martedì 9 settembre 2014
anniversari pericolosi
di Massimo Viglione
Tutti hanno ricordato, giustamente, che il 2014 è il centenario dell’inizio della Grande Guerra. Pochi però hanno ricordato che è al contempo il bicentenario del Congresso di Vienna. E, volendo, anche il tricentenario dei Trattati di Utrecht e Rastaadt.
Nel primo caso, è un anniversario che ricorda la più grande tragedia della storia europea (a parte la peste nera), che ha modificato per sempre la storia e la civiltà degli europei (oltre a provocare 10 milioni di morti e 50 milioni di mutilati e feriti) e non in meglio. Quindi, si tratta di un tragico – immensamente tragico – anniversario.
Nel secondo caso, si ricorda invece l’evento che pose fine – almeno per qualche decennio – a tutti gli sconvolgimenti apportati dalla Rivoluzione Francese e da Napoleone (due milioni di morti, una cifra non solo enorme ma mai raggiunta prima fino a quei giorni!) creando un ordine internazionale – fondato su principio di legittimità dinastica oltre che su quello westfaliano dell’equilibrio delle potenze – che garantì la pace internazione per almeno trent’anni e l’ordine generale per un secolo. Un anniversario positivo nel suo complesso, quindi.
E anche nel primo caso si tratta di un evento positivo, perché diede un nuovo ordine geopolitico all’Europa, che, sebbene non perfetto in sé, comunque rimase in piedi per quasi ottant’anni, fino allo sconvolgimento rivoluzionario.
Di questi tre eventi, quindi, due, i più antichi, sebbene con dei limiti e difetti, hanno carattere di positività, uno, il più recente, ha carattere di tragicità.
Questa tragicità sarà poi esponenzialmente aggravata dalla cosiddetta “pace” di Versailles e Parigi del 1919: il cosiddetta è d’obbligo, visto che può essere senza ombra di dubbio definita la più fallimentare esperienza diplomatica della storia umana, dove tutto fu errato fin dall’inizio, errato al punto tale da far facilmente intuire che, almeno per qualcuno dei vincitori, la volontà reale era proprio quella di creare le condizioni non di una pace duratura bensì di una nuova ulteriore guerra a breve distanza (ciò che poi puntualmente accadde), finalizzata a concludere l’opera di sconvolgimento geopolitico volutamente e appositamente iniziata cinque anni prima.
Stiamo parlando di questioni ben note agli esperti di storia: la distruzione militare ed economica della Germania (ma non politica) oltre alla imposta all’umiliazione del doversi prendere la colpa della guerra (un’assurdità mai accaduta prima né dopo) hanno spianato la strada all’hitlerismo; il crogiuolo dei Balcani sarebbe stato risolto meglio da un gruppo di adolescenti esperti di risiko; il disastro dell’Italia fu specchio di un’idiozia diplomatica senza pari; ma, soprattutto, la cieca volontà di far sparire di colpo l’Impero Austroungarico dalla faccia della storia dimostra palesemente le reali intenzioni di chi aveva voluto scatenare una guerra mondiale senza che ve ne fosse alcuna ragione reale e in realtà risolvibile diplomaticamente.
E, tutto questo, senza dire del crollo dello zarismo e dell’avvento del comunismo nel mondo…
Insomma, tanta saggezza diplomatica nel 1714, ancor più saggezza nel 1814, quando vi era una sola nazione sconfitta e tutto il resto d’Europa vincitore! Dinanzi alle richieste di alcuni Stati di smembrare la Francia, Metternich, uno dei più lucidi geni politici di tutti i tempi, si oppose, capendo perfettamente che ciò avrebbe favorito il ritorno del bonapartismo in Francia e quindi della Rivoluzione e della guerra; e così decise non solo di non smembrarla, ma addirittura di farla partecipare – allo stesso livello dei vincitori – al congresso, proprio al fine di rafforzare il ritorno al trono dei Borbone e quindi la normalizzazione interna del Paese e di conseguenza quella continentale.
Metternich, grazie anche al genio politico di Talleyrand, fece insomma esattamente il contrario di quello che avrebbero fatto nel 1919 i vincitori seduti a Versailles e Parigi. Oggi, vi possono essere dubbi su chi sia stato più lungimirante? Si può ancora sostenere quella ridicola sciocchezza secondo cui la storia marcia sempre verso il progresso?
