domenica 31 luglio 2016

giovedì 28 luglio 2016

le tesi di Padre Livio Fanzaga in contrasto con il Papa

L'islam vuole sostituirsi al cristianesimo.

Non usa mezzi termini e non sembra avere alcun dubbio Padre Livio Fanzaga, storico direttore di Radio Maria, finito spesso al centro delle polemiche per le sue esternazioni radiofoniche da molti considerate troppo «spinte» per un uomo di Chiesa.

Contro ogni coro islamofilo, il religioso bergamasco questa volta ha affidato i suoi pensieri senza filtri a un breve messaggio scritto sul sito web della radio cattolica: parlando della recente strage di Nizza, il padre scolopio ha infatti detto: «È doveroso chiedersi che cosa i musulmani pensino di noi e della religione cristiana; l'obbiettivo dell'islam di qualsiasi tendenza è quello di sostituirsi al cristianesimo e ad ogni altra espressione religiosa. I mezzi per farlo dipendono dalle circostanze storiche».

Un messaggio chiaro, un sasso lanciato nello stagno che apre di certo un dibattito sulla questione islam, considerato anche che a pronunciare queste parole non è stato un sacerdote sconosciuto nel corso di un'omelia in una chiesetta di campagna, ma l'ormai celebre Padre Livio, seguito ogni giorno da milioni di ascoltatori e di cybernauti che visitano il suo sito. «Il terrorismo di matrice islamica - scrive Don Fanzaga - rappresenta uno dei pericoli più gravi che incombono sulla nostra società. Il problema non è soltanto politico, ma anche e soprattutto religioso. Non vi è dubbio che la grande maggioranza di musulmani che vive in Occidente sia gente che vuole fare una vita tranquilla, ma l'obiettivo dell'Islam è di sostituirsi al cristianesimo».

A sostegno di queste parole, il religioso ha pubblicato a seguire un breve estratto del suo volume «Non praevalebunt. Manuale di resistenza cristiana», in cui il direttore di Radio Maria, riporta alla luce una vecchia pubblicazione di Stefano Nitoglia secondo cui, nonostante le differenze tra Islam moderato, radicale e di matrice terrorista, i fini appaiono sempre gli stessi: «La soggezione di tutto il mondo all'islam, considerato il sigillo e il compimento di tutte le rivelazioni, con il mondo (secondo la dottrina classica dell'islam, accettata da tutti i musulmani) suddiviso in due parti, il territorio dell'islam, dove vige la legge dell'islam e il territorio di guerra dove sono gli infedeli. Quest'ultimo territorio dev'essere conquistato e assoggettato all'Islam».

Parole che Padre Livio ha fatto sue, ritenendo peraltro inutile un ipotetico dialogo interreligioso con l'Islam in cui i cristiani proporrebbero la visione della fede cristiana ai musulmani «perché per essi il cristianesimo è quello che viene interpretato dal Corano e nessun argomento umano potrebbe cambiare quella che per loro è una rivelazione divina».

Una posizione, quella espressa da don Fanzaga, secondo cui l'islam vuole sostituirsi al cristianesimo, in netto contrasto con quella ufficiale del Vaticano, con il cammino intrapreso da Papa Francesco, impegnato sin dall'inizio del suo pontificato in un dialogo con l'islam sunnita e con quello sciita, convinto che «con i musulmani si può convivere». Proprio qualche giorno fa, ad esempio, uno stretto collaboratore del Papa, il vescovo spagnolo Miguel Angel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso ed esperto di Islam, è volato al Cairo per un incontro all'Università di Al-Azhar, uno dei maggiori centri d'insegnamento dell'Islam sunnita, retto dalla guida suprema, lo sceicco Muhammad Ahmad al-Tayyib. Nell'incontro, l'inviato papale ha discusso i termini e le modalità per un prossimo incontro che «segna la ripresa del dialogo tra Santa Sede e Al-Azhar per rafforzare i legami tra cristiani e musulmani». Nonostante ciò, Radio Maria e il suo direttore rimangono di un altro avviso: l'islam è un pericolo per i cristiani e in un altro editoriale intitolato «La donna e il drago» pubblicato qualche giorno fa, Fanzaga, parlando di terrorismo islamico ha ribadito: «Per quanto gli Stati si diano da fare, difficilmente verranno a capo di questo scatenamento infernale dell'impero delle tenebre. Per uscire vincitori di questo tremendo passaggio storico non bastano i mezzi umani, per quanto necessari».


http://www.ilgiornale.it/news/politica/radio-maria-lancia-monito-lislam-punta-farci-fuori-1287726.html


Papa Francesco ha scomunicato padre Livio

In seguito ai ripetuti ed inascoltati appelli alla moderazione dei toni nei confronti dell'Islam, Papa Francesco ha scomunicato il direttore di Radio Maria, invitandolo nel contempo a rinchiudersi in un monastero di clausura per svolgere vita rigorosamente contemplativa. Il Papa ha sottolineato che il pericolo vero non è nè religioso nè teologico ma esclusivamente fisico: una volta ridotto al silenzio don Fanzaga smetterà di nuocere a Dio e al prossimo

venerdì 22 luglio 2016

le conseguenze della comunicazione mobile

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Il cervello dell’uomo che passa la maggior parte del suo tempo attaccato al telefono cellulare è sottoposto agli stessi effetti che subisce il cervello di un bevitore, perché una qualsiasi quantità di alcol, similmente alla radiazione elettromagnetica, provoca l’agglutinamento degli eritrociti, i globuli rossi. Per i grandi vasi questi coaguli non rappresentano un rischio particolare, anche se il sangue in un tale stato è ovviamente molto meno funzionale.

Nella testa la situazione è ben diversa. Il cervello umano è composto da miliardi di neuroni. Ognuna di queste cellule nutre il suo micro capillare ed esso è così sottile che i globuli rossi possono introdurvisi solo in un’unica fila. E quando alla base del capillare si avvicina un conglomerato di eritrociti, il capillare si ostruisce e dopo pochi minuti il neurone muore per sempre. Dunque, tenersi abbracciati alla bottiglia o al cellulare, l’effetto è lo stesso: il cimitero delle cellule cerebrali morte è in rapida crescita.

Chiaramente, se l’ingranaggio non necessita di un gran cervello, su quest’effetto si possono chiudere gli occhi. Le riserve del cervello sono abbastanza grandi, e anche le sue possibilità

vengono usate solo per una piccola percentuale, fino alla vecchiaia gli possono bastare. È come se la Saggia Natura avesse calcolato che è meglio disabilitare l’uomo di una parte significativa del suo cervello e provvedere piuttosto a fargli avere delle solide riserve di resistenza.

Ma c’è un altro pericolo: l’insorgenza di un tumore al cervello a seguito di un’esposizione costante alle radiazioni elettromagnetiche. I produttori di cellulari e gli operatori di rete sono perfettamente a conoscenza del problema, ma non se ne preoccupano. Li preoccupano solo i guadagni. Gli utenti del telefono o non ne sono al corrente, o permangono in uno stato di cosiddetta “sicurezza da appartenenza alla mandria”. Del resto, tutti usano i cellulari. Non possono mica essere tutti idioti, è vero o no?

