domenica 17 aprile 2016

l'inutile retorica del "tutto va a gonfie vele": l'Italia è al capolinea

Quanto ci vuole a dire una sciocchezza? A quanto pare molto poco. Quanto ci vuole ad evidenziare che era una sciocchezza? Poco più di molto poco. Problema: le sciocchezze richiedono brevi catene di ragionamento, mentre invece la dimostrazione che fosse una sciocchezza richiede lunghe catene di ragionamento. La maggior parte delle persone non riesce a seguire le lunghe catene di ragionamento. Questo vuol dire che colui che ha intenzione di dimostrare che qualcuno abbia detto una sciocchezza, sarà ulteriormente messo in difficoltà da una scarsa attenzione dimostrata dal pubblico. Di conseguenza molto spesso colui che dice una sciocchezza riesce a farla franca. Peggio, la sua sciocchezza diventa la base per costruire una nuove serie di tesi altrettanto sciocche. Alla fine, fortunatamente, il mucchio di sciocchezze crolla sotto il proprio peso, ma coloro che c'hanno creduto, nel frattempo, debbono fare i conti con la propria ingenuità e con quanto hanno perso.

Inutile dire che in Italia abbiamo chi le spara grosse. Il "nostro" presidente del consiglio riesce a farla franca con la sua retorica perché si basa sulle sciocchezze e su brevi catene di ragionamento. Ottiene l'attenzione. Gioca sul fatto che l'elettore medio non si prenderà la briga di controllare e vagliare quanto detto. Molto spesso neanche i media mainstream lo fanno. Quindi tocca farlo alla stampa indipendente. Per il momento, infatti, il "nostro" presidente del consiglio ha potuto tranquillamente seppellire l'etere sotto una caterva di proposizioni inesatte e fantasiose, perché la BCE sta guardando le spalle ai malati d'Europa. Nello specifico, ha scatenato nei mercati una gigantesca offerta d'acquisto per il pattume obbligazionario statale, la quale ha indotto investitori istituzionali e non ad accaparrare titoli di stato facendo front-running al "whatever it takes" di Draghi.

Questa mossa ha abbattuto i rendimenti delle obbligazioni statali, permettendo agli stati europei, e soprattutto all'Italia, di prendere una boccata d'aria dalla grave crisi iniziata con la Grecia nel 2010. Ovviamente questa strategia è totalmente artificiale e non ha assolutamente niente a che fare con mercati liberi e onesti. Sebbene Draghi continui a chiedere che gli stati "facciano le riforme", non accade nulla di tutto ciò perché l'unica cosa che il QE comporta, è un maggiore azzardo morale, una determinazione dei prezzi falsificata e un rischio mal prezzato. Di conseguenza il "nostro" presidente del consiglio sta facendo la voce grossa a livello europeo affinché venga approvato un deficit maggiore per l'Italia, solo in virtù della manna monetaria alimentata da Draghi.

Infatti se non fosse per l'effetto temporaneo del QE, l'Italia avrebbe dovuto operare una vera spending review e non avrebbe potuto scatenare la rapacità del fisco. Non solo, ma avrebbe soprattutto dovuto contenere il proprio deficit affinché gli investitori esteri comprassero il suo debito. Nessuno avrebbe potuto incolpare i bond vigilantes di un presunto complotto, perché le evidenze sarebbero state sotto gli occhi di tutti. Infatti di fronte ad una levata di scudi come quella riportata da questo articolo di Bloomberg, dove i vari funzionari pubblici italiani si sentono oltraggiati dalle richieste tedesche, quale credibilità avrebbe potuto avere a livello finanziario un paese che si rifiuta di constatare la fragilità dei propri conti pubblici? Per non parlare dei bilanci colabrodo delle grandi banche commerciali. Gli addetti ai lavori continuano a spacciare la favoletta dei CDS come metodo per tenere d'occhio le performance e la solidità di una banca. Nel caso di Unicredit e MPS, ad esempio, notiamo che nell'ultimo anno l'andamento dei CDS è stato pressoché piatto, sono schiazzati in alto all'inizio dell'anno e poi sono ritornati alla media degli ultimi 12 mesi non appena lo zio Mario ha sparato il nuovo bazooka.

Cosa vuol dire? Vuol dire che i fondamentali di mercato sono disconnessi dalla realtà. Vuol dire che affidarsi ai CDS per "prevedere" un presunto malanno in realtà bancarie come quelle citate, equivale a chiudere il cancello della fattoria una volta che gli animali sono scappati. Fare affidamento su questi strumenti per cercare di prevedere i malanni economici significa bendarsi gli occhi e affidarsi agli azzardi dei casinò. Gli addetti del settore non comprendono questo fatto perché si limitano a guardare i grafici sui monitor senza avere uno straccio di teoria a supporto. Anzi, li basterebbe leggere qualche articoletto sul web nei confronti di Monte dei Paschi e Unicredit per farsi un'idea dell'immensa cantonata che prendono quando consigliano ai propri clienti di fidarsi d'istituti bancari come quelli citati. Addirittura ritengono che siano tra i più solidi! Stiamo parlando, ad esempio, di una realtà come quella di Unicredit che si accinge a licenziare circa 10,000 dipendenti secondo un recente articolo di Bloomberg.

