sabato 31 gennaio 2015

la più bella del reame

qual è?
la dama di Milano? 
siamo intorno al 1470 e Piero del Pollaiolo ci mostra l'eleganza femminile in una posa destinata a rimanere nel tempo.
Piero del Pollaiolo Ritratto di donna di profilo ©Milano, Museo Poldi Pezzoli.

Piero del Pollaiolo Ritratto di donna di profilo ©Berlino, Staatliche Museen, Preußischer Kulturbesitz, Gemäldegalerie.

Piero del Pollaiolo Ritratto di donna di profilo ©New York, The Metropolitan Museum of Art, Bequest of Edward Harkness.

  Piero del Pollaiolo Ritratto di donna di profilo ©Firenze, Galleria degli Uffizi.

la più bella e delicata è la dama di Berlino, un volto splendido, un incarnato meraviglioso, una classe inarrivabile, un vestito da urlo. è vero però che la dama a noi più nota, quella del Poldi Pezzoli, è la meglio dipinta in quanto a particolari, dettagli e colori. la dama di Berlino ha qualcosa di incompiuto, come un disegno del volto non del tutto portato a termine, sbiancato e pallido.
la dama di Milano ha un'acconciatura capolavoro, con quei gioielli che ne sottolineano la linea, con quella veletta a coprire l'orecchio. la posizione è quasi di tre quarti intravedendosi la linea che solca il seno, dividendolo, e il gioiello che ne esalta il decoltè. 
le altre due, di New York e di Firenze perdono ampiamente in bellezza, l'ultima davvero poco avvenente. rimangono i sorprendenti dettagli degli abiti, dei gioielli e dei capeili ma i volti si fanno rossicci, congestionati e lo sfondo troppo acceso.
ad ogni modo, lo assicuro, viste insieme sono strepitose, un'espressione di maestria e senso estetico di grande levatura.
la mostra al Poldi Pezzoli, LE DAME DEI POLLAIOLO: UNA BOTTEGA FIORENTINA DEL RINASCIMENTO 7/11/2014 - 16/2/2015, è a sua volta un piccolo gioiello di perfezione. piccola, spiegata meravigliosamente bene, dettagliata e curata, un visita di grandissimo godimento. si impara a conoscere l'arte di questi due talentuosi fratelli, così vicini, così lontani. raccogliendo varie tipologie di opere - come dipinti, disegni, sculture anche sacre -, la mostra mette in luce la passione artistica dei fratelli Pollaiolo, così come la diversità di tecniche sperimentate nella loro bottega. visitando la mostra si può scoprire l’innovativa lettura critica proposta dai curatori relativamente alle diverse competenze e tendenze dei due artisti: mentre Piero viene presentato come l’assoluto maestro della tecnica pittorica, Antonio viene celebrato per il suo indiscutibile primato nella scultura e per l’ingegno delle composizioni. risulta infatti l’arte pittorica di Antonio, vigorosa e carica d’energia anche nel disegno, e quella di Piero, più meticolosa e materica, attenta ai dettagli, alle sfumature e alle trasparenze. Antonio scolpisce volti e corpi in esplosione, nudi, fortissimi, tesi muscolarmente. splendide alcune sue sculture presentate, sembra di trovarsele in mano tanto si espandono. Piero è colmo di grazia e di sguardi elevati, la sua leggerezza coglie l'assoluto della bellezza. una mostra davvero fortunata e fortunato chi la vede.
Antonio del Pollaiolo e Betto di Francesco Betti Croce d’argento del Tesoro di San Giovanni Battista ©Firenze, Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore.
Antonio del Pollaiolo Battaglia di dieci uomini nudi ©Chiari, Fondazione Morcelli Biblioteca Reposs.


Antonio del Pollaiolo Ercole ‘scoppia’ Anteo Ercole e l’Idra di Lerna ©Firenze, Galleria degli Uffizi.
   Piero del Pollaiolo Apollo e Dafne ©Londra, National Gallery.
 Antonio del Pollaiolo Ercole ‘scoppia’ Anteo ©Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

fonte: nuovateoria.blogspot.it

la congiura dei Pazzi

Girolamo Macchietti (ignoto) ritratto di Lorenzo Medici


Sandro Botticelli, ritratto di Giuliano Medici


Leonardo da Vinci, disegno del cadavere di Bernardo di Bandino Baroncelli (1479)

La Congiura dei Pazzi, conclusa il 26 aprile 1478, fu il tentativo eseguito da alcuni membri dalla ricca famiglia di banchieri della Firenze del Rinascimento, i Pazzi appunto, di stroncare l'egemonia dei Medici con alcuni aiuti esterni. La congiura si concluse con l'uccisione di Giuliano de' Medici e il ferimento di Lorenzo il Magnifico, che si salvò solo grazie alla sua destrezza.

I componenti della famiglia Medici, da sempre al centro della politica cittadina, hanno subito almeno una congiura per generazione: Cosimo de' Medici venne esiliato per motivi politici per un anno, mentre suo figlio Piero scampò per miracolo a un'imboscata tesagli da Luca Pitti sulla via per Careggi, e così anche le generazioni successive, Leone X avrebbe dovuto essere ucciso dal suo medico, istruito da un gruppo di cardinali a lui avversi, e Cosimo I rischiò di essere impallinato al passaggio del suo corteo davanti a Palazzo Pucci. La "congiura dei Pazzi" fu però l'unica congiura che riuscì nell'intento di eliminare un componente della famiglia e portò conseguenze durevoli, in giornate concitate che rimasero indelebili nella memoria dei fiorentini che vi parteciparono.

Presupposti

Dal 1469 la città era di fatto retta dai figli di Piero (scomparso quell'anno), Lorenzo e Giuliano, che allora avevano rispettivamente venti e sedici anni. Lorenzo seguiva attivamente la vita politica con lo stesso metodo di suo nonno Cosimo, cioè senza ricevere incarichi diretti ma controllando tutte le magistrature e i punti chiave attraverso uomini di fiducia.

Non è chiaro se l'idea di una congiura nacque a Firenze dalla famiglia Pazzi o piuttosto a Roma, nella mente del loro più importante alleato, Papa Sisto IV. In ogni caso l'idea di eliminare fisicamente i signori di fatto della città catalizzò tutta una serie di figure a loro avverse, che si organizzarono nella congiura vera e propria.

Con l'elezione al soglio pontificio di Sisto IV Della Rovere (1471), il nuovo papa, sfrenato nepotista, aveva manifestato infatti l'interesse ad impadronirsi dei ricchi territori fiorentini per i suoi nipoti, tra i quali il nobile Girolamo Riario, e per le sue costose opere a Roma (come l'abbellimento e riorganizzazione della Biblioteca Vaticana da lui promosso). Egli inoltre vedeva con occhio sfavorevole le mire espansionistiche dei Medici verso la Romagna.

Il papa aveva anche già manifestato la sua opposizione ai Medici, esautorandoli dall'amministrazione delle finanze pontificie in favore della famiglia dei Pazzi, appunto. Essi sostenevano davanti a Lorenzo che questo cambio di preferenza era dovuto solo ai loro meriti commerciali, non a scorrettezze, ma Il Magnifico probabilmente aspettò il momento giusto per vendicarsi di questo smacco commerciale. Tenere le finanze pontificie infatti portava enorme prestigio e ricchezza, sia dalle commissioni sui movimenti, sia dallo sfruttamento delle miniere di allume dei Monti della Tolfa, in territorio pontificio presso Civitavecchia, le uniche allora conosciute in Italia, garantendo il monopolio di questo insostituibile fissante per la tintura dei panni e per i colori delle miniature.

Quindi i Pazzi e il papa erano in stretta alleanza a Roma, ma ancora l'idea di una congiura non doveva essersi manifestata, anzi le due famiglie fiorentine, sebbene rivali, erano anche imparentate dopo il matrimonio tra Guglielmo de' Pazzi e Bianca de' Medici, sorella di Lorenzo, nel 1469.

La scintilla che accese gli animi viene di solito individuata nella questione dell'eredità di Beatrice Borromei, moglie di Giovanni de' Pazzi. Nel 1477, dopo la morte del suo ricchissimo padre Giovanni Borromei, Lorenzo fece promulgare una legge retroattiva che privava le figlie femmine dell'eredità in assenza di fratelli, facendola passare direttamente ad eventuali cugini maschi. Così Lorenzo evitò una notevole crescita del patrimonio dei Pazzi.

La frattura tra le due famiglie si manifestò rapidamente, anche quando Lorenzo rinfacciò ai Pazzi di aver prestato trentamila ducati al papa affinché suo nipote si impossessasse della Contea di Imola, così pericolosamente a ridosso dei territori fiorentini, prestito che il Banco Medici aveva già rifiutato e che egli aveva chiesto di non fare a nessun banco fiorentino.

Fu probabilmente in quel periodo (1477 circa) che la congiura prese piede, soprattutto ad opera di Jacopo e Francesco de' Pazzi. Ad essi si aggiunse Francesco Salviati, arcivescovo di Pisa, in attrito coi Medici che avevano tramato per non dargli la cattedra fiorentina favorendo invece un loro congiunto, (Rinaldo Orsini). La guida di Firenze liberata sarebbe dovuta spettare a Girolamo Riario.

Il papa si premurò di trovare altri appoggi esterni: la Repubblica di Siena, il Re di Napoli, oltre alle truppe inviate dalle città di Todi, di Città di Castello, di Perugia e Imola (tutti territori pontifici). Il pontefice raccomandò di evitare spargimenti di sangue, ma questo suggerimento venne ignorato dai congiurati: i due Medici infatti dovevano essere eliminati fisicamente. Il braccio dell'azione, inteso come responsabile dell'omicidio o con stratagemmi o di suo pugno, era rappresentato da Giovan Battista Montesecco, sicario di professione.

Recentemente è stata scoperta, dal professor Marcello Simonetta, una lettera cifrata che prova con certezza il fondamentale coinvolgimento di Federico da Montefeltro, Duca d'Urbino, nella congiura, e Lorenzo non sospettò mai di lui.

