giovedì 30 maggio 2013
mercoledì 29 maggio 2013
ciao Franca
È morta Franca Rame, aveva 84 anni
L'attrice e moglie di Dario Fo era malata da tempo
Il 19 aprile dello scorso anno aveva avuto un ictus
Franca Rame e Dario Fo (Lapresse)
Addio a Franca Rame. L'attrice, sposata con Dario Fo, era malata da tempo. È morta a Milano, nella sua casa in Porta Romana. Mercoledì mattina alle 8.50 è stato chiamato il 118. . I soccorritori hanno spiegato di aver tentato di rianimare l'attrice ma di non aver potuto far altro che constatarne, poco dopo, la morte. Franca Rame, era stata colpita da un ictus il 19 aprile dello scorso anno sempre nella sua casa. In quella circostanza era stata trasportata al Policlinico dove era rimasta ricoverata per diversi giorni. La sua è stata una vita dedicata al teatro, ma anche all'impegno politico e civile.
LA CARRIERA - Nata a Parabiago nel 1929, comincia la sua carriera appena nata. Infatti faceva la neonata durante gli spettacoli della compagni di famiglia. Entrambi i genitori lavoravano nel mondo dello spettacolo. Poi negli anni '50 con una delle sorelle ha lavorato nella rivista di Marcello Marchesi e allo spettacolo «Ghe pensi mi». Pochi anni dopo il bivio. Nel 1954, sposa Dario Fo nella basilica di Sant'Ambrogio, dal matrimonio nasce un figlio, Jacopo. Un'unione non soltanto privata perché i due stringono un'alleanza che li porterà singolarmente e in coppia a siglare numerose pagine della storia italiana. A partire dal profilo culturale, con la creazione nel 1958 della Compagnia Dario Fo-Franca Rame destinata ad un rapido e significativo successo.
LA POLITICA - Ed è sempre insieme che scoprono la passione politica e civile. Entrambi abbracciano il '68. Esperienza che poi la porta a unirsi alle file del movimento femminista negli anni '70. Tanti successi e anche di drammi. Come il rapimento e lo stupro nel 1973 da parte di estremisti di destra. «Ho subito ogni tipo di violenza», scriveva l'attrice sul suo sito. Il reato è andato in prescrizione dopo 25 anni. E proprio da questa esperienza nasce un lavoro: «Lo stupro». Poi nel 2006 viene eletta in Senato con l'Italia dei Valori.
venerdì 24 maggio 2013
mercoledì 22 maggio 2013
mi mancherai
I miei vangeli non sono quattro... Noi seguiamo da anni e anni il vangelo secondo De Andrè, un cammino cioè in direzione ostinata e contraria. E possiamo confermarlo, constatarlo: dai diamanti non nasce niente, dal letame sbocciano i fiori. (Don Andrea Gallo)
Buon viaggio
martedì 21 maggio 2013
giovedì 9 maggio 2013
ci sono più
oggi, titolo del tema,
"se non fai parte della soluzione, fai parte del problema",
svolgimento,
ci sono più indiani che pellerossa
ci sono più carcasse che ossa
ci sono più pellerossa che indiani
ci sono più italioti che italiani
ricordo mia nonna, grande donna
che con il suo regolare detto popolare
riassumeva così in due parole,
"finché ce n'è, viva il re
quando non ce ne più, viva Gesù".
Ai suoi tempi, in apparenza, sembrava che l'esistenza
fosse meno complicata
nonostante si lottasse per la sopravvivenza.
Ai miei tempi, l'esistenza
ha continui variazioni di tema, sarà il sistema
che informa l'assenza di soldi per far lavorare
e poi come d'incanto sbucano per spesa militare,
certe cose accadono solo in Italia,
chi dorme sulla paglia
che si fa ricamare d'oro le iniziali sulla vestaglia,
poco importa se la rivolta scoppia
l'importante che il bimbo di Belen abbia fatto la cacca,
taglio del nastro garantisce il posto oltre al pasto,
Dio vede e provvede, per me non vede,
gli è sfuggito qualcosa nel creare, forse ha riposato male
ci sono più indiani che pellerossa
ci sono più carcasse che ossa
ci sono più pellerossa che indiani
ci sono più italioti che italiani
l'Italia si squaglia
come burro sotto il cappello,
sarà una questione di uccello, di scopa,
anche in Europa sono provvisti di mazza, ma la loro scopa
ha un preciso scopo,
spazzare via l'insorgere della corruzione
prima della prima colazione,
da noi tale forma si conforma appena
nel senso che è sempre prima,
corruzione piena, completato sistema.
Ne rimarrà soltanto uno, non rimarrà nessuno.
Il sofà del produttore
serve per ovviare il retaggio sessuale,
non ho mai compreso del tutto
il motivo per la quale la donna debba stare in ginocchio,
forse perché il produttore
usufruisce di un gran colpo d'occhio.
Sistema di potere, tocco di colore,
variazioni sul tema, collaudato sistema
ci sono più indiani che pellerossa
ci sono più carcasse che ossa
ci sono più pellerossa che indiani
ci sono più italioti che italiani
martedì 7 maggio 2013
in questa desolata landa si fa la guerra non con la bomba ma con la fionda
il colesterolo e il diabete, la fame e la sete
il cipresso e l'abete, l'inferno sulla parete
il pesce nella rete, il bambino e il prete,
carezze spacciate per comete
mi ripeto come il peto che ho mollato,
capitano mio capitano
ho il morale sotto il divano,
divani, immagini amatoriali
sfilano come il catalogo del Postalmarket,
la casalinga alza la gonna al supermarket
distinte donne incinte, succinte, recinte
donne anziane con le banane
la lingua lecca la minchia come fosse meringa
la pelle stretta dalla cinghia, siringa inietta la lusinga
gambe aperte ai giardinetti, pompini nei gabinetti
sorprese negli ovetti, ripetuti pompini,
"che barba che noia" diceva la Mondaini
nel pacco c'è di tutto, soprattutto
non c'è inganno non c'è trucco
esibizioni, stimolazioni delle parti vitali, ditali.
liberi amplessi, liberi dai complessi,
mancano della F di fantasia
come quella del GF, che malinconia!
