Halloween (o Hallowe’en) si celebra principalmente negli Stati Uniti la notte del 31 ottobre e seppure rimandando a tradizioni antiche della cultura celtica e anglosassone, in realtà viene interpretata oggi come una specie di Carnevale consumistico.
L’usanza si è diffusa anche in altri Paesi del mondo e le sue caratteristiche sono molto varie: si passa dalle sfilate in costume ai giochi dei bambini, che girano di casa in casa chiedendo dolcetto o scherzetto
Elemento tipico della festa è la simbologia legata al mondo dell’occulto, tradotta sotto forma di immagini macabre.
Il tutto somiglia a un grosso business legato a travestimenti, oggettistica, cibi, organizzazione di eventi e viaggi a tema perdendo totalmente il suo significato originale, che noi cercheremo di individuare ...
Percorso a ritroso
Partiamo dall’attuale nome. La parola Halloween è attestata la prima volta nel XVI secolo, e rappresenta una variante scozzese del nome completo All-Hallows-Eve, cioè la notte prima di Ognissanti (in inglese arcaico All Hallows Day, moderno All Saints). Sebbene il sintagma All Hallows si ritrovi in inglese antico(ealra hālgena mæssedæg, giorno di messa di tutti i santi), All-Hallows-Eve non è attestato fino al 1556.
Si parla quindi di Ognissanti, nota anche come Tutti i Santi, una solennità che celebra insieme la gloria e l’onore dei Santi canonizzati e non. Infatti attualmente la festa cattolica (in latino: Festabant Omnium Sanctorum) cade il 1º novembre, seguita il 2 novembre dalla Commemorazione dei Defunti, ed è una festa di precetto che prevede una veglia e un’ottava nel calendario della forma straordinaria del rito romano. Ovvero come recita il Diritto canonico: « i fedeli sono tenuti all’obbligo di partecipare alla Messa; si astengano inoltre, da quei lavori e da quegli affari che impediscono di rendere culto a Dio e turbano la letizia propria del giorno del Signore o il dovuto riposo della mente e del corpo. »(Codice di diritto canonico, can. 1247)..
13 maggio o 1 novembre? La stessa festa di Ognissanti però ha una sua storia “mobile”.
Le commemorazioni dei martiri, comuni a diverse Chiese, cominciarono ad esser celebrate già nel IV secolo. Le prime tracce di una celebrazione generale sono attestate ad Antiochia, e fanno riferimento alla Domenica successiva alla Pentecoste. Questa usanza viene citata anche nella settantaquattresima omelia di Giovanni Crisostomo (407) ed è preservata fino ad oggi dalle chiese orientali.
Anche Efrem Siro (373) parla di tale festa, e la colloca il 13 maggio.
Foto: Pantheon a Roma, Tempio dedicato a tutti gli dei consacrato a Santa Maria e tutti i martiri il 13 maggio 609 o 610
Una conferma di questa data potrebbe essere la festa romana della dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres, ovvero l’anniversario della trasformazione del Pantheon in chiesa dedicata alla Beata Vergine e a tutti i martiri, avvenuta il 13 maggio del 609 o 610 da parte di Papa Bonifacio IV; la data del 13 maggio coincide con quella citata da Efrem.
Non sembra un caso però che la data del 13 maggio coincida con quella delle Lemuria, antica festa religiosa Romana, dedicata ai Lemuri (latino “lemures”, cioè “spiriti della notte”, detti anche Larvae, termine equivalente a fantasma): sono gli spiriti dei morti della religione romana, considerati come vampiri, ossia anime che non riescono a trovare riposo a causa della loro morte violenta. Secondo il mito tornavano sulla terra a tormentare i vivi, perseguitando le persone fino a portarle alla pazzia.
Foto: Bronzetto raffigurante la dea Ecate: come riferisce Esiodo, la dea Ecate estendeva il proprio potere in cielo, in terra e nelle acque del mare. per questo il suo aspetto era triforme.Per la sua funzione apotropaica veniva posta in corrispondenza di porte, trivi e incroci di strade, proprio allo scopo di proteggere le vie e le entrate della città.
Si credeva che queste creature, non ben identificate né definibili proprio per la loro condizione di fatale ed eterna transitorietà, vagassero senza posa per le strade come anime in pena, in una sorta di limbo. Il senso di orrore che circondava queste figure spettrali veniva fugato ponendo agli incroci delle strade la dea Ecate, antichissima divinità ctonia e portatrice di luce, spesso rappresentata con una o due torce.
