
Frequenze 5G – 4G – 3G – 2G in Italia
5G: 700/3700 MHz e 26 GHz
4,5G: 1500 MHz
4G: LTE FDD-LTE 800/1800/2600/2100 MHz
3G: HSDPA WCDMA 900/2100 MHz
2G: GSM 900/1800 MHz
4,5G: 1500 MHz
4G: LTE FDD-LTE 800/1800/2600/2100 MHz
3G: HSDPA WCDMA 900/2100 MHz
2G: GSM 900/1800 MHz
Qualcomm presenta QCA64x8 e QCA64x1
QCA64x8 e QCA64x1 costituiscono le due nuove famiglie di chipset WiFi a 60 GHz in grado di raggiungere e superare la velocità di 10 Gbps, con latenze equiparabili a quelle delle migliori connessioni via cavo e caratterizzate da un’ottimizzazione nei consumi così da non andare a influire negativamente sulla durata della batterie dei dispositivi in cui sono ospitati. Un notevole passo in avanti rispetto a quanto oggi avviene sfruttando le bande 2,4 e 5 GHz. Più nel dettaglio, QCA64x8 (QCA6438 e QCA6428) punta a infrastrutture e access point fissi, mentre QCA64x1 (QCA6421 e QCA6431) alle applicazioni mobile.
QCA64x8 e QCA64x1 costituiscono le due nuove famiglie di chipset WiFi a 60 GHz in grado di raggiungere e superare la velocità di 10 Gbps, con latenze equiparabili a quelle delle migliori connessioni via cavo e caratterizzate da un’ottimizzazione nei consumi così da non andare a influire negativamente sulla durata della batterie dei dispositivi in cui sono ospitati. Un notevole passo in avanti rispetto a quanto oggi avviene sfruttando le bande 2,4 e 5 GHz. Più nel dettaglio, QCA64x8 (QCA6438 e QCA6428) punta a infrastrutture e access point fissi, mentre QCA64x1 (QCA6421 e QCA6431) alle applicazioni mobile.
Qualcomm Technologies è il primo player del mercato a offrire una soluzione basata sullo spettro mmWave (onde millimetriche) che tiene conto delle specifiche 802.11ay (non ancora ufficialmente approvate, evoluzione dell’802.11ad) guardando al futuro delle reti wireless, con copertura e performance di primo livello. Queste le parole di Rahul Patel, Senior Vice President and General Manager della divisione Connectivity and Networking di Qualcomm Technologies.




Campi a radiofrequenza e salute
2: Effetti sulla salute dei campi
In questo capitolo si descrivono gli 
effetti noti o ipotizzati sulla salute dei campi a radiofrequenza. Anche
 se non si fa riferimento a normative, si e’ cercato di distinguere tra 
effetti presenti a potenze elevate, superiori a quelle consentite dalle 
normative internazionali (1-5 W/mq), e quelli a livelli di potenza molto
 bassi, che e’ possibile incontrare anche rispettando queste norme.
2.1: Che effetti hanno le onde radio sulla salute?
Le
 onde radio possono venire assorbite da corpi di dimensioni 
confrontabili o superiori ad 1/4 circa della loro lunghezza d’onda. 
Quindi il corpo umano assorbe bene onde di frequenza compresa tra 30 e 
300 MHz (da 10 m a 1 m), per le quali e’ una discreta antenna 
ricevente.  A frequenze superiori l’assorbimento si riduce, fino a circa
 3-4 GHz, per poi rimanere circa costante all’aumentare della frequenza.
La quantita’ di onde radio assorbita da un particolare tessuto si indica come potenza specifica assorbita,
 e si misura in watt per kilogrammo (W/Kg). Gli effetti biologici delle 
onde dipendono da questa quantita’, che e’ ovviamente legata alla 
potenza delle onde che investono l’individuo, ma anche alla loro 
frequenza (come si e’ appena detto).  Nella letteratura angolsassone, la
 potenza specifica assorbita e’ indicata con l’abbreviazione SAR.
Tutti gli effetti noti dei campi dipendono
 in maniera molto forte dal SAR, e spariscono completamente al di sotto 
di una soglia che dipende dal tipo di effetto. Alcuni di questi effetti 
sono direttamente legati a malattie, per altri non si sa se l’effetto 
sia o meno pericoloso per la salute.
