sabato 28 giugno 2014
teologia della liberazione
Wikipedia riporta:
La teologia della liberazione (spesso abbreviata con TdL) è una riflessione teologica iniziata in America latina con la riunione del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) di Medellín (Colombia) del 1968, dopo il Concilio vaticano II (a margine del quale fu concordato da alcune decine di padri conciliari - molti dei quali brasiliani e latino-americani - il cosiddetto Patto delle catacombe), che tende a porre in evidenza i valori di emancipazione sociale e politica presenti nel messaggio cristiano.
Tra i protagonisti che iniziarono questa corrente di pensiero vi furono i sacerdoti Gustavo Gutiérrez (peruviano), Hélder Câmara, Leonardo Boff (brasiliani) e Camilo Torres Restrepo (colombiano). Il termine venne coniato dallo stesso Gutiérrez nel 1973 con la pubblicazione del libro Teologia della Liberazione (titolo originale spagnolo: Historia, Política y Salvación de una Teología de Liberación).
I contenuti della teologia della liberazione sono stati trovati in contrasto con il Magistero della Chiesa cattolica, portando all'adozione di misure disciplinari contro alcuni dei suoi esponenti.
Origini e princìpi ispiratori
Il contesto storico in cui nacque e si affermò la teologia della liberazione è quello del diffondersi delle dittature militari e dei regimi repressivi, che determinarono lo sviluppo dell'impegno di alcuni teologi nell'elaborare proposte sempre più radicali per far fronte all'aggravarsi della crisi politica e sociale latinoamericana. Durante la CELAM del 1968 alcuni vescovi sudamericani presero posizione in favore delle popolazioni più diseredate e delle loro lotte, pronunciandosi per una chiesa popolare e socialmente attiva.
Iniziarono ad avere notevole diffusione in tutti i paesi le comunità ecclesiali di base (CEB), nuclei ecumenici impegnati a vivere e diffondere una fede attivamente partecipativa dei problemi della società: in Brasile ne nacquero circa 100.000, grazie anche al cardinale di San Paolo Paulo Evaristo Arns e al vescovo Camara; in Nicaragua numerosi cattolici, sacerdoti e laici, presero parte alla lotta armata contro la dittatura di Somoza e in seguito diversi sacerdoti, come Ernesto Cardenal e Miguel d'Escoto Brockmann entrarono a far parte del governo sandinista.
Durante la terza riunione della CELAM del 1979 a Puebla (Messico), furono riaffermati e sviluppati i princìpi di Medellín, ma si evidenziò l'emergere di una forte opposizione da parte di teologi cattolici[senza fonte] alle tesi della teologia della liberazione, che andò rafforzandosi negli anni ottanta con il papato di Giovanni Paolo II in cui gli ideologi ed i protagonisti della teologia della liberazione furono progressivamente invitati a prendere in considerazione il Magistero della Chiesa cattolica, come avvenne per Leonardo Boff che dopo numerosi tentativi di dialogo teologico subì diversi processi ecclesiastici[senza fonte] per poi abbandonare, nel 1992, l'ordine francescano.
Gli antecedenti
Gli antecedenti di tale teologia sono molteplici. Si rintracciano in Brasile, dove dal 1957 iniziò nella Chiesa cattolica un movimento di Comunità Ecclesiali di Base (CEB), preso in considerazione poi nel 1964 con il "Primer Plan Pastoral Nacional 1965-1970". Sempre in Brasile, Paulo Freire, un insegnante di Recife, nel Nordeste, sviluppò un nuovo metodo di alfabetizzazione mediante il processo di coscientizzazione del problema. I movimenti studenteschi e dei lavoratori dell'Azione cattolica vi aderirono, insieme con importanti intellettuali cattolici. Alcuni cristiani cominciarono a utilizzare concetti marxisti nelle loro analisi sociali. Alcuni teologi, come Richard Shaull, missionario presbiteriano, pose la questione se la rivoluzione potesse avere un significato teologico cominciando, insieme con altri giovani protestanti, a discutere questi temi con sacerdoti domenicani e intellettuali cattolici.