La tradizione voleva che ad istituire queste festività fosse stato Romolo per placare lo spirito del fratello Remo, da lui ucciso. Le Lemuria ricorrevano il 9, 11 e 13 maggio: è molto probabile che queste siano le più antiche feste dei morti celebrate a Roma. Il rituale prevedeva che il Pater familias gettasse alle sue spalle alcune fave nere per il numero simbolico di nove volte, recitando formule propiziatorie. Durante queste feste i templi venivano chiusi ed era proibito sposarsi.
In seguito Papa Gregorio III (731-741) scelse il 1º novembre come data dell’anniversario della consacrazione di una cappella a San Pietro alle reliquie “dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo”.
Il 1º novembre venne decretato festa di precetto da parte del re franco Luigi il Pio nell’835. Il decreto fu emesso “su richiesta di papa Gregorio IV e con il consenso di tutti i vescovi”.
Il trasferimento della data dal 13 maggio al 1 novembre è stata motivata da alcuni studiosi, come lo storico James Frazer (1854 -1941), come scelta da parte della Chiesa di creare una continuità cristiana con Samhain, l’antica festa celtica del nuovo anno (secondo le teorie dello storico Rhŷs), a seguito di richieste in tal senso provenienti dal mondo monastico irlandese.
Foto: Sir James George Frazer (Glasgow, 1º gennaio 1854 – Cambridge, 7 maggio 1941) è stato un antropologo e storico delle religioni. Celeberrimo il suo saggio “Il ramo d’oro”
Questi studiosi sostennero che, secondo le credenze celtiche, durante la festa del Samhain i morti avrebbero potuto ritornare nei luoghi che frequentavano mentre erano in vita, e che quel giorno celebrazioni gioiose venissero tenute in loro onore. Questo aspetto della festa non sarebbe mai stato eliminato pienamente, nemmeno con l’avvento del Cristianesimo che infatti il 2 novembre celebra i defunti. Questa corrente quindi spiega lo slittamento della data con un recepimento in seno alla religione ufficiale, di tutte le manifestazione di origine pagana difficili da estirpare e pertanto convertite o sovrapposte a feste cristiane.
Su questo calendario l’unica festa chiaramente indicata è proprio il Trinuxtion Samoni (Samonios); che cadrebbe all’incirca alla fine di ottobre. Va infatti ricordato che la suddivisione dell’anno presso i celti si basa su mesi di 30 o 29 giorni.
L’evidenza del Calendario di Coligny indica questa data come la più importante, un vero capodanno che segna la fine del raccolto, l’inizio dell’inverno, la fine di un ciclo agricolo-pastorale e l’inizio del successivo.
La cui vigilia veniva festeggiata con estrema solennità e una notevole abbondanza di rituali. Fra questi, nella tradizione agricola, erano i falò notturni. Nei falò venivano gettate ossa di animali macellati e probabilmente primogeniti di animali d’allevamento, dagli stessi falò si traeva il “nuovo fuoco” con cui accendere i focolari domestici. Attorno ai falò si festeggiava e danzava con riti orgiastici.
Il giorno di Samhain infine si collocava in un luogo senza tempo, a cavallo tra il ciclo concluso e quello a venire. Da qui a stabilire che fosse un giorno magico, in cui i confini del mondo dei vivi e di quello dei morti diventano più labili permettendo ai morti di far visita ai viventi, il passo è veramente breve. La paura dell’inverno, della carestia e della morte in senso fisico o in senso spirituale, la possibile commistione tra il regno dei vivi e quello dei morti, si sono fuse dando origine ad una varietà di superstizioni e di rituali apotropaici, ovvero dedicati allo scongiuro di ogni male.
La festa diventa momento sociale di affermazione della comunità, esorcismo delle paure del freddo e dell’inverno buio, occasione per rinnovare l’onore e la gloria dei propri defunti, ma anche per cacciare gli spiriti “dannati” che potrebbero giungere in mezzo agli uomini. Tutto questo in un tempo in cui il clan rappresentava la forza e la salvezza dell’individuo. Ha quindi un significato sociale e propiziatorio considerevole.
Il travestimento e “dolcetto o scherzetto”
La pratica del travestirsi risale invece al Medioevo e si rifà alla pratica tardo-medioevale dell’elemosina, quando i poveri andavano porta a porta ad Ognissanti (il 1º novembre) e ricevevano cibo in cambio di preghiere per i loro morti da reditare il successivo giorno della Commemorazione dei defunti (il 2 novembre).
Shakespeare menziona la pratica nella sua commedia I due gentiluomini di Verona (1593), quando Speed accusa il suo maestro di “lagnarsi come un mendicante ad Hallowmas [Halloween]”.
