sabato 15 luglio 2017

il denaro è lo sterco del diavolo?


San Basilio Magno sosteneva che il denaro fosse lo sterco del diavolo.
Il vescovo e teologo greco visse nel IV secolo dopo la venuta di Cristo, un tempo molto lontano da quello nel quale vi immergerò in queste pagine. 
Nella Roma degli anni Settanta in molti compresero che “portarsi via qualcuno” in grado di pagare un bel riscatto fosse la via più breve per mettere le mani su belle somme di denaro.
Tra i sequestri che tutti ricordano vi è quello dell'industriale Palombini, il re d el caffè, risoltosi con la morte dell'uomo.
Per comprendere dobbiamo risalire agli inizi degli anni settanta: un marsigliese d'adozione, Albert Bergamelli, crea una banda criminale di respiro internazionale. Tra i colpi sensazionali quello ai danni della Banca Federale Belga di Bruxelles. Bergamelli, dopo una fuga dal carcere italiano, nel 1973 impianta la propria base d'azione a Roma. Nella capitale italiana vi sono decine di semplici bande di quartiere, o batterie, che non riescono a controllare autonomamente gli affari sporchi. In breve tempo la banda diviene il punto di riferimento della criminalità non solo romana, ma italiana.
Nulla dura in eterno.
Nel maggio del 1976 il capo è in manette. Livido dalla rabbia avrà la forza di guardare negli occhi i giornalisti accorsi per affermare: «qualcuno mi ha tradito, ma si ricordi che sono protetto da una grande famiglia».


Il potere della criminalità passò rapidamente dalle mani della banda di Bergamelli, collegata al clan dei marsigliesi, a quella della Magliana. In un perfetto sincretismo, i nuovi criminali ereditarono dai vecchi tecniche ed amicizie ponendo la banda della Magliana all'interno di un groviglio politico e religioso difficile da districare.
Memorabile l'affermazione che Bergamelli rilasciò dal carcere: «quelli della Magliana? Sono solo dei borgatari, gente che agisce senza alcuna razionalità, senza una mente direttiva».
I primi atti operativi della banda della Magliana sono da collocarsi nel 1977 con il sequestro del duca Massimiliano Grazioli Lante delle Rovere. Era il 7 novembre quando i componenti della banda rapirono il nobiluomo. Il sequestro, per l'inesperienza dei criminali, finirà nel sangue con l'uccisione dell'uomo, ma con il riscatto di due miliardi comunque incassato.
Un personaggio tra i fondatori della banda merita la nostra attenzione: Enrico De Pedis, detto Renatino.
De Pedis nacque a Roma il 15 maggio del 1954. Iniziò il suo apprendistato come scippatore, divenendo ben presto rapinatore. Il primo arresto risale al 1974, a 20 anni. Torna nuovamente dietro le sbarre nel 1977 per una rapina avvenuta diversi anni prima. All'epoca del sequestro Lante delle Rovere, De Pedis era detenuto in carcere da cui uscirà nell'aprile del 1980. Renatino era sempre ben vestito, pettinato e con una cura maniacale della propria immagine, tanto da meritarsi l'appellativo di bambolotto. Tra le strade di Roma si sosteneva che passasse più tempo in profumeria che in strada a curare i propri affari.
De Pedis rapidamente salì ai vertici della criminalità romana grazie alla morte degli amici, e soci di scorribande banditesche, Raffaele Pernasetti e Danilo Abbruciati. Renatino sfruttò la situazione per stringere rapporti con la criminalità organizzata siciliana e per intraprendere un'attività di reinvestimento di ingenti somme di denaro in affari edilizi e finanziari.
Nelle fasi finali della propria vita tentò di affrancarsi dai trascorsi criminali, in questo aiutato dalle risorse finanziarie di cui poteva disporre. Per ripulire la propria immagine iniziò ad interessarsi all'arte, frequentando le migliori botteghe antiquarie della capitale.
La fine arriva per tutti.
De Pedis iniziò a non dividere i proventi con i complici momentaneamente in carcere, e neppure con i loro familiari. Gli altri lo interpretarono come uno sgarro cui porre rimedio quanto prima. Edoardo Toscano appena uscito dal carcere decise che era giunto il momento di uccidere Renatino. De Pedis fu più veloce e fece uccidere Toscano dai suoi uomini. Il momento finale per Renatino non era lontano: il 2 febbraio del 1990 fu attirato con l'inganno in un appartamento nei pressi di Campo dei Fiori. Terminata la conversazione si avviò con il motorino per le strade di Roma. Poco dopo fu affiancato da due sicari che spararono un solo colpo alle spalle, uccidendolo.
I funerali di De Pedis furono celebrati nella Basilica di San Lorenzo in Lucina. La sua salma, tumulata inizialmente nel cimitero del Verano, fu trasferita poco dopo all'interno della cripta della Basilica di Sant'Apollinare a Roma.
Un criminale sepolto all'interno di un luogo sacro della cristianità?
Qualcosa sfugge.
Nel proprio libro di memorie Sabrina Minardi, amante di Renatino, spiegò in modo esplicito la carriera e la sepoltura all'interno della cripta della Basilica di Sant'Apollinare: «lo sapevano tutti che Renatino era l'uomo del Vaticano». De Pedis era conosciuto dal cardinale Poletti, vicario di Roma e persona assai vicina a Giulio Andreotti. Lo stesso cardinale, nella sua qualità di vicario, firmò il nulla osta per l'autorizzazione alla sepoltura di De Pedis in Sant'Apollinare, in deroga al diritto canonico.
Chi richiese il nulla osta alla sepoltura?
La tumulazione nella basilica fu richiesta dalla vedova di De Pedis a monsignor Pietro Vergari, rettore di sant'Apollinare, il quale scrisse una lettera, datata 6 marzo 1990, a Poletti nella quale attestava che De Pedis in vita fu benefattore dei poveri che frequentavano la basilica. Il 24 aprile dello stesso anno la salma di Renatino fu tumulata nella cripta e le chiavi del cancello furono consegnate alla vedova.
De Pedis stringeva legami con il Vaticano, stando alle dichiarazioni dell'amante e alla prova offerta dalla sepoltura.
Sabrina Minardi nel suo libro non pone limiti alle amicizie di Renatino, parlando delle cene a casa di Giulio Andreotti: «Renato era ricercato, siamo andati su a casa e accoglienza al massimo, c'era pure la signora, la moglie, una donnetta caruccia. Ovviamente davanti non parlavano di niente».
Un criminale amico di un cardinale e di Giulio Andreotti?
Il porporato in questione, Ugo Poletti, compare nella lista Pecorelli, pubblicata il 12 settembre del 1978 sulla rivista l'Osservatore Politico dal giornalista Mino Pecorelli. Il documento conteneva i nomi degli appartenenti alla massoneria nell'ambiente ecclesiastico. Poletti era in buona compagnia, dato che nella lista comparivano Paul Marcinkus, Dino Monduzzi e il vescovo Salvatore Baldassarri.
Il 20 marzo del 1979 il corpo di Pecorelli sarà ritrovato all'interno della sua auto.