I mu, i musicanti stonano note strafatte
i mu, i muggiti insistenti, mammelle scoppiano di latte
Valerio Scanu vinse Sanremo,
dove è finito, in un eremo?
I mu, i mutamenti fanno schifo tanto quanto gli escrementi
i mu, i mutanti sono le verità dei dementi,
l'autostrada interrotta di fronte al cimitero
le false lacrime della Fornero,
i mu, i muffati politici principi dell'offesa
la loro reputazione è ulteriormente scesa,
conoscono il significato della parola resa?
Tesoro, ignoro l'imploro, chiedo solo
a tutti coloro che cercano un lavoro
e che hanno il senso del decoro,
la Repubblica è davvero fondata sul lavoro?
A più di 50 anni mi ritrovo a scrivere stronzate rimate
provo, cerco, non trovo un produttore
intuisco, persisto, fine o inizio, me ne infischio,
non pubblicherò mai un disco
perché non sanno che esisto.
Il mio vivere è modesto,
non faccio testo ma se premo il tasto giusto
non utilizzerò un pretesto incolpando l'anno bisesto
o compiendo un eclatante gesto
per attirare l'attenzione a quanto ho richiesto,
non sarò mai prima e nemmeno seconda
in questa baraonda non ho ordigni da sganciare
ho soltanto una fionda, lasciatemela usare
giovedì 2 maggio 2013
pupù
mi ricordo, mi ha detto, che quando avevo 6 o
7 anni mia madre mi portava sempre
dal dottore e diceva: "non ha fatto la pupù".
lei mi chiedeva sempre: "hai fatto la
pupù?".
sembrava la sua domanda preferita.
e, naturalmente, non potevo mentire, avevo seri problemi
a fare la pupù.
ero tutto un groviglio dentro.
colpa dei miei genitori.
guardavo quegli enormi esseri, mio padre,
mia madre, e sembravano davvero stupidi.
a volte pensavo che facessero solo finta
di essere stupidi perché nessuno poteva essere davvero così
stupido.
ma non fingevano.
mi avevano aggrovigliato dentro come un pretzel.
voglio dire, ero costretto a vivere con loro, mi dicevano
cosa fare e come farlo e quando.
mi davano vitto, alloggio e vestiti.
e ancor peggio, non c'era nessun altro posto dove potessi
andare, nessun'altra scelta:
dovevo stare con loro.
voglio dire, non sapevo molto a quell'età
ma sentivo che loro erano masse informi
di carne e poco altro.
il momento della cena era il peggiore, un incubo
di risucchi, sputi e conversazione idiota.
tenevo gli occhi bassi dentro al piatto e cercavo
di inghiottire il cibo ma
dentro si trasformava tutto in colla.
non digerivo né i miei genitori né il cibo.
deve essere stato quello, perché per me era un inferno
fare la pupù.
"hai fatto la pupù?"
ed eccomi nello studio del dottore di nuovo.
aveva più sale in zucca dei miei genitori ma
non molto.
"dunque, dunque, mio bell'ometto, non hai fatto la pupù, eh?"
era grasso con l'alito cattivo e puzzava di sudore e
aveva un orologio da taschino con una grossa catena d'oro
che gli ciondolava sulla pancia.
pensavo, scommetto che lui fa montagne di pupù.
e guardavo mia madre.
aveva grosse chiappe,
me la immaginavo in bagno,
là seduta leggermente strabica, che faceva la pupù.
era così placida, proprio
come un piccione.
due veri cagoni, in cuor mio lo sapevo.
gente disgustosa.
"allora, ometto, non riesci a fare la pupù,
eh?"
la trasformava in una specie di barzelletta: lui la faceva,
lei la faceva, il mondo la faceva.
io non la facevo.
"dunque, allora, ti daremo
queste pillole.
se non funzionano, indovina
un po'?"
non rispondevo.
"forza, ometto, rispondimi."
va bene, decidevo di dirlo.
volevo andarmene da lì:
"un clistere".
"un clistere" sorrideva.
poi si rivolgeva a mia madre.
"e lei sta bene, cara?"
"oh, io sto bene, dottore!"
certo che stava bene.
faceva la pupù a comando.
poi ce ne andiamo dallo studio.
"il dottore è un uomo gentile, vero?"
non rispondevo.
"vero?"
"sì."
ma nella mia mente cambiavo la risposta in, sì,
fa la pupù.
lui assomigliava a una pupù.
il mondo intero faceva la pupù mentre io
dentro ero aggrovigliato come un pretzel.
poi uscivamo per strada
e guardavo la gente che passava
e tutta la gente aveva il sedere.
"notavo sempre solo quello" mi ha detto,
"era orribile."
"dobbiamo avere avuto infanzie
simili" ho detto.
"però non è che la cosa ci aiuti"
ha detto.
abbiamo dovuto superare entrambi questa
cosa" ho detto.
"ci sto provando" ha
risposto.
CHARLES BUKOWSKI