La zucca e Jack-o’-lantern
Un Jack-o’-lantern è una zucca lavorata a mano, tradizionalmente adoperata nei paesi anglosassoni durante la ricorrenza di Halloween. Privata della polpa interna, la zucca assume la forma di un involucro vuoto che, cesellato opportunamente, vuole richiamare la sagoma di un volto. Una fonte di luce, usualmente una candela, viene inserita all’interno della zucca. In seguito la calotta superiore, prima recisa, viene impiegata a mo’ di coperchio, in maniera che il chiarore dello stoppino rischiari la sagoma dall’interno, mettendo in luce i tratti della sagoma intagliata.
I Jack-o’-lantern venivano ricavati da grandi rape, barbabietole e cavoli rapa prima dell’introduzione della zucca dall’America.
Dieci anni dopo, il diavolo si presentò nuovamente e Jack gli chiese di raccogliere una mela da un albero prima di prendersi la sua anima. Al fine di impedire che il diavolo discendesse, il furbo Jack incise una croce sul tronco.
Soltanto dopo un lungo battibecco i due giunsero ad un compromesso: in cambio della libertà, il diavolo avrebbe dovuto risparmiare la dannazione eterna a Jack. Durante la propria vita commise tanti peccati che, quando morì, rifiutato dal paradiso e presentatosi all’Inferno, venne “cordialmente” scacciato dal demonio che gli ricordò il patto ed era ben felice di lasciarlo errare come anima tormentata.
All’osservazione che era freddo e buio, il demonio gli tirò un tizzone ardente (eterno in quanto proveniente dall’Inferno), che Jack posizionò all’interno di una rapa che aveva con sé. Cominciò da quel momento a girare senza tregua alla ricerca di un luogo di riposo sulla terra. Halloween sarebbe dunque il giorno nel quale Jack va a caccia di un rifugio. Gli abitanti di ogni paese sono tenuti ad appendere una lanterna fuori dalla porta per indicare all’infelice anima che la loro casa non è posto per lui.
Quindi, inizialmente, la verdura utilizzata come lanterna era la rapa. Successivamente, però, a causa della grande “carestia delle patate” in Irlanda, moltissimi irlandesi emigrarono in America, sostituendo alla rapa la più diffusa zucca americana.
Dopo aver analizzato tutti gli elementi veniamo alle Tradizioni italiane
Non mancano in Italia tradizioni popolari legate ai giorni dei Santi e dei Morti.
In alcune zone del Paese (in particolare nelle aree rurali di Friuli, Piemonte, Trentino, Veneto, Abruzzo e Puglia) nella notte tra il primo e il 2 novembre si è soliti lasciare un lume acceso, dell’acqua fresca e finanche del pane per permettere alle anime dei morti in “visita” al mondo terreno di ristorarsi. In Val d’Aosta, invece, le famiglie più rispettose della tradizione lasciano la tavola imbandita mentre sono in visita al cimitero.
Nelle campagne lombarde si sistemano coperte e lenzuola, affinché i defunti possano riposarsi in tranquillità.
Mentre in Sardegna, proprio come succede per Halloween, i bambini girano di porta in porta per chiedere delle offerte per i morti e ricevono in dono pane, fichi secchi, mandorle e dolci.
Dolci e cibi tipici
Per la ricorrenza di Ognissanti, sulle tavole italiane non mancano mai alcuni elementi tipici della tradizione culinaria del Bel Paese. Fave, castagne, mandorle e fichi secchi sono tra gli alimenti più gettonati. Ma i veri protagonisti sono i dolci. Innanzitutto ci sono le Ossa di Morti: biscotti ripieni di mandorle e nocciole. A seconda della zona questi deliziosi dolcetti possono essere chiamati Stinchetti dei morti (Umbria), Dita d’Apostolo (Calabria) oppure Fave dei Morti.
In Campania, in questi due giorni, nessuno si sogna di fare a meno del Torrone: quelli del beneventano sono di gran lunga i più buoni e si possono trovare di gusti e consistenze diversi.
In Sicilia, infine, il 2 novembre è una festa particolarmente sentita dai bambini. A loro sono riservati dolcetti e cioccolatini che, si dice, siano portati personalmente dai defunti. I più comuni sono i Pupi di zuccaro (bamboline di zucchero) e la Frutta martorana, preparata con la pasta di mandorle, detta anche pasta reale.
I falò
A Orsara di Puglia in provincia di Foggia si festeggia il “Fucacost” tra la notte tra l’1 ed il 2 di novembre dove l’antichissima tradizione vuole che si accendano dei falò (in origine di rami secchi di ginestra) che dovrebbero servire ad illuminare la strada di casa ai nostri cari defunti (in genere alle anime del purgatorio) che in quella notte tornano a trovarci.