A questo bisogna aggiungere la politica della NIRP che continua a scatenare una fame di rendimenti decenti tra le realtà finanziarie e bancarie, per le quali un bilancio in pareggio equivale ad un bilancio in perdita. I margini di profitto negli ambienti azionari e obbligazionari verranno utlteriormente limati, costituendo un mal prezzamento incendiario del rischio e del debito.


Visto che il canale della trasmissione della politica monetaria alla gente comune e alle piccole/medie imprese è rotto, il denaro di nuova creazione continuerà ad essere riciclato nel casinò azionario fino a quando i rendimenti diventeranno così minuscoli da essere insignificanti. Allora tutto il pattume tradato a livelli sotto lo zero, visto che ormai ci sono in circolazione circa $7,000 miliardi in bond sovrani con rendimenti negativi, esploderà in faccia a tutti coloro che hanno gozzovigliato con la manna monetaria delle banche centrali. Nel frattempo ulteriori risorse economiche verranno risucchiate da quelle attività che beneficiano della manna monetaria, rendendo il percorso di deleveraging di Main Street ancor più doloroso. E questo rappresenta un doppio smacco per le attività aiutate artificialmente dalla manna monetaria delle banche centrali, perché oltre a veder erosi i margini di profitti nelle bische clandestine, dovranno fare i conti con un ambiente economico distorto che impedisce una corretta allocazione delle risorse economiche verso quelle attività economicamente sostenibili. Questo significa fallimenti e bancarotte, che a loro volta si ripercuoteranno sui bilanci bancari. Questo vuol dire sofferenze sui bilanci bancari in continua ascesa.


I robo-trader, gli imbonitori sell-side nel casinò e gli addetti ai lavori nel settore bancario inebriati dalla retorica keynesiana, non vedono arrivare nulla di tutto ciò. Per ben due volte in questo secolo non l'hanno visto arrivare.

Quindi, no, non esiste alcun "mega-complotto" contro l'Italia da parte della Germania, ma solo l'ingenua e sterile speranza (ovviamente per ragioni economiche legate fondamentalmente ai saldi Target2) di quest'ultima di voler cambiare un paese prossimo alla bancarotta ufficiale. E quando parlo di "bancarotta del paese" non sto esagerando. Come definireste un paese che continua a prendere in prestito denaro e a spenderlo in progetti improduttivi? Nonostante tutte le chiacchiere sulla fantomatica riduzione della spesa pubblica, quest'ultima continua a rimanere a livelli da record a circa €830 miliardi. Non solo, a questo dobbiamo aggiungerci l'assurda pressione fiscale italiana reale che si attesta ormai al 70%. Insomma, gli italiani lavorano praticamente per lo stato. Dov'è la creatività? Dov'è l'innovazione? Si pensa di uscire da una stagnazione secolare costruendo cattedrali nel deserto come il ponte sullo stretto? Se la storia è una guida, Hoover ci provò con la sua diga e fallì. Invece la retorica delle sciocchezze ancora attecchisce tra gli elettori. La loro pigrizia nel voler seguire lunghe catene di ragionamento li costerà caro: sia in termini pecuniari sia in termini di libertà e privacy.

Voglio dire, vi basta considerare quanto sia diventata ingerente la burocrazia. Pensate alla follia delle ingiunzioni di pagamento, dove il malcapitato di turno deve prima pagare e poi dimostrare la veridicità di quanto affermato dallo stato. Pensate a quanto ci vuole ad aprire un'attività. Ma la vera propaganda nel nostro paese non tanto sono le proiezioni stimate del PIL utilizzate dal governo per costruire castelli in aria, che poi si schiantano a terra quando escono i numeri reali. Infatti bisogna ricordare ai lettori disattenti che i numeri dell'Istat vengono rivisti costantemente una volta usciti. Se poi la politica sfrutta i dati grezzi per mostrare all'elettorato il presunto successo del suo governo, non bisogna gridare allo scandalo una volta uscite le rettifiche. La balla esisteva già da prima, utilizzando cifre temporanee come base per la gestione dei conti pubblici. Questa è pura e semplice cialtronaggine. Non c'è bisogno di soffermarsi più di tanto sul tira e molla con i dati Istat, i quali vengono segnalati dal "nostro" presidente del consiglio qualora positivi o vengono soprasseduti qualora negativi.

