mercoledì 30 maggio 2018

quel che resta del femminile spirituale



In un’epoca di lassismo e di buonismo quale quella che viviamo, del femminile spirituale non resta più traccia. Schiacciato da una generazione di donne la cui unica preoccupazione è quella di difendersi dal maschio occidentale, a detta loro prepotente, retrogrado e oscurantista, il femminile spirituale (o femminino sacro)  pare aver abbandonato la Terra per ritirarsi nelle alte sfere del regno sephirotico. E lo stillicidio quotidiano di notizie che raccontano le “gesta” eroiche delle femministe lancia in resta non fa altro che confermare, giorno dopo giorno, questa triste realtà.
Qualche giorno fa un gruppo di donne italiane, attrici, registe e produttrici cinematografiche, ha dato vita a un collettivo, Dissenso comune, attraverso il quale le suddette intendono smascherare e combattere il sistema delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro. Compito di questo collettivo non è quello di puntare il dito contro un singolo molestatore ma di contestare l’intero sistema. Parole dure, propositi nobili, se non fosse che queste donne dello spettacolo si scordano di far parte esse stesse del sistema che vorrebbero rovesciare. E’ infatti inverosimile che molte di loro siano diventate attrici e registe solo deo gratia o in virtù al loro talento innato. Per poter entrare nel jet set del mondo dello spettacolo occorre ben più che il talento naturale, la grinta o la fortuna. Per poter entrare in quel mondo occorre abbracciare le logiche perverse del sistema, che sono uguali per tutti, uomini, donne, giovani e meno giovani. Che di questo sistema perverso le molestie siano parte integrante è verità indiscutibile. Che molte donne usino il loro corpo e il loro fascino per assicurarsi una carriera facile è cosa altrettanto incontestabile. Se così non fosse non si spiegherebbe come mai diventano attrici famose donne che non hanno un briciolo di talento artistico. Il talento artistico non è il lasciapassare per il successo e la carriera. Ciò che apre le porte del successo sono la vendita del proprio corpo al miglior offerente (chiamato “molestatore”), il nepotismo e l’esercizio perverso del potere. In tutti gli ambiti della vita civile e nei più disperati settori del mondo del lavoro a dominare è questa logica. Il fatto che codesto collettivo di pseudofemministe taccia sulle modalità di cooptazione nel mondo del cinema è una cosa molto grave, in quanto fa passare l’idea che costoro si sono fatte strada solo grazie alle loro doti artistiche, cosa che è ben lontana dalla realtà. Ecco che da contestatrici del sistema queste - mi si perdoni l’espressione un po’ colorita, ma onestamente non so trovarne di più sfumate – quattro baldracche folgorate sulla via del femminismo controiniziatico trasformano la loro battaglia contro i mulini a vento in una farsa melodrammatica nella quale ad essere smascherato è solo il loro insulso funambolismo. Troppo facile pretendere di combattere il sistema restando nel sistema e continuando a usufruire di tutti i privilegi che esso elargisce. Funambolismo che si esplica in tutta la sua assurdità quando accadano fatti raccapriccianti come l’omicidio di Pamela