorabile, almeno da Manzoni a Camus,
il tema dell’epidemia - letale, irreparabile, catastrofica. Ebbene, il
romanzo che più di
d'ogni altro ci racconta le eterodirette dinamiche sociali che stiamo
affrontando adesso, potrebbe essere Cecità dell'inimitabile
José Saramago.
Un essere umano in auto è in sosta al semaforo quando improvvisamente non vede più nulla. È questo l’attacco appunto di Cecità, romanzo pubblicato nel 1995 con il titolo originale di Ensaio sobre a cegueira (“Saggio sulla cecità”). L’uomo viene accompagnato dal medico, che non riesce però a trovare una spiegazione per quella misteriosa malattia, fin quando non si rende conto di essere stato contagiato anche lui. Il medesimo destino accomuna tutti i pazienti che sono nella sala d’attesa. Quando la cecità inizia a contaminare la massa urbana in maniera capillare, il governo decide di mettere i ciechi in quarantena. Divisi in gruppi e rinchiusi in edifici fatiscenti, i non vedenti regrediscono ad uno stadio primitivo. È su queste basi che Saramago elabora una lucida analisi della natura umana. Si tratta di un ritratto di cogente attualità.
I
personaggi non hanno un nome e sono identificati attraverso le loro
inclinazioni, il mestiere o il ruolo sociale. C’è il medico, il
primo malato o paziente zero, la moglie del medico, la ragazza con
gli occhiali, il vecchio con la benda. L’epidemia rende l’essere
umano impersonale, rimuove la sua identità anagrafica. Anche noi
oggi non abbiamo più un nome, bensì un codice a barre.
Saramago sorvola sulle implicazioni storiche e politiche, concentrandosi
sull’umano. La sua descrizione della quarantena è un saggio
antropologico sulla specie umana, spontaneamente incline alla
sopraffazione. Quando il governo consegna il cibo ai ciechi
nell’edificio, iniziano a spuntare le fazioni. Il cibo diventa
motivo d’ossessione, e lo è anche nella nostra realtà odierna. Il
principale pensiero dei cittadini in seguito ai primi casi del
coronavirus è stato quello di razziare gli scaffali dei
supermercati, arrivare prima degli altri per garantirsi la
sopravvivenza. Nel romanzo qualsiasi oggetto diventa
potenzialmente un’arma di ricatto, di minaccia o di speculazione. I
gruppi che detengono il potere lucrano sul cibo e sugli altri beni vitali. La trasposizione odierna è l’amuchina venduta su
Internet a prezzi esorbitanti, la mascherina equiparata ad un
bene di lusso, insomma, la commercializzazione della paura.
«È
di questa pasta che siamo fatti: metà di indifferenza e metà di
cattiveria»
scrive Saramago in un
passaggio del romanzo. Inizialmente l’indifferenza è
stata l'atteggiamento evidente: l’epidemia era in Cina, lontanissima e
le uniche preoccupazioni erano lo sciacallaggio. I politicanti
italidioti, infatti, hanno sfruttato la paura collettiva per la
personale propaganda.
Quando il virus è emerso nel belpaese, l’indifferenza si è
spostata altrove. L’attenzione sul virus e l’allarmismo
conseguente ha oscurato le catastrofiche emergenze italiane. La vera
cecità è non vedere la morte di tanti bambini, i diritti umani che
continuano a essere calpestati in tutto il mondo. Come ha scritto
Saramago: «È una vecchia
abitudine dell’umanità passare accanto ai morti e non vederli».
In sostanza Saramago
ha scandagliato le dinamiche sociali che si creano all’interno di
un’emergenza. Durante la quarantena un unico gruppo detiene il
possesso del potere e tiene gli altri ciechi in una fame costante. È
l’egoismo di pochi che prevale sulla sofferenza di molti: la ricetta dell'imperialismo globale. E a proposito di
discriminazioni: l’uomo non guarda in faccia il dolore degli altri,
ma lo usa per rafforzarsi e ferire il prossimo.
La
cecità non è una menomazione fisica, non riguarda gli occhi ma una
condizione insita nella propria natura. È quindi il buio della
ragione e si palesa ancor di più quando i ciechi abbandonano la
quarantena e si ritrovano in uno scenario in cui la città è un
tempio del male, con gli uomini a combattere per un tozzo di pane, a
occupare abusivamente le case degli altri, a ingannare il prossimo.
L’inganno viene perpetrato in una condizione di instabilità, dove
l’essere umano è indifeso, non può affidarsi a nulla se non al
suo istinto di sopravvivenza. Questo romanzo dopo 5 lustri ha
illuminato la nostra attualità.
Il
seme del male è già presente nell’uomo anche prima della
diffusione di un morbo. L’uomo attende una giustificazione per
esternare i suoi istintivi istinti peggiori. Saramago è stato in
grado di scarnificare l’individuo e mettere in evidenza tutti i
suoi limiti, fino a capire che il virus più letale è quello che ci
riconduce a uno stadio primitivo, al male inteso come dimora della
nostra cecità, quella che non è collegata agli occhi. Ancora Saramago: «Con
l’andare del tempo, più le attività di convivenza e gli scambi
genetici, abbiamo finito col ficcare la coscienza nel colore del
sangue e nel sale delle lacrime, e, come se non bastasse, degli occhi
abbiamo fatto una sorta di specchi rivolti all’interno, con il
risultato che, spesso, ci mostrano senza riserva ciò che stavamo
cercando di negare con la bocca (... ) Se non
siamo capaci di vivere globalmente come persone, almeno facciamo di
tutto per non vivere globalmente come animali».
Il
coronavirus non ci ha reso individui peggiori, ma ha solo evidenziato
ciò che realmente siamo, ovvero ciechi da sfiorare il cinismo. Oggi la speranza è quella
di prendere come lezione questa esperienza e aprire gli occhi.
Altrimenti la cecità comune proseguirà anche quando i contagi finiranno e
il delirio apocalittico cederà campo alla vita di tutti i giorni,
ovvero un’infinita quarantena in cui non riusciamo a vedere oltre
il nostro naso.
Parola
di Saramago: «Secondo me non
siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che non vedono,
ciechi che, pur vedendo, non vedono”.
Riferimenti:
http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2020/02/italia-aria-piu-inquinata-deuropa-e.html
Riferimenti:
http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2020/02/italia-aria-piu-inquinata-deuropa-e.html
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=coronavirus
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