Sulla brace di questi falò, poi, viene cucinata della carne che tutti insieme si mangia in strada e si offre ai passanti. Mentre, nella giornata dell’1 novembre, nella piazza principale, si svolge la tradizionale gara delle zucche decorate (definite le “cocce priatorje” – le teste del purgatorio).
E a proposito di zucche…
L’uso delle zucche era ben presente anche nella cultura contadina della Toscana fino a pochi decenni fa, nel cosiddetto gioco dello zozzo (in alcune parti noto come morte secca).
Nel periodo compreso tra agosto e ottobre (più frequentemente d’estate) si svuotava una zucca, le si intagliavano delle aperture a forma di occhi, naso e bocca; all’interno della zucca si metteva poi una candela accesa. La zucca veniva poi posta fuori casa, nell’orto, in giardino ma più spesso su un muretto, dopo il tramonto e per simulare un vestito le si applicavano degli stracci o addirittura un abito vero e proprio. In questo modo avrebbe avuto le sembianze di un mostro provocando un gran spavento nella vittima dello scherzo, in genere uno dei bambini, mandato fuori casa con la scusa di andare a prendere qualcosa. Si è ipotizzato anche un parallelo tra lo zozzo e la rificolona.
Una pratica identica era presente nel Lazio del nord, in anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale, e da far risalire, tramite testimonianze indirette, quantomeno alla seconda metà dell’Ottocento. La zucca intagliata ed illuminata veniva a volte chiamata La Morte.
L’uso di intagliare le zucche e illuminarle con una candela si ritrova anche in Lombardia e in Liguria, ad esempio nella cultura tradizionale di Riomaggiore nelle Cinque Terre, così come in Emilia ed in generale in tutta la pianura padana, dove fino alla fine degli anni ’50 si svuotavano le zucche o si usavano normali lanterne ed illuminate da candele, venivano poste nei borghi più bui ed anche vicino ai cimiteri e alle chiese. A Parma tali luci prendono il nome di lümera.
Conclusioni
Ci sembra che le tradizioni popolari siano molto simili. Troviamo analogie tra Lemuri, l’irlandese Jack e le cocce priatorije, nell’uso delle zucche scavate e dei falò, nella tradizione di produrredolci speciali e nella peregrinazione di casa in casa, quanto alla consuetudine di ritrovarsi a celebrare la fine del raccolto questa dev’essere stata geograficamente e culturalmente estremamente diffusa nel mondo contadino.
Ci sembra che ancora oggi ci sia il desiderio di assecondare queste ataviche esigenze di scongiuro e di celebrazione dei propri cari.
Quindi festeggiate, festeggiate con gioia, con zucche e falò, dolci e affetti, riappropriatevi delle usanze della vostra regione, chiedetele ai nonni e insegnatele ai figli, ma per favore non chiamatelo Halloween!
- All saints’ day in Catholic Encyclopedia.
- All Saints, Festival of in 1911 Encyclopædia Britannica.
- Ronald Hutton, The stations of the Sun, New York, Oxford University Press, 1996, pp. 363-364.
- (DE) Hans-Rudolf Hitz: Der gallo-lateinische Mond- und Sonnenkalender von Coligny, Juris, Dietikon 1991, ISBN 3-260-05308-5
- (FR) Le Contel, Jean-Michel and Verdier, Paul (1997). Un calendrier celtique: le calendrier gaulois de Coligny. Paris, Editions Errance. ISBN 2-87772-136-1
- (FR) Le calendrier celtique de Coligny: Les calendriers Luni-solaires antiques – F. Dupuy-Pacherand & G.A. Mathis – Revue Atlantis N°247 luglio/agosto 1968
- (FR) Joseph Monard: Histoire du calendrier Gaulois, Burillier, Vannes 1999, ISBN 2-912616-01-8.
- Sabatino Moscati, Venceslas Kruta, Otto Hermann Frey, Barry Raftery, Miklos Szabo, I Celti, Rusconi, 1991. Catalogo della mostra “I Celti: la prima Europa”, Palazzo Grassi ISBN 9788845217531
- (EN) Alexander Carmichael, Carmina Gadelica, Lindisfarne Press, 1992. ISBN 0-940262-50-9.
- (EN) Nora Chadwick, The Celts, Londra, Penguin, 1970. ISBN 0-14-021211-6.
- (EN) Kevin Danaher, The Year in Ireland: Irish Calendar Customs, Dublino, Mercier, 1972. ISBN 1-85635-093-2.
- (EN) W. Y. Evans-Wentz, The Fairy-Faith in Celtic Countries, New York, Citadel [1966], 1990. ISBN 0-8065-1160-5.