Gente, il vero inganno è la cosiddetta caccia all'evasore. La scusa principe per aizzare i contribuenti gli uni contro gli altri, sviando l'attenzione dalla rapacità dello stato. Infatti non si stanno affatto "recuperando" fondi dall'evasione fiscale, poiché con gli strumenti repressivi in mano allo stato ci sono poche vie di fuga, è il costante aumento della pressione fiscale, delle contribuzioni e la costante riduzione delle detrazioni che ha permesso allo stato italiano d'incamerare più risorse dalla popolazione. E che cosa ha fatto? Ha speso di più.

La giustificazione dell'evasore, quindi, serve al "nostro" presidente del consiglio e ai suoi sicofanti per continuare a tenere una mano ben ferma nel portafoglio degli italiani e un piede ben saldo sulla loro testa. E questa è solo una metà dell'intera storia. Infatti la metà più interessante la ritroviamo nelle chiacchiere sul lavoro. La ripresa economica di cui vanno blaterando i media mainstream e i politici è solo nei numeri, non nella realtà. Soprattutto in un'economia in cui il lavoro è stato tagliato e sminuzzato e poi diviso tra impiegati in call center, fattorini, camerieri, montatori di palcoscenici, ecc. Questi lavori non offrono affatto retribuzioni da capofamiglia, quelle che permettono agli individui di comprare casa e costruire una famiglia.

Infatti se guardiamo i dati riguardanti l'impiego a temo indeterminato, noteremo un trend nettamente al di sotto della propaganda del "nostro" presidente del consiglio, il quale si sta pavoneggiando nei suoi comizi a botte di striscioni pro-Jobs Act. No, i politici non sono affatto in grado di creare posti di lavoro. Non hanno gli strumenti adatti nelle loro mani per fare impresa. Non sono in grado d'effettuare un calcolo economico in accordo con le forze di mercato.