Sabato 25 aprile 1478

Originariamente il piano prevedeva di uccidere i due rampolli della famiglia Medici, Lorenzo e Giuliano, durante un banchetto che essi avevano organizzato alla Villa Medici di Fiesole il 25 aprile, tramite l'uso di veleno che Jacopo de' Pazzi e il Riario avrebbero nascosto in una delle libagioni destinate ai due fratelli. L'occasione del banchetto era data dall'elezione a cardinale del diciottenne Raffaele Riario, forse ignaro delle trame dei congiurati (in realtà forse avvisato dallo zio Sisto IV). I Pazzi si erano di recente imparentati con i Medici, tramite il matrimonio della sorella di Lorenzo e Giuliano, Bianca de' Medici con Guglielmo de' Pazzi. Quel giorno però un'indisposizione improvvisa di Giuliano rese vana l'impresa che fu rimandata al giorno successivo, durante la messa in Santa Maria del Fiore.

Domenica 26 aprile 1478

La domenica l'ignaro cardinale Riario Sansoni invitò tutti alla messa in Duomo da lui officiata, come ringraziamento della festa organizzata il giorno prima in suo onore. Alla messa si recarono i Medici e i congiurati, con l'eccezione però del Montesecco, che si rifiutò di colpire a tradimento dentro un luogo consacrato. Vennero allora ingaggiati in fretta e furia due preti in sostituzione: Stefano da Bagnone e il vicario apostolico Antonio Maffei da Volterra.

Essendo però Giuliano ancora indisposto, Bernardo Bandini (il sicario destinato a Giuliano) e Francesco de' Pazzi decisero di andare a prenderlo personalmente. Nel percorso dal Palazzo Medici a Santa Maria del Fiore, i cronisti ricordano come i congiurati abbracciassero a tradimento Giuliano per vedere se indossasse una cotta di maglia sotto le vesti, ma egli a causa di un'infezione ad una gamba era uscito senza indossare il solito giaco sotto le vesti, che lo proteggeva, e senza il suo "gentile", nome scherzoso con il quale usava chiamare il suo coltello da guerra, che gli sbatteva contro la gamba ferita. Quando arrivarono in chiesa la messa era già iniziata.

Al momento solenne dell'elevazione, mentre tutti erano inginocchiati, si scatenò il vero e proprio agguato: mentre Giuliano cadeva in un lago di sangue sotto i colpi del Bandini, Lorenzo, accompagnato dall'inseparabile Angelo Poliziano e dai suoi scudieri Andrea e Lorenzo Cavalcanti, veniva ferito di striscio sulla spalla dagli inesperti preti e riusciva a entrare in sacrestia, dove chiuse le pesanti porte e si barricò. Il Bandini si avventò, ormai in ritardo, e sfogò la sua foga su Francesco Nori, che interpose il suo corpo tra l'omicida e Lorenzo, sacrificando la sua vita e dando la possibilità a Lorenzo di fuggire.

Giuliano venne sepolto in San Lorenzo, in quella che sarà la Sagrestia Nuova di Michelangelo. A un sopralluogo nella sua tomba condotto nel 2004 fu ritrovato il suo teschio con i segni di un profondo taglio nella testa. Un frammento di camicia insanguinata è stato a lungo ritenuto un brandello della camicia indossata da Giuliano de’ Medici al momento dell’uccisione in duomo. Come tale fu inserito in una teca ed esposto nel Museo Mediceo allestito in Palazzo Medici Riccardi: solo recentemente è stato dimostrato trattarsi di un brandello dell’abito del duca Alessandro, assassinato nel 1537. Attesta però, quasi reliquia laica, il perdurare del potere evocativo della Congiura che si era proposta di cambiare la storia fiorentina.

La vendetta popolare di Lorenzo

Jacopo de' Pazzi aveva completamente sbagliato la valutazione della risposta della popolazione fiorentina. Quando si presentò in Piazza della Signoria con un gruppo di compagni a cavallo gridando "Libertà!" invece di essere acclamato venne assalito dalla folla in un incontenibile movimento popolare che dal Duomo a tutta la città si accaniva contro i congiurati.

Le truppe del papa e delle altre città che attendevano appostate attorno a Firenze, al suono delle campane sciolte si insospettirono e lo stesso Jacopo de' Pazzi uscì dalla città portando la notizia del fallimento, per cui non fu sferrato nessun attacco.

L'epilogo fu molto doloroso per i Pazzi e per i loro alleati tanto che entro poche ore dall'agguato Francesco, ferito nell'agguato e rifugiatosi nella sua casa, e l'arcivescovo di Pisa Francesco Salviati penzolavano impiccati dalle finestre del Palazzo della Signoria. Al grido di "Palle, palle!", ispirato al blasone dei Medici, i Palleschi scatenarono infatti una vera e propria caccia all'uomo in città, che fu feroce e fulminea.

Pochi giorni dopo anche Jacopo de' Pazzi veniva impiccato, e anche il suo congiunto, non responsabile della congiura, Renato de' Pazzi, e i loro corpi gettati nell'Arno. Bernardo Bandini riuscì a fuggire dalla città, arrivando a rifugiarsi a Costantinopoli, ma venne scovato e consegnato a Firenze per essere giustiziato il 29 dicembre 1479. Il suo cadavere impiccato venne ritratto da Leonardo da Vinci. Giovan Battista da Montesecco, sebbene non avesse partecipato all'esecuzione della congiura, venne arrestato e, dopo essere stato sottoposto alla tortura, rivelò i particolari della macchinazione, compreso il coinvolgimento del papa, che egli additò come il principale responsabile. Fu decapitato. I due preti assassini vennero catturati pochi giorni dopo e linciati dalla folla: ormai tumefatti e senza orecchie, giunsero al patibolo in Piazza della Signoria e vennero impiccati.

Lorenzo non fece niente per mitigare la furia popolare, così fu vendicato senza che le sue mani si macchiassero di colpe. I Pazzi vennero tutti arrestati o esiliati e i loro beni confiscati. Fu proibito che il loro nome comparisse su alcun documento ufficiale e vennero cancellati tutti gli stemmi di famiglia dalla città, compresi quelli che erano presenti su alcuni fiorini coniati dal loro banco, che furono riconiati.

Riappacificazione

In un primo momento il papa scomunicò la città di Firenze, ma successivamente si trovò isolato quando Ferrante d'Aragona appoggiò Lorenzo, che si era recato personalmente a Napoli.

Lorenzo colse così l'occasione per serrare il potere nelle sue mani: subordinò infatti le assemblee comunali e la struttura della Repubblica a un consiglio di 70 membri, in larga parte persone di sua fiducia, che doveva rispondere solo a lui.

Uno dei più antichi e famosi resoconti della vicenda fu scritto in latino da Angelo Poliziano stesso, che aveva assistito direttamente ai fatti.

In seguito Lorenzo riuscì a pacificarsi sia con Alfonso che con papa Sisto: in entrambi i casi usò la cultura e l'arte come ambasciatori di Firenze e della sua necessaria libertà e indipendenza: partirono così per Napoli Giuliano, Benedetto da Maiano e Antonio Rossellino, mentre un gruppo di artisti fiorentini affrescò a Roma la nuova Cappella Sistina tra il 1481 e il 1482.

fonte: Wikipedia

ciao Maurizio



« Quando morirò non cambierà nulla per la musica italiana. Spero di cambiare qualcosa per la musica celeste.»

(Maurizio Arcieri)

STAGIONI FUORI TEMPO

giovedì 29 gennaio 2015

Almamegretta



è un gruppo musicale napoletano formatosi nel 1988.

La loro musica è una miscela di alternative rock, reggae, dub, canzoni napoletane e nenie arabe. SOno tra gli artisti con il maggior numero di riconoscimenti da parte del Club Tenco, con tre Targhe Tenco, ed il gruppo più premiato in assoluto.

Il gruppo

Gli inizi

Nel 1988 Gennaro Tesone (Gennaro T, alla batteria) insieme a Giovanni Mantice (Orbit, alla chitarra), Gemma (al basso) e Patrizia Di Fiore (alla voce), conosciuta attraverso un'inserzione su un giornale, formano il gruppo Almamegretta. Agli inizi il gruppo suona con discreto successo nei locali di Napoli, tra cui lo storico Diamond Dogs, un Rhythm and blues psichedelico con i testi in inglese.

Ma quasi immediatamente Patrizia Di Fiore abbandona il gruppo; dopo la defezione Gennaro T e Mantice riformano il gruppo nel 1991, con l'inserimento di Gennaro Della Volpe (Raiz) alla voce, proveniente da un gruppo beat/ska e, tramite questi, di Paolo Polcari (Pablo) alle tastiere. Con Raiz inizia il lavoro di traduzione dei testi in italiano e di ri-arrangiamento dei pezzi già realizzati in chiave reggae e funky.

Al gruppo si aggiunge Massimo Severino al basso, e con questa formazione gli Almamegretta partecipano all'edizione 1991 di Arezzo Wave. Dopo l'esibizione al festival il gruppo si impegna in un lungo periodo di prove, e dopo un cambio di formazione, Tonino Borrelli sostituisce Severino al basso, inizia le session di registrazione del primo EP Figli di Annibale.

Tra il 15 e il 19 settembre 1992 incidono Figli di Annibale per l'etichetta Anagrumba e iniziano il loro tour in giro per l'Italia. Il disco contiene quattro canzoni: Figli di Annibale, Sanghe e anema, 'O bbuono e 'o malamente e Pace dalle sonorità marcatamente dub: tre di queste saranno poi riarrangiate e ripubblicate nell'album Animamigrante.

Il disco esce alla fine del 1992 accolto positivamente dalla critica.

Animamigrante

Nel 1993, durante la fase di produzione del primo album Animamigrante, conoscono Stefano Facchielli (D.RaD) che dapprima collabora con il gruppo come fonico e poi entra nella band come membro a tutti gli effetti, come soundman e dubmaster. Al basso entra Mario Formisano, bassista dub-funky napoletano conosciuto anche con il nome d'arte "4mx" datogli dallo stesso Raiz. Formisano resterà nella band fino al 1998 per rientrare nel 2002 e diventarne componente storico. Nel 1994 il disco, prodotto da Ben Young, vince la Targa Tenco come miglior opera prima.