Ebbene, vi do una bella notizia: possono! L’uomo è in grado di rimanere quanto vuole in uno stato di euforia spensierata, senza prestare attenzione ai segnali di allarme, e ciò fino a che un problema non finisce per toccarlo specificatamente o fino a quando non gli diventa evidente che l’intera mandria era stato alimentata per la macellazione.

Fino agli anni Ottanta del secolo scorso tutti avevano accolto con entusiasmo la comparsa di materiali edilizi a basso costo a base di amianto. Agli avvertimenti degli esperti sulle proprietà cancerogene di questo minerale nessuno prestò attenzione e i produttori di amianto ebbero allora occasione di arricchirsi. In seguito furono registrati casi di tumori di massa ma l’industria dell’amianto era ed è un business multimiliardario e i produttori ebbero a lungo l’opportunità di “lobbyzzare” i loro interessi facendo il possibile per dimostrare l’“assoluta innocuità” del materiale.

Attualmente l’amianto è completamente vietato solo nei Paesi dell’Unione Europea. La guerra dell’amianto non è ancora finita. Perché? Perché il tempo non è ancora giunto. Il fatto è che i tumori si sviluppano in tempi molto lunghi, circa 35-40 anni. Se si considera che l’utilizzo dell’amianto ha raggiunto il suo apice alla fine degli anni Settanta inizio degli anni Ottanta,

non è difficile capire che il picco della diffusione dei tumori è ancora di là da venire, subentrerà tra il 2015 e il 2020. Il meccanismo a orologeria sta ancora ticchettando.

È evidente che le conseguenze della larga introduzione della comunicazione mobile affioreranno verso il 2035. Di che natura e portata saranno, nessuno ancora lo sa. La cosa peggiore è che si tratta di un esperimento su scala globale, condotto sull’intera umanità, e siccome le radiazioni elettromagnetiche, tra le altre cose, comportano cambiamenti genetici, è lecito supporre che tale folle esperimento coinvolga non solo la generazione presente ma anche quelle future, non ancora nate

Vadin Zeland Scardinare il sistema tecnogeno 

http://altrarealta.blogspot.it/

lunedì 18 luglio 2016

Trieste libera dall'Italia!



 di Gianni Lannes

L’obiezione fiscale, motivata, fa cadere o svela qualunque regime, anche quello farsesco retto dall'ineletto Renzi, per conto terzistraniero. 




Cittadine e cittadini di Trieste, ormai esasperati dalle istituzioni italiane si sono uniti ed hanno deciso di sospendere «i pagamenti di tutte le imposizioni fiscali dirette ed indirette dello Stato italiano, dei suoi organi, delle sue amministrazioni pubbliche e dei suoi concessionari di pubblici servizi». Essi sono i sostenitori di "Territorio Libero di Trieste" ed hanno insieme inoltrato alla Prefettura un testo, dove comunicano la loro: “dichiarazione di obiezione fiscale  motivata”.  I cittadini triestini sostengono a buon diritto nazionale e internazionale, inoltre la mancanza di sovranità dello Stato italiano, in quanto "finzione politico – giuridica", che non riconoscono come legittima.

  

Con il Trattato di Pace del 1947 l’Italia sconfitta dovette rinunciare alla sovranità su Trieste e sull'area contermine, che il Trattato costituì in nuovo Stato indipendente e plurilingue sotto garanzia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il Territorio Libero di Trieste - Svobodno tržaško ozemlje, Slobodni teritorij Trsta, Free Territory of Trieste, nuovo soggetto di diritto internazionale tra Italia e Jugoslavia, plurinazionale, smilitarizzato, esonerato dal pagamento del debito italiano e dotato di proprio seggio all'ONU. La popolazione residente acquisì pertanto la cittadinanza del Territorio Libero.
La cittadinanza, non a caso, è uno dei diritti fondamentali e inalienabili, e come tale non cancellabile, garantito dall'articolo 15 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.




I cosiddetti Alleati avevano così inteso rimediare al grave torto che la città di Trieste aveva subito alla fine della prima guerra mondiale, quando venne occupata militarmente dalle truppe italiane per essere poi annessa al Regno di Italia con il Trattato di Rapallo del 1920. Trieste, per oltre mezzo millennio città austriaca plurinazionale e principale porto della Mitteleuropa e tra i maggiori del Mediterraneo, nei primi 25 anni dell’occupazione italiana (definita dall'Italia “redenzione”) venne spogliata delle sue autonomie ed ai suoi abitanti venne tolta la cittadinanza austriaca (di nascita) ed imposta quella italiana senza diritto di autodeterminazione. Il tutto venne accompagnato da una dura “pulizia etnica” e dalla compressione graduale del suo Porto Franco a favore dei porti italiani concorrenti. 

Lo Status giuridico del Territorio Libero di Trieste, seppur diviso nelle due Zone A e B sotto amministrazione civile provvisoria rispettivamente dell’Italia e della Jugoslavia, non è mai stato modificato né dal Memorandum di Londra (puro passaggio dell’amministrazione militare temporanea del AMGFTT - Allied Military Government of The Free Territory of Trieste e jugoslava VUJA – Vojaška Uprava Jugoslovanske Armije, a quelle civili di Italia e Jugoslavia), né dal successivo Trattato italo-jugoslavo di Osimo del 1975, accordo bilaterale di spartizione del 1975 che non può abrogare quello costitutivo multilaterale del 1947.

Ed infatti il Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947 è valido anche per l’Italia che lo ha eseguito con il Decreto Legislativo 28 novembre 1947, numero 1430, e ratificato con la Legge numero 3054 del 25 novembre 1952, il cui articolo unico stabilisce che: “La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica Italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato”. 

La Legge 3054 del 25 novembre 1952 è diventata esecutiva con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale numero 10 del 14 gennaio 1953, ed è ad oggi in vigore quale legge della Repubblica Italiana.

L’articolo 21 comma 2 del Decreto Legislativo 1430 del 28 novembre 1947 stabilisce che: “La sovranità italiana sulla zona costituente il Territorio Libero di Trieste, così come esso è sopra definito cesserà con l’entrata in vigore del presente Trattato”.

Gli articoli 2 e 3 dell’Allegato VI del Trattato di Pace garantiscono “l’integrità e l’indipendenza” e la “smilitarizzazione e la neutralità” del Territorio Libero di Trieste, assicurate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, mentre gli articoli 4 e 5 il godimento dei “diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” e dei “diritti civili e politici” ai suoi cittadini riconosciuti in base all'art. 6 (cittadinanza).

