martedì 31 dicembre 2013

peggiometro



Questo blog sospende le pubblicazioni fino a dopo il 15 gennaio 2014.

Nei prossimi mesi la situazione generale tenderà ancora al peggio. E non occorre certo la sfera di cristallo per prevederlo; un'analisi banale, elaborata anche solo raccogliendo alcuni semplici dati, è più che sufficiente per rappresentare nitidamente il quadro realistico di ciò che ci attende. Di informazioni sulle cause e sugli attori, sui piani e sui retroscena ne abbiamo fin troppe e non sarà il disporre di maggiori informazioni di dettaglio che ci fornirà lo spunto e la forza per imboccare la via d'uscita. 

Anche i temi sui quali si discute sono logori, spenti, tanto da non generare più alcuno stimolo, ma vanno a saziare esclusivamente la fame malsana che spinge in modo quasi coercitivo ad incettarne in gran quantità non trovandotuttavia il loro naturale sbocco verso azioni comuni, intelligenti, efficaci. 

Siamo allo stallo, intellettuale e operativo, di pensiero e di azione, e la sovrabbondanza di "teorie" e salvatori della patria ha raggiunto un numero tanto elevato da produrre più disorientamento che opportunità. Proliferano libri e convegni, proclami e ricette, guitti e illusionisti, riciclati e mascherati. Ma intanto gli aguzzini proseguono incessantemente e pesantemente la loro opera di impoverimento economico, culturale, sociale e mentale ai danni di interi popoli che, come ipnotizzati, tramortiti, non sembrano comprendere cosa stia loro realmente accadendo. 

Che fare?
Fermarsi, disintossicarsi, rigenerarsi. E poi porsi domande chiave su temi poco esplorati quali ad esempio:

- Cos'è lo Stato?
- Cos'è il diritto?
- Cos'è il bene?
- Cos'è il male?
- Cos'è la libertà?

Ma per rispondere adeguatamente a queste domande bisogna necessariamente fare un salto indietro nel tempo di molti secoli.  
Poi si vedrà che uso appropriato e concreto fare delle risposte trovate.

Intanto Auguri di Buon Anno a tutti.

Elia Menta

fonte: perchiunquehacompreso.blogspot.it

domenica 29 dicembre 2013

scie chimiche e terremoti italiani


SCIE CHIMICHE E TERREMOTI IN UMBRIA: TESTIMONIANZA DIRETTA

Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche

LETTERA APERTA A GIANNI LANNES

Gentile Gianni Lannes, le scriviamo dall'Umbria. La nostra terra in questa regione trema come non mai. Per tutto il mese di dicembre abbiamo spesso percepito boati apparentemente inspiegabili, ma soprattuto aerei a bassa quota che rilasciano strane scie biancastre. Tra ieri e oggi è in atto un finimondo: non sappiamo più cosa fare e pensare. Grazie per la sua sensibile attenzione. Le inviamo alcune foto scattate in giornata.

Mario Rossi   Adele Ricci   Alberto Ferrari   Rosa Murgo

 Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche
 Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche

 
Risposta di Gianni Lannes


E' in atto su vasta scala almeno dal 1999 una guerra ambientale non convenzionale e non dichiarata. La Nato grazie alla connivenza dei governi eterodiretti, sta avvelenando i popoli europei. In Italia i primi corresponsabili di questo genocidio silenzioso sono nell'ordine: il capo dello stato pro tempore Giorgio Napolitano, il presidente del consiglio dei ministri Enrico Letta, il ministro della difesa Mario mauro, il capo di stato maggiore della difesa e il capo di stato maggiore dell'aeronautica. Si tratta di un crimine contro l'umanità.


  Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche

  Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche

  Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche
  Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche
  Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche
  Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche
  Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche
 Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche
  Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche
  Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche

  Italia (29 dicembre 2013): scie chimiche
fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

venerdì 27 dicembre 2013

i sette fratelli Cervi



estratto da Wikipedia:

I sette fratelli Cervi, Gelindo, (nato nel 1901); Antenore (1906); Aldo (1909); Ferdinando (1911); Agostino (1916); Ovidio (1918); Ettore (1921), erano i figli di Alcide Cervi e di Genoeffa Cocconi ed appartenevano ad una famiglia di contadini con radicati sentimenti antifascisti. Dotati di forti convincimenti democratici, presero attivamente parte alla Resistenza e presi prigionieri, furono fucilati dai fascisti il 28 dicembre 1943 nel poligono di tiro di Reggio Emilia. La loro storia è stata raccontata, fra gli altri, dal padre Alcide Cervi.