Una ispirazione per il movimento latinoamericano proveniva dalla situazione europea. In Francia, nel 1950, la pubblicazione del libro dell'abate Godin: Francia: terra di missione? (France, pays de mission?), sconvolge i pastori che si accorgono all'improvviso di guidare una Nazione ormai lontana dalla fede. Il cardinale di Parigi Emmanuel Suhard fonda la Missione di Francia, permettendo ad alcuni preti di lavorare nelle fabbriche per avvicinarsi al mondo operaio. Erano gli anni in cui la laica Madeleine Delbrêl viveva una straordinaria esperienza fra gli operai di Ivry, raccontata nel suo libro Città marxista terra di missione. Provocazione a un'esistenza per Dio (originale francese del 1957: "Ville marxiste terre de mission. Provocation du marxisme à une existence pour Dieu") e nei testi riportati nell'antologia postuma Noi delle strade (originale francese: "Nous autres, gens des rues - textes missionnaires"). Nasce quindi il movimento dei preti operai, che si estende nei principali paesi dell'Europa occidentale. Tra i più noti, il domenicano Jacques Loew, che lavorò come scaricatore di porto a Marsiglia, e il sacerdote Michel Favreau, che è morto in un incidente sul lavoro. In Italia, il primo e più noto dei preti "con la tuta blu" è Sirio Politi, che pubblica il suo diario di vita in fabbrica, dal titolo "Uno di loro".
L'esperienza dei preti operai fu presto accusata di essere pericolosa per l'integrità della fede e della testimonianza cristiana, i preti furono considerati troppo vicini al comunismo e denunciati in Vaticano per attività sovversiva. Nel 1954 Pio XII ordinò a tutti i preti operai di tornare alla loro precedente opera pastorale o di entrare in comunità religiose che fossero presenti a fianco dei lavoratori, ma all'esterno delle fabbriche. Molti furono coloro che abbandonarono il ministero, in rottura con la decisioni del Vaticano; soltanto dopo il Concilio Vaticano II, nel 1965, i preti operai furono riabilitati, e sono presenti, seppure in maniera ridotta, fino ad oggi.
Un'altra ispirazione alla teologia della liberazione latinoamericana fu la lotta per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti, condotta dal pastore battista Martin Luther King; più tardi, tale esperienza sarà all'origine della teologia della liberazione nera (Black Theology), sviluppata, tra gli altri, da James Cone.
Anche in Sudafrica si sviluppò una vigorosa teologia della liberazione nera nella lotta contro l'apartheid, in cui protagonista sarà, negli anni più recenti, il vescovo anglicano Desmond Tutu. Nel resto del continente tale teologia ha messo in discussione la conquista coloniale e lo schiavismo dei popoli locali, "pagani", operato dai popoli europei, "cristiani", denunciando la conseguente miseria di cui soffre tuttora la grande maggioranza dei paesi africani.
Sempre in ambito protestante va ricordato il contributo dello svizzero Leonhard Ragaz: la sua teologia, basata sul concetto del regno di Dio e sempre associata all'impegno politico, anticipava i principi della teologia della liberazione.
In Asia, la teologia minjung (in coreano, popolare) e la teologia contadina, esposta dal filippino Charles Avila, sono state messe in relazione con la teologia della liberazione latinoamericana.
Le tappe principali dello sviluppo della teologia della liberazione
Nel 1963 un sacerdote di nome Paul Gauthier pubblica il libro "I poveri, Gesù e la Chiesa" (originale francese: Les Pauvres, Jésus et l'Église), nel quale si riporta traccia di un dibattito sul cosiddetto "Schema XIII" nato in seno al Concilio Vaticano II, in cui il tema classico della liberazione dell'uomo - indicato nella dottrina cattolica col termine di escatologia ovvero della promozione della condizione umana alla vita di grazia operata dall'incarnazione del Verbo - viene collegato alla solidarietà con le situazioni di oppressione, in particolare degli oppressi in senso economico; importante fu il contributo delle chiese del cosiddetto "Terzo Mondo", allora in pieno fermento sociale e politico.