Mastropietro, scannata a colpi di mannaia da un animale che aveva ottenuto lo status di ex rifugiato. Mi chiedo perché le femministe non denunciano mai il consumo di droga e l’abuso di alcool tra i giovanissimi. Forse perché l’uso di tali sostanze fa parte del loro stile di vita? Eppure droga e alcool causano più morti dei molestatori! Dunque perché questo silenzio? E’ normale morire a 18 anni per overdose e poi essere smembrata (e forse violentata) da un animale che usa le tue interiora per un rito vodoo? E’ normale che un’intera generazione venga zombizzata dall’uso di alcool e droga grazie al permissivismo della società? E’ normale che degli animali possano girare indisturbati in un territorio, il nostro, diventato la discarica del Mediterraneo? La vera violenza non è ricevere molestie in un ambiente, quello del mondo dello spettacolo, dove certe logiche di potere sono diventate ormai endemiche e per certi versi ineliminabili. Se io subisco molestie ho davanti due strade: denunciare il molestatore presso un tribunale civile oppure allontanarmi da quell’ambiente. Mi pare che l’una e l’altra strada siano poco praticate da codeste wonder woman. La vera violenza è esporre i giovani, anche talentuosi, alla cultura della perdizione, dello sballo, che attutisce l’inquietudine per un futuro negato da coloro che oggi sbandierano il femminismo come panacea di tutti i mali. Il femminismo è incapace di salvare le donne per il semplice motivo che confonde le cause con gli effetti. La molestia come logica sistemica non è la causa ma l’effetto di una cultura post-sessantottina che ha desacralizzato il corpo della donna. Il motto “del mio corpo faccio quello che voglio”, di indubbia ascendenza crowleyana, si è insinuato potententemente nella mente di milioni di donne da far perdere la bussola interiore a parecchie di loro. Oggi il corpo femminile a cosa è stato ridotto se non a oggetto del piacere visivo (le attrici e le modelle), a forno per la produzione di embrioni in vitrio o da immettere nel mercato della compravendita di bambini a catalogo? E che dire dell’uso del corpo femminile come veicolo del brutto, dell’antiestetico, dell’orripilante attraverso l’uso di tatuaggi invasivi, piercing e ogni altra diavoleria che lo deturpa? Davvero la libertà di una donna è da identificarsi con la libertà di deturpare il proprio corpo o di affittare il proprio utero? Davvero la strada per l’emancipazione passa attraverso lo sdoganamento di sesso, droga e alcool? Chiedetelo ai genitori di Pamela Mastropietro, fate un giro nelle scuole di II grado, parlate con i ragazzi che dalle 8 del mattimo si chiudono nei bar a sbevazzare litri di liquore o con le ragazze che a 14 anni ricorrono all’aborto per capire quali ferite spirituali causa in loro questo dannato sistema. Altro che finte molestie da operetta! La realtà è ben lontana dai sofismi delle varie Jasmine Trinca. Non ascoltate il canto mellifluo delle sirene femministe: esse stanno dalla parte del potere, fanno finta di combatterlo ma in realtà con i loro sofismi irrealistici lo rafforzano. E non potrebbe essere altrimenti, in quanto se il sistema crollasse anche i privilegi di cui godono si scioglierebbero come neve al sole.