Le origini familiari e il contesto sociale

Agostino, padre di Alcide e uno dei capi della rivolta contro la tassa sul macinato del 1869, viene arrestato e finisce in carcere per sei mesi. Sposa nel contempo Virginia e dal matrimonio nasceranno tre figli: Pietro, Emilio e Alcide. Un quarto figlio, Ettore, sarà adottato. Alcide sposa nel 1899 Genoeffa Cocconi e dall'unione verranno al mondo 9 figli nell'arco di 20 anni, sette maschi e due femmine. In ordine di nascita: Gelindo, Antenore, Diomira, Aldo, Ferdinando, Rina, Agostino, Ovidio ed Ettore.
Nel 1920 Alcide lascia la casa paterna per stabilirsi con la sua famiglia in un appezzamento di terreno a Olmo di Gattatico. Dopo cinque anni si trasferiscono nuovamente, questa volta in un appezzamento di terreno in zona Quartieri nella tenuta denominata "Valle Re" appartenente alla contessa Levi SottoCasa, che giuridicamente fa parte del comune di Campegine. La famiglia si sposta ancora nel 1934 prendendo in affitto un podere in zona Campi Rossi, nel comune di Gattatico, facendo con quest'ultimo trasferimento il salto di qualità perché passa dalla conduzione in mezzadria a quella appunto in affitto.
Il nucleo familiare è caratterizzato dalla forte personalità della madre Genoeffa e dalla volontà di progredire di alcuni figli. La tendenza è comunque quella di prendere di comune accordo le decisioni più importanti. Tale coesione e contemporaneamente la spinta all'innovazione, mediata da elementi che sono i custodi dell'unità familiare, saranno basilari sia per lo sviluppo in senso tecnico che avrà l'azienda agricola sia per la monolitica scelta di adesione alla Resistenza.
L'evoluzione della famiglia Cervi è perfettamente congruente con un modello di sviluppo delle famiglie contadine di queste località che, nel periodo fra l'Ottocento e il Novecento (con l'accelerazione dei tempi avvenuta dopo la prima guerra mondiale), vede trasformarsi la struttura gerarchizzata e autoritaria (tipica della famiglia contadina degli anni precedenti) verso forme di organizzazioni di massa per la difesa del lavoro legate all'ideologia socialista e che si concretizzano in cooperative, case del popolo, mutue, leghe di resistenza, camere del lavoro, cioè in quegli strumenti organizzativi che saranno basilari nelle lotte per il rinnovo dei patti agrari.
Tutta questa autocoscienza di classe ormai distaccata dal concetto di famiglia patriarcale singola (anche se la singola famiglia mantiene la parte sana di questa tradizione) è strettamente correlata a una modernizzazione dei mezzi e dei metodi di produzione nell'agricoltura e alla forte adesione in tali zone agricole alla Resistenza, che si manifesta in forme generalizzate e non come caso isolato della famiglia Cervi.
Per quanto riguarda i Cervi, comunque, il nuovo consiste (visto che il contratto d'affitto permette di lavorare l'appezzamento e la cascina secondo le regole dell'affittuario e non del padrone) nel portare avanti idee d'avanguardia nella conduzione dei campi e delle stalle. Non si accontentano più di sopravvivere come i loro vecchi: per uscire dalla povertà e dallo sfruttamento comprendono che bisogna usare il cervello oltre ai muscoli. Pertanto, pur avendo a disposizione un podere non florido, si impegnano a trasformarlo radicalmente anche e soprattutto tramite i nuovi studi sull'agricoltura reperiti su libri e opuscoli. Nonostante la scarsa alfabetizzazione della campagna, i Cervi sono in grado di leggere, e non solo per lavoro, ma anche per il proprio piacere, per cui incrementano senza sosta la loro biblioteca casalinga, di cui fanno parte fra l'altro libri sull'apicoltura, la metodica per ottimizzare la crescita del frumento e dell'uva. Sono oltretutto libri di una certa consistenza, visto il periodo.
Da una parte i giovani della famiglia, ovvero i fratelli, seguono corsi di formazione professionale inerenti al lavoro della campagna, dall'altra il padre ottiene riconoscimenti scritti per l'ottima conduzione della terra gestita dalla famiglia. Il simbolo della modernità dell'azienda familiare si può sintetizzare nel trattore Balilla, acquistato nel 1939, che Luciano Casali ha inserito come titolo di un corposo articolo dedicato alla famiglia Cervi.