In America Latina il testo ha un grande impatto, e lo stesso Gustavo Gutièrrez ne trova ispirazione per il suo "Teologia della Liberazione": qui, a differenza del messaggio cristiano, la solidarietà con le persone oppresse cessa di essere un frutto della carità in Cristo, viene assunta a fine principale ed esclusivo dell'uomo, l'impegno politico assunto a dovere morale e diretto del teologo; le realtà spirituali vengono negate, inclusa la necessità dell'incontro con Cristo nella vita di ogni cristiano; la religione è ridotta a mero strumento morale e considerata in definitiva un fardello. Viene negata la possibilità di salvezza e santificazione personale fino a che non sia possibile sovvertire ogni situazione di ingiustizia economica.
Nell'agosto del 1975, si tiene il congresso teologico del Messico, cui partecipano più di settecento specialisti, attorno al tema "Liberazione e cattività". Nel 1976, il francescano brasiliano Leonardo Boff pubblica, dopo quell'incontro, il libro "Teologia della cattività e della liberazione" (originale portoghese: Teologia do Cativeiro e da Libertação).
Insieme alla discussione dei teologi, è l'intero episcopato ad assumersi il compito di essere al fianco delle lotte di liberazione del popolo. Dopo la conferenza di Medellín (1968), nel 1979, durante la III conferenza generale della CELAM, a Puebla, i vescovi definiscono il concetto di opzione preferenziale dei poveri.
La Santa Sede e la teologia della liberazione
La reazione da parte della Santa Sede fu subito drastica: già in uno dei suoi primi viaggi apostolici in Messico, nel gennaio del 1979, papa Giovanni Paolo II dichiarò che la «concezione di Cristo come politico, rivoluzionario, come il sovversivo di Nazaret, non si compagina con la catechesi della Chiesa.».
Nel 1981 lo stesso papa Giovanni Paolo II sollecitò dalla Congregazione per la dottrina della fede, presieduta dal neo prefetto cardinale Joseph Ratzinger, due studi sulla teologia della liberazione: Libertatis Nuntius (1984) e Libertatis Conscientia (1986). In entrambi, si considerava, in sostanza, che nonostante la vicinanza della Chiesa cattolica ai poveri, la tendenza della teologia della liberazione ad accettare postulati marxisti e di altre ideologie politiche non era compatibile con la dottrina sociale della Chiesa cattolica, specialmente nell'assunto in cui quella teologia sosteneva che la redenzione proclamata dal figlio di Dio, Gesù Cristo, si esaurisse nella promozione di una rivolta politica, nonché violenta, da parte dei poveri. A distanza di anni, nel 2014, l'ormai emerito papa Benedetto XVI ricorderà quel lavoro in modo vivace e preciso, notando che la teologia della liberazione usava i poveri anziché aiutarli, e per questo era dovere della Chiesa contrastare questa dottrina:
« La prima grande sfida che affrontammo fu la Teologia della liberazione che si stava diffondendo in America Latina. Sia in Europa che in America del Nord era opinione comune che si trattasse di un sostegno ai poveri e dunque di una causa che si doveva approvare senz'altro. Ma era un errore.