domenica 10 aprile 2016

Campo di stelle, la ragazza e la cavalla con un occhio solo

La cavalla si chiama Isotta Raminga. Ha un occhio solo, ma vede lontanissimo. Il suo sguardo si allunga su quasi duemila chilometri, dalle Alpi a Finisterre, dove ha fatto il bagno nell’Atlantico insieme alla sua inseparabile compagna, Paola Giacomini, esperta di trekking estremi. Ragazza e cavalla, sole. Sella e taccuino, per annotare le tappe di un pellegrinaggio dell’anima, scoprendo giorno per giorno la poesia dell’andare, lo sgomento dei cieli infiniti, la durezza della fatica, la magia degli incontri lungo il sentiero. Tutto intorno, la geografia più remota del sud-ovest europeo. Era il 2006, un milione di anni fa. In Sicilia l’antimafia arrestava Provenzano, mentre in Cile moriva Pinochet, uno degli ultimi ruderi del ‘900. Il nuovo millennio già si dava da fare: Jack Dorsay lanciava Twitter, Julian Assange fondava Wikileaks. E ancora all’appello mancavano Lehman Brothers e Fukushima, Mario Draghi e la Troika, la macelleria della Grecia, Monti e Fornero, la fine di Gheddafi, la carneficina della Siria, il losco carnevale di sangue firmato Isis. Se il mondo è impazzito, chi può leggerlo meglio di un cavallo con un occhio solo?
«Insensato cercare di assomigliargli, altrettanto insensato chiedergli di assomigliare a noi», scrive Paola di Isotta Raminga. Un cavallo puoi sempre domarlo, ma «è meno scontato conquistarne l’anima: per raggiungerla, occorre concedergli lo spazio per Cavallo montagnaesprimerla, donargli la propria». L’anima, la grande assente del nostro desolato mainstream, desertificato dall’economia di regime, geopolitica e bellica. Il sistema, dice l’ex avvocato Paolo Franceschetti, autore del saggio “Le religioni”, ha letteralmente cancellato la spiritualità dal nostro paesaggio quotidiano, perché ne ha paura: guai, se sospettiamo che la realtà non si esaurisca nella narrazione che ci viene imposta. La pensa così anche Fausto Carotenuto, già analista strategico dell’intelligence, oggi impegnato nel network “Coscienze in rete”: sopra ogni altra cosa, sostiene Carotenuto, il “main-power” teme che ognuno di noi riconquisti l’accesso alla sua dimensione spirituale, la porta della coscienza. A Paola e Isotta è accaduto tanti anni fa: duemila chilometri di meditazione quotidiana, nel silenzio dei grandi spazi. Qualcosa che ti costringe a fare i conti con la vita, senza finzioni.
“Campo di Stelle”, singolare diario di viaggio – geografico e interiore – è un esempio di rarissimo nitore espressivo, straordinariamente intenso e coinvolgente: ti porta esattamente là, sul sentiero di Isotta, fra le trepidazioni dei passi alpini e pirenaici, le premure quotidiane per il cibo, la scelta di dove accamparsi per la notte, le incognite del viaggio, le sorprese di un’umanità inattesa. Partire soli, con un cavallo, silenzioso compagno di viaggio: l’animale «catalizza le emozioni, riconosce prima del cavaliere la sua serenità o le sue paure e inquietudini». Se si impara a conoscerlo, «si può scoprire un’anima molto più potente del corpo che la contiene». Perché, prima ancora del peso del cavaliere, «sostiene il suo spirito, chiedendogli di vivere in pace e di pensare a una cosa per volta». E se il cavaliere decide inspiegabilmente di lasciare, all’improvviso, il più meraviglioso Campo di Stelledi tutti i luoghi raggiunti, solo perché è ora di riprendere il viaggio, il cavallo «si stupisce di queste faccende degli uomini che, a volte, non riescono ad accontentarsi di un bel prato e di una fresca fonte».
Isotta Raminga è un esemplare arabo-avelignese, sauro, dalla criniera bionda. E’ speciale, «perché sa uscire incolume dalle situazioni più difficili», le fiuta in anticipo: la cavalla «diventa seria e concentrata». Cessato il pericolo, «torna disincantata e noncurante, come se nulla fosse successo». A volte è distratta: «Quando si annoia dimentica l’attenzione e si fa male». L’occhio lo perse a causa di un calcio, rimediato da un altro cavallo. «La cicatrice dell’occhio che ho dovuto far asportare era appena guarita quando siamo partite», racconta Paola. «Il giorno della partenza, Isotta assomigliava ad un mostro. In Francia il primo impatto con le persone era di ribrezzo; mi chiedevano se avesse fatto la guerra. In un certo senso siamo tutti in guerra. C’è chi le ferite le mostra all’esterno e chi le riporta all’interno». “Campo di stelle” insegna che non esiste cicatrice che non possa rimarginare. Ma bisogna trovare il coraggio di lasciarsi alle spalle ogni certezza.
«L’ultimo addio a qualcuno a cui volevo bene è stato a Briançon», scrive Paola, valicato il Monginevro. «Sto cominciando un’avventura desiderata, eppure un nodo mi stringe la gola». Poi, prevale l’incanto degli elementi: «La notte scorsa, poco sopra il Col des Ayes, il cielo ha buttato giù la prima neve». Giorni e notti, a passo lentissimo: la valle della Durance fino a Sisteron, la Provenza. Appunti e incontri. Davide, un maniscalco: «Mi ha chiamata mentre passavo sulla strada, come se mi stesse aspettando». E Yves, «un uomo dai modi aristocratici e dall’aspetto selvatico», che vive «nell’umido fondovalle di queste colline profumate di lavanda», scappato da Parigi nel ‘58, quando aveva diciassette anni. «Tante persone stanno realizzando un’idea al limite dell’utopia, con un’armonia che, senza vedere, è difficile immaginare». A Forcalquier, una tribù ospitale: «Il pane viene cotto nel forno a legna una volta la settimana, la cucina è in comune e l’enorme refettorio anche. Mangio con loro, sparecchio e bivaccoguardo le stelle». Curiosità: «Il ragazzo che si occupa dei cavalli mi chiede cosa mi spinge a partire il mattino seguente. Si chiede se, secondo me, esiste un posto migliore di quello per fermarsi».
Acqua e cibo, cartine, la pista più adatta. I deserti pietrosi della Drome, la discesa in Camargue: «Tori, cavalli e fenicotteri oltre recinti di filo spinato». Quindi il Rodano e nuovi silenzi, quelli delle Cevennes. Notti di tregenda: tuoni e lampi, grandine. «Stavolta Isotta è sconsolata e io sono nera come il cielo». L’indomani ricomincia a piovere. «Urlo una bestemmia. Forte. Mi vergogno subito. Dalla casa di fronte si apre una finestra e una signora nigeriana con un sorriso gigante mi chiede, in italiano, se sono italiana». La donna scende in strada in vestaglia, con un ombrellino rosa: «In un attimo sono con lei e la sua pecora in un grande prato recintato con una tettoia, dove metto ad asciugare tutto». Ragazza e cavalla visitano «terre rosse e pietre nere», sostano accanto a una casa dalle cui finestre arriva la musica di un violoncello: «Una pace enorme inonda la terra, quando cala la notte e mi infilo nel sacco a pelo. Grilli e cicale rimbalzano la loro musica. Spengo la luce in ascolto e mi addormento». Altri chilometri, altre lingue: «È la prima notte in IsottaSpagna. L’aria è tersa e l’assenza di paesi e di luna fa splendere le stelle all’infinito. Non ho montato il telo».
A Roncisvalle, compare una coppia straordinaria. Lei di Strasburgo, lui italiano. Si sono conosciuti in Madagascar. «L’amore è una faccenda tremenda che fa volare e precipitare con la stessa velocità e la stessa dolcezza, senza controllo né previsioni. Ciò che immagini possa funzionare scricchiola, ciò da cui ti aspetti un disastro è una meraviglia». Un saluto, e la marcia riprende. Altra beata solitudine: «Immersa nella pozza di acqua limpida, i nodi della stanchezza si sciolgono». In mezzo alle montagne iberiche, a Beldorado, Paola rimedia una camicia bianca che le viene offerta: «Non ho detto di no. Dopo mesi di bivacchi e vita all’aria aperta, sempre vicino a un cavallo, il più possibile lontano dalla civilizzazione, si può diventare dei veri selvaggi». Infine, l’Atlantico: «L’ultimo tramonto d’Europa a questa data e a questa latitudine è verso le dieci e mezza di sera, molto tardi. Il Paola Giacominiprogetto è di raggiungere il Capo di Finisterre per vedere il sole tuffarsi nell’oceano proprio in quel momento lì».
Mesi di viaggio, dalla valle di Susa a Santiago de Compostela: «Quest’avventura l’abbiamo vissuta in due: una persona e una cavalla. Quando siamo partite, io sapevo che avremmo viaggiato a lungo. Lei si è accorta solamente che una mattina siamo andate da un’altra parte, e ci siamo fermate a dormire lontano. Il giorno dopo non siamo tornate indietro, abbiamo continuato a camminare verso ovest». Ogni giorno il ritmo era lo stesso, ma i posti sempre nuovi. «Ogni giorno si incontravano altri cavalli e altre persone. Ogni giorno c’erano fieno, orzo e acqua con sapori diversi». Partire, morire, rinascere: il senso iniziatico di ogni vero viaggio. «Tutto quello che c’è tra oriente e occidente è solo cammino. Partendo è tutto da inventare e tornando diventa quello che riesci a scoprire». Pensieri e sensazioni, in perfetta simbiosi con la cavalla: «Isotta ha saputo tradurmeli mentre comprendeva i miei errori, insegnandomi un linguaggio». Poi dicono che gli animali non abbiano il dono della parola. «Da sola non sarei stata capace di vedere certe cose». L’occhio di Isotta, il cuore della terra: «È stato un pellegrinaggio, non è ancora finito».
(Il libro: Paola Giacomini, “Campo di stelle. A Santiago a cavallo”, 160 pagine, disponibile su eBay a 8 euro. Contatti: Facebook).