Una famiglia antifascista

Nato nel 1875 da Agostino e Virginia Cervi, Alcide Cervi si unisce sin da giovanissimo al movimento che diventerà poi il Partito popolare, ed è tuttavia fortemente influenzato dalla teoria del socialismo umanitario di Camillo Prampolini..
Nel 1934, stabilitosi con la famiglia nel podere di Campi Rossi nel comune di Gattatico, inizia l'attività di affittuario di un fondo in pessime condizioni che ben presto, grazie all'aiuto dei figli, renderà pienamente produttivo. In questa realtà Alcide si occupa della vendita dei prodotti della fattoria.
All'inizio della seconda guerra mondiale casa Cervi diventa un vero e proprio luogo del dissenso militare contro il fascismo e la guerra. Insieme ai figli maschi, Alcide costituisce la cosiddetta "Banda Cervi", dedita alla lotta partigiana.

La partecipazione alla Resistenza

L'incontro con "Facio"

I sette fratelli Cervi si incontrano con "Facio" (ovvero Dante Castellucci) proprio prima dei fatti che portano alla caduta del fascismo nel 1943. Quest'ultimo assumerà il comando della brigata partigiana Guido Picelli diventando quasi una leggenda quando, con un gruppetto partigiano formato da solo 8 uomini, costringerà alla fuga un centinaio di nazifascisti dopo che la ristretta pattuglia partigiana, già circondata dai nemici, ne aveva ucciso e ferito un rilevante numero. Verso la fine della guerra fu fucilato dai suoi stessi compagni con la controversa accusa di furto.

La "banda" Cervi

Poco tempo dopo il cascinale della famiglia Cervi sarà porto sicuro per antifascisti e partigiani feriti nonché per i prigionieri stranieri sfuggiti ai nazifascisti. Fra questi, Anatolij Tarassov, cui è dedicata una via a Reggio Emilia, soldato sovietico fatto prigioniero e successivamente instradato in un campo di prigionia italiano. Da qui riuscì a fuggire assieme al tenente Viktor Pirogov, trovando rifugio nella cascina dei Cervi. I due ex soldati dell'Armata Rossa scriveranno un libro sulla loro vicenda e sulla famiglia Cervi dal titolo Sui monti d’Italia. Tarassov fu catturato insieme ai Cervi la notte del 25 novembre 1943 e incarcerato a Verona, da dove fuggì assieme ad altri sovietici per poi agire contro i nazifascisti in ordine sparso nella zona di Reggio Emilia e Modena, costituendo una brigata partigiana di cui divenne il commissario politico. Il tenente Pirogov, col nome di battaglia "Modena", divenne invece il comandante delle operazioni militari della brigata sovietica.
Molti altri ex prigionieri sovietici trovarono rifugio presso la famiglia Cervi, come Misha Almakaièv, Nikolaj Armeiev e Alexander Aschenco. Costoro combatterono tutti al fianco dei fratelli Cervi. Armeniev riuscirà a sfuggire alla cattura e si unirà alla banda "Modena" mentre Aschenco, catturato coi Cervi, tradirà, diventando delatore dei nazifascisti. Il suo tradimento costerà parecchio alla Resistenza della zona dal momento che conosceva a fondo la rete strutturata dalla famiglia Cervi. Individuato, Aschenco verrà giustiziato dai GAP il 15 novembre del 1944 in piazzale Fiume a Reggio Emilia. Fra gli altri componenti che agirono in strettissimo contatto con i Cervi vi furono John David Bastiranse, paracadutista sudafricano (nato nel 1923 e catturato con i Cervi, se ne perderanno le tracce), John Peter De Freitas (nato nel 1921, paracadutista sudafricano anch'egli, evaso dal campo di concentramento di Grumello del Piano a Bergamo, scomparirà per alcuni anni dopo la sua cattura con i Cervi. Riapparirà nel dopoguerra informando la famiglia Cervi che in qualche maniera è riuscito a tornare al suo paese sano e salvo), Samuel Boone Conley (nato nel 1914, paracadutista irlandese, catturato con i Cervi e di cui non si saprà più nulla).
Fra gli arrestati durante la cattura dei Cervi, nel rapporto giudiziario conseguente, compare anche Luigi Landi, nato a Cadelbosco di Sopra vicino a Reggio Emilia, che aveva già subito condanne per motivi politici e che sopravviverà alle torture inflittegli dai nazifascisti in Villa Cucchi, e infine don Pasquino Borghi, medaglia d'oro della Resistenza, che fu tra i primi, se non il primo, a collaborare alla strutturazione della "Banda Cervi" ospitando la banda presso la canonica della sua parrocchia di Tapignola, sull'alto Appennino reggiano. Con i Cervi verrà fucilato un altro membro della banda, ovvero Quarto Camurri, nato a Guastalla. Rimarrà a combattere coraggiosamente fino alla fine accanto ai Cervi condividendone, fino all'ultimo la tragica sorte.