La povertà e i poveri erano senza dubbio posti a tema nella Teologia della liberazione e tuttavia in una prospettiva molto specifica. Le forme di aiuto immediato ai poveri e le riforme che ne miglioravano la condizione venivano condannate come riformismo che ha l'effetto di consolidare il sistema: attutivano, si affermava, la rabbia e l'indignazione che invece erano necessarie per la trasformazione rivoluzionaria del sistema. Non era la questione di aiuti e di riforme, si diceva, ma del grande rivolgimento dal quale doveva scaturire un mondo nuovo. La fede cristiana veniva usata come motore per questo movimento rivoluzionario, trasformandola così in una forza di tipo politico. Le tradizioni religiose della fede venivano messe a servizio dell'azione politica. In tal modo la fede veniva profondamente estraniata e indeboliva così anche il vero amore per i poveri. (...) A una simile falsificazione della fede bisognava opporsi anche e proprio per amore dei poveri e a pro del servizio che va reso loro. Sulla base delle esperienze fatte nella sua patria polacca, papa Giovanni Paolo II ci fornì le delucidazioni essenziali. Da un lato egli aveva vissuto la schiavizzazione operata da quella ideologia marxista che faceva da madrina alla Teologia della liberazione. Sulla base della sua dolorosa esperienza, gli risultava chiaro che bisognava contrastare quel tipo di "liberazione". D'altro canto, proprio la situazione della sua patria gli aveva mostrato che la Chiesa deve veramente agire per la libertà e la liberazione non in modo politico, ma risvegliando negli uomini, attraverso la fede, le forze dell'autentica liberazione. Il Papa ci guidò a trattare entrambi gli aspetti: da un lato a smascherare una falsa idea di liberazione, dall'altro a esporre l'autentica vocazione della Chiesa alla liberazione dell'uomo. »
I sostenitori della TdL portano a sostegno dell'autenticità cristiana del loro messaggio un documento del 1993, L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, pubblicato dalla Pontificia Commissione Biblica; qui tuttavia il modo di interpretare le sacre Scritture della TdL viene analizzato criticandone l'unilateralità e lo svuotamento del messaggio autenticamente cristiano. Leggiamo il brano in questione:
« È difficile discernere se esista “una” teologia della liberazione e definirne il metodo. Altrettanto difficile è determinare in maniera adeguata il suo modo di leggere la Bibbia per indicarne poi gli apporti e i limiti. Si può dire che essa non adotta un metodo speciale, ma, partendo da punti di vista socio-culturali e politici propri, pratica una lettura biblica orientata in funzione dei bisogni del popolo, che cerca nella Bibbia il nutrimento per la propria fede e la propria vita.
Ma una lettura così impegnata della Bibbia comporta certi rischi. Essendo legata (la TdL, ndr) a un movimento in piena evoluzione, le osservazioni che seguono non possono che essere provvisorie. Questo tipo di lettura si concentra su testi narrativi e profetici che illuminano situazioni di oppressione e ispirano una prassi che tende a un cambiamento sociale; è possibile che sia, qua o là, parziale, non prestando altrettanta attenzione ad altri testi della Bibbia. È esatto che l’esegesi non può essere neutra, ma deve anche guardarsi dall’essere unilaterale. D’altra parte, l’impegno sociale e politico non è compito diretto dell’esegeta. Alcuni teologi ed esegeti, volendo inserire il messaggio biblico nel contesto socio-politico, sono stati portati a ricorrere a vari strumenti di analisi della realtà sociale. In questa prospettiva alcune correnti della teologia della liberazione hanno fatto un’analisi ispirata a dottrine materialiste e hanno letto la Bibbia anche in questa cornice, il che non ha mancato di suscitare problemi, specialmente per ciò che concerne il principio marxista della lotta di classe.
Sotto la spinta di enormi problemi sociali, l’accento è stato messo di più su un’escatologia terrena, talvolta a detrimento della dimensione escatologica trascendente della Scrittura. I cambiamenti sociali e politici conducono questo approccio a porsi nuovi interrogativi e a cercare nuovi orientamenti. Per il suo sviluppo ulteriore e la sua fecondità nella Chiesa, un fattore decisivo sarà la precisazione dei suoi presupposti ermeneutici, dei suoi metodi e della sua coerenza con la fede e la Tradizione di tutta la Chiesa. ..... . »
Tali giudizi fortemente critici e la forte preoccupazione di diversi teologi per il servizio dovuto ai poveri, spinsero verso la negazione di un appoggio della Santa Sede richiesto da monsignor Oscar Romero.