- (EN) James MacKillop, Dictionary of Celtic Mythology, Oxford University Press, 1998. ISBN 0-19-280120-1.
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- (EN) Nicholas Rogers, Halloween: From Pagan Ritual to Party Night, New York, Oxford University Press, 2002. ISBN 0-19-516896-8.
- (EN) Starhawk, The Spiral Dance: A Rebirth of the Ancient Religion of the Great Goddess, New York, Harper and Row [1979], 1989. ISBN 0-06-250814-8
- Ovidio, Fasti, V, 419-ss.
- “Dizionario dei mostri”, di Massimo Izzi, ediz. L’Airone, Roma, 1997, (alla pag.71 – voce “lemures”)
- Alessandro Fornari, Le feste dell’anno, in Cultura contadina in Toscana, vol II. L’ambiente e la vita. Firenze, Bonechi, 198
Fonte: lastoriaviva.it
fonte: https://crepanelmuro.blogspot.it/
Elemento tipico della festa è la simbologia legata al mondo dell’occulto, tradotta sotto forma di immagini macabre.
Il tutto somiglia a un grosso business legato a travestimenti, oggettistica, cibi, organizzazione di eventi e viaggi a tema perdendo totalmente il suo significato originale, che noi cercheremo di individuare ...
Percorso a ritroso
Partiamo dall’attuale nome. La parola Halloween è attestata la prima volta nel XVI secolo, e rappresenta una variante scozzese del nome completo All-Hallows-Eve, cioè la notte prima di Ognissanti (in inglese arcaico All Hallows Day, moderno All Saints). Sebbene il sintagma All Hallows si ritrovi in inglese antico(ealra hālgena mæssedæg, giorno di messa di tutti i santi), All-Hallows-Eve non è attestato fino al 1556.
Il riferimento alla festa di Ognissanti, ricordiamo che è datato al XVI secolo, sembra rientrare quindi in una tradizione cattolica.
13 maggio o 1 novembre? La stessa festa di Ognissanti però ha una sua storia “mobile”.
Le commemorazioni dei martiri, comuni a diverse Chiese, cominciarono ad esser celebrate già nel IV secolo. Le prime tracce di una celebrazione generale sono attestate ad Antiochia, e fanno riferimento alla Domenica successiva alla Pentecoste. Questa usanza viene citata anche nella settantaquattresima omelia di Giovanni Crisostomo (407) ed è preservata fino ad oggi dalle chiese orientali.
Anche Efrem Siro (373) parla di tale festa, e la colloca il 13 maggio.
Una conferma di questa data potrebbe essere la festa romana della dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres, ovvero l’anniversario della trasformazione del Pantheon in chiesa dedicata alla Beata Vergine e a tutti i martiri, avvenuta il 13 maggio del 609 o 610 da parte di Papa Bonifacio IV; la data del 13 maggio coincide con quella citata da Efrem.
Si credeva che queste creature, non ben identificate né definibili proprio per la loro condizione di fatale ed eterna transitorietà, vagassero senza posa per le strade come anime in pena, in una sorta di limbo. Il senso di orrore che circondava queste figure spettrali veniva fugato ponendo agli incroci delle strade la dea Ecate, antichissima divinità ctonia e portatrice di luce, spesso rappresentata con una o due torce.
La tradizione voleva che ad istituire queste festività fosse stato Romolo per placare lo spirito del fratello Remo, da lui ucciso. Le Lemuria ricorrevano il 9, 11 e 13 maggio: è molto probabile che queste siano le più antiche feste dei morti celebrate a Roma. Il rituale prevedeva che il Pater familias gettasse alle sue spalle alcune fave nere per il numero simbolico di nove volte, recitando formule propiziatorie. Durante queste feste i templi venivano chiusi ed era proibito sposarsi.
In seguito Papa Gregorio III (731-741) scelse il 1º novembre come data dell’anniversario della consacrazione di una cappella a San Pietro alle reliquie “dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo”.
Il 1º novembre venne decretato festa di precetto da parte del re franco Luigi il Pio nell’835. Il decreto fu emesso “su richiesta di papa Gregorio IV e con il consenso di tutti i vescovi”.
Il trasferimento della data dal 13 maggio al 1 novembre è stata motivata da alcuni studiosi, come lo storico James Frazer (1854 -1941), come scelta da parte della Chiesa di creare una continuità cristiana con Samhain, l’antica festa celtica del nuovo anno (secondo le teorie dello storico Rhŷs), a seguito di richieste in tal senso provenienti dal mondo monastico irlandese.