Amici e sostenitori della "Banda Cervi"

Amici dei Cervi sono i membri della famiglia Sarzi, originari dei dintorni di Mantova: Lucia, nata nel 1920, Otello, del 1922, e Gigliola, del 1931. Collaboreranno strettamente con i Cervi durante la Resistenza. La loro storia è quella di una famiglia di gente di teatro con compagnia propria, le cui posizioni avverse al fascismo porteranno, dopo vari interventi della censura, allo scioglimento della compagnia stessa da parte del regime. Sono pertanto teatranti ambulanti e Otello, fervente antifascista, non nasconde le proprie idee che dichiara apertamente nelle varie località che sono visitate dalla compagnia. Sul finire degli anni trenta deve riparare in Svizzera dove incomincia un'attività di cospirazione clandestina con i fuoriusciti repubblicani. Otello e Lucia vengono arrestati nel 1940 per un incauto scambio epistolare e, anche se rilasciati, sono ormai schedati come sovversivi.
Otello, irriducibile e tenace antifascista, si rifiuta di fare il saluto romano e si dichiara di ideologia bolscevica, subendo così un nuovo arresto a Parma. Confinato a Sant'Agata di Esaro, inizia la sua fase di antifascismo militante tramite contatti con giovani antifascisti locali e incontra Dante Castellucci, ancora militare ed ivi in licenza. Questo incontro diverrà focale per le iniziative antifasciste di Otello, il quale prende contatti con i gruppi di Resistenza che si vanno strutturando nella Val d'Enza. È il 1941 e Lucia incontra Aldo Cervi, il più determinato e "ferrato" del gruppo Cervi, per dar inizio alla lotta antifascista dei 7 fratelli. Dal 1942 Aldo e Lucia operano all'interno della rete clandestina antifascista che fa capo al Partito Comunista Italiano. Al ritorno dalla Russia Dante Castellucci, il futuro comandante Facio, e i cospiratori antifascisti si riuniscono alla vigilia della caduta del fascismo nel 1943. Il 10 ottobre la Banda Cervi, con Otello, Facio e i rifugiati sfuggiti dai campi di concentramento nazifascisti, è già in montagna a combattere.