In virtù delle sue stesse normative lo Stato italiano  ha affermato la propria inesistente sovranità sulla Zona A del Territorio Libero di Trieste  togliendo (nuovamente) a Trieste le sue autonomie e assoggettandola fiscalmente al pagamento del debito pubblico italiano, militarizzandola ed attuando una politica di graduale riduzione e dismissione del Porto Franco internazionale di Trieste a beneficio dei porti concorrenti della Penisola italiana.
 A Trieste esisteva l’unico vero Partito Socialista Internazionalista dei primi del ‘900, che auspicava l’Indipendenza per Trieste, pur di non correre il rischio di finire sotto l’Italia.

A metà del 1800 si formarono le prime correnti di indipendentismo moderno a Trieste, sull'onda della partecipazione dei Paesi tedeschi dello Zollverein nel finanziamento dei traffici del porto, del quale beneficiavano anch'essi.
Per 536 anni Trieste è stata nell'Impero austriaco, non era “sotto” ma sempre autonoma. Era “città immediata”, significa che era alla pari con l’Austria, la Boemia, il Tirolo e tutte le Regioni e Stati dell’Impero.

Prima era sempre stata libero Comune, a parte brevissimi periodi di dominazioni straniere, della Serenissima e del Patriarcato di Aquileia. A parte questi pochi anni, la città era libera ma confederata, sia con Bisanzio, che con il Sacro Romano Impero che con il Patriarcato e mai con la Serenissima nemica secolare e mortale.
Dopo la traduzione asseverata del Memorandum di Londra, un giudice italiano ha stabilito che nel 1954 la zona A del Territorio Libero di Trieste passò dall'amministrazione militare anglo-americana all'amministrazione fiduciaria civile del Governo Italiano, senza che l’Italia potesse estendere la sua sovranità sul territorio in questione. Il giudice ha poi affermato però contraddittoriamente che la sovranità è stata acquisita col Trattato di Osimo del 1975, e precisamente alla data della sua ratifica (aprile 1977). Ma ciò non corrisponde al vero. Il memorandum di Londra cede la sola amministrazione civile provvisoria al governo italiano (non alla repubblica), e il trattato di Osimo non vale un fico secco, anche perché non è mai stato ratificato dal parlamento italiano, ma soltanto da quello allora jugoslavo.

Il medesimo discorso vale anche per le Venezie, annesse a suo tempo con un con un finto plebiscito dai Savoia, ma soprattutto per il Mezzogiorno d'Italia.









fonte: https://sulatestagiannilannes.blogspot.it

sabato 16 luglio 2016

orizzonti ristretti

Di questi tempi, con la disoccupazione che dilaga in tutto l’occidente, e numerose famiglie che si vedono prive di una fonte di reddito, si parla inevitabilmente di “piena occupazione”. Ma siamo proprio sicuri che è questo, ciò di cui ha bisogno il mondo?

I casellanti delle autostrade, sono rimpiazzati da macchinette automatiche. Stesso discorso per i posteggiatori, nelle fabbriche, i robot svolgono il lavoro che in passato veniva effettuato da decine, centinaia di lavoratori. I distributori di carburante ormai sono sempre più spesso “self service”. Centinaia di migliaia di negozi, sono stati rimpiazzati da decine di migliaia di centri commerciali. 


E poi l’agricoltura: il trattore consente di fare velocemente e senza sforzo, quello che prima era un lavoro estenuante e faticoso. Certo, tutti devono procurarsi cibo, vestiti, oggetti ormai irrinunciabili come lo smartphone (sic!), mantenere casa, etc. Una fonte di reddito è senza dubbio necessaria per tutti. Ma non è detto che la soluzione sia quella della “piena occupazione”, anche perché il mondo è profondamente cambiato negli ultimi 50 anni. E l’automazione industriale ha fatto passi da gigante.

Guardate i livelli di automazione raggiunti dai magazzini di Amazon, dove gli ordini vengono prevalentemente evasi da robot. Siamo sicuri che ormai sia nuovamente possibile la “piena occupazione”? O meglio, che sia necessario lavorare tutti, per 1/3 o più delle nostre giornate?

La realtà è che la tecnologia, anziché conseguire il bene dell’umanità, è stata usata per conseguire il bene di pochi, pochissimi. L’automazione industriale non è stata sfruttata per ridurre i carichi, e magari l’orario di lavoro. E’ stata sfruttata a beneficio dei potenti, dei ricchissimi, che se in passato avevano bisogno di mille dipendenti, oggi con cento, o persino meno, sono in grado di effettuare lo stesso lavoro, gli stessi livelli di produttività, se non addirittura maggiori.


Anziché lavorare meno però, ci viene richiesto di lavorare di più! Il lavoro è sempre più malpagato, mentre i guadagni dei grandi gruppi, sono sempre più consistenti. A meno che non si vada a lavorare “per sport”, a meno che non decidano di farci andare a lavoro per tenerci occupati, e controllarci meglio, per mandare avanti il mondo oggi serve uno sforzo inferiore, rispetto al passato. Quello che occorre, è un cambio di PARADIGMA. Un cambio di “visione”. Lavorare meno, lavorare tutti, sarebbe oggi possibile. Anche se è una cosa così distante dalla società odierna, che molti nemmeno sembrano capirlo. E non solo sarebbe possibile lavorare meno, ma sarebbe possibile anche guadagnare meglio. 

Basterebbe che ci fosse una più equa ridistribuzione dei redditi e dei capitali. Quanta gente potrebbe vivere dignitosamente, ridistribuendo in modo appropriato le ricchezze possedute da poche decine di uomini? Persone come il magnate russo Roman Abramovich, per citare un nome noto tra tanti, che solo per farsi lo yacht, ha speso oltre 1 miliardo di euro: 1000 milioni di euro, pari ad 1 milione di stipendi da 1.000€, quello che un operaio guadagnerebbe lavorando 83.333 anni! E come lui, ce ne sono moltissimi. Anzi, Roman Abramovich è un “povero” rispetto alle ricchezze incredibili accumulate dai grandi banchieri, quelli che gestiscono a loro uso e consumo l’emissione monetaria.

Quello che occorre, è un cambio di Paradigma: invece i partiti, che ci conducono come PECORE, sono ancora li ad invocare la “piena occupazione”, roba che andava bene nel periodo della rivoluzione industriale. Un concetto ed un modello di società che deve essere superato. Ma non ne parlano, perché in questo modo restringono i nostri orizzonti, la maggioranza delle persone sono incapaci persino di immaginarla, una società dove la casa è un diritto, e non un lusso; una società dove istruzione e sanità, oltre ad essere gratuite, sono ai massimi livelli. Una società dove per vivere, è sufficiente dedicare 3-4 ore al lavoro. Una società dove nessuno vive per lavorare, ma tutti lavorano per vivere, salvo pochi sciroccati che, decidendo di dedicare la loro vita a lavorare, verrebbero presi per stupidi, almeno quanto un agricoltore che anziché coltivare un campo idoneo alle esigenze della sua famiglia, si mettesse a coltivare il doppio della terra, con grande sforzo, per produrre prodotti di cui non ha bisogno.