Il corpo umano genera a riposo circa 
1W/kg, che puo’ arrivare a 4 W/kg durante un lavoro intenso. Se le 
potenze assorbite sono confrontabili o maggiori di questa quantita’, il 
calore eccessivo deve venir eliminato dal sistema di termoregolazione 
naturale, o il corpo si surriscalda.
A potenze assorbite elevate (oltre 10W/kg su tutto il corpo)
 si osserva un iniziale aumento di temperatura,  che e’ inizialmente 
tenuto sotto controllo dal sistema di termoregolazione. Dopo un periodo 
di tempo limitato, la temperatura riprende a salire, e sopravvengono 
danni gravi ed irreversibili.
A potenze di diversi W/kg, si hanno 
inoltre vari tipi di danni, che includono emolisi, danni al sistema 
endocrino (in particolare la tiroide), malformazioni del feto, e 
soprattutto danni nei confronti di tessuti particolarmente sensibili al 
calore (testicoli, sterilita’) o poco irrorati (cristallino, cataratta).
 Questi ultimi danno possono verificarsi per esposizioni prolungate 
(anche mesi) a potenze relativamente basse, come 100 W/mq (SAR di 
0,5-1W/kg), e anche se l’esposizione e’ concentrata sui soli organi 
interessati.
Alcuni
 autori, soprattutto sovietici, riportano effetti a potenze al di sotto 
di quelle necessarie per ottenere riscaldamento. Questi effetti sono in 
genere molto deboli, non sono stati riprodotti in laboratori 
occidentali, e non sono collegabili direttamente a rischi sulla salute 
(vedi domanda 2.4).
Sono stati cercati effetti dei campi sulla
 riproduzione cellulare e sulla possibilita’ di alterare il materiale 
genetico. Nessuno di questi studi ha evidenziato effetti di questo tipo 
per esposizioni comparabili con quelle consentite dalle norme attuali, 
per cui vi e’ consenso generale sul fatto che i campi a radiofrequenza non inducono mutazioni e non sono responsabili di iniziare processi tumorali. Si ritiene che campi intensi siano comunque in gradi di promuovere tumori, cioe’ di far evolvere piu’ rapidamente verso forme tumorali cellule danneggiate da altri agenti.
I campi a radiofrequenza causano inoltre 
molti altri effetti, anche se non e’ chiaro ne’ su quanto questi effetti
 siano reali, in quanto compaiono solo in alcuni studi, ne’ sui 
meccanismi che li producono. Questi effetti comprendono variazioni nel 
trasporto di ioni calcio attraverso la membrana cellulare, variazioni 
nel tasso di crescita di colture cellulari, nella bioluminescenza di 
alcuni batteri, nella permeabilita’ della barriera ematoencefalica. 
Questi effetti sono in genere visti a SAR di alcuni W/kg, quindi a 
potenze in grado di produrre riscaldamento, ma si osservano talvolta 
anche a potenze inferiori, o in colture cellulari accuratamente 
termostatizzate per escludere effetti termici.
Alcuni studi mostrano che singoli 
individui sono in grado di percepire campi a radiofrequenza di pochi 
W/mq, di solito dopo un’esposizione di 40-50 secondi. La cosa e’ 
spiegabile tenendo conto che i termorecettori cutanei sono sensibili a 
variazioni di temperatura di 1/100 di grado, e non ha probabilmente 
nessuna rilevanza per la salute. Sensibilita’ simili si hanno anche per 
esposizioni a radiazione infrarossa.
 In tab. 3 sono elencati i principali 
effetti noti dei campi a radiofrequenza, e l’intensita’ del campo 
necessaria per evidenziare l’effetto.
NOTA IMPORTANTE: La corrispondenza tra SAR a densita’ di potenza e’ solo indicativa, in quanto dipende fortemente dal tipo di organo esposto, dalla frequenza radio, e da altri parametri. Si rimanda alla letteratura specializzata per una trattazione accurata. Inoltre il SAR e’ riferito a tutto il corpo, singoli organi possono assorbire potenze anche molto diverse.