L'epilogo

Per diverse settimane il gruppo dei Fratelli Cervi riesce a mantenere un'intensa attività militare contro i fascisti, ma successivamente, nella notte tra il 24 e il 25 novembre 1943, durante un rastrellamento, viene sorpreso nell'abitazione dei Cervi dalle pattuglie fasciste insieme ad alcuni partigiani russi, a Dante Castellucci e a Quarto Camurri, un disertore della MVSN. Catturati dopo un breve scontro a fuoco vengono trasportati nel carcere politico dei Servi a Reggio Emilia e lì custoditi. I russi e Dante Castellucci, che si era fatto passare per cittadino francese, sono invece trasferiti nel carcere di Parma. Il 14 dicembre 1943 a Cavriago fu ucciso il colonnello Giovanni Fagiani della MVSN e ferita la figlia Vera che rimase cieca. Appoggiato dagli altri dirigenti del PFR di Reggio Emilia, Savorgnan riuscì ad impedire ogni rappresaglia e operò per far rilasciare tutti i rastrellati di quei giorni attirandosi le critiche dei fascisti più estremisti. A seguito di questo omicidio fu divulgato per la città la minaccia di ricorrere alla rappresaglia in caso di uccisioni di altri fascisti.
Il 27 dicembre avvenne l'uccisione da parte dei partigiani del segretario comunale di Bagnolo in Piano Davide Onfiani e il 28 dicembre i sette fratelli Cervi e Camurri furono fucilati per rappresaglia. Secondo un testo dell'Anpi di Reggio Emilia del 1982, su decisione del Capo della Provincia di Reggio Emilia Enzo Savorgnan, mentre Giorgio Pisanò, in "Storia della Guerra Civile in Italia" scrive invece che fu deciso all'insaputa di Savorgnan, dagli intransigenti del PNF locale.
In un documento della direzione fascista di Reggio Emilia recuperato nel dopoguerra, compare la lista dei sette nomi che qualche dirigente (qualcuno azzarda Mussolini stesso) aveva evidenziato con una parentesi riportando accanto la scritta "sette fratelli?" sottolineata di rosso, quasi ad esprimere perplessità per la decisione.
L'8 gennaio del 1944, un bombardamento apre ad Alcide una via per fuggire dal carcere di San Tommaso dove era stato trasferito. Tornato a casa, non viene subito informato della morte dei figli ma, anche quando apprenderà la tragica notizia, riuscirà a riprendersi dal durissimo colpo. Nell'ottobre del 1944 la casa della famiglia Cervi viene incendiata. Il 15 novembre dello stesso anno, forse a causa di questa ulteriore dolorosa esperienza, Genoeffa Cocconi muore di crepacuore. Solo nell'ottobre del 1945 Alcide Cervi potrà far sì che venga celebrato un funerale solenne per i suoi figli. Nel pomeriggio del 28 ottobre, dopo la manifestazione di affetto dei cittadini emiliani, i feretri dei fratelli sono portati al cimitero di Campegine. In questa occasione papà Cervi pronuncerà la celebre frase: "dopo un raccolto ne viene un altro".
Per il suo impegno partigiano e per quello dei suoi figli, gli fu consegnata una medaglia d'oro creata dallo scultore Marino Mazzacurati. La medaglia reca da un lato l'effigie di Alcide Cervi e dall'altro un tronco di quercia tra i cui rami spezzati compaiono le 7 stelle dell'orsa. Durante la consegna, Alcide pronunciò un discorso di cui sono ancora ricordate queste parole: "Mi hanno sempre detto… tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta… la figura è bella e qualche volta piango… ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l'ideale nella testa dell'uomo." Il 27 marzo 1970, all'età di 95 anni si spegne Alcide Cervi. Oltre 200.000 persone si riuniranno a Reggio Emilia per salutarlo per l'ultima volta.

Il ricordo

Tutti e 7 i fratelli sono stati decorati con Medaglia d'argento al valor militare. Ai fratelli Cervi sono state dedicate molte vie in varie città italiane, a Collegno (TO), Ceriale (SV) e a Dorgali (Sardegna) è stata loro dedicata una scuola e una via. A Macerata sono intitolate ai fratelli Cervi sia una via sia la scuola primaria e dell'infanzia che vi è situata. A Barletta sono dedicati gli ampi giardini del Castello di Barletta.
Alla vicenda dei Cervi Piero Calamandrei ha dedicato una famosa Epigrafe.
Ai fratelli Cervi, alla loro Italia è anche il titolo di una poesia di Salvatore Quasimodo.
In un dibattito a Porta a Porta, Fausto Bertinotti nominò "Papà Cervi" a Silvio Berlusconi, che rispose: "Io sarò felicissimo di conoscere Papà Cervi a cui va tutta la mia ammirazione". Al che Bertinotti lo informò: "Papà Cervi purtroppo è morto."
Il figlio di uno dei fratelli Cervi, Adelmo (figlio di Aldo), ha portato avanti la memoria della sua famiglia con l'impegno politico e culturale a favore della Costituzione italiana.