The Napoli Trip

Ben Young fa ascoltare Animamigrante ai Massive Attack che propongono agli Almamegretta di remixare un loro brano, Karmacoma, tratto dall'album Protection: nasce così Karmacoma (The Napoli Trip), inserito nell'EP Karmacoma e pubblicato il 20 marzo 1995.

Vengono così in contatto con Adrian Sherwood, produttore della On-U Sound. Alla fine del 1994 registrano il loro secondo album, Sanacore, tra Procida e Napoli: il missaggio è affidato a Sherwood. Il disco esce nel 1995 e viene seguito da un tour italiano con oltre 80 date; All'album collabora anche Giulietta Sacco (con Angela Luce una delle più note interpreti della canzone napoletana) che canta nella tammurriata Sanacore. Il disco viene premiato con la Targa Tenco come miglior disco in dialetto.

Pappi Corsicato gira il videoclip del brano Nun Te Scurda', il singolo tratto dall'album. Nel 1995 Giovanni Mantice esce dalla band.

Nel 1996 esce la raccolta Indubb che contiene brani già editi ma rivisitati in chiave dub, remixati oltre che dagli Almamegretta stessi anche da Bill Laswell, Adrian Sherwood, Scorn e Frequecies. Il 1997 vede la collaborazione con Pino Daniele alla registrazione del brano Canto do mar, presente nell'album Dimmi cosa succede sulla terra del cantautore napoletano.

Il terzo album degli Almamegretta, Lingo del 1998 e prodotto e registrato a Londra, si avvale della collaborazione di molti artisti, tra cui Pino Daniele, Laswell, Pasquale Minieri, Tommaso Vittorini, Eraldo Bernocchi e Count Dubulah, bassista dei Transglobal Underground.

Il primo disco completamente prodotto dalla band e mixato da D.RaD è 4/4 (2000), registrato negli studi milanesi di Mauro Pagani, le Officine Meccaniche e che vede ospiti, oltre a Pagani stesso, Dubulah e la cantante Sainkho Namtchylak.

Nel 2000 la canzone 'O sciore cchiù felice, tratta da Sanacore, fa parte della colonna sonora del lungometraggio del regista angloindiano Tarsem Singh, The Cell, con Jennifer Lopez. Paolo lascia la band e si trasferisce a Londra.

Il 2001 è l'anno di pubblicazione di Imaginaria, con cui il gruppo si aggiudica per la seconda volta la Targa Tenco per il miglior disco in dialetto e la cui copertina vince l'"Italian Grammy Awards" per il miglior progetto grafico. Il 31 dicembre gli Almamegretta suonano davanti a 70.000 persone a Napoli, in piazza del Plebiscito, per il concerto di Capodanno. L'intensa attività dal vivo in 10 anni di carriera viene sintetizzata nell'album live del 2002, Venite! Venite! che contiene anche due inediti registrati in studio con Mauro Pagani.

Lasciano la BMG e creano una loro etichetta, la Sanacore, con cui pubblicano nel 2003 il lavoro successivo Sciuoglie 'e cane, che vede come cantanti Patrizia Di Fiore e Lucariello al posto di Raiz che ha nel frattempo abbandonato il gruppo per tentare la carriera solista. Collaborano alla registrazione del disco Marco Parente e Francesco Di Bella dei 24 Grana.

La morte di D.RaD

Nel 2004 dopo il loro primo video-singolo Preta d'oro parte il tour invernale che subisce una triste battuta d'arresto la notte tra il 31 ottobre e il 1º novembre quando, in un incidente stradale, muore a Milano Stefano Facchielli alias "D.RaD", colui che ha creato il sound "Alma". Il tragico evento mette in seria discussione il futuro dell'intero progetto Almamegretta, che si decide tuttavia di proseguire, considerando questa scelta come un omaggio a Stefano. Il 29 dicembre all'Auditorium Parco della Musica di Roma si tiene un concerto per D.RaD, riassunto poi in un "Istant Cd", che vede la partecipazione di molti amici: Ash, Patrizia Di Fiore, Massimo Fantoni, Mario 4mx Formisano, Fefo, Greg Ferro, Lucariello, Gianni Mantice, Sergio Messina, Pasquale Minieri, Marco Parente, Raiz, GennaroT, Zaira Zigante.

Nel 2005 pubblicano il doppio album Sciuoglie 'e cane live 2004, tratto da una serie di istant CD registrati durante il tour del 2004, che è anche l'ultima testimonianza che documenta il contributo di D.RaD agli Almamegretta.

Nel 2006 esce l'album strumentale Dubfellas e nel 2008 l'album Vulgus.

2009

Nel 2009 esce il nuovo CD Vulgus (Sanacore/Arealive - distr. Edel), ricco di ospiti tra cui Horace Andy, Gaudi e Raiz. Nel tour dello stesso anno, Indub Tour 2009, gli Almamegretta si presentano dal vivo con due nuovi componenti: Marcello Coleman alla voce (che resterà nella band come cantante anche negli album e tour successivi) e Neil Perch, membro fondatore degli Zion Train, alla postazione di dubmaster.

2010

Il 23 aprile è uscito l'album Almamegretta presents DubFellas vol.2 (Sanacore/Arealive - distr. Edel). Un nuovo capitolo del viaggio Almamegretta nell'universo Dub. È un album che mette in primo piano l'approccio sperimentale e di ricerca tipico del Dub. Anche in quest'album gli Almamegretta si avvalgono della collaborazione di Neil Perch (Zion Train) e dell'apporto vocale di Marcello Coleman, di Julie Higgins aka Princess Julianna e di Raiz. Sempre nel 2010 partecipano, con Raiz, alla colonna sonora di Passione (film dedicato alla canzone napoletana diretto da John Turturro) con un remake di Nun Te Scurda'.

2011

Nel 2011, per festeggiare i 20 anni di vita del gruppo, gli Almamegretta decidono di organizzare un tour, con tappe anche in Europa, intitolato «1991-2011: venti anni di dub!». Aspetto particolare è che per l'evento la band è accompagnata, in alcune tappe, da uno dei membri storici, Raiz; insieme propongono i pezzi che hanno fatto la storia del gruppo.

2013

Partecipano al Festival di Sanremo 2013, classificandosi al 14º posto, con i brani Mamma non lo sa ed Onda che vai, grazie alla novità introdotta in questo festival che prevedeva un'esibizione doppia alla prima serata. Il primo dei due brani viene scelto per il prosieguo della manifestazione attraverso la votazione sia del pubblico a casa, con valenza del cinquanta per cento, sia di una giuria di qualità composta da giornalisti, con valenza del restante cinquanta. Il 15 febbraio 2013, durante la serata Sanremo Story, si esibiscono sul palco del Teatro Ariston con il brano Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano, insieme a Marcello Coleman, Clementino e James Senese. Poiché nel 2009 Raiz si era convertito all'ebraismo e poiché l'esibizione coincideva col Venerdì sera, lo Shabbat (il giorno sacro agli Ebrei), come osservante non poteva svolgere alcuna attività lavorativa, dato che tale precetto religioso inizia con il calar della sera il venerdì per concludersi al tramonto di sabato. Tuttavia si giunse al compromesso di far esibire il gruppo in assenza dello stesso Raiz. Nel 2013 esce l'ultimo album degli Almamegretta Controra, con la collaborazione di James Senese , Enzo Gragnaniello e Gaudi.

Formazione

Formazione attuale

Gennaro T (vero nome Gennaro Tesone, nato a Giugliano il 13 dicembre 1956) - batteria (1988-)

Pablo (vero nome Paolo Polcari, nato a Napoli il 22 gennaio 1969) - tastiere (1991-2000 e 2006-)

Fefo (vero nome Federico Forconi) - chitarra (1999-2002 e 2005-)

4mx (vero nome Mario Formisano) - basso (1993- 1998 e 2002-)

Raiz (AKA Reeno, vero nome Gennaro Della Volpe, nato a Napoli il 22 aprile 1967) - voce (1991-2003 e collaborazione nel 2011)

Marcello Coleman - voce (2009-)

Ex componenti

Giovanni Mantice (AKA Orbit o Orbital) - chitarra (1988-1994 e 2002-2005)

Patrizia Di Fiore - voce (1988-1990 e 2003-2004)

Massimo Severino - basso (1991-1992)

Tonino Borrelli - basso (1992-1993)

D.RaD (vero nome Stefano Facchielli, nato a Roma il 23 giugno 1966 e morto a Milano il 1º novembre 2004) - campionatore ed effetti (1993-2004)

Ash (vero nome Andrea Nicoletti) - basso (1999-2000)

Lucariello (vero nome Luca Caiazzo, nato a Napoli il 9 giugno 1977) - voce (2003 - 2008)

Zaira (vero nome Zaira Zigante) - voce (2004-2008)

Marina Mulopulos - voce (2006-2008)

Neil Perch - dubmaster (from Zion Trian per InduB Tour 09)

Discografia

Album

1993 - Animamigrante (Anagrumba/CNI/BMG, GDL 05018)
1995 - Sanacore (Anagrumba/CNI/BMG, GDL 07040)
1996 - Indubb (CNI, GDL 08060)
1998 - Lingo (CNI, GDL 10102)
1999 - 4/4 (CNI, GDL 11157)
2001 - Imaginaria (CNI, GDL 13199)
2002 - Venite! Venite! (live con 2 inediti - BMG)
2003 - Sciuoglie 'e cane (Sanacore)
2004 - Sciuoglie 'e cane live 2004 (doppio live - Sanacore)
2006 - Dubfellas (Sanacore)
2008 - Vulgus (Sanacore/Arealive, distr. Edel)
2010 - Dubfellas vol.2 (Sanacore/Arealive, distr. Edel)
2013 - Controra (con Raiz, e con la partecipazione di James Senese, Enzo Gragnaniello e Gaudi)

EP

1993 - Figli di Annibale (Anagrumba/CNI, GDS 501)
1994 - Fattallà (Anagrumba/CNI/BMG)
1996 - Sanacore Re-Prises (Anagrumba/CNI/BMG)
2010 - Drop & Roll[8] (Sanacore Records/Edel)