2.2: Che differenza c’e’ tra effetti termici e non termici?
Una
 volta assorbite, l’ energia viene convertita in calore con diversi 
meccanismi. Il calore, se non viene smaltito tramite i meccanismi 
naturali di termoregolazione, puo’ danneggiare direttamente o 
indirettamente i tessuti colpiti. In particolare risultano sensibili 
agli effetti termici il cristallino, che e’ scarsamente irrorato dal 
sangue, e i testicoli, che smettono di funzionare gia’ con aumenti di 
temperatura di un grado.
Gli effetti direttamente o indirettamente riconducibili ad un aumento di temperatura sono comunemente detti effetti termici. 
 Oltre agli effetti termici, sono stati osservati, in laboratorio o sui 
animali, effetti di altro tipo. Si tratta sempre di effetti che 
avvengono a potenze assorbite  (SAR) corrispondenti ANCHE ad aumenti di 
temperatura, anche se questi possono essere stati compensati da 
meccanismi di termoregolazione. Risulta quindi difficile stabilire se 
l’effetto sia dovuto indirettamente ad un aumento di temperatura, o ad 
aver messo sotto sforzo la termoregolazione, o realmente a meccanismi 
non termici. Pertanto si tende a non distinguere gli effetti in base al 
meccanismo termico/non termico, ma in base al livello di SAR a cui 
l’effetto compare.
Alcuni autori distinguono gli effetti in 
termici, quando si osserva un aumento di temperatura (di solito almeno 
un decimo di grado), atermici (quando il sistema di termoregolazione 
compensa gli effetti termici che altrimenti ci sarebbero) e non termici 
(quando il sistema di termoregolazione  non viene interessato). Non 
conoscendo i meccanismi di azione di effetti non direttamente 
riconducibili a effetti termici, questa distinzione ha un senso 
limitato.
2.3: Che differenza c’e’ tra effetti a lungo e a breve termine?
Un effetto che compaia solo quando si e’ 
esposti ai campi, e sparisca rapidamente quando l’esposizione cessi e’ 
detto a breve termine. Un effetto che invece compaia dopo una lunga 
esposizione, magari intermittente o saltuaria, e’ detto a lungo termine.
 Chiaramente, mentre risulta abbastanza semplice individuare un effetto a
 breve termine, un effetto a lungo termine richiede lunghi e complessi 
studi epidemiologici. Inoltre un effetto di questo tipo e’ 
potenzialmente piu’ pericoloso, perche’ le singole esposizioni non danno
 sintomi che ci consentano di accorgerci del rischio ed evitarlo.
Gli
 effetti riportati nei precedenti capitoli sono sia a breve che a lungo 
termine. Ad es. una esposizione a campi di oltre 100 W/mq non da’ 
sintomi apprezzabili, ma puo’ portare, a lungo andare, a danni del 
cristallino (cataratta).
Sono stati cercati effetti a lungo termine
 come aumento del rischio di alcune malattie, soprattutto tumori, per 
mezzo di studi epidemiologici sulla popolazione generale (vedi domanda 2.6) e su lavoratori esposti (vedi domanda 2.7).
2.4: Gli anziani e i bambini sono piu’ esposti?
Le persone deboli (anziani, malati) sono 
comunque piu’ esposti di una persona robusta e sana. Di questo comunque 
ogni normativa tiene conto, adottando opportuni margini cautelativi.
I bambini sono piu’ esposti anche perche’ 
sono piu’ piccoli, e quindi hanno dimensioni corporee piu’ vicine alla 
lunghezza d’onda delle emissioni radio. Di conseguenza assorbono le onde
 radio 2-5 volte meglio di una persona adulta, in proporzione.
2.5: Che dicono gli studi di laboratorio?
Esiste una ricchissima letteratura su 
studi di laboratorio, sia su culture cellulari che in animali, per 
cercare vari effetti legati ai campi a radiofrequenza.