fonte: www.libreidee.org

l'isola che c'è



Affordable Art Fair 2016
Milano, Superstudio Più
qualcuno protesterà
non metto nomi
già trovarli, questi, è costata fatica
ma siete belli
questi quadri
li avrei comprati
messi in una bella casa
spaziosa e dalla ampie pareti
li avrei messi in studio
luminoso e accogliente
li avrei appesi in camera
in modo
da
sentire
il vento
tra i capelli



Gianpaolo Talani
L'isola che c'è

mi commuove
fonte: nuovateoria.blogspot.it

mercoledì 6 aprile 2016

Kathe Kollwitz



Käthe Schmidt Kollwitz è stata una scultrice e pittrice tedesca. Oltre che nella scultura e nella pittura, fu impegnata nelle arti della xilografia, litografia e stampa.

Gioventù

 nacque nel 1867, con il cognome Schmidts, nell'allora città prussiana di Königsberg, nella quale visse fino al 1885. I primi insegnamenti artistici li apprese, a partire dal 1881 da Rudolf Mauer, incisore di Rame, e dal pittore Gustav Naujok.
I suoi primi disegni, all'età di 16 anni, riguardavano operai, marinai e contadini che vedeva nell'ufficio di suo padre. Decisa ad intraprendere studi d'arte, si trasferì a Berlino, dove vi era una scuola d'arte femminile, studiò con Karl Stauffer-Bern, amico dell'artista Max Klinger. Le acqueforti, la tecnica e la tematica sociale di quest'ultimo furono per lei fonte d'ispirazione.
A 27 anni si fidanzò con Karl Kollwitzs, studente in medicina e, nel 1888, passò a studiare alla scuola d'arte femminile di Monaco. Sposatasi nel 1891, andò a risiedere a Berlino, nella casa in cui visse fino ai bombardamenti del 1943.
Nel 1892 nacque il primo figlio, Hans, e nel 1896 Peter. In questo periodo, dopo aver visto l'opera di Gerhart Hauptmann, "I tessitori" (riguardante l'oppressione dei tessitori della Slesia: nel 1842 vi fu un tentativo fallito di rivolta), fu da quest'opera ispirata e produsse un ciclo di 3 litografie (Povertà, Morte, Cospirazione) e 3 dipinti (Marcia dei tessitori, Rivolta, La fine) esposti pubblicamente nel 1896 e divenuti la serie di lavori fra le più apprezzate.