Il papa "latino-americano" Francesco non ha mai aderito alla teologia della liberazione quando era vescovo e cardinale, attivandosi invece moltissimo nelle diocesi a lui affidate con una attenzione ai poveri in senso cristiano. Nel suo recente pontificato, iniziato nel 2013 può essere significativo il messaggio del papa ai vescovi di alcune diocesi africane, in cui dei missionari che nell'Ottocento arrivarono in Africa viene ricordato che costruirono, nell'ordine "chiese, scuole e ospedali", e dove si afferma che "l'assenza di Cristo è la povertà più grande". Eccone un brano significativo:
« Apprezzo il fatto che voi, vescovi (...), siate uniti alla vostra gente nei luoghi in cui vive, lavora e studia, solidali con il gran numero di disoccupati nei vostri Paesi. La maggior parte delle persone riesce a identificarsi immediatamente con Gesù, che era povero ed emarginato, che non aveva un posto dove poggiare il capo. Nel rispondere a queste esigenze pastorali, vi chiedo di offrire, oltre al vostro sostegno materiale, un maggior aiuto spirituale e una solida guida morale, ricordando che l’assenza di Cristo è la povertà più grande di tutte. Anche qui dobbiamo trovare modi nuovi e creativi per aiutare le persone a incontrare Cristo attraverso una comprensione più profonda della fede. »
La teologia della liberazione oggi
La teologia della liberazione ha subito ripreso, pur fuori dalla Chiesa, la centralità della beatitudine dei poveri, proclamata nel Vangelo e nella tradizione ecclesiale, coniugandola con il processo di liberazione dalla povertà tramite la trasformazione sociale e politica. In seguito, nella teologia della liberazione sono stati gli stessi poveri a divenire protagonisti del proprio affrancamento dall'oppressione, sia nella pratica (la "teologia prima"), sia nella riflessione teorica (definita "teologia seconda", cioè conseguente alla prassi). Alla riflessione, si aggiunge la denuncia dell'economia di mercato e l'alienazione che il capitalismo causa a milioni di persone nel mondo.
Oggi, grazie soprattutto al contributo di Leonardo Boff e dei suoi numerosi libri come: "Ecologia, mondialità, mistica", o l'ultimo: "Spiritualità per un altro mondo possibile" la teologia della liberazione ha sviluppato un filone nuovo, scoprendo lo stretto legame cosmico e mistico di necessaria interdipendenza tra solidarietà che gli esseri umani sono chiamati ad avere tra loro e quella che devono avere con la natura, nell'aut aut tra homo sapiens e homo demens. Ossia come riscoperta dell'ambiente e di una rinnovata cura ecologica, e ha sposato le tesi e l'azione del movimento altermondialista (detto anche "no-global"), in cui alla contestazione del neoliberismo si aggiunge la promozione della pace fondata sulla giustizia e la richiesta di una partecipazione democratica efficace da parte dei movimenti di base.
In ambito extraecclesiale - a seguito degli scontri più forti tra i teologi cattolici e il movimento della teologia della liberazione - si è giunti a sposare le tesi della teologia radicale e politica, europea e statunitense, unendosi quindi nella richiesta di una reale partecipazione dei laici e delle donne alla vita e alla guida della Chiesa, al decentramento del potere ecclesiale e all'inculturazione del Vangelo nelle Chiese e nelle tradizioni locali, al macroecumenismo (condivisione di riflessione e impegno allargata, cioè, alle grandi religioni mondiali), al pluralismo nelle questioni riguardanti la salvezza, in cui il ruolo di Gesù Cristo, pur non marginalizzato, non risulti più esclusivo delle altre esperienze religiose umane.