In studi su topi di laboratorio, si e’ 
visto che esposizione a SAR di 6W/kg decresce la loro vita media, mentre
 a 2W/kg non si hanno effetti significativi. Vari autori hanno trovato 
un aumento di tumori in topi esposti a radiofrequenze a livelli elevati 
(2-6 W/kg), soprattutto se esposti anche a altri agenti oncogeni. In 
altre parole, questi studi mostrerebbero che l’esposizione a onde radio a
 potenze elevate aumenta l’attivita’ di altri agenti tumorali.
In
 uno di questi studi (Szmigielski, 1982) si e’ visto inoltre che un 
aumento di tumori e’ presente anche se i topi vengono confinati in 
gabbie piccole (come succede se si vuole determinare con precisione la 
dose di radiazione assorbita) e non esposti ai campi. Questo effetto 
puo’ alterare il risultato alcuni studi, ma l’autore trova che comunque a
 SAR di 6 W/kg il tasso di tumori aumenta.
Vari autori hanno sperimentato diversi 
tipi di esposizione (continua o a impulsi, a varie frequenze attorno a 
800 MHz) senza trovare alterazioni nel tasso di tumori cerebrali, 
malformazioni nella prole, tumori epatici. Molti di questi esperimenti 
mirano a simulare le tipiche condizioni d’uso di un telefono portatile 
posto vicino alla testa.
Un recente studio (Repacholi, 1997) ha 
trovato che esposizione di oncotopi a campi a radiofrequenza simili a 
quelli per telefonia GSM aumentano significativamente il tasso di 
linfomi in oncotopi (topi modificati geneticamente in modo da sviluppare
 spontaneamente linfomi). Lo studio ha avuto un notevole risalto, in 
quanto Repacholi e’ sia presidente sia dell’ICNIRP, che responsabile del
 progetto OMS sugli effetti sanitari dei campi elettromagnetici.
Vari studi hanno cercato alterazioni 
cromosomiche o modificazioni del DNA in seguito ad esposizioni a 
radiofrequenza di topi, moscerini, microorganismi e culture cellulari. 
In genere gli studi che trovano alterazioni utilizzano potenze elevate, 
oltre 10 W/kg. A  SAR piu’ bassi, nuerosi lavori non trovano 
alterazioni. Un singolo lavoro (Lai e Singh, 1995) trova un aumento 
delle rotture nel DNA di topi esposti a SAR di 0.6 W/kg.
Alcuni studi hanno cercato, e non trovato, alterazioni del tasso di melatonina in seguito ad esposizione a radiofrequenza.
Soprattutto nell’Europa dell’Est, diversi 
ricercatori hanno trovato effetti biologici dei campi a SAR molto bassi,
 anche dell’ordine di 1 milliW/kg. Questi studi sono stati visti con 
notevole scetticismo nel mondo occidentale, in quanto gli esperimenti 
venivano descritti in modo poco chiaro, rendendo difficile una verifica,
 e gli effetti non erano collegabili facilmente a danni per la salute.
Recentemente, alcuni di questi studi sono stati ripetuti in modo controllato, con risultati vari. Un totale di 8 studi (su oltre un centinaio) mostra effetti a SAR sotto 0.1 W/kg. Anche se questi studi venissero confermati, comunque, non e’ chiaro se le modifiche indotte dai campi abbiano conseguenze negative per la salute.
Recentemente, alcuni di questi studi sono stati ripetuti in modo controllato, con risultati vari. Un totale di 8 studi (su oltre un centinaio) mostra effetti a SAR sotto 0.1 W/kg. Anche se questi studi venissero confermati, comunque, non e’ chiaro se le modifiche indotte dai campi abbiano conseguenze negative per la salute.
In conclusione: Gli
 studi di laboratorio non mostrano effetti significativi per la salute a
 SAR sotto 0,1 W/kg. La maggior parte degli studi che mostrano effetti 
importanti sulla promozione di tumori richiedono SAR elevati, in grado 
di causare riscaldamento, per periodi di tempo prolungati (almeno 30 
minuti), mentre a SAR dell’ordine di 1-2 W/kg o meno non si osservano 
effetti. Esistono pero’ alcuni studi che mostrano effetti “strani”, di 
cui non e’ comunque chiara l’implicazione per la salute, a potenze piu’ 
basse, fino a alcuni milliwatt/Kg.
2.6: Sono stati fatti studi epidemiologici?