Il secondo maggior ciclo di lavori (litografie) che impegnò l'artista, fu fra il 1902 ed il 1908, fu Guerra dei contadini, riferita all'evento storico omonimo avvenuto nel sud della Germania nei primi anni della riforma protestante, a partire dal 1525. Durante questo periodo di lavoro, visitò l'Académie Julian di Parigi, dove imparò a scolpire e, una delle litografie del ciclo, dal titolo "Scoppio", vinse il premio "Villa Romana". La vincita di questo premio le garantì per un anno, il 1907, la permanenza in uno studio di Firenze.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale il figlio Peter, nell'ottobre 1914, morì durante una battaglia, causandole un lungo periodo depressivo. Successivamente progettò per lui ed i suoi compagni morti un memoriale scultoreo (I genitori addolorati) di cui distrusse una prima bozza nel 1919 per poi ricominciare nel 1925. Il memoriale, terminato nel 1932, venne posto nel cimitero di Roggevelde (Belgio) e successivamente spostato nella vicina Vladslo (al locale cimitero di guerra tedesco), con lo spostamento della tomba del fratello.
Nel 1917, al suo cinquantesimo compleanno, la galleria di Paul Cassirer provvide ad esporre 150 suoi dipinti.
Una delle maggiori espressioni delle sue idee politiche socialiste fu il "Memoriale a Karl Liebknecht" nonché il suo confluimento nell'"Arbeitsrat für Kunst", parte del primo governo dell'SPD, pochi anni dopo la fine del primo conflitto mondiale. La Kollwitz fece inoltre parte del movimento artistico "Secessione di Berlino". Poco tempo dopo aver assistito ad una mostra di xilografie di Ernst Barlach completò il memoriale per Liebknecht e produsse circa 30 xilografie nel 1926.

Gli ultimi anni e la Seconda guerra mondiale

Con l'ascesa politica del NSDAP, che nello stesso 1933 ne chiese le dimissioni forzate dall'Accademia dell'Arte (Akademie der Künste), la Kollwitz venne subito osteggiata per via delle sue idee ed etiche politiche. Grazie alla sua fama internazionale di artista, riuscì a sfuggire alla deportazione in un campo di concentramento, restando a Berlino fino a quando fu sfollata dai bombardamenti del 1943. Successivamente a questi, la Kollwitz riparò prima a Nordhausen (in Turingia) e poi a Moritzburg, nei pressi di Dresda, dove morì 2 settimane prima della resa tedesca (9 maggio 1945) nella seconda guerra mondiale.

Stile e tematiche

Pittrice, scultrice, stampatrice, litografa e xilografa del filone espressionistico, Käthe Kollwitz fu impegnata soprattutto nella rappresentazione delle condizioni umane degli "ultimi" del suo tempo, grazie all'empatia nutrita verso essi. Di idee socialiste e pacifiste, la Kollwitz seppe dare espressione alle vittime di povertà, fame e guerra. I suoi inizi furono naturalistici nonché venne influenzata dalla Bauhaus berlinese.

Opere

Sculture

Madre con bambino morto (1903)
Memoriale per Karl Liebknecht (1925)
I parenti addolorati (1932)
Madre con due bambini (19xx)
Pietà (1937)
Gruppo di bambini (1938)

Xilo/litografie

Povertà (1896)
Morte (1896)
Cospirazione (1896)
Guerra dei contadini (1902-1908)
Il sacrificio (1922)
I volontari (1922)
La finestra-I (1922)
La finestra-II (1923)
Le madri (1923)
Il popolo (1923)
Bambini della Germania (1924)
Pane (1924)
Mai più guerra (1924)
Morte(1930)

Dipinti e stampe

Marcia dei tessitori (1896)
Rivolta (1896)
La fine (1896)
Madre con bambino morto (1903)
Runover (1910)
Autoritratto (1912)
Madre (1919)
Madre con bambini (1919/20)
Donna con bambino che dorme (1927)
Due madri con due bambini (1930)

Onorificenze

Pour le mérite Neilebock.jpg Decorazione dell'Ordine Pour le Mérite per le Scienze e le Arti

Tributi alla memoria

Numerose sono in Germania le testimonianze che oggi la celebrano, dall'intestazione di strade e piazze, alla creazione dei "Käthe-Kollwitz-Museum" a Colonia (Köln) e Berlino, nonché molteplici altre iniziative, fra cui la Kollwitz-Haus di Moritzburg, divenuta un museo. Sempre a Berlino (dove l'artista è sepolta), in una piazza di Prenzlauer Berg a lei dedicata, si trova una statua che la raffigura, opera del 1960 dell'artista Gustav Seitz. Inoltre, la statua Pietà si trova attualmente esposta nella Neue Wache.

fonte: Wikipedia

sepoltura celeste

anche conosciuta come "funerale celeste", è un antico rito funerario tibetano, ancora oggi praticato da alcune comunità. Il rito prevede che il corpo del defunto venga scuoiato ed esposto agli avvoltoi. In Tibet la pratica è nota come jhator, che vuol dire fare l'elemosina agli uccelli. Negli anni '60-'70 la Cina ha vietato questa pratica, che è tornata ad essere legale dagli anni '80.