fonte: http://federicafrancesconi.blogspot.it/

lunedì 21 maggio 2018

Tomas de Torquemada e la purezza del sangue


Tomas de Torquemada (Valladolid o Avila 1420, Avila 1498) fu un religioso spagnolo, primo Grande Inquisitore dell'Inquisizione spagnola, priore del convento domenicano della Santa Cruz di Segovia e confessore dei Re cattolici (Isabella di Castiglia e Ferdinando II d'Aragona). Personaggio che come pochi hanno segnato un'epoca. Probabilmente nato a Valladolid nel 1420, giovanissimo divenne frate predicatore nel convento domenicano di San Paolo in Valladolid assumendo il nome di Tommaso, in onore del santo domenicano e filosofo Tommaso d'Aquino. Da subito abbracciò la riforma rigida dell'Ordine, sulle orme del padre generale del convento. La sua carriera fu folgorante: priore del convento di Santa Cruz a Segovia, confessore del tesoriere di Ferdinando II d'Aragona e Isabella di Castiglia ed infine consigliere della stessa Isabella. 
Per cercare di comprendere l'uomo, dobbiamo risalire la linea del tempo spostandoci nella Spagna a cavallo tra XIII e XIV secolo. 

La comunità ebraica, perseguita e poi espulsa dalla maggior parte dell'Europa occidentale, potè godere in Spagna di tolleranza e considerazione. Malgrado non potessero ricoprire cariche pubbliche, gli ebrei diedero un notevole contributo culturale e professionale alla società spagnola. Alcuni divennero famosi come medici, esattori e finanzieri. Furono fattori economici, più che religiosi o razziali, a determinare un cambiamento di atteggiamento nei loro confronti. Protetti da un'esistenza separata e dalla loro ricchezza, riuscirono a scampare alle inquietudini provocate dalla Peste Nera di metà trecento. Tuttavia la loro condizione mutò rapidamente nel corso dei decenni successivi poiché l'indignazione del popolo, per la condizione sociale ed economica degli ebrei, fu alimentata da accese prediche contro di essi. Il furore del popolo trovò la sua compiuta espressione nei pogrom antisemiti che si svilupparono nelle principali città della Castiglia e dell'Aragona nel 1391. 


In seguito ai disordini più della metà dell'originaria comunità ebraica, circa 200000 persone, scelse di convertirsi al cristianesimo. I nuovi cristiani divennero noti come conversos. Nella prima metà del XV secolo gli ex ebrei furono assorbiti da una tollerante cultura cristiana che li considerava al loro pari. Grazie alla protezione reale molti conversos raggiunsero posizioni di rilievo nell'ambito della Chiesa, della Corte e dell'amministrazione. A partire dalla seconda metà del XV secolo, quando la sincera conversione fu vagliata con maggiore attenzione, i conversos furono sempre più emarginati dalla società. Era convinzione diffusa che i convertiti fossero cristiani solo in pubblico, mentre nel privato continuavano a seguire l'originaria fede ebraica. 
Nel 1449, in seguito a nuove tensioni verificatesi a Toledo, a tutte le persone di origine ebraica fu impedito di occupare una carica municipale con una legge civile nota come Sentencia Estatuto. Lo statuto di Toledo stabilì un'importante codice discriminatorio, basato più sulla razza che sulla religione e presto fu adottato da altre istituzione secolari ed ecclesiastiche. Questo codice, noto come Limpieza de sangre (purezza di sangue) confermò la credenza che il converso fosse un sospetto cittadino di seconda classe. 


Nel 1477 numerosi ecclesiastici di rango, tra i quali il confessore del re Tomas de Torquemada, cominciarono a fare pressioni perché si istituisse un'inquisizione spagnola. L'occasione si presentò quando i sovrani si recarono a Siviglia, dove viveva una numerosa comunità di conversos, in visita ufficiale. Torquemada, con il sostegno del cardinale Gonzalez arcivescovo della città, convinse Ferdinando ed Isabella del pericolo rappresentato da quella minoranza religiosa. La regina, donna profondamente pia, rimase turbata dalle rivelazioni sull'infedeltà dei conversos e si convinse della necessità di inaugurare un adeguato sistema secolare per l'individuazione e il castigo dell'eresia. Nel novembre del 1478 papa Sisto IV diede formale assenso a Ferdinando ed Isabella per l'istituzione di un'Inquisizione spagnola, il cui compito era quello di occuparsi della minaccia all'identità cattolica dei regni iberici rappresentata dagli ebrei apostati. Due anni dopo, nel settembre del 1480, l'inquisizione spagnola cominciò ad operare a Siviglia sotto la supervisione di due inquisitori domenicani. Il primo auto de fe, tenutosi il 6 febbraio del 1481, vide la condanna al rogo di sei conversos. 
Mentre i conversos sospettati di riabbracciare l'antica fede erano arrestati, processati e torturati per mano dell'Inquisizione, divenne lampante che la tolleranza verso gli ebrei da parte della società spagnola si stava concludendo. In seguito ad un decreto emanato a Toledo nel 1480, essi furono obbligati a vivere segregati e confinati in ghetti urbani, divenendo vittime di discriminazioni sociali ed economiche. Quando Tomas de Torquemada assunse la carica di Inquisitore Generale, nel 1483, un'espulsione parziale di ebrei fu autorizzata dalle diocesi andaluse di Siviglia, Cordova e Cadice. 