Uno studio epidemiologico confronta alcuni
 indici relativi a particolari malattie in due gruppi di persone che 
differiscono (idealmente) solo per il fatto di essere state esposte 
all’agente di cui si intende studiare gli effetti (i campi 
elettromagnetici, in questo caso). Potendo studiare un gran numero di 
persone nella situazione di reale esposizione, uno studio epidemiologico
 ben condotto permette di verificare la pericolosita’ di un agente al di
 la’ di ogni ipotesi su come questo produca i danni osservati.
E’ pero’ difficile condurre uno studio di 
questo tipo, soprattutto se si sospetta che l’agente produca malattie 
rare (come la leucemia infantile), o non si abbia idea di che 
particolare malattia cercare. Occorre seguire gruppi di persone molto 
grandi, tipicamente di almeno diverse decine di migliaia di persone, e 
utilizzare particolari cautele per garantire che i due gruppi siano 
davvero uguali per ogni altro aspetto. Occorre inoltre stabilire prima dello studio cosa si vuole cercare, e i criteri in base ai quali si determina l’esposizione.
Sulla popolazione generale, sono stati 
condotti due grossi studi in cui si e’ esaminato l’occorrenza di diversi
 tipi di tumori in persone che vivevano a varia distanza da ripetitori 
televisivi, rispettivamente in Inghilterra (Dolk et al, 1996) e in 
Australia (Hocking et al, 1996).
Dolk
 ha inizialmente trovato un aumento di leucemie attorno ad una singola 
stazione TV, ma, ripetendo lo studio su un gran numero di ripetitori, 
non ha trovato complessivamente nessun aumento di leucemie, dell’adulto o
 infantili, tumori cerebrali, cancro alla vescica o tumori alla pelle.
Hocking ha eseguito uno studio 
“ambientale” (senza misurare i campi a cui la gente era effettivamente 
esposta, ma stimandoli in base alla distanza dall’antenna), trovando 
aumenti di leucemie infantili. Il lavoro e’ stato ripetuto in modo piu’ 
accurato sulla stessa popolazione da McKenzie et al. (1998), che hanno 
trovato un debole aumento di leucemie infantili nelle vicinanze di un 
singolo ripetitore, ma non in tutti gli altri. Inoltre l’aumento risale a
 prima che le trasmissioni TV venissero irraggiate 24 ore al giorno. 
Anche in questo caso sono stati cercati, e non trovati, aumenti di altri
 tipi di tumori.
Una rassegna di tutti gli studi 
epidemiologici esistenti e’ stata recentemente effettuata da Elwood 
(1999). La conclusione e’ che, sebbene alcuni studi mostrino una 
correlazione tra esposizione e alcuni tumori, queste correlazioni sono 
deboli (e quindi probabilmente dovuti a fluttuazioni statistiche), 
inconsistenti, (studi differenti mostrano risultati opposti riguardo a 
tumori specifici), e nel complesso non mostrano assolutamente un aumento
 del rischio con l’esposizione. La bassa qualita’ di alcuni studi e’ una
 probabile causa delle correlazioni trovate, ed in alcuni casi sono 
evidenti errori (bias) che portano ai risultati visti.  Tutti questi 
studi, pero’, non coinvolgono un numero di persone sufficienti a 
determinare in modo affidabile eventuali effetti deboli.
In conclusione: gli studi
 epidemiologici mostrano che esposizioni a campi di intensita’ comprese 
tra 0.002 e 0.1 W/mq non producono significativi aumenti dei tumori 
considerati. Sporadici risultati positivi sono dovuti a fluttuazioni 
statistiche e/o errori metodologici. Non siamo pero’ in grado di 
escludere effetti deboli.
2.7: Sono stati fatti studi su lavoratori esposti?
I
 cosidetti studi occupazionali cercano una correlazione tra 
l’esposizione di lavoratori a campi elettromagnetici e varie malattie. 
In principio questi studi possono essere molto accurati, perche’ la 
popolazione e’ ben definita, e’ possibile determinare la quantita’ di 
radiazione assorbita, e seguire la storia clinica di queste persone. 
