martedì 17 febbraio 2015
l'uccisione di Giorgiana Masi
Giorgina Masi, più conosciuta con il soprannome di Giorgiana, è stata una studentessa italiana uccisa a diciotto anni durante una manifestazione di piazza.
Nata il 6 agosto 1958 da una famiglia di media condizione sociale, Giorgiana Masi abitava con il padre (un parrucchiere), la madre casalinga e la sorella maggiore in un appartamento di via Trionfale a Roma, nei pressi dell'ospedale San Filippo Neri. All’epoca dei fatti frequentava il quinto anno del Liceo Scientifico Statale "Louis Pasteur".
Nel tardo pomeriggio di giovedì 12 maggio 1977 si trovava, in compagnia del fidanzato ventunenne Gianfranco Papini, nel centro storico della capitale, dove erano scoppiati violenti scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. Alle ore 19,55 i due erano in piazza Giuseppe Gioacchino Belli, quando un proiettile calibro 22 colpì Giorgiana all'addome. Subito soccorsa, fu trasportata in ospedale, dove ne fu constatato il decesso.
Fatti
Contesto
Nella seconda metà degli anni settanta il clima di violenza politica che caratterizzava l’Italia si manifestò anche a Roma, dove si verificò una lunga serie di scontri tra fazioni politiche di destra e di sinistra, tra loro o con le forze dell'ordine, culminati con la sparatoria del 21 aprile 1977 tra agenti di polizia e manifestanti dell'area di Autonomia Operaia che si concluse con l'uccisione dell'agente Settimio Passamonti e il ferimento di quattro suoi commilitoni.
« Deve finire il tempo dei figli dei contadini meridionali uccisi dai figli della borghesia romana »
(dalla relazione al Parlamento del ministro Francesco Cossiga, il 22 aprile 1977)
Il giorno stesso, il ministro dell'interno Francesco Cossiga annunciò in Parlamento di aver dato disposizioni per vietare nella capitale, fino al successivo 31 maggio, tutte le manifestazioni pubbliche.
Il Partito Radicale decise di sfidare apertamente il divieto, indicendo un sit-in in piazza Navona per il 12 maggio, motivato dalla raccolta di firme alla proposta dei referendum abrogativi e dal celebrare il terzo anniversario della vittoria nel precedente referendum sul divorzio.
Manifestazione
All’iniziativa si unirono anche i simpatizzanti di quello che verrà poi chiamato movimento del '77 e gli appartenenti a varie formazioni della sinistra extraparlamentare, per protestare contro la diminuzione degli spazi di espressione politica e il clima repressivo nei loro confronti. Alla manifestazione erano presenti circa 5.000 agenti delle forze dell'ordine in assetto antisommossa, coadiuvati da agenti in borghese, il cui coordinamento operativo era stato messo a punto nel corso di una riunione al Viminale, il precedente 3 maggio[senza fonte]. Nella giornata scoppiarono diversi incidenti, con il lancio di bombe incendiarie e colpi d’arma da fuoco. Nei giorni successivi diverse persone, tra i quali Marco Pannella, sottolinearono nelle loro dichiarazioni la presenza di agenti in borghese nascosti tra i dimostranti.
Intorno alle 19.00, alcuni parlamentari mediarono con le forze dell’ordine, per consentire ai manifestanti di evacuare la zona verso Trastevere. Il consenso fu in realtà apparente: da quel momento gli incidenti si fecero più gravi. Durante l’evacuazione, fumogeni e colpi di pistola vennero esplosi, apparentemente da Ponte Garibaldi. La situazione si fece confusa, i manifestanti iniziarono a fuggire. Il primo a essere ferito fu l’allievo sottufficiale dei Carabinieri Francesco Ruggeri. Poco dopo, alcuni presenti videro la Masi cadere a terra “come fosse inciampata” e venire caricata su un'auto per essere trasportata all’ospedale. Il bilancio finale della giornata vide la morte della Masi e il ferimento di altre otto persone, fra cui una donna – Elena Ascione - ferita a una coscia e un allievo sottufficiale dei carabinieri – Francesco Ruggeri o Ruggero a seconda delle fonti – ferito a un polso.
Indagini
L'inchiesta sull'uccisione di Giorgiana Masi e sul ferimento di Elena Ascione e del carabiniere Francesco Ruggeri (o Ruggero) fu chiusa il 9 maggio 1981 dal giudice istruttore Claudio D'Angelo, su conforme richiesta del Pubblico Ministero, con la dichiarazione di impossibilità di procedere poiché rimasti ignoti i responsabili del reato.