Sotto l'occhio vigile di Torquemada, nel mese di novembre del 1490 ad Avila un gruppo di sei ebrei e cinque conversos fu arrestato e processato per il rapimento e l'omicidio rituale di un giovane cristiano della città di La Guardia, vicino a Toledo. La storia di questo ragazzo, passato alla storia come El nino de La Guardia, non è dissimile da quella di un bimbo di Trento, Simonino, ritrovato morto nei pressi di un torrente. Gli ebrei della città italiana furono arrestati e processati per l'omicidio rituale del bambino. Il culto di San Simonino fu soppresso nel 1965. Tale revisione della Chiesa Cattolica comportò, oltre alla soppressione del culto, la rimozione della salma dalla chiesa di San Pietro che la ospitava e l'abolizione della tradizionale processione rituale per le vie di Trento. Nel 1490 ad Avila, secondo l'accusa, i rapitori volevano strappare il cuore della vittima ed usare il suo sangue a scopo magico per distruggere i cristiani. Il processo rappresentò un caso spettacolare che servì a creare nella fantasia popolare un'immagine sinistra e distorta sia degli ebrei che dei conversos. In un crescendo di odio razziale e discriminazione, il 31 marzo del 1492 fu pubblicato un decreto reale che concesse agli ebrei 4 mesi per lasciare la Spagna. L'alternativa era la pena di morte. 


In questo contesto, un uomo spadroneggiava per la penisola iberica: Tomas de Torquemada. 
Nonostante si sia parlato spesso, a proposito e a sproposito dell'inquisizione, è raro trovare testi che si soffermano a descrivere i protagonisti dell'azione inquisitoriale. Persino riguardo a Torquemada i testi sono estremamente sobri. Uno dei pochi che tentò un ritratto dell'uomo-inquisitore fu Baroja, che nella sua opera il Signor Inquisitore così scrisse: dell'inquisitore in maiuscolo abbiamo già parlato abbastanza. Questo inquisitore può essere Torquemada o il cardinale Cisneros. Dalla fine del quattrocento all'inizio dell'ottocento esso fu un personaggio comune nella vita spagnola. Da dove cominceremo a studiarlo? Dalle sue caratteristiche di funzionario o da ciò che ne fa un uomo, cioè dalla sua personalità? 
L'inquisitore spagnolo del XV e XVI secolo era un uomo che sapeva usare le proprie doti di funzionario per farsi strada nel mondo. La sua caratteristica principale era l'ambizione, insieme alla sete di potere. Per il resto si trattò di una persona come tante altre, egoista, casta e tenebrosa. Si trattò di uomo lontano dall'immagine monastica che di lui si è tramandata. L'inquisitore spagnolo che operava in quei due secoli, era un uomo di mondo, dell'alta società, giurista ed intellettualmente elevato. Dell'uomo, e del giurista, Torquemada abbiamo un ritratto fisico concreto. Questa rappresentazione ci mostra un uomo nobile ma segnato dall'ascesi, calvo, con naso e mento lunghi, labbra sottili ed occhi attenti. 