Purtroppo la maggior parte degli studi occupazionali pubblicati mostra 
grosse carenze. In particolare spesso si utilizza solamente 
l’occupazione come indice dell’esposizione, e non vengono fatte 
misurazioni della quantita’ di onde radio a cui i lavoratori sono stati 
effettivamente esposti.
Solamente tre lavori sono stati condotti 
in modo accurato (Robinette et al, 1980; Hill, 1988; Milham, 1988), e 
altri tre in modo accettabile. Nessuno di questi lavori mostra aumenti 
nel numero totale di tumori o in particolari tipi di tumori. Uno studio 
molto citato (Szmiligelski, 1996) indica un aumento di tumori nei 
militari polacchi esposti a onde radio. Questo studio non e’ accettabile
 secondo i criteri dati sopra (non indica come sono state valutate le 
esposizioni), e contiene errori metodologici gravi.
In conclusione, gli studi
 epidemiologici condotti in modo accettabile mostrano che i lavoratori 
esposti professionalmente a onde radio non mostrano aumenti 
significativi di tumori.
2.8: Tutti gli scienziati condividono gli attuali limiti internazionali?
La stragrande maggioranza della comunita’ 
scientifica internazionale e’ convinta che non esistano effetti 
documentati per esposizioni a radiofrequenza a bassi livelli, e che 
quindi i limiti internazionali attuali proteggano adeguatamente la 
popolazione. Esistono perplessita’, ma non reali preoccupazioni, 
riguardo agli effetti sulla salute dei telefonini, in quanto irradiano 
potenza molto vicino al corpo e possono causare una esposizione elevata 
su ristrette parti del corpo. Molti studiosi sottolineano che i 
risultati contraddittori presenti ad es. in alcuni studi di
laboratorio richiedano ulteriori approfondimenti.
laboratorio richiedano ulteriori approfondimenti.
Tuttavia
 alcuni scienziati hanno posizioni anche radicalmente differenti. Ad es.
 e’ molto citata la posizione di un epidemiologo israeliano, Goldsmith, 
che in un articolo di opinione ha sostenuto che gli studi epidemiologici
 “suggeriscono che l’esposizione a  campi RF sia potenzialmente 
cancerogena ed abbia altri effetti sulla salute”. L’opinione pero’ e’ 
basata sugli studi di Dolk e Hocking citati (vedi domanda 2.6), su un singolo studio occupazionale di bassa qualita’ (vedi domanda 2.7), e su altri lavori non pubblicati su riviste con referee, e quindi di qualita’ discutibile.
Il dr. Henry Lai, dell’universita’ di 
Washington, Seattle, sostiene che campi molto deboli, come quelli dei 
ripetitori, possono influenzare il sistema nervoso di topi di 
laboratorio. Gli studi pubblicati del dr. Lai pero’ riguardano 
esposizioni a livelli relativamente alti di esposizione (10W/mq), e di 
assorbimento (i topi assorbono meglio degli uomini le onde radio). In 
una lettera spedita ad autorita’ nel 1999, Lai sostiene di avere prove 
che i campi siano dannosi ad intensita’ molto minori, basandosi su un a 
serie di studi che in realta’ non supportano le sue tesi. Gli studi 
citati da Lai, infatti, mostrano effetti molto deboli, attribuibili a 
fluttiazioni statistiche, non confermati da studi indipendenti, e con 
significanza per la salute scarsa o nulla.
Esistono poi anche posizioni molto bizzarre riguardo gli effetti dei campi elettromagnetici (vedi domanda 2.6). Ad es. Roger Coghill, un dirigente ambientale (enviromental
 manager) neozelandese sostiene che i campi possano essere pericolosi a 
bassi livelli. Sostiene anche che il cervello sia una stazione radio 
trasmittente, in comunicazione diretta con ogni cellula dell’organismo 
(vedi domanda 1.6). Queste teorie non trovano nessun riscontro nella 
fisiologia nota, e Coghill non fornisce nessuna prova a sostegno delle 
sue teorie. Posizioni meno estreme sono sostenute da un altro 
neozelandese, Cherry. Nessuno dei due ha mai pubblicato un articolo 
scientifico su rivista con referee
fonte: ANGELA FRANCIA
fonte: ANGELA FRANCIA
 
 
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