Tributi

Canzoni

Diverse sono le canzoni dedicate ai fratelli Cervi:

Compagni Fratelli Cervi (anonimo)
Sette fratelli Mercanti di liquore e Marco Paolini
La pianura dei sette fratelli dei Gang, contenuta nell'album Una volta per sempre. La canzone è stata incisa anche dai Modena City Ramblers in Appunti partigiani
Campi Rossi Casa del Vento
Papà Cervi raggiunge i sette figli Eugenio Bargagli

Film

I sette fratelli Cervi

Onorificenze

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'argento al valor militare,

«Appartenente ad una schiera di sette fratelli, che primi tra i primi, formando una squadra cementata dai vincoli del sangue e della fede nella rinascita d'Italia, iniziava l'impari lotta armata contro i nazifascisti. La sua casa, che fu asilo ai perseguitati politici e militari e fucina di ogni trama contro il nemico oppressore, veniva attaccata e incendiata e, dopo strenua difesa, i sette fratelli ridotti all'estremo limite di ogni resistenza venivano catturati, torturati e barbaramente trucidati. La fede ardente che li ha uniti in vita ed in morte ed il sacrificio affrontato con eroica, suprema fierezza, fanno di essi il simbolo imperituro di quanto possano l'amore di Patria e lo spirito di sacrificio.»

Reggio Emilia 28 dicembre 1943

La decorazione è stata conferita ad ognuno dei sette fratelli.

gnurant



La lenta eutanasia dello stupore

Fonte: RaiUno. Quiz preserale, 12 dicembre scorso. La domanda: “In che anno Adolf Hitler viene nominato cancelliere?” Quattro opzioni, ché ormai i quiz si fanno col multiple choice, così dove non arriva la preparazione, può arrivare la buona stella. Ma la buona stella latitava. Così i quattro concorrenti, persone giovani, presumibilmente con un titolo di studio, inanellano assurdità: 1948? No. 1964? No, e il conduttore è bastevolmente basito. 1979? No. Resta l’ultima opzione, 1933. Ma il conduttore sente la necessità di sottolineare, bonariamente, con un: “Ragazzi, Adolf Hitler…” A nessuno dei quattro sembra accendersi una lampadina davanti al nome di uno dei protagonisti della storia del XX secolo.

Facebook, settimana scorsa. Rimbalza nelle condivisioni lo status di una ragazza. Non ne conosciamo l’età. Dalla foto si direbbe maggiorenne, ha un nome e un cognome, ma non è questo l’importante. Scrive: “Onestamente penso che anziché dare così tanta importanza a dei coglioni che hanno scritto due righe decenni fa e che ora sono morti e sepolti, dovremmo conoscere e parlare più spesso delle persone che stanno salvando il mondo… Persone come Alessandra Amoroso o Justin Bieber oppure Miley Cirus o One Direction. Persone che nella loro vita hanno avuto più sconfitte e dolore di un Manzoni, ma ovviamente la maggior parte delle persone questo non lo sa.” Lo status è molto più lungo di così ed è troppo ben scritto, con accenti, virgole e tempi verbali giusti, per essere stato digitato da una persona che pensi quello che sta dicendo. I commenti sono stati tra l’ironico e il rassegnato, pur con tutto il rispetto per le vicissitudini umane, che “ovviamente” ignoriamo, dei divi e divetti pop citati.

Ancora RaiUno, ancora quiz pre serale. E va detto che un gioco che prevede una vasta conoscenza delle parole della nostra lingua è pur sempre un benemerito nel deserto culturale che ci affligge. Peccato però che la novità introdotta dagli autori in questa edizione, ovvero una serie di domande basate sui tempi verbali, abbia portato a galla la macroscopica ignoranza di uomini e donne, di varia età, che nel presentarsi declinano curricula universitari. Ricordiamo una ragazza, chiamata a scovare il congiuntivo presente dei verbi all’infinito citati dal conduttore. Non solo non li conosceva, neanche uno. Ma quando il conduttore glieli rivelava, per poi ripartire nella sequenza, li dimenticava all’istante. Quel video andrebbe recuperato come prova, posto che di prove avessimo ancora bisogno, del fallimento della scuola italiana. Per non parlare del quiz, sempre introdotto quest’anno dagli speranzosi autori, basato sulle tabelline. La cosa che spaventa non è che non si riesca a coniugare un congiuntivo o a rispondere col numero esatto alla domanda “quanto fa 6 x 9?”.