Singoli

1994 - Remix (Sudd/Sole) (CNI)
1995 - Nun te scurda' (Anagrumba/BMG, edizione fuori commercio)
2001 - Fa'ammore cu'mme (RCA/BMG)
2010 - Nun te scurda' (Passione version) (Sanacore/Kiver)

Collaborazioni

1993 - Bisca/99 Posse/Almamegretta - Sott'Attacco Dell'idiozia (Century Vox/Sony)
1993 - Senza Tetto Non Ci Sto (con il bano Slow Heart Rubba Dub Style, compilation)
1995 - Massive Attack - The Karmacoma EP (con il brano Karmacoma: the Napoli trip, remixata da Ben Young)
1995 - Canti sudati (con una versione inedita di 'O sciore cchiù felice, mixata da Adrian Sherwood)

Remix

1996 - La Crus - Remix (con il brano Lontano)
1998 - The different you, Robert Wyatt e noi (con il brano Re-born again cretin)
2009 - What Have You Done? The Remixes (Musicaoltranza Digital)

Videografia

1993 - Sole (regia di Alex Infascelli)
1994 - Fattallà (regia di Kevin Ridley)
1995 - Nun te scurdà (regia di Pappi Corsicato)
1995 - Sanacore tour 1.9.9.5. Live in Napoli (registrazione del concerto a Napoli del 27/09/1995)
1998 - Black Athena (regia di Paolo Scarfò)
1998 - Gramigna (regia di Paolo Scarfò)
1998 - Suonno (regia di Ago Panini)
1999 - OreMinutiSecondi (regia di Ago Panini)
2000 - Sempre
2000 - Riboulez Le Kick (regia di Paolo Scarfò)
2001 - Fa' ammore cu'mme (regia di Fabrizio Trigari)
2002 - Due (regia di Francesco Menghini e Juan Gambino)
2003 - Preta D'Oro
2008 - High And Dry
2010 - Didn't leave nobody (regia di Gianluca catania)
2011 - Drop & Roll (realizzato da Capta studio)

Premi

1993: Premio Lo Straniero 1993 per la Musica
1994: Targa Tenco per la "Migliore opera prima" con Animamigrante
1995: Targa Tenco per la "Migliore opera in dialetto" con Sanacore
2001: Targa Tenco per la "Migliore opera in dialetto" con Imaginaria

fonte: Wikipedia

SANACORE

referendum 2011



I referendum abrogativi del 2011 si sono tenuti in Italia il 12 e 13 giugno 2011.

L'elettore ha avuto la facoltà di votare per uno o alcuni dei quesiti referendari. Affinché ciascuno dei quattro referendum fosse valido, era richiesta la partecipazione al voto, per il rispettivo quesito, del 50% più uno degli aventi diritto. Con la maggioranza di SÌ sono state abrogate le norme sottoposte a referendum. Se avesse ottenuto la maggioranza il NO, sarebbero rimaste in vigore le norme oggetto del quesito.

Gli elettori chiamati al voto erano 47 118 352 (22 604 349 di sesso maschile e 24 514 003 di sesso femminile), più 3 300 496 elettori residenti all'estero. Il quorum da raggiungere per la validità della consultazione era del 50% più uno degli aventi diritto, cioè 25 209 425 elettori, quorum poi raggiunto con il totale del: 54,81% (primo quesito), 54,82% (secondo quesito), 54,79% (terzo quesito), 54,78% (quarto quesito) dei residenti in Italia e dei residenti all'estero.

L'iniziativa referendaria

I quesiti sui servizi idrici derivano da un'iniziativa civica promossa dal Forum Italiano dei movimenti per l'acqua, una rete che raggruppa numerosissime associazioni e che gode del supporto esterno dei principali partiti politici della sinistra radicale e ambientalisti. I referendum sull'energia nucleare e sul legittimo impedimento sono stati promossi su iniziativa dell'Italia dei Valori.

La calendarizzazione

Da calendarizzare, secondo legge, tra il 15 aprile e il 15 giugno, i referendum abrogativi sono stati infine fissati per il 12 e 13 giugno.

In un primo momento, era stato proposto l'accorpamento al primo turno (15-16 maggio) o al turno di ballottaggio (29-30 maggio) delle elezioni amministrative. Tuttavia il ministro degli Interni Roberto Maroni ha optato per la divisione delle due consultazioni, dichiarando che «il referendum si svolgerà il 12 e 13 giugno secondo una tradizione italiana che ha sempre distinto le due date». A favore dell'accorpamento si sono dichiarati invece i comitati promotori e l'opposizione parlamentare, denunciando una evitabile spesa di 300 milioni di euro.

I quesiti

Primo quesito

Colore scheda: rosso

Titolo:

Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione.

Descrizione:

Il quesito prevede l’abrogazione della norma che consente di affidare la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica a soggetti scelti a seguito di gara ad evidenza pubblica, consentendo la gestione in house solo ove ricorrano situazioni del tutto eccezionali, che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato.

Secondo quesito

Colore scheda: giallo

Titolo:

Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma.

Descrizione:

Il quesito propone l’abrogazione parziale della norma che stabilisce la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, nella parte in cui prevede che tale importo includa anche la remunerazione del capitale investito dal gestore.

Terzo quesito

Colore scheda: grigio

Titolo:

Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare.

Descrizione: Il quesito propone l’abrogazione delle nuove norme che consentono, sia pure all’esito di ulteriori evidenze scientifiche sui profili relativi alla sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore, di adottare una strategia energetica nazionale che non escluda espressamente la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare.

Quarto quesito

Colore scheda: verd

Titolo:

Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.

Descrizione:

Il quesito propone l’abrogazione della disciplina differenziata del legittimo impedimento a comparire in udienza, applicabile ai soli titolari di cariche governative.

Interventi legislativi e modifica del terzo quesito sul nucleare

La normativa sulla ripresa dell'energia nucleare in Italia è contenuta nella legge n. 99/2009 e nel decreto legislativo n. 31/2010..

Il testo del quesito referendario su cui sono state raccolte le firme faceva quindi riferimento a tale normativa.

Nel mese di marzo, nel corso della campagna referendaria e a seguito del disastro nucleare di Fukushima, in Giappone, il governo ha emanato il decreto legge n. 34/2011, il cui articolo 5 ("Sospensione dell'efficacia di disposizioni del decreto legislativo numero 31 del 2010 ") include una moratoria di un anno sull'avvio del programma nucleare.

In seguito, grazie all'introduzione di un emendamento al decreto omnibus 2011, convertito in legge il 26 maggio, il governo Berlusconi IV intende modificare ulteriormente la normativa vigente, ovvero il precedente decreto di marzo, oggetto anche del terzo quesito referendario.

L'emendamento, abrogando diverse disposizioni, fra cui quelle relative alla realizzazione di nuove centrali nucleari. concede al governo di tornare eventualmente in seguito sulla questione dell'uso dell'energia nucleare in Italia una volta acquisite "nuove evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea", attraverso l'adozione, entro dodici mesi, di una "strategia energetica nazionale" che non nomina né esclude, quindi, l'eventuale ricorso all'energia nucleare stessa.

In base all'art. 39 della legge 352/1970 sui referendum, "se prima della data dello svolgimento del referendum, la legge, o l'atto avente forza di legge, o le singole disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, l'Ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative di voto in merito non avranno più corso".

L'intento del governo, come dichiarato da Silvio Berlusconi, era quello di non permettere lo svolgimento del referendum sul nucleare, poiché influenzato dai recenti avvenimenti in Giappone:

« Se fossimo andati oggi a quel referendum, il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. Abbiamo introdotto questa moratoria responsabilmente, per far sì che dopo un anno o due si possa tornare a discuterne con un'opinione pubblica consapevole. Siamo convinti che il nucleare sia un destino ineluttabile »

Il 1º giugno 2011 l'ufficio centrale per il referendum costituito presso la Cassazione ha tuttavia stabilito che - pur alla luce dell'emendamento presentato dal governo - il referendum sul nucleare debba essere comunque svolto e che debba essere relativo al testo normativo risultante dalla modifica operata dal decreto omnibus. La Cassazione ha trasferito il quesito abrogativo sulle disposizioni di cui all'articolo 5 comma 1 e 8 dl 31/03/2011 n.34, convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n.75: tenendo conto dell'abrogazione parziale contenuta nel decreto omnibus, la Corte ha stabilito che il referendum concernerà le ultime disposizioni legislative ancora in vigore. Nelle motivazioni adottate a maggioranza dall'ufficio centrale per il referendum, appare come le nuove norme sono in "manifesta contraddizione con le dichiarate abrogazioni" e come si "dà luogo a una flessibile politica dell'energia che include e non esclude anche nei tempi più prossimi la produzione a mezzo di energia nucleare". Il comma 1 dell'articolo 5 "apre nell'immediato al nucleare (solo apparentemente cancellato)".

Lo stesso 1º giugno 2011 il governo Berlusconi IV ha dato mandato all'avvocatura dello Stato di intervenire all'udienza del 7 giugno della Corte costituzionale sull'ammissibilità del nuovo quesito, al fine di "evidenziare l'inammissibilità della consultazione", poiché il referendum "avrebbe a questo punto un oggetto del tutto difforme rispetto al quesito in base al quale sono state raccolte le firme", e perché non sarebbe di tipo abrogativo, ma consultivo o propositivo. La corte costituzionale ha confermato all'unanimità l'ammissibilità del quesito.