Siamo schiavi, molto più di quanto pensiamo…  


fonte: https://freeondarevolution.blogspot.it

strage ferroviaria: ecco i responsabili






di Gianni Lannes


Vite spezzate da irresponsabili politici e tecnici. 23 morti accertati, 4 dispersi e 51 feriti. Tranquilli, siamo nel belpaese privo di memoria sociale e di volontà di ribellione al peggio: passato il clamore della tragedia tutto tornerà a breve come prima, anzi peggio di prima, in attesa della prossima strage per vomitare ipocrisia.

Ora, nel frattempo, i soliti mass media ammaestrati e telecomandati da chi detiene il potere economico ed esercita il dominio sulle masse popolari, stanno dando in pasto all'opinione pubblica un capostazione, invece di individuare le precise responsabilità politiche. Certo un errore disumano, ma di chi, piuttosto, nel 2016 non ha consentito di realizzare i sistemi di sicurezza automatici. Così, i ferrovieri stanno ancora a farsi le telefonate come 60 anni fa, solo che il numero dei treni su quella linea è aumentato a dismisura: ben 196 convogli al giorno. 

C’è una «assoluta richiesta di capire i responsabili e fare totale chiarezza», ha dichiarato l'ineletto Renzi, con il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi che ha aggiunto come il Governo «non farà sconti a nessuno nell’accertamento delle responsabilità». Delrio, arrivato sul posto, ha assicurato la formazione di una «commissione d’indagine per capire le cause di questa tragedia che addolora tutto il Paese». Gli ineletti Renzi e Delrio devono dimettersi istantaneamente e chiedere scusa, prima di andare sotto processo. Come mai Renzi e Delrio non hanno risposto all’interrogazione parlamentare numero 4/00836 datata 12 giugno 2013 che sollevava la questione? E i presidenti di regione, ossia Vendola ed Emiliano perché hanno consentito che quel trattato ferroviario operasse in costante insicurezza?

Omicidi colposi, si, ma a carico di chi non ha fatto il proprio dovere politico e tecnico. Perchè a fronte dello stanziamento di fondi europei, non sono state realizzate le modifiche necessarie per rendere il sistema da telefonico a telematico? Chi sono i responsabili (politici, societari e tecnici) che non hanno compiuto il previstoupgrade?  
 
Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione dichiara: “disastro ferroviario in Puglia legato a corruzione”. Su tangenti “politica disinteressata. Su infrastrutture problema atavico legato a tangenti". La politica è interessatissima. Infatti, è proprio perchè i politicanti non si sono ancora messi d'accordo sulla spartizione delle tangenti, che l'appalto non è stato ancora assegnato.

Ferrotramviaria opera sulla tratta Bari-Barletta su concessione di Rfi. Su alcune delle linee date in concessione sono state previste delle deroghe dall’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi (Ustif), un’agenzia del Ministero dei Trasporti: questi nullaosta illegali consentono di circolare anche ai treni gestiti solo con il blocco telefonico. Il tratto tra Andria e Corato era uno di questi: le deroghe valevano finché non fossero stati installati i dispositivi di sicurezza, ma nei prossimi due anni. La tratta Bari-Barletta, comunque, è stata interessata negli ultimi anni da un vasto progetto di riammodernamento, finanziato in parte dall’Unione Europea e in parte dalla Regione Puglia. Metà della linea era stata attrezzata con i sistemi di controllo automatici. E per buona parte della linea, tra Bari e Ruvo di Puglia, era stato aggiunto un secondo binario. Entro il 2015 avrebbe dovuto essere raddoppiata l’intera tratta, ma ci sono stati dei burocratici ritardi.

Nella tratta dove è avvenuto lo scontro frontale dei convogli, non era operativo il Sistema controllo marcia treno (Scmt), un dispositivo che controlla se i macchinisti rispettano i semafori, le procedure corrette e i limiti di velocità. Se c’è qualcosa che non va, il Scmt invia un segnale al macchinista, e se il problema non viene risolto interviene automaticamente arerstando il treno. Il sistema è presente su quasi 12 mila chilometri della rete ferroviaria italiana, ma non è il solo: esistono altri dispositivi simili, come il Sistema Supporto Condotta (SSC), e in totale tutta la rete Rfi è coperta da un qualche tipo di sistema automatico di sicurezza. Sulla tratta dell’incidente, invece, non erano presenti questi sistemi. Il Scmt era installato sui treni, ma non funzionava perché non poteva dialogare con i binari della tratta di Ferrotramviaria, che sono troppo vecchi.

La politica virtuosa non è passerella o proclami altisonanti, ma risoluzione dei problemi in favore del bene comune.






fonte: https://sulatestagiannilannes.blogspot.it

giovedì 14 luglio 2016

la corsa degli invalidi

Il problema più serio della spina dorsale è l’ernia al disco che, secondo un parere diffuso, schiaccerebbe il nervo. Recentemente, però, alcuni dottori, esaminando attentamente l’anatomia della spina dorsale e del sistema nervoso (sot- tolineo esaminando attentamente!), hanno fatto una scoperta(!): pare che l’ernia al disco non possa essere considerata la causa dello schiacciamento del nervo perché ciò sarebbe anatomicamente impossibile! Non solo: i nervi non possono dolere. Il dolore è segnalato dalle terminazioni nervose, i ricettori.

Si potrebbe continuare ancora a lungo. Resta da tirare la seguente conclusione: il fatto che esistano opinioni e metodi di cura diametralmente opposti sta a indicare che la medicina ufficiale non ha idea di quale sia il nocciolo della questione e di come risolverla.

Sarebbe divertente se non fosse anche spaventoso, vero? Le cause di questa situazione (relative non alla malattia, ma alla medicina), sottolineate dagli stessi dottori, sono le seguenti:

• Specializzazioni mediche di stretto profilo.
L’uomo è un intero unico, e non un insieme di singoli meccanismi in base ai quali i medici si sono scelti la loro specializzazione. Pertanto l’organismo va percepito e curato come un intero unico. Ma un simile approccio non conviene alla medicina, poiché essa, come anche il sistema, non è interessata alla guarigione della persona. Alla medicina in quanto scienza interessa il processo stesso di cura, come una ricerca di laboratorio che si può continuare all’infinito. Alla medicina in quanto pratica medica, invece, interessa soprattutto il business.

• Approccio di cura legato ai sintomi.
Non è un segreto per nessuno che la maggior parte dei metodi di cura è indirizzata all’eliminazione dei sintomi e non delle cause della malattia. Le malattie croniche insorgono in seguito a delle diagnosi inesatte. Se la diagnosi non è corretta, la cura non può portare alcun risultato. La cosa interessante è che il dolore è, in generale, il sintomo primario, ma ad esso viene attribuito uno status di patologia che dà inizio alla cura. L’approccio è, si può dire, militaresco nella sua linearità: se c’è un dolore, lo curiamo.