E, a proposito di questa ultima costatazione, veniamo infine al 2014. Stiamo vivendo in diretta eventi di cui non possiamo ancora conoscere la portata storica e l’esito fattuale. Ma possiamo avanzare alcune costatazioni.
Anzitutto siamo nuovamente sull’orlo di una guerra di portata mondiale. Chi scrive non vive nel mondo della ragion pratica dell’uomo di Königsberg (che di pratico non aveva nulla) e quindi non crede alla “pace perpetua” frutto più del lavoro di immaginazione che di critica razionale e pertanto pensa che questa guerra prima o poi arriverà; ritiene comunque che non sia ancora alle porte (ma può facilmente sbagliarsi, ovviamente). Nonostante ciò, però, non è possibile negare che vi siano e si stiano costruendo tutti i presupposti perché avvenga.
Occorre chiedersi però chi stia costruendo questi presupposti. Insomma, chi sia il cattivo, chi debba fare la parte di Napoleone o di Guglielmo II (o magari Hitler… o magari di Saddam Hussein con la sua celeberrima e fantomatica “pistola fumante”). La risposta sembra facile, ovviamente, il “colpevole” ha perfino le phisique du rôle del cattivo (hanno anche trovato un cane che gli somiglia), mentre il capo dei buoni ride, scherza, balla, gioca a baseball e ha il phisique du rôle del soldato americano del 1945 che viene a liberare gli europei donando felicità sigarette e caramelle. E gli hanno dato pure il Nobel della Pace…
Eppure, questa volta occorre ammettere che qualcosa non convince. Sorvoliamo la questione dell’aereo abbattuto, sul quale è caduto il silenzio tombale (se veramente vi fossero state le prove che il colpevole era il cattivo di Mosca possiamo essere certi del bombardamento mediatico ai suoi danni, cosa che non c’è stata), sorvoliamo sui morti in Ucraina, il cui numero viene ogni giorno ricordato senza specificare però se questi morti siano stati uccisi dai soldati dalla parte del buono e da quelli dalla parte del cattivo… Sorvoliamo sul fatto che alla fine, quand’anche il cattivo effettivamente usasse la forza per sostenere apertamente i separatisti filorussi, non farebbe altro che agire come i buoni hanno agito tante volte in questi decenni in zone del tutto avulse dai loro confini naturali. E veniamo invece al fatto più eclatante, la notizia di ieri: la Nato quintuplicherà le forze di attacco intorno alla Russia.
Diciamocelo chiaramente: tutto questo puzza terribilmente di 1919, non certo di 1714 o 1814. E quanto detto è affermato da un fatto evidente di cui nessuno vuole parlare, nei media occidentali. Vale a dire che questa volta, per la prima volta dal secondo dopoguerra, molti cittadini europei (e non parliamo di complottisti o black blok da scrivania), non sono affatto convinti fino in fondo di chi sia il buono e chi il cattivo. Al di là della dichiarazione di Al Bano (magari fatta per farsi pubblicità prima di una trasmissione televisiva e comunque significativa per un personaggio pubblico che è solo un cantante), c’è qualcosa che non convince, lo si sente nell’aria: non c’è trionfalismo, non c’è neanche quella netta divisione ideologica fra filo occidentali e pacifisti di varia natura che avvenne ai tempi di Bush. Questa volta domina, fra gli europei, la perplessità.
Forse Putin è un po’ cattivo e pericoloso, pensa la “gente”, ma davvero ha tutte le colpe? E, soprattutto, davvero stavolta i buoni… “siamo noi”? Davvero siamo giustificati a quintuplicare le forze d’attacco al confine della Russia, tradendo per altro tutti gli accordi internazionali degli anni Novanta? Davvero i media ci stanno dicendo la verità? Queste sono domande che non è possibile far finta di non sentire.
A chi si stanno ispirando oggi il Nobel della Pace e i suoi satelliti europei, a Metternich o agli uomini del 1919? Davvero la storia va sempre avanti verso il progresso? E se invece stesse andando al contrario? Queste sono domande che non è possibile non porsi. In attesa della risposta della storia.
di Massimo Viglione
fonte: www.nocensura.com
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