Posizione delle principali forze politiche

Partiti rappresentati in Parlamento

Partito Primo quesito Secondo quesito Terzo quesito Quarto quesito Fonti

Alleanza per l'Italia  NO NO SÌ SÌ

Futuro e Libertà per l'Italia libertà di voto libertà di voto libertà di voto libertà di voto

Italia dei Valori SÌ SÌ SÌ SÌ

Lega Nord libertà di voto libertà di voto libertà di voto libertà di voto

Movimento per le Autonomie  SÌ SÌ SÌ SÌ

Partito Democratico SÌ SÌ SÌ SÌ

Popolo della Libertà astensione astensione astensione astensione

Radicali Italiani libertà di voto libertà di voto SÌ SÌ

SVP  SÌ SÌ SÌ SÌ

Union Valdôtaine SÌ SÌ SÌ libertà di voto

Unione di Centro NO NO libertà di voto SÌ

Partiti senza rappresentanti in Parlamento

Partito Primo quesito Secondo quesito Terzo quesito Quarto quesito Fonti

Federazione della Sinistra SÌ SÌ SÌ SÌ

Fiamma Tricolore SÌ SÌ libertà di voto astensione

Forza Nuova SÌ SÌ SÌ SÌ

La Destra SÌ SÌ SÌ astensione

Movimento 5 Stelle  SÌ SÌ SÌ SÌ

Partito Comunista dei Lavoratori SÌ SÌ SÌ SÌ

Partito Socialista Italiano SÌ SÌ SÌ SÌ

Partito Pensionati SÌ SÌ SÌ SÌ

Sinistra Critica SÌ SÌ SÌ SÌ

Sinistra Ecologia Libertà  SÌ SÌ SÌ SÌ

Verdi SÌ SÌ SÌ SÌ

Cariche istituzionali

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato che avrebbe partecipato ai referendum: Io sono un elettore che fa sempre il suo dovere. Non ha espresso intenzioni di voto.

Il presidente del Senato Renato Schifani ha sottolineato la "sacralità" di ogni forma di partecipazione democratica e che si sarebbe recato a votare nella sua città, Palermo.

Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha dichiarato che sarebbe andato a votare.

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dichiarato che non sarebbe andato a votare.

Abrogazione delle norme

Le norme oggetto di referendum sono state formalmente abrogate con decorrenza 21 luglio 2011 da quattro D.P.R. promulgati il 18 luglio 2011, rispettivamente n. 113, 116, 114 e 115.

Tuttavia, l'articolo 4 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, approvato dal Governo Berlusconi, pur con diversa formulazione, va a reintrodurre le norme abrogate dal primo quesito, escludendo però, oltre ai servizi che già non vi rientravano (distribuzione di gas naturale, distribuzione di energia elettrica, servizio di trasporto ferroviario regionale, gestione di farmacie comunali), anche il servizio idrico integrato che è stato il principale oggetto della campagna referendaria.

Il 20 luglio 2012 la Corte costituzionale ha giudicato incostituzionale l'articolo 4 della legge 138/11 (di cui sopra) con la seguente motivazione:

« [La legge] viola il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall’articolo 75 della Costituzione »

e ancora:

« Nonostante l’esclusione dall’ambito di applicazione della nuova disciplina del servizio idrico integrato risulta evidente l’analogia, talora la coincidenza, della norma impugnata rispetto a quella abrogata dal voto popolare, nonché l’identità della ‘ratio’ ispiratrice. Tenuto, poi, conto del fatto che l’intento abrogativo espresso con il referendum riguardava pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica non può ritenersi che l’esclusione del servizio idrico integrato, dal novero dei servizi pubblici locali ai quali una simile disciplina si applica, sia satisfattiva della volontà espressa attraverso la consultazione popolare. »

e infine:

« L’affidamento ai privati è una facoltà e non un obbligo. »

La Corte stabilì inoltre che questa sentenza annulla anche le disposizioni contenute nel primo pacchetto di riforme economiche del marzo 2012 (cresci-Italia) volute dal Governo Monti in materia di privatizzazioni.

La sentenza potrebbe annullare alcuni provvedimenti nella successiva legge di riordino della spesa pubblica (spending review) del luglio 2012, sempre voluta dal governo Monti.

fonte: Wikipedia


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martedì 27 gennaio 2015

guerra di trincea



Per guerra di trincea s'intende un tipo di guerra di posizione nella quale la linea del fronte consiste in una serie di trincee. Questo genere di combattimento venne adottato per la prima volta durante la guerra di Crimea (1854); fu l'ingegnere russo Eduard Ivanovič Totleben ad introdurre questo schema difensivo. Successivamente si ricorse a tattiche difensive basate sulla trincea nella Guerra di secessione americana e nel conflitto russo giapponese (1904-1905). La guerra di trincea conobbe il suo apice nei sanguinosi combattimenti della prima guerra mondiale: solamente durante la battaglia di Verdun (febbraio-dicembre 1916) 700.000 soldati vennero feriti o uccisi, senza che la linea del fronte mutasse in maniera sostanziale. Più di recente, anche la guerra tra Iran e Iraq (1980 - 1988) fu, parzialmente, una guerra di trincea.

Antefatti

Trincee d'avvicinamento (tracciate in nero) durante l'assedio di Philippsburg nel 1676
L'impiego di fortificazioni è antico quanto la guerra stessa. Prima del secolo XIX, però, le ridotte dimensioni degli eserciti e la portata limitata delle armi rendevano impossibile difendere fronti molto estesi. Le grandi linee fortificate dell'antichità (come il limes romano o la muraglia cinese) erano volte principalmente a rendere difficoltoso il superamento dei confini, non ad impedirlo.

Nonostante la veloce evoluzione sia delle tecniche di fortificazione che degli armamenti nei secoli che vanno dal XIII al XVIII, nemmeno l'introduzione di nuove armi offensive quali l'arco lungo o il moschetto, o addirittura dell'artiglieria modificò in maniera sostanziale questa situazione: le fortificazioni richiedevano sempre un gran numero di uomini per poterle difendere efficacemente. Le unità di piccole dimensioni non avevano la potenza di fuoco necessaria a fermare un attacco.

Il ricorso a trincee precede il secolo XIX; si trattava di una tecnica impiegata soprattutto durante gli assedi: erano gli assedianti a predisporre trincee, in modo da portare artiglieria e truppe il più possibile a ridosso delle mura della città assediata, in vista di un attacco o per dar modo agli zappatori di scavare una galleria di mina. Già nel medioevo venivano talvolta impiegate anche in battaglie campali, per offrire difesa ad una linea di truppe appiedate armate in maniera leggera (per esempio arcieri o balestrieri).

Origine della guerra di trincea

Il presupposto per la guerra di trincea fu la nascita dell'esercito di leva, introdotto dalla rivoluzione francese. Sino ad allora gli eserciti erano troppo piccoli per poter difendere a lungo territori molto estesi. Per questo le battaglie avevano durata limitata, o si trasformavano in assedi. Gli eserciti di leva, per le loro stesse dimensioni, rendevano difficoltoso tentare di aggirare l'avversario, e per questo la tattica preferita era quella di un attacco frontale da parte della fanteria o della cavalleria, appoggiate dall'artiglieria. Ma l'evoluzione tecnica delle armi da fuoco, con l'avvento in particolare della mitragliatrice, rese sempre più difficile l'applicazione di questa tattica. La guerra di secessione americana iniziò con tattiche mutuate dalle guerre napoleoniche, ma terminò con battaglie che anticipavano gli orrori della prima guerra mondiale.

Le fortificazioni da campo assunsero un'importanza sempre più rilevante. Esse consistevano in cavalli di frisia costruiti con tronchi appuntiti, che avevano la stessa funzione più tardi assolta dal filo spinato. Il "Gatling gun" era il precursore della mitragliatrice. La battaglia di Gettysburg dimostrò che un attacco frontale ad una linea fortemente difesa non aveva possibilità di successo e il ricorso alle trincee divenne generalizzato nell'ultima fase della guerra: nell'assedio di Petersburg (1865) vennero scavati 85 km di trincee.

I fattori principali di questa evoluzione erano due:

l'introduzione delle armi a retrocarica, che consentiva anche ad un numero limitato di soldati di sviluppare un'importante potenza di fuoco: di conseguenza un piccolo gruppo di difensori, adeguatamente coperto, era in grado di respingere un attacco di truppe numericamente molto superiori. Lo sviluppo delle armi automatiche rafforzò ulteriormente il vantaggio tattico dei difensori. I fucili a retrocarica non erano solo in grado di sparare più velocemente, ma, muniti di canna rigata, avevano una gittata e una precisione impensabile solo pochi anni prima, e che teoricamente raggiungeva il chilometro.
venne intensificato l'impiego di ostacoli difensivi (prima i cavalli di frisia, successivamente il filo spinato) che non avevano lo scopo di uccidere o fermare il nemico, ma piuttosto di rallentarne l'avanzata, esponendolo per un tempo maggiore al fuoco dei difensori.
Negli anni successivi alla guerra civile americana un'ulteriore evoluzione fu la nascita della moderna artiglieria. I cannoni moderni divennero rapidamente una delle armi più micidiali presenti sui campi di battaglia. Questi sviluppi divennero ancora più marcati nella guerra russo-giapponese del 1904-1905, dove i fronti composti da trincee divennero lunghi centinaia di chilometri.

La guerra di trincea nel primo conflitto mondiale

Se i primi episodi di guerra di trincea si verificarono durante la guerra di secessione americana (1861-1865) e durante la guerra russo-giapponese (1904-1905), è durante la prima guerra mondiale che la guerra di trincea si diffuse su larga scala costituendone sicuramente il capitolo più terribile e sanguinoso. Le novità introdotte dall'evoluzione delle armi da fuoco e di grandi eserciti di leva avevano modificato in maniera drammatica la natura stessa della guerra, ma la dottrina militare non aveva compreso appieno gli effetti e l'estensione di tale cambiamento. Allo scoppio della prima guerra mondiale i comandi militari avevano pianificato un conflitto di breve durata, non molto diverso dalle guerre precedenti.

Ma subito ci si accorse che era possibile respingere un attacco anche disponendo di una copertura molto limitata. Gli attacchi frontali comportavano perdite drammatiche, per cui si riteneva che solo un aggiramento sui fianchi desse qualche possibilità di vittoria. La battaglia della Marna fu appunto il tentativo delle forze franco-inglesi di aggirare le armate tedesche. Questi tentativi di reciproco aggiramento proseguirono con la cosiddetta corsa al mare.