• Approccio fisico-chimico quasi meccanico.
La maggior parte dei medici sostiene i metodi e gli approcci conservatori insegnati nelle università di medicina. La scienza della salute si occupa di “meccanismi e strutture”. Nella fattispecie essa afferma che i dolori alla schiena, alle spalle, al collo, alle anche, ai glutei, insorgono in seguito ad alterazioni funzionali o strutturali. Le interrelazioni tra testa e corpo non vengono prese in esame. Ciò che non si può studiare in laboratorio è considerato “non scientifico”. In prima fila nell’elenco delle cose “non scientifiche” finiscono le emozioni, poiché esse non si possono misurare.

Riguardo a quest’ultimo aspetto: sembrerebbe che tutti capiscano che l’espressione “tutte le malattie sono legate ai nervi” ha un fondamento, però ad esso non viene attribuita la giusta attenzione. Più in alto avevamo definito le cause dei dolori della schiena e del collo. Ma qual è la causa primaria responsabile dell’insorgenza di questi sintomi?

Un medico americano, il dottor John Sarno, dopo numerosi anni di ricerca è arrivato alla conclusione che la causa principale dell’origine del dolore alla schiena non è un disordine funzionale e nemmeno strutturale ma è costituita dalle emozioni represse. L’uo- mo moderno si trova in uno stato di stress continuo. Questo stato è diventato per lui quasi familiare, “normale”.

Ecco alcuni fattori responsabili dell’insorgenza di uno stato di stress:

La responsabilità al lavoro o nello studio.

La strada da percorrere per andare e tornare dal lavoro. 

I problemi finanziari.

Il cambio di professione o del luogo di residenza.

I problemi nelle relazioni con familiari e colleghi.

Gli insuccessi nella vita privata e nel lavoro.

Un senso troppo elevato di responsabilità.

Una motivazione interiore troppo forte, la necessità di essere i migliori, i primi.

In quest’elenco la responsabilità e la motivazione occupano le posizioni principali. Si tratta delle stesse mollette che il sistema attacca addosso all’uomo, da un lato per frustarlo, e dall’altro per frustrarlo, limitando la sua energia, la sua coscienza e la sua liber- tà, in altre parole, per “frenare il suo ardore”. Quando si accumu- la una massa critica di esperienze di questo tipo, si sviluppa ciò che John Sarno definisce sindrome da tensione muscolare (STM).

Lo stress emotivo cresce e si trasforma in stress fisico. L’ener- gia delle emozioni (soprattutto di quelle represse) non va via, non scompare, ma si traduce in deficit funzionale, in spasmo muscolare. Questo, a sua volta, porta a deficit strutturali, incri- natura della colonna vertebrale, ernia intervertebrale, eccetera.

Secondo il dottor Sarno, la sindrome da tensione muscolare non interessa la scienza accademica perché non si lascia dietro tracce causali. Le emozioni non possono essere messe in pro- vetta, pesate e misurate. I metodi dell’analisi medica, essendo soprattutto prove di laboratorio, non sono in grado di registrare l’effetto della sindrome da tensione muscolare.

La sindrome da tensione muscolare non compare solo come fenomeno ma svolge una precisa funzione di sostituzione del do- lore interiore, spirituale, con un dolore fisico, cosa che funge da causa prima dell’insorgenza di detto malessere.

L’uomo sopporta il dolore fisico più facilmente di quello interiore. Tanto più che il cervello è l’organo più importante del nostro corpo. Il cervello preferisce provare dolore fisico nel corpo piuttosto che esperienze negative nella sua coscienza. Finché l’attenzione è occupata dal dolore fisico, le emozioni represse non possono raggiungere il livello della coscienza. Tipica della sindrome da tensione muscolare è anche la reazione ritardata. Il dolore si può manifestare all’improvviso e non nel momento opportuno, per esempio durante una vacanza. Al lavoro la ten- sione emotiva di solito viene bruciata, mentre invece durante le vacanze non trova sbocco.

Il secondo fattore responsabile dell’insorgenza della sindrome da tensione muscolare è simile al primo: la coscienza umana tende a spingere tutti i problemi che la affliggono il più lontano possibile, in profondità, nel subconscio.

L’ansia, la rabbia, il senso di colpa, la responsabilità, la scarsa autostima, vengono relegati nel profondo dell’inconscio perché la coscienza non li vuole sentire e nemmeno dimostrare agli altri. Ma arriva il momento in cui il subconscio non riesce a contenere tutti questi carichi ed ecco allora che insorge la sin- drome da tensione muscolare.

In natura i problemi vengono risolti con semplicità e naturalezza: se si è spaventati, l’adrenalina comincia a circolare nel san- gue. Si corre via ed è passata la paura. Se si è arrabbiati, di nuovo l’adrenalina entra in circolo, ma se si danno un po’ di graffi ci si sente subito meglio. Nel sistema tecnogeno queste formule non funzionano. Il cervello e il sistema nervoso non sono adatti a vivere in un ambiente del genere. L’evoluzione non ha fatto in tempo a raggiungere questi livelli. L’attività fisiologica e fisica non è un problema. Ma cosa fare con le emozioni che non trovano sbocco, il cervello non lo sa, da qui prende inizio la reazione primitiva: sostituirle con un dolore fisico o una malattia.

I muscoli affetti da sindrone da tensione muscolare si trovano nella parte posteriore del collo, nella schiena, nei glutei. Pro- prio essi sono responsabili della corretta posizione della testa e del torso, e sono preposti a garantire l’efficiente funzionamento delle braccia. Il sistema sa dove appendere le sue mollette. Affinché la marionetta si muova com’è giusto, bisogna agganciarla e tenerla appesa per bene. Così le mollette mentali generano delle mollette di un altro tipo, quelle somatiche.

Si tratta di strette e vincoli assolutamente concreti. Le sen- sazioni di dolore costringono l’uomo a condurre uno stile di vita sedentario. Se qualcosa fa male, meglio non muoversi! E la persona perde la voglia di fare ciò che la potrebbe aiutare. Le mollette somatiche privano del movimento, fanno sedere in macchina, in poltrona, sul divano, davanti al televisore, al telefono al computer (sii in collegamento, sii nel sistema!). Il ciclo si è chiuso.

Non vorrei fare prognosi negative (anche se non ci occupiamo di previsione ma di osservazione consapevole), ma appare evidente che il sistema stringe il suo anello. Oltre all’ambiente aggressivo, opprimono continuamente la persona la tensione sociale, il senso di concorrenza, il senso di rivalità. Ne risulta un quadro eccentrico. La gente viene caricata di cibo sintetico, viene schiacciata da ogni parte, privata di movimento, e poi, dallo sportello socchiuso, le viene mostrato il fine, scintillante di lustrini. E viene dato inizio alla corsa degli invalidi.