Eppure Torquemada ancora oggi fa paura.
Magari, anche inconsciamente, il timore è accompagnato dal significato del nome ovvero torque e quemada, torci e brucia. Forse le radici di questa paura debbono essere indagate nell'introduzione di Francisco Pena all'edizione del 1578 del Manuale dell'inquisitore di Nicolas Eymerich: bisogna ricordare che lo scopo principale del processo e della condanna a morte non è salvare l'anima al reo, ma procurare il bene pubblico e terrorizzare il popolo. Nessun dubbio che istruire e terrorizzare il popolo con la proclamazione delle sentenze e l'imposizione del sanbenitos sia una buona azione
Tomas de Torquemada ricoprì la carica di Grande Inquisitore di Spagna sino alla sua morte, avvenuta nel 1498. Nei quindici anni sotto la sua direzione, l'inquisizione spagnola crebbe dal singolo tribunale di Siviglia ad una rete di oltre una dozzina di tribunali. Il suo compito era quello di liberare la Spagna da ogni eresia. Un cronista spagnolo, Sebastian de Olmedo, lo definì il martello degli eretici, la luce della Spagna, il salvatore del suo paese e l'onore del suo ordine. Torquemada operò affinché i condannati indossassero un sanbenito, indumento penitenziale indossato sopra ai propri abiti, con un disegno diverso in funzione del tipo di penitenza che era stata imposta al processato. Un tipo indossato dai condannati a morte presentava disegni che rappresentavano le fiamme dell'inferno e, a volte, demoni o draghi. 


Per quanto concerne il numero delle vittime dell'Inquisizione spagnola durante la presenza di Torquemada come Inquisitore Generale esistono varie e svariate stime. È improbabile che ci siano state più di 2000 esecuzioni per eresia durante i quindici anni in cui ricoprì la carica. Una stima apprezzabile potrebbe giungere dalle parole del segretario della regina Isabella, Hernando de Pulgar, che scrisse che 2000 esecuzioni ebbero luogo sotto il suo regno. 
Impressionante il numero di processi che gli studiosi ritengono generalmente siano stati istituiti nei quindici anni della sua gestione del tribunale: 100.000.
Un numero pari a 18 al giorno. 
Ritenendo attendibili questi numeri, il 2% dei processi si concludeva con la morte dell'eretico. 
Durante i suoi ultimi anni, la mancanza di salute e le continue lamentele per il suo operato, spinsero papa Alessandro VI a nominare quattro inquisitori nel giungo del 1494 per controllare l'inquisizione spagnola. 


Tomas de Torquemada morì nel monastero di San Tommaso d'Aquino ad Avila il 16 settembre del 1498. Nello stesso luogo fu sepolto. 
La sua tomba fu saccheggiata nel 1832, solo due anni prima che l'inquisizione venisse finalmente sciolta. Secondo una teoria avanzata dal libro di Cullen Murphy, God's Jury, the inquisition e making of the modern world del 2012, le sue ossa sono state rubate al fine di incenerirle ripercorrendo gli orrendi auto de fe dell'inquisizione spagnola.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia

Helen Rawlings, L'inquisizione spagnola, Il Mulino 2006

Philipp Wolff, The 1391 pogrom in Spain: social crisis or not? In Past and Present, 1971