Ma una volta giunti sulle coste della Manica, non esistevano più possibilità di manovra. Ben presto si formò un sistema di trincee ininterrotto, dalla Svizzera al mare del Nord. Il fronte occidentale sarebbe rimasto praticamente fermo per più di tre anni, sino alle offensive di primavera del 1918.

La zona compresa tra le trincee avversarie era chiamata terra di nessuno. La distanza tra le trincee variava a seconda del fronte. Sul fronte francese era, generalmente, di 100 - 250 metri, anche se in alcuni settori (per esempio nei pressi di Vimy) era di soli 25 metri. Dopo il ritiro tedesco sulla linea Hindenburg, la distanza media crebbe sino a più di un chilometro, mentre sul fronte di Gallipoli, in qualche punto, le trincee non distavano più di 15 metri, rendendo possibili degli scontri basati sul lancio di bombe a mano.

Struttura delle trincee

Gallipoli: un soldato britannico osserva oltre il parapetto della trincea servendosi di un periscopio
Le trincee venivano quasi sempre scavate seguendo una linea a zig zag, che divideva la trincea in settori, a loro volta uniti da trincee trasversali di collegamento. Non esistevano tratti rettilinei di lunghezza maggiore di 10 metri. In questo modo, qualora una parte della trincea fosse stata conquistata dal nemico, questi non avrebbe avuto modo di colpire d'infilata il resto della trincea e inoltre se avveniva un'esplosione al suo interno, con questa struttura essa non si propagava oltre. Inoltre questo schema costruttivo riduceva gli effetti di quei proiettili d'artiglieria che colpivano direttamente la trincea. Il lato della trincea rivolto al nemico era chiamato parapetto. Generalmente era munito di un gradino che consentiva di sporgersi oltre il bordo della trincea. I fianchi della trincea erano rinforzati con sacchi di sabbia, tavole, filo di ferro o spinato; il fondo era ricoperto di tavole in legno.

La seconda linea di trincee era munita di bunker. Quelli britannici erano scavati in genere ad una profondità che variava tra i 2,5 e i 5 metri, mentre quelli tedeschi erano realizzati generalmente a profondità maggiori, e comunque non inferiori ai quattro metri. Talvolta erano realizzati su più livelli, collegati tra loro con scale in cemento.

Per rendere possibile l'osservazione della linea nemica, nel parapetto erano aperte delle feritoie. Poteva semplicemente trattarsi di una fessura tra i sacchi di sabbia, talvolta protetta da una lastra d'acciaio. I tiratori scelti impiegavano munizioni speciali per forare queste piastre. Un'altra possibilità era quella di impiegare un periscopio. A Gallipoli i soldati alleati svilupparono un particolare "fucile a periscopio" che rendeva possibile colpire il nemico senza esporsi al fuoco avversario.

Vi erano tre metodi per lo scavo delle trincee. Il primo consisteva nello scavare una trincea, contemporaneamente, in tutta la sua lunghezza. Era il metodo più efficiente, perché consentiva di operare con molti uomini su tutta la lunghezza della trincea. Ma se si trattava di una trincea in prima linea, gli uomini sarebbero stati allo scoperto di fronte al fuoco nemico. Pertanto questo metodo veniva impiegato solo lontano dalla prima linea o di notte. La seconda possibilità era di allungare una trincea già esistente. In questo caso vi erano solo 1 o 2 uomini a scavare, ad un estremo della trincea. Chi scavava era in questo modo sufficientemente coperto. Lo svantaggio era che si trattava di un metodo molto lento. Il terzo metodo consisteva nello scavare una sorta di tunnel, di cui alla fine si faceva crollare la copertura. Secondo i manuali dell'esercito britannico, per scavare una trincea di 250 metri erano necessarie sei ore di lavoro da parte di 450 uomini. Una volta terminata, una trincea necessitava comunque di una continua manutenzione, per rimediare ai danni provocati dalle intemperie e dal fuoco nemico.

Tipologia delle trincee nella prima guerra mondiale

La tipologia delle trincee cambiava nei diversi fronti di guerra. Sul fronte dolomitico e carsico tra Italia e Austria, ad esempio, il tipo di terreno non rendeva possibile lo scavo di fossati profondi, cosicché si utilizzavano come fortificazioni ammassi rocciosi, mucchi di sassi e a volte dei bassi muretti costruiti a secco oppure in cemento.

Inoltre, la differenza tra le trincee esprimeva anche le diverse strategie e i diversi approcci alla guerra delle forze in campo. Ad esempio sul fronte occidentale l'esercito tedesco aveva intenzione di rimanere il più possibile nei territori francesi e belgi conquistati: per tale motivo furono allestite delle trincee con alloggi più curati. La strategia delle truppe inglesi era invece quella di avanzare verso la Germania, e pertanto le trincee inglesi furono costruite senza particolari attenzioni agli alloggi delle truppe. Sul fronte italiano, da un lato gli austriaci non ebbero problemi a costruire delle solide fortificazioni in cemento armato, dall'altro gli italiani dovettero costruire i propri ricoveri con maggiori difficoltà, a guerra già avviata e sotto il bombardamento nemico.

Nelle Fiandre, dove si svolsero alcune delle più estenuanti battaglie della prima guerra mondiale, le particolari condizioni resero particolarmente difficoltosa la costruzione delle trincee, in particolare ai britannici, le cui posizioni si trovavano, generalmente, in zone pianeggianti. In taluni settori del fronte, infatti, la falda acquifera si trovava a non più di un metro di profondità: al di sotto di quella profondità le trincee erano immediatamente allagate. Per questo, inizialmente, alcune trincee erano poco profonde, ma dotate di parapetti molto alti costruiti con sacchi di sabbia. Più tardi si rinunciò addirittura a costruire il fianco posteriore, in modo che, qualora una parte della trincea fosse stata espugnata dal nemico, fosse possibile colpirla da una trincea più arretrata.

Il sistema delle trincee

All'inizio della guerra la dottrina militare britannica prevedeva un sistema di trincee organizzato su tre linee comunicanti tra loro tramite trincee di collegamento. I punti dove si congiungevano trincee principali e trincee di collegamento erano pesantemente difesi, per via della loro importanza. Le trincee più avanzate, di norma, erano presidiate in forza solamente nelle prime ore del mattino e la sera, mentre durante il giorno vi rimanevano solo pochi uomini. Circa 60 - 100 metri dietro la prima linea si trovavano le trincee d'appoggio (ingl. travel trench), dove si ritiravano le truppe quando cominciava il fuoco dell'artiglieria. Dietro le trincee d'appoggio, tra i 250 e 500 metri, si trovavano le trincee di riserva, nelle quali si radunavano le truppe di riserva per un contrattacco se le linee di trincea più avanzate fossero state conquistate dal nemico.

Con l'aumento della potenza di fuoco dell'artiglieria questa suddivisione venne ben presto abbandonata. In alcuni tratti del fronte, però, si mantenne la linea delle trincee d'appoggio per distrarre il nemico attirandovi il fuoco dell'artiglieria. In queste trincee-civetta venivano accesi fuochi da campo, per dare l'impressione che fossero occupate, e, benché vuote, venivano riparate.

Venivano scavate anche trincee provvisorie. Durante i preparativi per una grande offensiva venivano scavate, immediatamente dietro alle trincee più avanzate, delle trincee destinate alla raccolta delle truppe che dovevano seguire la prima ondata dell'attacco, che invece partiva dalla prima trincea. Inoltre venivano scavate trincee che si spingevano all'interno della terra di nessuno, spesso lasciate senza presidio di uomini, che servivano come posti di osservazione avanzati oppure come base per attacchi di sorpresa.

Dietro al fronte venivano approntate delle trincee incomplete, da impiegarsi in caso di ritirata. L'esercito tedesco si servì spesso di più sistemi di trincee successivi. Sul fronte della Somme, nel 1916, disponeva di due sistemi completi di trincea, a distanza di un chilometro l'uno dall'altro. In questo modo uno sfondamento del fronte diventava quasi impossibile. Se una parte del primo sistema veniva conquistato dal nemico, le truppe si ritiravano nel secondo, comunque collegato tramite trincee "di scambio" ai settori della prima linea che non erano caduti in mano al nemico.

Le trincee tedesche erano pesantemente fortificate, dotate di bunker e di fortificazioni fisse nei punti strategici. L'esercito tedesco, più degli alleati, tendeva a ritirarsi in postazioni già predisposte di fronte alle offensive alleate, e sviluppò la tecnica della difesa in profondità, che prevedeva la costruzione di una serie di avamposti lungo il fronte, piuttosto che affidarsi ad un'unica trincea. Ogni avamposto copriva gli altri. Solo verso la fine della guerra questa tecnica venne fatta propria da tutti i belligeranti sul fronte occidentale.

Avvicendamenti delle truppe

Generalmente i soldati trascorrevano nelle trincee di prima linea un periodo di tempo molto limitato, da un giorno a due settimane, dopodiché si procedeva ad un avvicendamento delle unità. È vero che vi furono eccezioni: il 31º Battaglione australiano trascorse 53 giorni in prima linea nei pressi di Villers-Bretonneux. Ma furono casi rari, almeno per quel che riguarda il fronte occidentale. In un anno, un soldato mediamente suddivideva il proprio tempo come segue:

15 % nelle trincee di prima linea
10 % nelle trincee di appoggio
30 % nelle trincee della riserva
20 % pausa
25% altro (ospedale, addestramento, trasferimenti, etc.)

La vita in trincea

Il primo nucleo della linea di trincee fu ottenuto dalle buche provocate dalle granate, collegate tra loro da passaggi e difese con il filo spinato. Già dopo la battaglia della Marna, sul fronte occidentale si era sviluppato un sistema articolato di fossati e fortificazioni che per molto tempo rimase teatro di atroci sofferenze per i soldati in guerra. Le due linee contrapposte erano separate dalla cosiddetta "terra di nessuno", un vero e proprio ammasso di cadaveri, feriti e crateri (certe volte non superava neanche i 100 m di distanza tra le due trincee nemiche), cui non potevano accedere nemmeno le squadre di soccorso. Le retrovie delle trincee ospitavano i comandi militari e i centri di assistenza medica, mentre all'interno delle trincee le truppe vivevano in condizioni molto disagiate dentro ad alloggi sotterranei.