Vadim Zeland- Scardinare il sistema tecnogeno 

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domenica 10 luglio 2016

i poteri del suono



È possibile creare il paradigma di una Natura “strutturata interamente in onde” o Teoria della vibrazione? John W. Keely passò tutta la vita a studiare la forza cosmica misteriosa liberata dai suoi apparecchi, ottenendo dei risultati che nessuno ha mai saputo replicare; il fondamento delle sue scoperte era la convinzione che le vibrazioni del Cosmo producessero una forma di musica, le cui ottave – opportunamente accordate – potessero liberare un’Energia inesauribile. Scrisse perfino un trattato dove spiegò, definì e ordinò le “40 leggi dell’Armonia”, da lui scoperte, dal quale traspare un Universo non solo “musicale”, ma perfettamente armonico e – di conseguenza - mai caotico…

Le sue invenzioni straordinarie dimostrarono che tutte le cose e le energie sono interconnesse; che ogni cosa è costruita da una semplice vibrazione fino ai più complessi accordi (usando i principi universali della sola vibrazione); che non esiste il Caos nell’Universo; che ogni cosa esiste in virtù dell’armonia tra le vibrazioni che fa che sia ciò che è; che tutte le cose sono intimamente connesse per mezzo della vibrazione simpatica.

Nell'Universo, dagli atomi alle galassie, tutto si trova in uno stato particolare di vibrazione. Anche ogni singola parte del nostro corpo ha una vibrazione che dev’essere armoniosa per mantenerci in salute; le malattie, infatti, si instaurano nel momento in cui viene alterata la frequenza vibratoria naturalmente perfetta di organi, tessuti e cellule di cui è composto il corpo umano. Ci sono anche vibrazioni più o meno armoniose che interagiscono a livello sottile tra corpo, mente e spirito.

In questo sistema perfetto, i suoni hanno un ruolo fondamentale nel corpo umano come in tutto il Cosmo; se una vibrazione può far ammalare o guarire, ma anche rompere un vetro, probabilmente può anche sollevare un peso. E questo dev’essere stato il primo ragionamento che portò lo scienziato americano John Worrell Keely a sperimentare il modo di sfruttare la risonanza per eliminare la forza di gravità.

Forse era anche a conoscenza del fatto che i lama di alcuni monasteri tibetani riescono a spostare pesanti rocce ad un particolare suono emesso dalle loro trombe. Strana “coincidenza”, che ciò avvenga proprio nei luoghi famosi per le recitazioni dei mantra alla particolare frequenza vibrazionale sintonizzata con il Cosmo. O forse Keely era semplicemente molto dotato intellettualmente e psichicamente, e questo gli aveva consentito di concepire strumenti basati su una forza energetica correlata all'armonia dei centri laya eterici.

Tuttavia, mentre su Nikola Tesla sono stati scritti moltissimi libri, non si parla praticamente mai di John Worrell Keely (i cui studi lo portarono a percorrere dei binari di ricerca non troppo lontani da quelli di Tesla) e oggi egli è praticamente dimenticato. Eppure, le invenzioni di Keely sono tuttora ancor più enigmatiche e controverse di quelle di Tesla, soprattutto per quanto concerne alcuni strani macchinari in grado di sollevare pesanti oggetti senza alcun intervento di forza fisica o meccanica. Tra l’altro, la maggior parte degli schemi e dei diagrammi sono scomparsi e i macchinari stessi furono quasi tutti distrutti dal suo inventore, che morì in povertà.




Reinvenzione di un’antica scienza

Keely fu un vero pioniere nella trasformazione dell’acqua in idrogeno e ossigeno - senza calore o elettricità - e riportò, un secolo fa, imprese così straordinarie che la scienza di oggi non è ancora in grado di replicare. Per mettere in moto i suoi macchinari, lavorò con il suono e altri tipi di vibrazioni e di onde. Il principio fondamentale era la risonanza, o vibrazione per simpatia.

Per liberare le molecole d’energia dall’acqua, ad esempio, Keely versava un quarto di litro d’acqua in un cilindro - all’interno del quale una specie di diapason emetteva un particolare suono - vibrando così all’esatta frequenza per liberare l’energia. C’è da chiedersi se in questo modo rompesse – separandole - le molecole d’acqua, liberando l’idrogeno, o se liberasse piuttosto una più primaria forma di Energia!

Qual’era la forma di Energia in grado di far funzionare le sue invenzioni? Si parlò perfino del Vril, la misteriosa forza cosmica cercata invano da Hitler, in grado di distruggere – in mani sbagliate – anche l’intero pianeta. Forse l’ambiente esoterico che Keely frequentava al suo tempo poté in qualche modo influire sulle sue intuizioni o sul suo lavoro.

Kelly mise a punto migliaia di apparecchiature, una più incredibile dell’altra e tutte basate sul principio della vibrazione per simpatia. Keely fu in grado di far restare a galla nell’acqua una sfera metallica di un chilo o di farla sollevare nell’aria solo mediante il suono emesso da un corno, così come di farla affondare o cadere emettendo una nota differente. Ma l’apparecchio che riassumeva tutte le caratteristiche degli altri, e che gli valse importanti sovvenzioni, fu il “Liberatore”, uno strumento in grado di liberare “forza eterica”, e che subì svariate modifiche per adattarsi alle più diverse applicazioni; il primo esemplare, costruito nel 1872, pesava oltre 22 tonnellate.

Nikola Tesla, Jules Verne e Tomas Edison furono sono alcuni dei testimoni della genialità di Keely, la cui fama spinse alcuni finanzieri a investire ben cinque milioni di dollari. Infatti, nel 1874, John Worrell Keely, insieme ad alcuni industriali di Philadelphia, fondò la Keely Motor Company, nata per la ricerca, la costruzione, la manifattura e il marketing del Keely Motor, un motore concepito e disegnato sui principi della vibrazione e delle forze latenti liberate durante l’implosione dell’acqua.

Nel 1878 riuscì anche a ridurre moltissimo le dimensioni del “Liberatore” (che passò così da 22 a 3 tonnellate), e col tempo arrivò a costruirne uno della dimensione d’una scatola di fiammiferi e un altro in grado di disintegrare il quarzo, vale a dire la roccia più dura al mondo…

La cosa fondamentale per il funzionamento delle sue invenzioni, al di là delle caratteristiche tecniche, era riuscire preventivamente a fissare l’accordo di massa, vale a dire: intonare le vibrazioni dell’apparecchio usato in quel momento, quelle delle persone presenti, degli oggetti della stanza, della stanza stessa, in modo che vibrassero tutti alla stessa ottava. Per questo scopo era necessaria una meticolosa preparazione prima di ogni esperimento: bisognava accordare tutto in modo che venisse prodotta “una” nota, solo quella!




Una propulsione antigravità

John Worrel Keely aveva inventato anche un sistema di propulsione basato su un vapore “polare” ricavato dall’acqua fredda e dall’aria completamente diverso da quello “caldo”, e molto più economico.