Foto: Sir James George Frazer (Glasgow, 1º gennaio 1854 – Cambridge, 7 maggio 1941) è stato un antropologo e storico delle religioni. Celeberrimo il suo saggio “Il ramo d’oro”
Questi studiosi sostennero che, secondo le credenze celtiche, durante la festa del Samhain i morti avrebbero potuto ritornare nei luoghi che frequentavano mentre erano in vita, e che quel giorno celebrazioni gioiose venissero tenute in loro onore. Questo aspetto della festa non sarebbe mai stato eliminato pienamente, nemmeno con l’avvento del Cristianesimo che infatti il 2 novembre celebra i defunti. Questa corrente quindi spiega lo slittamento della data con un recepimento in seno alla religione ufficiale, di tutte le manifestazione di origine pagana difficili da estirpare e pertanto convertite o sovrapposte a feste cristiane.
Non tutti concordano con questa spiegazione. Lo storico Hutton,ad esempio, ha messo in discussione la tesi, osservando come Ognissanti venisse celebrato da vari secoli (prima di essere festa di precetto), in date discordanti nei vari paesi: per la chiesa di Roma era il 13 Maggio, in Irlanda (paese di cultura celtica) era il 20 aprile, mentre il 1 Novembre era una data diffusa in Inghilterra e Germania (paesi di cultura germanica). Inoltre, non ci sarebbero prove che Samhain avesse a che fare coi morti, e la Commemorazione dei defunti iniziò a essere celebrata solo in seguito, nel 988.
Tuttavia il folklore legato all’attuale Halloween è fortemente segnato dalla convinzione che si tratti di una festa di origine celtica. Indaghiamo meglio quindi il significato di Samhain.
Samhain (pronunciato in inglese [ˈsɑːwɪn], [ˈsaʊeɪn] o [ˈsaʊɪn][ in irlandese [ˈsˠəunʲ]) scritto anche Sauin (alla mannese), è una festa pagana di origine gaelica che si celebra tra il 31 ottobre e il 1º novembre, questa festività è spesso conosciuta anche come Capodanno celtico.
Il nome samhain è della lingua irlandese moderna e deriva da una parola in irlandese antico, samain, samuin, o samfuin, che potrebbe significare “fine dell’estate”.
Il calendario di Coligny, l’unica fonte archeologica che fa riferimento al computo del tempo presso i Celti, è un’epigrafe in lingua gallica incisa in caratteri latini su tavola in bronzo, risalente alla fine del II secolo d.C., contenente un antico calendario gallico rinvenuto nel 1897 a Coligny, nei pressi di Lione. Il reperto è conservato al museo della civiltà gallo-romana di Lione.
Tuttavia il folklore legato all’attuale Halloween è fortemente segnato dalla convinzione che si tratti di una festa di origine celtica. Indaghiamo meglio quindi il significato di Samhain.
Samhain (pronunciato in inglese [ˈsɑːwɪn], [ˈsaʊeɪn] o [ˈsaʊɪn][ in irlandese [ˈsˠəunʲ]) scritto anche Sauin (alla mannese), è una festa pagana di origine gaelica che si celebra tra il 31 ottobre e il 1º novembre, questa festività è spesso conosciuta anche come Capodanno celtico.
Il nome samhain è della lingua irlandese moderna e deriva da una parola in irlandese antico, samain, samuin, o samfuin, che potrebbe significare “fine dell’estate”.
Il calendario di Coligny, l’unica fonte archeologica che fa riferimento al computo del tempo presso i Celti, è un’epigrafe in lingua gallica incisa in caratteri latini su tavola in bronzo, risalente alla fine del II secolo d.C., contenente un antico calendario gallico rinvenuto nel 1897 a Coligny, nei pressi di Lione. Il reperto è conservato al museo della civiltà gallo-romana di Lione.
Calendario di Coligny, II sec. d.C.
L’evidenza del Calendario di Coligny indica questa data come la più importante, un vero capodanno che segna la fine del raccolto, l’inizio dell’inverno, la fine di un ciclo agricolo-pastorale e l’inizio del successivo.
La cui vigilia veniva festeggiata con estrema solennità e una notevole abbondanza di rituali. Fra questi, nella tradizione agricola, erano i falò notturni. Nei falò venivano gettate ossa di animali macellati e probabilmente primogeniti di animali d’allevamento, dagli stessi falò si traeva il “nuovo fuoco” con cui accendere i focolari domestici. Attorno ai falò si festeggiava e danzava con riti orgiastici.
Falò rituali di Samhain
La festa diventa momento sociale di affermazione della comunità, esorcismo delle paure del freddo e dell’inverno buio, occasione per rinnovare l’onore e la gloria dei propri defunti, ma anche per cacciare gli spiriti “dannati” che potrebbero giungere in mezzo agli uomini. Tutto questo in un tempo in cui il clan rappresentava la forza e la salvezza dell’individuo. Ha quindi un significato sociale e propiziatorio considerevole.