Ciò che colpisce, e colpisce duro, è la mancanza di reazione. È che appaia normale. Anche a fronte di un neoeletto senatore grillino che, interrogato su quanti fossero i membri del Senato, sparò un numero a caso. Non paghi di aver ucciso la cultura, ci hanno assassinato lo stupore.

Si veda anche questo post:

fonte: fintatolleranza.blogspot.it

domenica 22 dicembre 2013

in Portogallo

LISBONA: I GIUDICI CONTRO LA DITTATURA DELLA TROIKA

Oltre che nelle piazze, in Portogallo gli ordini della troika fedelmente eseguiti dal primo ministro di destra Passos Coelho continuano a trovare un ostico avversario nelle stanze del Tribunale Costituzionale. 
Per l’ennesima volta i 13 magistrati che compongono la massima istanza legislativa del piccolo paese sono tornati a bocciare una delle misure di cosiddetta austerità imposti dall’Unione Europea, dalla Banca Centrale e dal Fondo Monetario Internazionale. Nella fattispecie la Corte ha bocciato in quanto illegale secondo le leggi portoghesi il provvedimento incluso nel bilancio statale del 2014 che taglia le pensioni.
Il governo di destra prevedeva di risparmiare 388 milioni di euro sulle spalle dei lavoratori in pensione, pari ad un 12% della spesa totale, attraverso la riduzione del 10% degli assegni mensili superiori a 600 euro (non ci siamo dimenticati uno zero...)  e attraverso una revisione complessiva al ribasso delle indennità pensionistiche. Interrogato dal presidente portoghese Anibal Cavaco Silva il Tribunale Costituzionale si è pronunciato contro la misura, giudicata in violazione del “sacro principio di fiducia stabilito dalla Costituzione”, così come aveva già fatto con altre misure analoghe nei mesi scorsi, facendo saltare i nervi, oltre che i conti, dei ministri marionetta di Lisbona. 

Ad aprile i giudici avevano stoppato l’abolizione delle tredicesime e delle quattordicesime per i dipendenti pubblici e i tagli ai sussidi di disoccupazione, e qualche mese prima, nel 2012, avevano bocciato importanti misure contenute nella previsione di bilancio dell’anno in corso. Stavolta i 13 magistrati hanno stabilito, all’unanimità, che il governo non può neanche in caso di ‘emergenza’ sottrarre ai pensionati dei diritti acquisiti durante gli anni e violare così una sorta di patto dello stato con i propri cittadini. In questo senso il presidente della corte, Joaquim Sousa Ribeiro, ha spiegato ai giornalisti che la revisione al ribasso delle pensioni non può essere equiparata ad un metodo di tassazione dei contribuenti. 
Si tratta di una buona notizia per milioni di portoghesi che sopravvivono a stento in un contesto contrassegnato dai tagli, dalla disoccupazione di massa, dalla precarietà e dalla ripresa dell’emigrazione all’estero. Resta da capire come il governo di Passos Coelho reperirà i quasi 400 milioni di buco nel bilancio creati dalla sentenza della Corte Costituzionale.
Intanto insorgono i partiti della sinistra radicale. I parlamentari del Partito Comunista Portoghese hanno chiesto le immediate dimissioni del "governo fuorilegge". Da parte sua il Blocco di sinistra ha chiesto l'intervento del presidente della Repubblica per ristabilire lo stato di diritto mentre il maggiore sindacato del paese, il comunista Cgtp, ha rivendicato che la decisione del Tribunale Costituzionale è anche frutto degli scioperi e delle lotte portate avanti in questi mesi da lavoratori e pensionati portoghesi.
Fonte: Contropiano
fonte: www.vocidallastrada.com