sabato 9 settembre 2017

Franca Viola: la donna che si oppose al passato

 

Articolo 544 del codice penale: il matrimonio riparatore estingue tutti i reati commessi in precedenza, anche il rapimento, anche lo stupro.
Articolo 587 del codice penale: il delitto per cause d’onore stabilisce fortissime attenuanti per chi uccide il coniuge, una figlia o una sorella o le persone che hanno avuto rapporti carnali con loro per vendicare l’onore della famiglia. 
Il nome Franca Viola a molti non dice nulla, ma il suo gesto coraggioso ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell’emancipazione della donna italiana.
È il 1965.
L’Italia è in fermento per il boom economico, le città e le loro periferie crescono, le fabbriche aumentano la produzione, la gente si sposta da Sud a Nord. Al governo per la prima volta il PSI, affiancato dalla DC. Le donne guardano al futuro, lavorano, vogliono prendere decisioni, emanciparsi.
26 dicembre, Alcamo, provincia di Trapani. Alle 9.00 del mattino due auto con a bordo 12 giovani del paese, imboccano via Arancio a tutta velocità. Per strada nessuno, è un giorno di festa.
Uno dei giovani scende da una giulietta, estrae da sotto la giacca una pistola e spara in aria.
È un avvertimento.
I giovani sfondano a calci il portone di una casa al n° 41, uno di loro, forse il capo, lo stesso che ha sparato, entra di corsa seguito dagli altri, sale le scale e si trova di fronte una donna, un bambino e una ragazza.
Il giovane afferra la giovane con forza, la strattona, la bacia, la picchia, la trascina fuori.
Lei si oppone, lotta, scalcia, urla, piange. La madre e il fratellino cercano di aiutarla, ma gli uomini sono molti, sono forti. Franca Viola, questo è il suo nome, ha solo 17 anni, è minuta, ma è anche bella, la più bella di Alcamo. Nella lotta Franca sbatte la testa al muro, sviene, viene caricata in auto con il fratellino attaccato alle vesti. La vuole proteggere, la vuole salvare. Ha solo 8 anni.
Nessuno apre le finestre, nessuno interviene.
Chi ha rapito Franca? Chi è il giovane con la pistola?
Ad Alcamo lo conoscono tutti, è Filippo Melodia, 25 anni, sempre elegante, sempre con la pistola sotto la giacca aperta. È il nipote di Vincenzo Rimi, boss del Mandamento, un personaggio di spicco di Cosa Nostra, “uomo d’onore”.
Due anni prima Filippo e Franca sono stati fidanzati per alcuni mesi. A Bernardo Viola, papà della giovane, quell’unione non piaceva e non ne faceva mistero con nessuno, neppure con Filippo. Bernardo è un contadino di Alcamo, un uomo semplice, un lavoratore, un uomo onesto che non si piega di fronte alla prepotenza.
Poi tutto è finito quando Filippo aveva comincia a frequentare amici vicino a Cosa Nostra e i carabinieri lo mettono sotto sorveglianza.
Filippo la prende male, molto male. Dopo varie insistenze se ne va in Germania a lavorare.
Franca invece la prende bene, infondo quel ragazzo non fa per lei che sogna di studiare, di lavorare come segretaria a Palermo, di decidere da sola.
La notizia del rapimento si sparge. IL 27 dicembre il Giornale di Sicilia riporta la seguente notizia:
“Irrompono sparando per rapire una ragazza.”