Il rituale

Il tomden, il maestro buddhista del cerimoniale, scuoia il cadavere dalla testa ai piedi, lasciando al contatto dell'aria le interiora e le ossa. Gli avvoltoi cominciano a volteggiare sopra il luogo del rituale, attirati dal fumo del ginepro e dall'odore della carne. Il tomden chiama gli avvoltoi usando l'espressione Shey, Shey ("Cibatevi, cibatevi"). Gli uccelli, attirati dalla carne, discendono così dal cielo e si nutrono del corpo dell'uomo morto. Le ossa e il cervello poi vengono frantumati con un martello di pietra e mescolati con farina d'orzo. Il tomden richiama ancora gli avvoltoi, che ridiscendono per mangiare gli ultimi resti.

Scopo e significato

La sepoltura celeste rappresenta la morte come episodio del tutto naturale, parte dell'eterno ciclo delle rinascite. Secondo la cultura buddhista, il corpo è un semplice involucro che permette di compiere il viaggio della vita. Dopo la morte generalmente i lama svolgono la pratica del Phowa il "trasferimento della coscienza", in presenza della persona morta, lo spirito abbandona il corpo che di conseguenza rimane vuoto e non ha alcuna necessità di essere conservato. Lasciare il proprio corpo in pasto agli avvoltoi è un atto finale di generosità da parte del defunto nei confronti del mondo della natura che crea un legame con il ciclo della vita e facendo questo il defunto ripaga i suoi 'debiti karmici' con gli altri esseri. Gli avvoltoi infatti sono uccelli che si cibano solo di animali morti e inoltre sono venerati e considerati dai tibetani una manifestazione delle dakini, gli equivalenti tibetani degli angeli (dakini, in tibetano khandroma che significa "colei che percorre lo spazio").

Motivazioni pratiche

Benché abbia un significato religioso, questo tipo di sepoltura risponde ad esigenze pratiche: in gran parte del Tibet, a causa delle grandi altitudini, il terreno è principalmente roccioso e spesso ghiacciato, rendendo difficile la scavatura di fosse. Inoltre, trovandosi la maggioranza del Tibet al disopra della linea degli alberi, la scarsità di legname rende poco praticabile la cremazione.
Dal punto di vista pratico questo tipo di funerale è un sistema perfettamente ecologico per lo smaltimento dei cadaveri.

fonte: Wikipedia

FILMATO

lunedì 4 aprile 2016

ciao Gato



Leandro “Gato” Barbieri, è stato un sassofonista e compositore argentino.

Figlio di un carpentiere con la passione per il violino, studia clarinetto, sassofono e composizione a Buenos Aires. Nel 1953 entra a far parte dell'orchestra di Lalo Schifrin e si dedica completamente al sax tenore. Nel 1962 si trasferisce a Roma dove registra per il giovane arrangiatore Ennio Morricone l'assolo in "Sapore di sale" di Gino Paoli e nel 1967 è a Milano, dopo una parentesi a New York con Don Cherry, dove partecipa alla registrazione dell'album Nuovi sentimenti di Giorgio Gaslini. Ha collaborato con il Maestro Piero Umiliani prendendo parte alla colonna sonora dei film Una bella grinta di Giuliano Montaldo (1964) e Svezia, inferno e paradiso di Luigi Scattini (1968).

Inizialmente influenzato da sassofonisti come John Coltrane e da altri artisti del free jazz, nel 1967 incide i primi due dischi pubblicati con il suo nome, dopo avere pubblicato intorno al 1963 sotto il nome di Cat Barber il 45 giri "Pocho's Blues" con il pianista Angel 'Pocho' Gatti. Nel duo con Dollar Brand 1968 imprime alla sua musica una svolta nel recupero delle musicalità sud-americane, creando un suo personalissimo stile con il quale fonde soluzioni tecniche più tipicamente jazzistiche con le sonorità e i ritmi sudamericani. Nel 1972 collabora con Bernardo Bertolucci componendo la colonna sonora del film Ultimo tango a Parigi, che gli è valsa un Grammy Award.

La sua produzione musicale ha quindi conosciuto anche incursioni nel pop, con collaborazioni con i più diversi artisti, fra cui Carlos Santana, Antonello Venditti, Pino Daniele. Dopo un lungo periodo di inattività, iniziato negli anni ottanta a seguito della morte di sua moglie Michelle, è tornato ad esibirsi dal vivo solo alla fine degli anni novanta.