Quando il fischietto di un ufficiale lanciava un attacco alla linea del nemico, i soldati andavano all'assalto all'arma bianca con le baionette inastate sui fucili: moltissimi venivano falcidiati dal fuoco delle mitragliatrici nemiche, altri rimanevano feriti o mutilati nella terra di nessuno senza poter essere soccorsi. Spesso tutti gli sforzi profusi per conquistare qualche linea delle trincee nemiche si rivelavano inutili a causa della controffensiva del nemico. Andare avanti voleva dire andare incontro alla morte, ma anche chi tornava indietro veniva giustiziato in modo sommario per vigliaccheria o per ammutinamento. Fu un vero massacro: migliaia di uomini furono uccisi per conquistare pochi metri, spesso poi regolarmente persi.

La situazione era aggravata dal fatto che i soldati in trincea erano sempre esposti al pericolo di morte durante le lunghe ore di inerzia tra un combattimento e l'altro: il fuoco dei cecchini, le granate, le mitragliatrici e gli assalti nemici erano sempre all'ordine del giorno, logorando i nervi delle truppe già provate dalle pessime condizioni di vita dovute alla sporcizia e, nei mesi invernali, al freddo, alla pioggia e al fango. Per sopportare il logorio mentale e la stanchezza sovrumana cui erano sottoposti, i soldati avevano come unici conforti l'alcol, la corrispondenza da casa e le saltuarie licenze.

Le trincee nemiche spesso erano davvero molto vicine tra loro, tanto che non mancarono episodi di tregua in cui i due eserciti fermarono le ostilità. La vicenda più conosciuta è quella della tregua di Natale, 1914, quando nei pressi di Ypres, ma anche in molti altri punti del fronte occidentale, sorse spontanea una breve tregua durante la quale i due eserciti si incontrarono per fraternizzare, scambiarsi sigari, cioccolata, bevande alcoliche e c'è chi organizzò addirittura una partita di pallone. In questa atmosfera incredibile ed irreale fu possibile raccogliere i caduti rimasti nella terra di nessuno e dare loro sepoltura.

Le truppe schierate nella prima linea furono dotate di corazze particolari e di protezioni speciali per la testa e il torace. Questi rivestimenti ricordavano le antiche armature dei soldati medioevali ma si rivelarono molto spesso vulnerabili al fuoco delle mitragliatrici ed impedivano i movimenti dei soldati che sovente le abbandonavano sul campo di battaglia. Maggiore efficacia esibirono, invece, le protezioni adottate dai soldati di vedetta dentro la trincea. I tiratori, inoltre, si riparavano dietro a degli scudi speciali fissati a terra con un piccolo sportello in cui inserire il fucile.

Anche le armi usate nei combattimenti furono adattate alla guerra di trincea: furono introdotti degli speciali congegni per il lancio delle bombe a mano e per l'uso dell'artiglieria pesante atti a non far esporre troppo i soldati protetti dalle trincee. Si introdussero dei nuovi tipi di bombe che andavano lanciate a breve distanza dai soldati con l'obiettivo di distruggere le difese nemiche. Anche i fucili furono modificati così da poter essere usati come strumenti di lancio di bombe a mano.

Tutto questo si tradusse in un tormento quotidiano di indicibile sofferenza: quei pochi che riuscirono a sopravvivere, non avrebbero mai più potuto dimenticare.

La morte in trincea

La mortalità dei soldati che presero parte alla prima guerra mondiale si aggira attorno al 10%. Per avere un termine di paragone, nella seconda guerra mondiale questa percentuale fu del 4,5 %. La probabilità di essere feriti era del 56%. Questo senza considerare che i soldati direttamente coinvolti nei combattimenti erano circa 1/4 del totale; gli altri erano impiegati nelle retrovie (artiglieria, sanitari, addetti ai rifornimenti, ecc.). Per un soldato della prima linea la possibilità di superare la guerra senza rimediare una ferita o essere ucciso era molto bassa. Al contrario, fu molto frequente il caso di soldati che vennero feriti più volte durante il loro servizio al fronte. Le ferite più gravi erano provocate dall'artiglieria. Particolarmente temute erano le ferite al volto, che sfiguravano per sempre chi ne fosse colpito.

All'epoca della prima guerra mondiale l'assistenza medica era ancora rudimentale. Non esistevano antibiotici, e anche ferite relativamente leggere potevano facilmente evolvere in una mortale setticemia. Le statistiche dimostrano che i proiettili rivestiti in rame (o in leghe di questo metallo) provocavano ferite meno suscettibili di sviluppare la setticemia rispetto ai proiettili con rivestimenti diversi. I medici militari dell'esercito tedesco verificarono che il 12% delle ferite alle gambe e il 23% delle ferite alle braccia avevano un esito letale. Nell'esercito americano morì il 44% di tutti i feriti colpiti da setticemia. Era destinato alla morte la metà dei feriti al capo e il 99% dei feriti al ventre.

Tre quarti delle ferite era provocata dalle schegge dei proiettili dell'artiglieria. Si trattava di ferite spesso più pericolose e più cruente di quelle provocate dalle armi leggere. L'esplosione di una granata provocava una pioggia di macerie, che, penetrando nella ferita, rendevano molto più probabili le infezioni. Altrettanto micidiale era lo spostamento d'aria provocato dall'esplosione. In aggiunta ai danni fisici vi erano quelli psicologici. I soldati sottoposti ad un bombardamento di lunga durata (sulla Somme il bombardamento preparatorio britannico durò una settimana) soffrivano spesso di sindrome da stress postraumatico (in Italia, per indicare le persone colpite da questa sindrome, si usava l'espressione scemo di guerra).

Le condizioni sanitarie nelle trincee erano catastrofiche. Molti soldati divennero vittime di malattie infettive: dissenteria, tifo, colera. Molti soldati erano afflitti da diverse malattie provocate da parassiti.

Spesso seppellire i morti era un lusso che nessuna delle parti belligeranti aveva intenzione di sobbarcarsi. Per questo i cadaveri rimanevano insepolti nella terra di nessuno sino a quando il fronte non si muoveva. In questo caso era però troppo tardi per procedere ad un'identificazione. Così vennero introdotte le piastrine identificative. Su alcuni fronti (come per esempio quello di Gallipoli) fu possibile seppellire i morti solo dopo la fine della guerra. E ancor oggi, in occasione di scavi lungo le linee del fronte della prima guerra mondiale, vengono rinvenuti dei cadaveri.

Più volte, durante la guerra (anche se soprattutto nel primo periodo), vennero contrattati degli armistizi ufficiosi, per soccorrere i feriti e seppellire i morti. I vertici militari erano però contrari ad ammorbidire l'ostilità tra le parti in lotta, fosse anche per motivi umanitari, e tendevano a impartire alle truppe ordini che intimavano di impedire il lavoro dei sanitari del nemico (in pratica, fare fuoco su di loro). Tali ordini, però, furono generalmente ignorati. Per questo, quando i combattimenti cessavano, i sanitari avevano modo di soccorrere i feriti, e accadeva frequentemente che i sanitari di parti avverse si scambiassero i rispettivi feriti.

Il combattimento in trincea

Strategia

La strategia tipica delle guerre di posizione è quella del logoramento, imponendo al nemico un consumo di risorse tale da non consentirgli il proseguimento della guerra.

Nella prima guerra mondiale però i vertici militari non abbandonarono mai del tutto la strategia dell'annientamento del nemico, da realizzarsi – idealmente – con uno scontro risolutivo. Douglas Haig, comandante del corpo di spedizione britannico, tentò in diverse occasioni di sfondare le linee tedesche, in modo da poter impiegare le proprie divisioni di cavalleria. Le sue grandi offensive sulla Somme (1916) e nelle Fiandre (1917) erano state ideate come battaglie di sfondamento, anche se si risolsero in pure operazioni di logoramento. I tedeschi, invece, seguirono coscientemente la strategia del logoramento nella battaglia di Verdun, che aveva come obiettivo esplicito di "dissanguare" l'esercito francese.

La strategia basata sul logoramento richiese da parte di tutti i belligeranti la mobilitazione di tutte le risorse ai fini bellici (la cosiddetta guerra totale), e ciò senza riguardo alle sofferenze della popolazione civile. La strategia del logoramento si rivelò infine fatale per gli imperi centrali, quando l'entrata in guerra degli Stati Uniti spostò con decisione l'equilibrio delle forze a favore dell'Intesa.

Tattica

L'immagine classica di un attacco di fanteria durante la prima guerra mondiale consiste in grandi masse di soldati che si gettano sulle trincee nemiche, contrastati dal fuoco delle mitragliatrici e dell'artiglieria. Questa immagine risponde alla realtà solo per i primi mesi della guerra. Inoltre poche volte attacchi del genere furono coronati dal successo. Generalmente un attacco partiva da trincee di avvicinamento preparate durante la notte, eliminando nel frattempo gli ostacoli principali che si frapponevano all'avvicinamento alle trincee avversarie.

Nel 1917 l'esercito tedesco (ispirandosi a tattiche introdotte dal generale russo Aleksei Brusilov nella campagna del 1916 in Galizia) introdusse la tattica dell'infiltrazione: piccole unità (i cosiddetti battaglioni d'assalto), ben armate e altamente addestrate dovevano attaccare i punti deboli delle linee nemiche, e aggirare i settori maggiormente difesi. Questi attacchi erano preceduti da un bombardamento di artiglieria particolarmente intenso ma di breve durata, in modo di non dare al nemico, preavvisato dell'imminenza dell'attacco, la possibilità di organizzare riserve. Solo dopo l'infiltrazione delle truppe scelte avanzavano unità di fanteria più grandi, ad attaccare le posizioni fortemente munite, che però, a questo punto, erano tagliate fuori dai rinforzi. In questo modo era possibile realizzare profonde avanzate nel territorio nemico, anche se i problemi di comunicazione e di rifornimento delle truppe in avanzata ponevano grossi limiti a questa tattica, che venne comunque impiegata con grande successo sul fronte orientale, nella battaglia di Riga, su quello italiano a Caporetto e su quello occidentale nelle offensive di primavera.