Nella primavera del 1890 riuscì a far alzare un modellino metallico di astronave del peso di 3 Kg. Keely affermava che eccitando la massa metallica d’una cabina volante di qualunque peso, questa può essere sospesa e propulsa grazie all’attrazione vibratoria negativa sviluppata, tenendola in “simpatia” con il vapore polare della Terra. Spiegava che bisognava trovare la connessione simpatica tra etere luminoso (o vapori del cielo), e vapori radianti (o terrestri) che, attraverso la loro interazione (tensioni solari contro condensazioni terrestri), causano la corrente polare e i fenomeni di questo genere.

Un giorno, mentre stava usando la cosiddetta “attrazione simpatica negativa” per far funzionare un macchinario, sperimentò per la navigazione aerea un’altra forza, un’“opposizione” all’“attrazione simpatica negativa” – pensando che poteva trattarsi della stessa forza che regola lo scostamento dei pianeti uno dall’altro. Secondo Keely, infatti, tale fenomeno poteva derivare probabilmente da semplice propulsione polare, benché l’avesse definito in altre occasioni come gravità.

Per spiegare questo concetto, dichiarò: 


“Il potere della propulsione terrestre e dell’attrazione celeste è di salire, mentre quello della propulsione celeste e dell’attrazione terrestre è di scendere. Certe vibrazioni polari o antipolari possono intensificare una o l’altra di queste qualità in modo da provocare il predominio di una delle due. Intensificare quella celeste causerà il sollevamento della massa metallica con una velocità proporzionale alla concentrazione della portata dominante sulle “terze” negative dei suoi accordi di massa, determinando così l’alta radiazione neutra insieme all’attrazione celeste. Un’astronave del peso di qualunque numero di tonnellate potrà, quando il mio sistema sarà completato, fluttuare nello spazio con un movimento lieve come una piuma o con la velocità di un ciclone. Con la forza del bombardamento corpuscolare i suoi movimenti potranno variare secondo il necessario per uso commerciale, ad ogni altezza desiderata e ad ogni velocità”.
I suoi arcani meccanismi - dotati di sfere metalliche (composte da oro-argento-platino), corni in ottone, canne d’organo e fili (che potevano essere dello stesso metallo delle sfere, o anche solo in seta) - furono visti funzionare dai numerosi spettatori intervenuti a molti espirimenti, e studiati senza successo dai suoi contemporanei che volevano scoprire qualche frode da parte dello scienziato. Ma nessuno seppe mai spiegarsi quale fenomeno facesse sollevare le sfere al suono di una sola (ma specifica) nota. A volte era un fischio, altre volte il suono cupo di un corno e questi suoni liberavano una forza straordinaria in grado di polverizzare o sollevare una roccia.

E fu proprio l’apparecchio in grado di disintegrare la roccia a determinare in qualche modo la fine della carriera di questo geniale inventore, peraltro molto sfortunato economicamente. Dopo anni di altalenante fortuna in un mercato ostile a idee come quelle di Keely - durante i quali finì anche sull’orlo del fallimento - e dopo aver ottenuto i finanziamenti per costruire uno strumento che avrebbe cambiato l’industria mineraria, entrò in conflitto con i suoi stessi sponsor, ai quali rifiutò di rivelare il segreto della misteriosa Energia da lui scoperta e impiegata. In un momento di collera, distrusse quasi tutte le sue invenzioni e gli schemi di costruzione, preferendo eclissarsi.

Le sue macchine, attualmente, funzionerebbero ancora? Che fine hanno fatto? Mistero. E anche la loro forza motrice, influenzata dall’esoterismo, rimane avvolta nel mistero. I documenti che potrebbero rispondere a questi quesiti sono andati incredibilmente persi, insieme ai disegni e agli schemi che permetterebbero di replicare i suoi macchinari.


Parallelismi con gli antichi

Parlando delle intuizioni che portarono John Worrel Keely a sfruttare un’Energia inesauribile (oltre che pulita e gratuita) grazie alle vibrazioni, non possiamo tuttavia evitare di ripensare alle affermazioni dell’ingegnere americano Christopher Dunn a proposito delle caratteristiche acustiche rilevate all’interno della Grande Piramide di Giza, e alla vera funzione della Piramide stessa, che sarebbe stata, secondo lui, un generatore di idrogeno (per non parlare dei riscontri di trivellazioni eseguite con tecniche sonar nella diorite e nel marmo, che non lasciano il benché minimo dubbio sul tipo di strumentazione usata dai costruttori della Grande Piramide).

Non possiamo poi non pensare alla Frequenza Shuman, ossia alla frequenza base della vibrazione terrestre, che potrebbe essere collegata alla Grande Piramide (in grado forse di impedire l’inversione dei Poli nel momento in cui la Terra raggiungesse il “Punto Zero”, ossia si fermasse) e alle tracce lasciate nella Grande Piramide dall’acqua nella Grotta sotterranea o del Caos, evidenze di una qualche attività “meccanica” di produzione di energia, del resto presente anche nella parte superiore dello Djed (o Zed) sapientemente “murato” all’interno della Piramide, per non liberare all’esterno l’energia prodotta. Una forza terribile, se messa in mani sbagliate. Era dunque davvero il Mash-Mak, la “miscela” energetica retaggio di quella razza “divina” sopravvissuta in parte in Egitto?

Levitazione e Universo MusicaleNel libro The Lost Techniques(traduzione dal titolo originale di Försvunnen Teknik), Henry Kjellson (era un ingegnere svedese costruttore d’aeroplani) raccontò la strabiliante esperienza di un medico svedese suo amico, il Dr. Jarl, il quale ebbe il privilegio di soggiornare in un lamastero tibetano, ospite di un alto Lama con cui aveva studiato molti anni prima a Oxford. Il Dr. Jarl ebbe così la possibilità unica d’imparare molte più cose di qualunque altro straniero, su certe “misteriose” conoscenze dei monaci tibetani.

Riuscì infatti a documentare e filmare come essi riuscissero a sollevare dei massi pesantissimi e a spostarli a 250 m d’altezza, usando unicamente la levitazione acustica. Vide con i suoi occhi un fenomeno che per le leggi fisiche note non poteva esistere: dei monaci suonavano diversi e specifici strumenti musicali al cui suono grosse pietre di peso diverso si sollevavano dal suolo. Bruce Cathie, a sua volta, descrisse l’esperienza del Dr. Jarl nel libro The Bridge to Infinity. Ecco una sintesi della descrizione del procedimento descritto nel libro di Kjellson:

I monaci, con 19 strumenti musicali – 13 tamburi e 5 trombe – si sistemavano a formare un arco di 90 gradi davanti al blocco di pietra. Gli strumenti avevano le seguenti misure:

- 8 tamburi misuravano 1 m di diametro X 1,5 m di profondità X 3mm di foglia d’acciaio, e pesavano 150 Kg;
- 4 tamburi misuravano 0,7 m di diametro X 1 m di profondità;
- 1 tamburo misurava 0,2 m di diametro X 0,3 m di profondità;
- Tutte le trombe misuravano 3,12 m X 0,3 m.