Ma siamo di fronte a un rapimento a una fuitina?
Nella Sicilia degli anni ’60 la fuitina non sarebbe una sorpresa. Ma cos’è?
È un’antica consuetudine in cui due giovani che si vogliono sposare e non hanno i mezzi o il consenso della famiglia, fuggono insieme per una notte o inscenano un finto rapimento, se la ragazza è molto sorvegliata dalla famiglia. Tutto si deve sapere, perché deve essere chiaro che durante la notte passata fuori un rapporto sessuale c’è stato, perciò la ragazza è disonorata.
Unica soluzione per salvare l’onore è la paciata: le famiglie dei due giovani si riuniscono, prendono accordi, si decide per il matrimonio, magari all’alba in gran segreto. L’onore è salvo.
Nel caso di Franca Viola nessuno pensa alla fuitina, né la famiglia, né i carabinieri, troppa violenza.
Ci sono anche dei precedenti che fanno capire i cattivi rapporti tra il giovane e la famiglia Viola. Tornato dalla Germania nei primi mesi del 1965, Filippo cerca di piegare Franca e Bernardo: la loro casa colonica brucia misteriosamente una notte di maggio, in luglio 500 viti sul loro podere vengono tagliate e in ottobre un gregge di pecore sconfina e devasta il raccolto del Sig. Bernardo.
Ma i Viola non cedono.
A novembre l’ultimo tentativo: per strada, davanti a tutti, Filippo affronta la famiglia di Franca, apre la giacca, mostra la pistola senza dire una parola. Messaggio chiaro.
Ma torniamo agli eventi.
Franca è via da due giorni.
Il Giornale di Sicilia titola: “Il drammatico ratto di Alcamo.” Filippo viene identificato, i suoi complici arrestati.
Il 28 dicembre il fratellino di Franca torna a casa; con il suo aiuto viene trovato il casolare dove sono stati rinchiusi. La polizia ci va, ma Franca non c’è. L’hanno spostata. È chiusa in una stanza da letto, solo Filippo la va a vedere: entra, la insulta, la picchia, la umilia, la tiene senza mangiare.
Franca è sfinita, terrorizzata, rassegnata.
Il quarto giorno Filippo la violenta, due, forse tre volte, senza che lei possa fare o dire nulla. «… non avevo la forza di oppormi…nonostante il mio stato si congiunse carnalmente con me, due, tre volte. Ero debole, digiuna dalla sera di Natale…». Il 01 gennaio Filippo carica in macchinala ragazza, dopo averla fatta pettinare e sistemare. Dove la porta? Ad Alcamo. Si fermano davanti casa di uno zio di Franca, dentro la famiglia di lei riunita con uno zio di lui. Franca capisce. La paciata, il matrimonio riparatore.
IL matrimonio mette a posto tutto, art. 544 del codice penale. Franca non è libera, vorrebbe tornare a casa dai suoi genitori, ma non si può. Deve stare dalla sorella di Filippo, in attesa che le famiglie si accordino.
Non c’è altra soluzione. O ferse una c’è.
Il delitto d’onore lava la vergona, art. 587 del codice penale. Ma il Sig. Bernardo è un brav’uomo, non è certo il tipo.
Il 02 gennaio la polizia arresta Filippo, fino al matrimonio deve restare in carcere. Ma lui non ci sta, scappa, si nasconde, poi viene preso e carcerato. Ora Franca è libera e lei e suo padre fanno una cosa che non tutti avrebbero fatto nella Sicilia degli anni ’60.  Scelgono la legge.
«Cosa vuoi fare Franca?»
«Non voglio sposarlo.»
«Va bene, tu metti una mano, io ne metto cento.»
Nell’Italia dove tradizione, consuetudine e legge vogliono la donna sottomessa all’uomo, Franca dice no. «Io non mi sposerò, non mi piego a violenze e pregiudizi.»
Il 9 dicembre 1966 inizia il processo a Filippo Melodia e ai suoi compari, presso la Corte d’Assise di Trapani. Diciassette sono i capi di imputazione, fra cui ratto a scopo di matrimonio, stupro e violenza aggravata. La famiglia Viola si costituisce parte civile. Dopo pochi giorni, a causa delle minacce ricevute, finiscono sotto scorta di ventuno agenti di polizia. Il processo è durissimo, soprattutto per Franca: «Io non ho colpa per quello che mi hanno fatto e non sono disposta ad espiare per tutta la vita una pena che non merito… L’onore lo perde chi fa certe cose, non chi le subisce…»
Il 14 dicembre Indro Montanelli scrive sul corriere della sera: “Franca Viola non ha detto di no solo a Filippo Melodia, ma a tutto un sistema di rapporti basato sulla sopraffazione del maschio sulla femmina.”
Oronzo Reale, ministro della giustizia studia un disegno di legge per abrogare gli art. 544 e 587. La discussione sarà molto lunga. Verranno abrogati 13 anni dopo, nel 1981.
Il 17 dicembre 1967arriva la condanna a 11 anni di reclusione. Filippo ricorre in appello a Palermo, dove viene condannato a 13 anni. IL 30 maggio 1969 la Cassazione lo condanna in via definitiva a 11 anni. Uscito dal carcere nel 1978 a Filippo è fatto divieto di soggiornare nell’Italia meridionale, perché considerato il nuovo capo mafia della Sicilia occidentale. Il 12 aprile dello stesso anno davanti a un ristorante della periferia di Modena viene ucciso da un colpo di lupara.  E Franca?
Si è sposata il 4 dicembre 1968 con un giovane ragioniere di Alcamo, che non ha avuto paura di sposare una ragazza disonorata. Oggi Franca vive a Monreale, con il marito e due figli.
L’ 8 marzo 2014 il Presidente Napolitano ha insignito Franca Viola con il titolo di Grande Ufficiale: «Il suo coraggioso gesto di rifiuto ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell’emancipazione della donna italiana.»
A chi le chiede dove ha trovato il coraggio, Franca risponde: «…. Ho solo dato ascolto al mio cuore.»


Rosella Reali

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

A tutte quelle donne che non hanno la forza di reagire a chi non le lascia volare

Bibliografia

·       Niente ci fu di Beatrice Monroy – edizione La Meridiana – 2012

La Repubblica.it di Concita di Gregorio – 27 dicembre 2015

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