venerdì 22 luglio 2016

le conseguenze della comunicazione mobile

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Il cervello dell’uomo che passa la maggior parte del suo tempo attaccato al telefono cellulare è sottoposto agli stessi effetti che subisce il cervello di un bevitore, perché una qualsiasi quantità di alcol, similmente alla radiazione elettromagnetica, provoca l’agglutinamento degli eritrociti, i globuli rossi. Per i grandi vasi questi coaguli non rappresentano un rischio particolare, anche se il sangue in un tale stato è ovviamente molto meno funzionale.

Nella testa la situazione è ben diversa. Il cervello umano è composto da miliardi di neuroni. Ognuna di queste cellule nutre il suo micro capillare ed esso è così sottile che i globuli rossi possono introdurvisi solo in un’unica fila. E quando alla base del capillare si avvicina un conglomerato di eritrociti, il capillare si ostruisce e dopo pochi minuti il neurone muore per sempre. Dunque, tenersi abbracciati alla bottiglia o al cellulare, l’effetto è lo stesso: il cimitero delle cellule cerebrali morte è in rapida crescita.

Chiaramente, se l’ingranaggio non necessita di un gran cervello, su quest’effetto si possono chiudere gli occhi. Le riserve del cervello sono abbastanza grandi, e anche le sue possibilità

vengono usate solo per una piccola percentuale, fino alla vecchiaia gli possono bastare. È come se la Saggia Natura avesse calcolato che è meglio disabilitare l’uomo di una parte significativa del suo cervello e provvedere piuttosto a fargli avere delle solide riserve di resistenza.

Ma c’è un altro pericolo: l’insorgenza di un tumore al cervello a seguito di un’esposizione costante alle radiazioni elettromagnetiche. I produttori di cellulari e gli operatori di rete sono perfettamente a conoscenza del problema, ma non se ne preoccupano. Li preoccupano solo i guadagni. Gli utenti del telefono o non ne sono al corrente, o permangono in uno stato di cosiddetta “sicurezza da appartenenza alla mandria”. Del resto, tutti usano i cellulari. Non possono mica essere tutti idioti, è vero o no?

Ebbene, vi do una bella notizia: possono! L’uomo è in grado di rimanere quanto vuole in uno stato di euforia spensierata, senza prestare attenzione ai segnali di allarme, e ciò fino a che un problema non finisce per toccarlo specificatamente o fino a quando non gli diventa evidente che l’intera mandria era stato alimentata per la macellazione.

Fino agli anni Ottanta del secolo scorso tutti avevano accolto con entusiasmo la comparsa di materiali edilizi a basso costo a base di amianto. Agli avvertimenti degli esperti sulle proprietà cancerogene di questo minerale nessuno prestò attenzione e i produttori di amianto ebbero allora occasione di arricchirsi. In seguito furono registrati casi di tumori di massa ma l’industria dell’amianto era ed è un business multimiliardario e i produttori ebbero a lungo l’opportunità di “lobbyzzare” i loro interessi facendo il possibile per dimostrare l’“assoluta innocuità” del materiale.

Attualmente l’amianto è completamente vietato solo nei Paesi dell’Unione Europea. La guerra dell’amianto non è ancora finita. Perché? Perché il tempo non è ancora giunto. Il fatto è che i tumori si sviluppano in tempi molto lunghi, circa 35-40 anni. Se si considera che l’utilizzo dell’amianto ha raggiunto il suo apice alla fine degli anni Settanta inizio degli anni Ottanta,

non è difficile capire che il picco della diffusione dei tumori è ancora di là da venire, subentrerà tra il 2015 e il 2020. Il meccanismo a orologeria sta ancora ticchettando.

È evidente che le conseguenze della larga introduzione della comunicazione mobile affioreranno verso il 2035. Di che natura e portata saranno, nessuno ancora lo sa. La cosa peggiore è che si tratta di un esperimento su scala globale, condotto sull’intera umanità, e siccome le radiazioni elettromagnetiche, tra le altre cose, comportano cambiamenti genetici, è lecito supporre che tale folle esperimento coinvolga non solo la generazione presente ma anche quelle future, non ancora nate

Vadin Zeland Scardinare il sistema tecnogeno 

http://altrarealta.blogspot.it/

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