I tamburi erano tutti aperti sul fondo, montati su pali e rivolti verso i macigni; venivano suonati dai monaci che usavano grandi bastoni in cuoio. Dietro ogni strumento c’era una fila di monaci che cantavano e suonavano gli strumenti musicali per la durata di quattro minuti.

Appena il suono raggiungeva un certo livello, la grande pietra che avevano davanti si sollevava in aria e iniziava a dirigersi verso la rupe sovrastante, dove degli altri monaci l’avrebbero guidata verso il punto della sistemazione definitiva. La traiettoria durava circa tre minuti e i monaci, dopo il completamento dell’operazione, passavano al trasferimento della pietra successiva, procedendo al ritmo di 5 o 6 ogni ora. Ci fu una volta in cui una pietra si spaccò, a dimostrazione che la forza sonica può essere anche pericolosa e causare distruzione.

Per sollevare un blocco di granito a 250 m d’altezza, ci vuole normalmente un grande sforzo e quindi un’enorme quantità d’energia, in quanto il suo peso specifico è di 2.500-3.000 Kg per metro cubo.

Se ipotizziamo un peso di 2.750 Kg per m3, i macigni di 1,5 m3 dovevano pesare oltre 4 t, e di conseguenza per sollevare a 250 m d’altezza un blocco di 4 t dovrebbero servire circa 1.000 t di sforzo (4 t X 250 m = 1.000 t). Accurati calcoli (che hanno considerato la relazione tra peso, sforzo, misure, distanza e tempo) hanno dimostrato invece che, durante quei 3 minuti, sono stati utilizzati solo 52 kw!

L’analisi delle misure geometriche del processo di levitazione analizzate dal Dr. Jarl in Tibet, dimostrano che le distanze sono relative alla velocità della luce e ad altri fenomeni di risonanza terrestre.

I monaci stavano evidentemente sfruttando un’enorme fonte d’energia sconosciuta, per far levitare gli enormi blocchi di pietra, a meno che la gravità richieda meno forza di quanto crediamo. Ma poiché in quest’ipotesi ci sarebbe comunque la prova che non ne abbiamo ancora compreso i princìpi, la scienza ufficiale fece in modo di togliere di mezzo i due filmati della levitazione ripresi dal Dr. Jarl, che furono ufficialmente confiscati e secretati dalla società inglese per cui lavorava (e benché siano stati “liberati” nel 1990, sembrano essersi “volatilizzati”).

Negli anni ‘60 Henry Kjellson si guadagnò la reputazione d’essere una specie di Erich von Däniken svedese. Nel suo libro Seven nights on the crest of the Great Pyramid descrisse come riuscì a comunicare col suo Spirito Guida in cima alla piramide usando la “Tecnica di respiro tibetana”, scoprendo che 30.000 anni fa le piramidi venivano usate come laboratori o reattori nucleari.

Recentemente però è accaduto qualcosa che confermerebbe questa antica scienza. Alcuni scienziati cinesi hanno “scoperto” la levitazione mediante il suono, e cioè quella dei monaci tibetani. A Xi'an, nella Northwestern Polytechnic University, alcuni ricercatori sono infatti riusciti a sollevare piccole sfere di iridio e di mercurio (le sostanze chimiche più pesanti finora conosciute), usando esclusivamente gli ultrasuoni. C’è da chiedersi se il fatto che il Tibet sia stato occupato dalla Cina nel 1950, possa essere una mera coincidenza, o piuttosto la dimostrazione che i cinesi sono riusciti ad appropriarsi di qualche antico segreto tibetano.

I tibetani, comunque, non furono gli unici a conoscere anticamente la levitazione acustica. Secondo alcune leggende arabe giunte fino a noi, “gli antichi Egizi facevano volare le pietre, spostandole con il pensiero e con il suono”, lasciando intendere che avrebbero potuto usare questo sistema per costruire le piramidi. E d’altra parte i sacerdoti egizi erano depositari delle “Parole del Potere” insegnate dal dio Thot: se venivano pronunciate e intonate correttamente, le Parole del Potere avrebbero prodotto determinati risultati. Le Parole del Potere producevano dunque un modello tridimensionale in risonanza con l’etere, provocando un effetto desiderato o un’energia.



La Pietra di Shivapur

Ma forse la più interessante testimonianza della levitazione, ereditata da un lontano passato, è ancor oggi presente nel villaggio indiano di Shivapur, nel cortile all’esterno della moschea dedicata al Santo Sufi Qamar Alì Dervish, c’è una pietra cilindrica di oltre 60 Kg. Ogni giorno, durante la preghiera, undici fedeli la circondano mettendosi a ripetere il nome del santo fino a raggiungere una certa intensità acustica: a quel punto, gli undici uomini sollevano la pietra usando un solo dito ciascuno e poi, appena terminano la litania, fanno tutti un rapido balzo all’indietro, per evitare d’essere colpiti dalla pietra che a quel punto ricade a terra a peso morto.

A Bijbihara, a sud di Srinagar, la capitale del Kashmir, è custodita da tempo immemorabile la “Saing-i-Musa” (letteralmente: Pietra di Mosè), detta anche Ka Ka Pal. Si tratta di un “sasso” di 49 chili. Anche in questo caso, se undici persone mettono contemporaneamente un dito sulla base del macigno ripetendo una particolare cantilena (ka ka ka ka), la pietra si solleva da sola. Con un numero diverso di persone, non funziona. Secondo la leggenda, questa pietra simbolizza le undici tribù d’Israele - rimaste dopo che ne fu diseredata una, quella di Levi.

E nell’ambito della levitazione in campo spirituale, è forse ancor più misteriosa quella meditativa, cioè quella ottenuta dai fachiri indiani e dagli stregoni africani - in grado di sollevarsi dal suolo e rimanere sospesi per un certo tempo in assoluta immobilità. Dopo aver raggiunto un grado estremo di rilassamento e di distaccamento dal corpo, la mente di un soggetto immerso in tale meditazione riesce a trascendere la forza di gravità, con il risultato che il corpo inizia a fluttuare verso l’alto rimanendo in equilibrio ad una certa distanza da terra. Anche questo tipo di levitazione può considerarsi acustica, perché viene preceduta dalla recitazione di mantra (in India) o di particolari cantilene (in Africa) e mantenuta ad un particolare e costante “accordo” musicale mediante una respirazione “circolare”, adatta a produrre determinate vibrazioni nella mente e nell’etere.

Tutti questi fenomeni sovvertono ogni legge fisica conosciuta, lasciandoci intendere che ci sono molte Leggi che sfuggono ancora alla nostra comprensione, benché esistano al di là del fatto che ci crediamo o meno. La levitazione acustica - ovvero l’anti-gravità ottenuta per mezzo del suono - è sicuramente uno dei fenomeni quantici più affascinanti che l’uomo tenta di comprendere, usare e sfruttare.

Tratto da Misteria 


fonte: https://freeondarevolution.blogspot.it