Natale Benazzi e Matteo D'Amico, Il libro nero dell'inquisizione, Piemme, 1998

Cullen Murphy, God's Jury: the inquisition e making of the modern world, 2012

Duran Maria, Why apologize for the Spanish Inquisition?, Gladkowsi, 2000



FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

sabato 12 maggio 2018

verso il “governicchio di scopo” che non cambierà niente

«Hanno imparato a fatica che devono fare politica, ora impareranno a fatica che devono trovare alleati». Per il politologo bolognese Gianfranco Pasquino, i 5 Stelle dovranno rassegnarsi alla soluzione per la quale lavorerebbe Mattarella: un “governo di scopo” destinato a durare al massino un anno e mezzo, giusto il tempo di licenziare il Def e tamponare la disoccupazione, ma senza toccare la legge Fornero né altre misure su cui si fonda il rigore imposto dall’Unione Europea. Ai vincitori l’onere del governo, avverte il Pd, con Maurizio Martina nei panni di ventriloquo di Renzi: stare alla finestra, sperando in una futura rivincita dopo aver fatto deragliare i vincitori relativi del 4 marzo, grillini e Lega. «E’ così», ammette Pasquino: il Pd «non produce la soluzione, ma impedisce di trovarne una: e Mattarella lo sa». Dal Quirinale, due appelli alla “responsabilità”. «Verrà anche il terzo appello, poi ci saranno le consultazioni: e su quella base Mattarella cercherà di individuare una soluzione praticabile». Grande coalizione? No, troppo indigesta e con aritmetica risicatissima: Renzi e Berlusconi, insieme, non avrebbero i numeri. Un asse tra Pd e M5S per tagliare fuori la Lega? «Ormai Salvini ha superato Berlusconi sia come seggi, sia come statura politica. Secondo me l’ex Cavaliere è fuori gioco definitivamente», dice Pasquino a Federico Ferraù, che l’ha intervistato per “Il Sussidiario”. Unica possibilità: un governo “istituzionale”, con i 5 Stelle come baricentro.
E il centrodestra? Il cartello si romperà? «Meloni e Salvini parlano la stessa lingua su controllo dell’immigrazione e sovranismo, più e meglio di quanto abbiano in comune con Berlusconi». Ma se il Cavaliere vuole sopravvivere politicamente, Gianfranco Pasquinoaggiunge Pasquino, deve stare con loro. Finora il Movimento 5 Stelle ha “recitato” da solo: è stato il suo punto di forza. Ora però si trova a dover fare politica, a stringere accordi. Ci riuscirà? Secondo Pasquino sì, «però non possono limitarsi a dire “facciamo delle cose insieme”, devono fare loro stessi delle offerte, dire quali punti sono trattabili e quali irrinunciabili. Stanno diventando possibilisti. Bene: è una delle regole cruciali delle democrazie parlamentari, dove i governi sono governi di coalizione e si fanno in Parlamento». Possibile un governo M5S-Lega? No: avrebbe troppo pochi seggi, e quindi «sarebbe troppo esposto al dissenso o al veto di pochi leghisti o pentastellati». Pasquino vede un “governo di scopo”, ovvero: «Si trova un accordo di programma su alcuni punti rilevanti, si cerca una squadra di governo sufficientemente preparata e su questa base si prova di trovare una maggioranza in Parlamento. Io credo che si possa fare».
Piano-B: «Un governo di minoranza, basato sulla non-sfiducia dell’aula. In questo caso – sostiene Pasquino – l’esecutivo non potrebbe però essere fatto solo da ministri a 5 Stelle e dovrebbe essere guidato da una personalità di rilievo; qualcuno più importante di Di Maio, che dovrebbe fare un passo di lato». Nel programma ci sarebbe anche la legge elettorale, per rimediare all’orrido Rosatellum? «No, altrimenti non se ne esce più». Aggiune Pasquino, sarcastico: «I nuovi eletti si tranquillizzino, non si torna a votare in tempi brevi. Ci sono cose importanti da fare e cose da non fare». Tra le prime, affrontare il Def e le misure contro la disoccupazione. E comunque: meglio evitare di toccare l’oscena legge Fornero, «altrimenti si apre il vaso di Pandora». In pratica, un governo con le mani legate. Potrebbe prevalere la tentazione di tornare alle urne? La Lega punterebbe a conquistare altri elettori di Forza Italia, mentre i 5 Stelle finirebbero di spolpare il Pd. Pasquino però è scettico: «La Lega può pensare così, ma M5S deve fare attenzione, perché gli elettori lo hanno votato per mandarlo al governo. Se la prima cosa che fa è accettare lo scioglimento del Parlamento, il 32,8% se lo scorda. Insomma, non agiterei l’arma delle urne: anche per rispetto degli elettori». Meglio il “governicchio”, dunque? Pasquino non lo chiama così. Mattarella, dice, «vuole un governo sufficientemente autorevole, che duri per un po’ di tempo, il tempo classico dei governi italiani, 15-16 mesi, ma che sia serio». Serio: cioè ancora una volta sottomesso all’Ue, senza poter contestare la camicia di forza dell’austerity?

fonte: http://www.libreidee.org/