Il travestimento e “dolcetto o scherzetto”
La pratica del travestirsi risale invece al Medioevo e si rifà alla pratica tardo-medioevale dell’elemosina, quando i poveri andavano porta a porta ad Ognissanti (il 1º novembre) e ricevevano cibo in cambio di preghiere per i loro morti da reditare il successivo giorno della Commemorazione dei defunti (il 2 novembre).
Shakespeare menziona la pratica nella sua commedia I due gentiluomini di Verona (1593), quando Speed accusa il suo maestro di “lagnarsi come un mendicante ad Hallowmas [Halloween]”.
La zucca e Jack-o’-lantern
Un Jack-o’-lantern è una zucca lavorata a mano, tradizionalmente adoperata nei paesi anglosassoni durante la ricorrenza di Halloween. Privata della polpa interna, la zucca assume la forma di un involucro vuoto che, cesellato opportunamente, vuole richiamare la sagoma di un volto. Una fonte di luce, usualmente una candela, viene inserita all’interno della zucca. In seguito la calotta superiore, prima recisa, viene impiegata a mo’ di coperchio, in maniera che il chiarore dello stoppino rischiari la sagoma dall’interno, mettendo in luce i tratti della sagoma intagliata.
I Jack-o’-lantern venivano ricavati da grandi rape, barbabietole e cavoli rapa prima dell’introduzione della zucca dall’America.
Una versione moderna di Jack-o’-lantern
al Festival Celtico di Samhain di Edinburgh
L’usanza di Halloween è legata alla famosa leggenda dell’irlandese Jack, un fabbro astuto, avaro e ubriacone, che un giorno al bar incontrò il diavolo. A causa del suo stato d’ebbrezza, la sua anima era quasi nelle mani del diavolo, ma, astutamente, riuscì a far trasformare il diavolo in una moneta promettendogli la sua anima in cambio di un’ultima bevuta. Jack mise il diavolo nel suo borsello, accanto ad una croce d’argento, cosicché egli non potesse ritrasformarsi. Allora il diavolo gli promise che non si sarebbe preso la sua anima nei successivi dieci anni e Jack lo lasciò libero.
Dieci anni dopo, il diavolo si presentò nuovamente e Jack gli chiese di raccogliere una mela da un albero prima di prendersi la sua anima. Al fine di impedire che il diavolo discendesse, il furbo Jack incise una croce sul tronco.
Soltanto dopo un lungo battibecco i due giunsero ad un compromesso: in cambio della libertà, il diavolo avrebbe dovuto risparmiare la dannazione eterna a Jack. Durante la propria vita commise tanti peccati che, quando morì, rifiutato dal paradiso e presentatosi all’Inferno, venne “cordialmente” scacciato dal demonio che gli ricordò il patto ed era ben felice di lasciarlo errare come anima tormentata.
All’osservazione che era freddo e buio, il demonio gli tirò un tizzone ardente (eterno in quanto proveniente dall’Inferno), che Jack posizionò all’interno di una rapa che aveva con sé. Cominciò da quel momento a girare senza tregua alla ricerca di un luogo di riposo sulla terra. Halloween sarebbe dunque il giorno nel quale Jack va a caccia di un rifugio. Gli abitanti di ogni paese sono tenuti ad appendere una lanterna fuori dalla porta per indicare all’infelice anima che la loro casa non è posto per lui.
Quindi, inizialmente, la verdura utilizzata come lanterna era la rapa. Successivamente, però, a causa della grande “carestia delle patate” in Irlanda, moltissimi irlandesi emigrarono in America, sostituendo alla rapa la più diffusa zucca americana.
Dopo aver analizzato tutti gli elementi veniamo alle Tradizioni italiane
Non mancano in Italia tradizioni popolari legate ai giorni dei Santi e dei Morti.
In alcune zone del Paese (in particolare nelle aree rurali di Friuli, Piemonte, Trentino, Veneto, Abruzzo e Puglia) nella notte tra il primo e il 2 novembre si è soliti lasciare un lume acceso, dell’acqua fresca e finanche del pane per permettere alle anime dei morti in “visita” al mondo terreno di ristorarsi. In Val d’Aosta, invece, le famiglie più rispettose della tradizione lasciano la tavola imbandita mentre sono in visita al cimitero.
Nelle campagne lombarde si sistemano coperte e lenzuola, affinché i defunti possano riposarsi in tranquillità.