L'artiglieria aveva un duplice ruolo. In primo luogo doveva distruggere le difese nemiche e respingere le truppe inviate al contrattacco, in secondo luogo doveva creare uno schermo di proiettili (il cosiddetto fuoco di sbarramento) che impediva alle truppe nemiche di attaccare la fanteria in avanzata. Il fuoco dell'artiglieria si concentrava pertanto su un determinato settore del fronte, precedendo immediatamente la fanteria. Seguendo poi uno schema prestabilito, il fuoco si spostava di qualche metro in avanti, mentre la fanteria, tenendosi il più possibile vicina al fuoco dell'artiglieria, avanzava a sua volta. La difficoltà maggiore di questo meccanismo era il coordinamento tra i movimenti della fanteria e quelli dell'artiglieria.

La conquista di un obiettivo rappresentava solo la metà di una vittoria. Era poi necessario riuscire a mantenere le conquiste fatte. Gli attaccanti non dovevano portare con sé solamente armi, per conquistare una trincea, ma anche tutto il materiale necessario a riparare la trincea dai danni provocati dall'assalto (sacchi di sabbia, filo spinato, pale, tavole) per renderla idonea ad affrontare un eventuale contrattacco. Soprattutto la dottrina militare dell'esercito tedesco poneva grande attenzione a contrattacchi immediati per riconquistare le posizioni perdute, come si vide nella battaglia di Cambrai.

Comunicazioni

Una delle difficoltà principali per gli attaccanti era mantenere un'efficace comunicazione tra le unità. Non era un caso eccezionale che un comandante attendesse diverse ore per avere notizie sugli sviluppi di un'operazione. Per questo era quasi impossibile prendere decisioni in tempi brevi. La comunicazione via etere non aveva ancora raggiunto una maturità tecnica tale da consentirne l'impiego sul campo di battaglia. Per questo si impiegavano telefoni, semafori, segnali luminosi (lampade o razzi), oltre che servirsi di staffette e piccioni viaggiatori. Nessuno di questi metodi era affidabile. I cavi telefonici erano molto vulnerabili al fuoco dell'artiglieria, e generalmente venivano tranciati già all'inizio di una battaglia. I razzi luminosi venivano impiegati soprattutto per segnalare il raggiungimento di un obiettivo o per dare il via ad un bombardamento.

Il superamento della guerra di trincea

Lo stallo tattico della guerra di trincea fu il risultato dello sviluppo e della produzione di massa di armi automatiche adatte all'impiego nelle formazioni della fanteria. Per questo è convinzione diffusa che anche il superamento di questo stallo tattico sia dovuto allo sviluppo di nuove tecnologie, in primo luogo con l'introduzione del carro armato. Si tratta di una visione parziale, che mette in ombra il ruolo determinante dell'introduzione di nuove tattiche nell'impiego di fanteria e artiglieria, e del successivo enorme sviluppo delle capacità offensive e ricognitive della aviazione. I carri armati furono senza dubbio un'innovazione determinante, ma vennero impiegati in maniera consistente solo negli ultimi mesi del conflitto. Le prime operazioni basate sull'uso di carri armati non ottennero successi rilevanti, sia per la mancanza di esperienza tattica e operativa, sia per il loro limitato numero. I primi modelli di carro armato erano inoltre molto limitati dal punto di vista della maneggevolezza, della velocità, dell'armamento e della corazzatura. Rimanevano spesso bloccati nel fango o dalle irregolarità del terreno, ed erano molto vulnerabili se attaccati con lanciafiamme, artiglieria o semplici mitragliatrici. Anche la loro efficacia psicologica svanì molto rapidamente. Fu nella battaglia di Cambrai che per la prima volta venne tentato un attacco massiccio di carri armati. Riuscirono a sfondare la linea delle trincee tedesche, ma questo sfondamento non venne sfruttato adeguatamente, e i carri armati vennero ritirati troppo presto. L'offensiva britannica realizzò consistenti conquiste territoriali, che vennero però annullate dalla successiva controffensiva tedesca.

Il carro armato spiega solo in parte perché la guerra di trincea divenne obsoleta. Molte vittorie alleate vennero ottenute senza l'impiego di carri armati, o con un impiego molto limitato. Lo stesso vale per le spettacolari vittorie degli imperi centrali tra la fine del 1917 e la metà del 1918. L'evoluzione sostanziale non era di natura tecnica, ma di natura tattica. La chiave che ruppe il vantaggio difensivo delle trincee fu l'idea di ottenere un vantaggio tattico, attaccando i punti deboli del fronte avversario, aggirando i settori meglio difesi, e abbandonando l'idea di avere un piano dettagliato per affrontare ogni eventualità. Divenne decisiva l'azione coordinata di unità corazzate, aviazione e fanteria, concentrando il baricentro dell'azione su di un settore molto ristretto del fronte. Si impiegarono piccole unità altamente addestrate, che agivano in maniera molto indipendente. I lunghissimi bombardamenti preparatori vennero abbandonati a favore di bombardamenti molto più brevi, ma molto più precisi ed intensi. In questo modo non era possibile, per il nemico, sapere in anticipo dove sarebbe avvenuto l'attacco e avere il tempo di approntare le necessarie contromisure.

Non tutti gli eserciti appresero appieno la lezione degli ultimi mesi della prima guerra mondiale: i francesi costruirono negli anni trenta la linea Maginot, nella previsione di un futuro conflitto con la Germania basato sui canoni della prima guerra mondiale. La costosissima linea di fortificazioni fu invece aggirata durante l'attacco tedesco del maggio 1940 e si rivelò perciò completamente inutile. Anche su tutto il confine italiano fu costruito un sistema fortificato di difesa: il Vallo Alpino.

Guerre di trincea in tempi recenti

Dopo la prima guerra mondiale, grazie all'enorme sviluppo tecnologico dei mezzi corazzati e soprattutto dell'aviazione, oltre che delle tattiche e delle capacità di manovra, la guerra di trincea divenne un'eventualità piuttosto remota: se si giungeva allo scontro tra due eserciti di grandi dimensioni, il risultato era generalmente una guerra di movimento, similmente a quanto avvenne nella seconda guerra mondiale. Se una delle parti aveva una superiorità schiacciante, la parte soccombente ricorreva piuttosto alla tattica della guerriglia.

L'esempio più noto di una guerra di trincea successiva alla prima guerra mondiale fu la guerra Iran-Iraq. In questo caso ambedue i belligeranti avevano grossi eserciti basati sulla fanteria, che non disponevano in quantità sufficiente di mezzi corazzati e aviazione, e il cui addestramento era insufficiente. Il risultato furono combattimenti paragonabili a quelli della prima guerra mondiale, compreso l'impiego delle armi chimiche.

La prima guerra del Golfo evidenziò quanto la guerra di trincea fosse superata dall'evoluzione della tattica militare. L'Iraq tentò di opporsi alla coalizione guidata dagli Stati Uniti con una difesa fissa basata su una linea di trincee. La combinazione di attacchi aerei e terrestri consentì alla coalizione di superare agevolmente le difese irachene.

Un esempio analogo è rappresentato dal conflitto che ha opposto l'Etiopia all'Eritrea, nel quale i combattimenti vennero sostenuti principalmente da unità di fanteria, prive di supporto da parte di unità corazzate e dell'aviazione.

La linea di demarcazione tra Corea del Nord e Corea del Sud, così come il confine tra Pakistan e India nella regione del Kashmir sono pesantemente fortificati, con estese trincee e bunker. In caso di conflitto, anche in queste zone potrebbe svilupparsi una guerra di trincea.

La guerra di trincea nell'arte

« Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie »

("Soldati" di Giuseppe Ungaretti - 1918)

Gli orrori della guerra di trincea segnarono per sempre chi vi prese parte, e molti cercarono di elaborare le proprie esperienze in diari e romanzi. Molto spesso queste opere sono caratterizzate da un deciso messaggio contro la guerra, come Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque (1928/29), oppure Un anno sull'Altipiano di Emilio Lussu o Le Feu (Il fuoco) di Henri Barbusse. Piero Jahier, che combatté nel corpo degli Alpini, elaborò la raccolta Canti di soldati (1918), nella quale convogliò le esperienze vissute al fronte che, l'anno successivo, trovarono nuova forma nella raccolta di prose e liriche Con me e con gli alpini. Jaroslav Hašek, ne Il buon soldato Schweik, volge in satira le assurdità della guerra raccontando le disavventure di un fante austroungarico.

Giuseppe Ungaretti, che servì come fante sul fronte italiano, lasciò una struggente testimonianza poetica in San Martino del Carso ed altre poesie composte durante la guerra. Altri autori vollero invece dare un quadro eroicizzante della guerra, tra questi Ernst Jünger con il suo In Stahlgewittern (trad. it Tempeste d'acciaio), o superomistico, come Filippo Tommaso Marinetti. Ardengo Soffici propose un particolare punto di vista della guerra in Kobilek-Giornale di battaglia (1918), nel quale riportava una cronaca dettagliata della battaglia per la conquista del Kobilek ricca di retorica dal forte sapore nazionalista così come in La ritirata del Friuli.

Anche nelle arti figurative l'esperienza della guerra in trincea lasciò tracce indelebili: tra gli autori le cui opere riflettono l'orrore della guerra di trincea Otto Dix (trittico La guerra), Fernand Léger, Christopher R. W. Nevinson, John Nash (Over the Top).

La guerra di trincea divenne ben presto anche oggetto di opere cinematografiche: già nel 1918, a conflitto non ancora terminato, Charlie Chaplin girava Charlot soldato. La versione filmica del romanzo di Remarque (1930) ebbe un successo internazionale, e rimane ancor oggi una delle opere di maggior spicco del cinema antimilitarista. Più recentemente Stanley Kubrick ha fornito con Orizzonti di gloria un quadro fieramente antimilitaristico della guerra di trincea, prendendo spunto da un fatto realmente accaduto durante la prima guerra mondiale riguardante la fucilazione di cinque soldati francesi accusati di ammutinamento.

fonte: Wikipedia

LA GRANDE GUERRA