In un estratto della sentenza, il giudice scrisse:
« [...] È netta sensazione dello scrivente che mistificatori, provocatori e sciacalli (estranei sia alle forze dell’ordine sia alle consolidate tradizioni del Partito Radicale, che della non-violenza ha sempre fatto il proprio nobile emblema), dopo aver provocato i tutori dell’ordine ferendo il sottufficiale Francesco Ruggero, attesero il momento in cui gli stessi decisero di sbaraccare le costituite barricate e disperdere i dimostranti, per affondare i vili e insensati colpi mortali, sparando indiscriminatamente contro i dimostranti e i tutori dell’ordine.».
Riapertura delle indagini
Nel 1998, in seguito alla riapertura delle indagini - da anni sollecitate da più parti, e affidate al pubblico ministero Giovanni Salvi della procura di Roma -, venne riesaminata la pista che riguardava la pistola.
Per l'ex presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino, le parole di Cossiga pronunciate sull'accaduto confermerebbero come "quel giorno ci possa essere stato un atto di strategia della tensione, un omicidio deliberato per far precipitare una situazione e determinare una soluzione involutiva dell'ordine democratico, quasi un tentativo di anticipare un risultato al quale per via completamente diversa si arrivò nel 1992-1993" e, sempre nel 1998, il deputato verde Paolo Cento presentò una proposta di legge per la costituzione di una commissione che si occupi di "abbattere il muro di omertà, silenzi e segreti attorno all'assassinio della giovane e per individuare chi ha permesso l'impunità dei responsabili".
Polemiche
L’allora ministro dell'interno Francesco Cossiga fu coinvolto in aspre polemiche per l'inadeguata gestione dell'ordine pubblico (vi sono fotografie che mostrano agenti in borghese mimetizzati tra i manifestanti che starebbero, secondo le interpretazioni critiche, sparando ad altezza d'uomo). Lo stesso Cossiga si dichiarò pronto a dimettersi al manifestarsi di una condizione: avere "le prove che la polizia aveva sparato".
Venticinque anni dopo, nel 2003, Cossiga dichiarò, però:
"Non li ho mai detti alle autorità giudiziarie e non li dirò mai i dubbi che un magistrato e funzionari di polizia mi insinuarono sulla morte di Giorgiana Masi: se avessi preso per buono ciò che mi avevano detto sarebbe stata una cosa tragica".
In un'intervista al Corriere della Sera del 25 gennaio 2007, risponendo alla domanda su chi fosse l'assassino, rispose: «la verità la sapevamo in quattro: il procuratore di Roma, il capo della mobile, un maggiore dei carabinieri e io. Ora siamo in cinque: l'ho detta a un deputato di Rifondazione che continuava a rompermi le scatole. Non la dirò in pubblico per non aggiungere dolore a dolore».
La storia della morte di Giorgiana Masi è stata presa a simbolo di molte lotte giovanili contro quelle che erano reputate ingiustizie delle forze dell'ordine e della politica, ed è ancora oggetto di forte polemica.
Sviluppi successivi
Il 24 ottobre 2008, a seguito di un'intervista rilasciata dal senatore a vita Francesco Cossiga al Quotidiano Nazionale, nella quale suggeriva l'uso della violenza nei confronti dei manifestanti, la senatrice radicale (eletta nelle file del Partito Democratico) Donatella Poretti ha deciso di depositare un disegno di legge per l'istituzione d'una commissione d'inchiesta sull'omicidio di Giorgiana Masi.
Lo stesso giorno d'ottobre 2008, anche Alfio Nicotra (esponente di Rifondazione Comunista) ha chiesto che l'inchiesta venisse riaperta.
Tutti gli anni, il 12 maggio, si tengono a piazza Sidney Sonnino a Roma le commemorazioni di Giorgiana Masi.
Cinematografia
La morte di Giorgiana Masi appare nel primo episodio della serie televisiva Romanzo Criminale, andata in onda nel 2008.
Musica
Già l'anno successivo alla morte, Stefano Rosso, cantautore romano, scrisse una canzone in cui parlava dei fatti: si tratta di Bologna '77, inclusa nell'album ...e allora senti cosa fò, nella quale, traendo spunto dai fatti di Bologna dell'11 marzo 1977 e dall'assassinio di Francesco Lorusso, racconta della morte della ragazza nella seconda strofa (« e poi primavera / e qualcosa cambiò, / qualcuno moriva / e su un ponte lasciò / lasciò i suoi vent'anni / e qualcosa di più...»).
Il cantautore bolognese Claudio Lolli ha dedicato a Giorgiana Masi la canzone Da zero e dintorni, contenuta nell'album Disoccupate le strade dai sogni, del 1977.
La Banda Bassotti, gruppo musicale romano, cita Giorgiana Masi insieme a Fabrizio Ceruso e Walter Rossi nell'intro del pezzo All are equal for the law, apparso nella compilation Balla e difendi e successivamente nel loro mini album Bella Ciao del 1994.
Il rapper Inoki cita la ragazza nel ritornello del singolo Il mio paese se ne frega, tratto dall'album Nobiltà di strada del 2007.
fonte: Wikipedia
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