Mentre in Sardegna, proprio come succede per Halloween, i bambini girano di porta in porta per chiedere delle offerte per i morti e ricevono in dono pane, fichi secchi, mandorle e dolci.
Dolci e cibi tipici
Per la ricorrenza di Ognissanti, sulle tavole italiane non mancano mai alcuni elementi tipici della tradizione culinaria del Bel Paese. Fave, castagne, mandorle e fichi secchi sono tra gli alimenti più gettonati. Ma i veri protagonisti sono i dolci. Innanzitutto ci sono le Ossa di Morti: biscotti ripieni di mandorle e nocciole. A seconda della zona questi deliziosi dolcetti possono essere chiamati Stinchetti dei morti (Umbria), Dita d’Apostolo (Calabria) oppure Fave dei Morti.
In Campania, in questi due giorni, nessuno si sogna di fare a meno del Torrone: quelli del beneventano sono di gran lunga i più buoni e si possono trovare di gusti e consistenze diversi.
In Sicilia, infine, il 2 novembre è una festa particolarmente sentita dai bambini. A loro sono riservati dolcetti e cioccolatini che, si dice, siano portati personalmente dai defunti. I più comuni sono i Pupi di zuccaro (bamboline di zucchero) e la Frutta martorana, preparata con la pasta di mandorle, detta anche pasta reale.
Pane dei morti (Lombardia)
Ossa dei morti
Fave dei morti
A Orsara di Puglia in provincia di Foggia si festeggia il “Fucacost” tra la notte tra l’1 ed il 2 di novembre dove l’antichissima tradizione vuole che si accendano dei falò (in origine di rami secchi di ginestra) che dovrebbero servire ad illuminare la strada di casa ai nostri cari defunti (in genere alle anime del purgatorio) che in quella notte tornano a trovarci.
Sulla brace di questi falò, poi, viene cucinata della carne che tutti insieme si mangia in strada e si offre ai passanti. Mentre, nella giornata dell’1 novembre, nella piazza principale, si svolge la tradizionale gara delle zucche decorate (definite le “cocce priatorje” – le teste del purgatorio).
Fucacost e cocce priatorije a Orsara di Puglia
L’uso delle zucche era ben presente anche nella cultura contadina della Toscana fino a pochi decenni fa, nel cosiddetto gioco dello zozzo (in alcune parti noto come morte secca).
Nel periodo compreso tra agosto e ottobre (più frequentemente d’estate) si svuotava una zucca, le si intagliavano delle aperture a forma di occhi, naso e bocca; all’interno della zucca si metteva poi una candela accesa. La zucca veniva poi posta fuori casa, nell’orto, in giardino ma più spesso su un muretto, dopo il tramonto e per simulare un vestito le si applicavano degli stracci o addirittura un abito vero e proprio. In questo modo avrebbe avuto le sembianze di un mostro provocando un gran spavento nella vittima dello scherzo, in genere uno dei bambini, mandato fuori casa con la scusa di andare a prendere qualcosa. Si è ipotizzato anche un parallelo tra lo zozzo e la rificolona.
Una pratica identica era presente nel Lazio del nord, in anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale, e da far risalire, tramite testimonianze indirette, quantomeno alla seconda metà dell’Ottocento. La zucca intagliata ed illuminata veniva a volte chiamata La Morte.
L’uso di intagliare le zucche e illuminarle con una candela si ritrova anche in Lombardia e in Liguria, ad esempio nella cultura tradizionale di Riomaggiore nelle Cinque Terre, così come in Emilia ed in generale in tutta la pianura padana, dove fino alla fine degli anni ’50 si svuotavano le zucche o si usavano normali lanterne ed illuminate da candele, venivano poste nei borghi più bui ed anche vicino ai cimiteri e alle chiese. A Parma tali luci prendono il nome di lümera.
Ci sembra che le tradizioni popolari siano molto simili. Troviamo analogie tra Lemuri, l’irlandese Jack e le cocce priatorije, nell’uso delle zucche scavate e dei falò, nella tradizione di produrredolci speciali e nella peregrinazione di casa in casa, quanto alla consuetudine di ritrovarsi a celebrare la fine del raccolto questa dev’essere stata geograficamente e culturalmente estremamente diffusa nel mondo contadino.
Ci sembra che ancora oggi ci sia il desiderio di assecondare queste ataviche esigenze di scongiuro e di celebrazione dei propri cari.
Quindi festeggiate, festeggiate con gioia, con zucche e falò, dolci e affetti, riappropriatevi delle usanze della vostra regione, chiedetele ai nonni e insegnatele ai figli, ma per favore non chiamatelo Halloween!
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Fonte: lastoriaviva.it
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