De Pedis amico di cardinali che rientravano nelle liste di possibili affiliati alla massoneria, e intimo di politici che governavano l'Italia a loro piacimento.
Un ulteriore passo in avanti nelle ricerche attiene il possibile ruolo svolto da Renatino nel rapimento di Emanuela Orlandi. Antonio Mancini, uno dei componenti del primo nucleo della banda, affermò: «Emanuela Orlandi è stata rapita per ricattare il Vaticano e per ottenere la restituzione di un'ingente somma di denaro investita dalla banda della Magliana nello IOR».
Non vogliamo affidarci alle parole di un criminale?
Ascoltiamo quelle di un magistrato?
Il giudice Rosario Priore sostiene che Emanuela Orlandi sia stata rapita dalla Banda della Magliana per un ricatto al Vaticano per rientrare in possesso di 20 miliari di lire consegnati allo IOR.
Interessante leggere le dichiarazioni di Mancini sulla sepoltura di De Pedis in Sant'Apollinare: «il motivo per cui è sepolto in Sant'Apollinare è che fu lui a far cessare gli attacchi della banda nei confronti del Vaticano. Queste pressioni erano dovute al mancato rientro dei soldi prestati, attraverso il Banco Ambrosiano di Calvi, al Vaticano. Dopo il fatto della Orlandi, nonostante i soldi non fossero rientrati tutti, De Pedis, che stava costruendo per sé un futuro nell'alta borghesia, s'impegnò attraverso i prelati di riferimento a far cessare le azioni violente. Tra le cose che chiese in cambio di questa mediazione, c'era la garanzia di poter essere seppellito in Sant'Apollinare».
Siamo di fronte ad uno scambio?
Ascoltando le parole del criminale Mancini e del giudice Priore parrebbe proprio di si.
Nel 1997 la sepoltura, che abbiamo compreso essere parte del ricatto di De Pedis al Vaticano, fu al centro di un'interrogazione parlamentare scaturita da un articolo, per il Messaggero, della giornalista Antonella Stocco. Il risultato dell'intervento politico fu la preclusione al pubblico dell'accesso alla cripta.
Quale fu la risposta del Vaticano alle pressioni sulla tumulazione di un criminale all'interno di una basilica?
Il Vicariato dichiarò che, pur comprendendo le perplessità ingenerate dalla sepoltura, non riteneva opportuna un'estumulazione.
Il 18 giugno del 2012, su autorizzazione della magistratura italiana, la salma di De Pedis fu traslata dalla basilica di Sant'Apollinare e trasferita al cimitero di Prima Porta, dove fu cremata.
Successivamente le ceneri furono disperse in mare.
Siamo di fronte ad un criminale comune divenuto potente grazie alle amicizie con le gerarchie politiche ed ecclesiastiche, segnate dalle parole del giudice Rosario Priore e dalla sepoltura all'interno di un luogo sacro della cristianità.
Cosa possiamo aggiungere?
Prendendo a prestito dal titolo di un recente film, potremmo concludere che la verità sta in mare.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia

Di Giovacchino Rita, Il Fatto Quotidiano – Renatino, l'uomo del Vaticano – 15 maggio 2012

La Repubblica – Sabrina Minardi e Renato De Pedis. Vita pericolosa di una donna del boss – 23 giugno 2008

La Stampa – De Pedis, ok di Poletti – 31 marzo 2012

La Repubblica – Dalla Magliana ai salotti buoni, romanzo criminale di una banda – 25 giugno 2008

La Repubblica – La salma di Renatino nella basilica, l'ultimo colpo del boss benefattore – 25 giugno 2008

Corriere della Sera – E' stato Renatino a rapire la Orlandi – 28 dicembre 2009

Corriere della Sera – Sequestro Orlandi: ecco l'auto – 14 agosto 2008

Laura Bogliolo, Il Messaggero – Caso Orlandi, aperta la tomba di De Pedis. La salma è quella del boss – 14 maggio 2012

Fabrizio Peronaci, Corriere della Sera – Lunedì si sposta la tripla bara di De Pedis – 13 maggio 2012


Fotografie

1- Omicidio di Enrico De Pedis
2- Albert Bergamelli agli arresti
3- Omicidio di Mino Pecorelli

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