Il 13 ottobre 2006 Benedetto XVI ha promulgato una Notificazione (pubblicata il 14 marzo 2007), che condanna come "erronee e pericolose" alcune tesi espresse dal teologo della liberazione Jon Sobrino, gesuita basco emigrato ad El Salvador, nei suoi due libri Jesucristo liberador. Lectura histórico-teológica de Jesús de Nazaret, del 1991, e La fe en Jesucristo. Ensayo desde las víctimas, del 1999, che hanno avuto grande diffusione in America Latina e non solo. Una delle accuse principali è di aver eletto i poveri a "luogo teologico fondamentale" – cioè a principale fonte di conoscenza –, al posto della "fede apostolica trasmessa attraverso la Chiesa a tutte le generazioni".
L'11 marzo 2013, Clodoveo Boff, tra i fondatori della teologia della liberazione insieme al fratello Leonardo Boff, in un'intervista al giornale brasiliano Folha de S. Paulo, dal titolo Irmão de Leonardo Boff defende Bento 16 e critica Teologia da Libertação, in riferimento all'allora cardinale Joseph Ratzinger, ha affermato:
« Egli ha difeso il progetto essenziale della teologia della liberazione: l’impegno per i poveri a causa della fede. Allo stesso tempo, ha criticato l’influenza marxista. La Chiesa non può avviare negoziati per quanto riguarda l’essenza della fede: non è come la società civile dove la gente può dire quello che vuole. Siamo legati ad una fede e se qualcuno professa una fede diversa si autoesclude dalla Chiesa. Fin dall’inizio ha avuto chiara l’importanza di mettere Cristo come il fondamento di tutta la teologia”. "Nel discorso egemonico della teologia della liberazione ho avvertito che la fede in Cristo appariva solo in background. Il ‘cristianesimo anonimo’ di Karl Rahner era una grande scusa per trascurare Cristo, la preghiera, i sacramenti e la missione, concentrandosi sulla trasformazione delle strutture sociali. »
Elementi centrali della teologia della liberazione
Fra le tesi di questa teologia vi sono:
La liberazione è conseguenza della presa di coscienza della realtà socioeconomica latinoamericana.
La situazione attuale della maggioranza dei latinoamericani contraddice il disegno divino e la povertà è un peccato sociale.
La salvezza cristiana include una "liberazione integrale" dell'uomo e raggruppa per questo anche la liberazione economica, politica, sociale e ideologica, come visibili segni della dignità umana.
Non vi sono solo peccatori, ma anche persecutori che opprimono e vittime del peccato che richiedono giustizia.
Fra gli impegni teorici e operativi che conseguono dalle tesi vi sono:
Costante riflessione dell'uomo su se stesso per renderlo creativo a suo vantaggio e a quello della società in cui vive.
Prendere coscienza della forte disuguaglianza sociale tra società opulente e popoli votati alla miseria, ponendosi al fianco dei poveri, che sono le membra sofferenti del corpo crocifisso di Cristo, senza avallare perciò tesi che si avvicinino ad un cristianesimo classista o rivoluzionario. La rivoluzione del vangelo è l'amore, non la lotta. La giustizia sociale è sorella della carità.
Rivendicare la democrazia approfondendo la presa di coscienza delle popolazioni riguardo ai loro veri nemici, per trasformare l'attuale sistema sociale ed economico.
Eliminare la povertà, la mancanza di opportunità e le ingiustizie sociali, garantendo l'accesso all'istruzione, alla sanità, ecc.
Creare un uomo nuovo, come condizione indispensabile per assicurare il successo delle trasformazioni sociali. L'uomo solidale e creativo deve essere il motore dell'attività umana in contrapposizione alla mentalità capitalista della speculazione e della logica del profitto. I sacramenti non sono necessari per questa rigenerazione che sarebbe operabile con le sole forze umane. La redenzione operata da Cristo non sarebbe dunque definitiva; la creazione dell'uomo nuovo viene realizzata da uomini in qualche modo migliori di Cristo.
Libera accettazione della dottrina evangelica, ossia procurare innanzi tutto condizioni di vita dignitose e poi, se la persona lo vuole, perseguire l'attività pastorale, diversamente da prima, in cui finché le missioni cristiane sfamavano le persone, allora queste si dichiaravano cristiane.
Principali reazioni nate dal popolo cattolico
In Italia e in America Latina sono diversi i movimenti ecclesiali che, cogliendo l'essenza anti-cristiana contenuta nel pensiero legato alla TdL, hanno riportato il tema della "liberazione" nel suo significato autenticamente cristiano, ovvero legato all'incontro personale con Cristo figlio di Dio e culmine della Creazione.
Tra questi possiamo annoverare senz'altro il sacerdote don Luigi Giussani e il movimento pastorale da lui generato che va sotto il nome di Fraternità di Comunione e Liberazione: il fatto che si faccia riferimento alla Liberazione nel nome stesso del movimento indica che il lavoro teologico e pastorale su cui si è originato mirò proprio a scardinare i principi su cui si fondava la TdL, esaltando invece l'autenticità del messaggio cattolico. Il movimento di Comunione e Liberazione oltre che in Italia ha promosso missioni sia nei paesi dell'America Latina che dell'Africa. Un riferimento recente di esponenti di Comunione e Liberazione sulla TdL si possono trovare in una intervista apparsa nella rivista Tracce a Stefano Filippi arcivescovo di Trapani[9] in cui si spiega quale fu l'errore della TdL, quale sia il senso cristiano dell'opzione per i poveri di papa Francesco e il ruolo giocato dal Pontefice durante la conferenza di Aparecida.
Principali rappresentanti della teologia della liberazione
Teologi
Marcella Althaus-Reid, argentina
Jean-Bertrand Aristide, haitiano
Hugo Assmann, brasiliano
Rafael Avila, colombiano
Marcelo Barros, brasiliano
Frei Betto (Carlos Alberto Libanio Christo), brasiliano
Alan Boesak, sudafricano
Clodovis Boff, brasiliano
Leonardo Boff, brasiliano
Jose Míguez Bonino, argentino
Ernesto Cardenal, nicaraguense
Giulio Girardi, italiano
José Severino Croatto, argentino
Ignacio Ellacuría, spagnolo (ucciso nel 1989 in El Salvador)
Gustavo Gutiérrez Merino, peruviano
Paul Gauthier, francese (morto nel 2002)
Erwin Kräutler, brasiliano
Alberto Methol Ferre, uruguaiano
José Porfirio Miranda, messicano
Jorge V. Pixley, nicaraguense
Pablo Richard, cileno
Juan Luis Segundo, uruguaiano
Richard Shaull, statunitense
Jon Sobrino, salvadoregno
Juan Jose Tamayo, spagnolo
Elsa Tamez, messicana
Camilo Torres Restrepo, colombiano (ucciso nel 1966)
Gerardo Valencia Cano, colombiano
Vescovi
Paulo Evaristo Arns O.F.M., cardinale, arcivescovo emerito di São Paulo, brasiliano
Tomàs Balduino O.P., vescovo emerito di Goiàs, brasiliano
Carlos Filipe Ximenes Belo S.D.B., Premio Nobel per la Pace 1996, vescovo emerito di Timor Est
Pedro Casaldáliga C.M.F., vescovo-prelato emerito di São Felix do Araguaia, spagnolo
Hélder Pessoa Câmara[senza fonte], arcivescovo di Recife, brasiliano (morto nel 1999)
Antônio Batista Fragoso, vescovo emerito di Crateùs, Cearà (morto nel 2006), brasiliano
Samuel Ruiz Garcia, vescovo emerito di San Cristóbal de las Casas messicano (morto nel 2011)
Fernando Lugo, vescovo emerito di San Pedro Apóstol, poi Presidente del Paraguay e sospeso a divinis.
Leonidas Proaño, vescovo di Riobamba, morto nel 1988, ecuadoriano
Preti
Héctor Gallego, sacerdote di Santa Fe de Veraguas di Panama, colombiano (ucciso a Panama nel 1971).
Marco Bisceglia, sacerdote italiano, attivista per i diritti degli omosessuali, tra i fondatori di Arcigay.
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