fonte: Wikipedia

BOLIVIA

FILMATO

sabato 2 aprile 2016

elogi

Bergoglio elogia Napolitano e Bonino? Esegue il programma


di Maurizio Blondet
Molti amici mi sollecitano a dire qualcosa sull’elogio che “El Papa” ha voluto elevare ai due; elogio pubblico, aperto e provocatorio. Lo faccio controvoglia. A parte il senso di offesa come credente, per l’uso e l’abuso che Bergoglio fa del cattolicesimo cui appartengo, non mi stupisco. Conferma che Bergoglio sta attuando un programma scritto da lungo tempo. Su Napolitano, è apparentemente l’omaggio ad un “fratello”. “Quando ha accettato per la seconda volta, a quell’età, e sebbene per un periodo limitato, di assumersi un incarico di quel peso, l’ho chiamato e gli ho detto che era un gesto di eroicità patriottica”. Ora, è chiaro che Napolitano è il regista del colpo di Stato, decretato dai luoghi illuminatissimi di Bruxelles e Washington, che doveva rovesciare l’ultimo politico eletto (ancorché indegno, Berlusconi) e sostituirlo con servi e maggiordomi del Sistema. Giorgio Napolitano è stato l’unico dirigente del Pci che aveva – negli anni in cui il Pci era stalinista – il visto permanente per gli Stati Uniti: gli alleati si fidavano evidentemente di lui, nonostante etichetta rossa. Rossa,poi, per modo di dire: Napolitano era membro nel Pci della corrente detta Migliorista, di cui era guru il suo maestro Giorgio Amendola – le cui posizioni in politica ed economia erano vicinissime al liberalismo, rafforzato da “antifascismo” e radicalismo laicista, molto poco operaio-proletario.

Kissinger_napolitano
con Kissinger, in confidenza

Un miscuglio che aveva poco a che fare col Partito Comunista di allora. Come mai il Partito alzò Amendola e Napolitano, due radical-liberali gran borghesi, alle massime cariche interne e parlamentari?
Per saperlo, bisognerebbe spiegare perché – l’ha raccontato lo stesso Giorgio Napolitano – “Togliatti, sbarcato a Napoli al ritorno dall’Unione Sovietica, il 27 marzo 1944, si precipitò a trovare” Curzio Malaparte, il celebre scrittore, nella sua lussuosa villa di Capri”. Per i compagni ingenui (profani) Malaparte era un “fascista”, che faceva la ruota nel bel mondo romano del regime, amico di Galeazzo Ciano (grazie al quale aveva potuto costruire la sua villa milionaria a Capri in una zona vietata); Gramsci lo detestò e lo considerò un cinico vanesio. In realtà, Malaparte, che si chiamava Kurt Suckert era sì un cinico vanesio, ma dal 1924 iniziato alla Gran Loggia d’Italia ; e poche settimane dopo fu fatto passare “per le colonne” della Loggia Nazionale, “direttamente all’obbedienza del gran maestro (l’ebreo) Raoul Palermi”: una gemella della P2 dunque, un livello più profondo di clandestinità. Il Suckert continuò a godersi le rosee stagioni del potere romano, fra ricchi e potenti, ebbe un amorazzo anche con Virginia Agnelli vedova di Edoardo della famiglia automobilistica; ma fu tanto accorto (o ben istruito) da prepararsi i galloni nel nuovo regime “democratico”: dopo l’otto settembre si arruolò “nell’Esercito Cobelligerante Italiano del Regno d’Italia e collaborò con gli Alleati nel Counter Intelligence Corps nella lotta contro i nazisti e i fascisti della RSI,” (così Wikipedia).
Era questo l’uomo che Togliatti ritenne necessario “precipitarsi a trovare”, prima ancora di prendere davvero le redini del partito, appena tornato da Mosca; e non a Roma ma a Capri, dove villeggiava lo scrittore, insomma bussando alla sua porta. Perché? Si vede che ne aveva bisogno. Bisogno di garanti internazionali di un certo tipo. Il capo del Pci si fece accompagnare all’incontro “ da due dirigenti del pci napoletano, Eugenio Reale, futuro ambasciatore a Varsavia, e Velio Spano, che fu il primo direttore de ‘‘l’Unità”, ricorda Napolitano. E c’era anche lui, Giorgio Napolitano, perché anche lui villeggiava (pardon, “ero sfollato”) a Capri. Una riunione di vertice, sui destini d’Italia e dello stesso Pci, probabilmente la particolare “via italiana al comunismo” si cominciò a delineare là. Il giovine Napolitano vide in Malaparte, quel giorno, “un comunista quasi dichiarato”. Impareggiabile quel “quasi”. Il “quasi” Malapartesi degnò di scrivere sull’Unità, con pseudonimo. Era il periodo in cui l’Unità stava per avere come direttore quell’ufficiale americano che, arrivato in Italia sui carri armati stellati, fu messo dal suo ufficio (lo Psychological Warfare Branch ) a dare o negare i permessi ai nuovi giornali che in quei giorni dopo la “Liberazione” nascevano come funghi: erano liberi, ma dovevano chiedere permesso a quel tipo che credevano si chiamasse “capitano Smith”, e che – col permesso – assegnava anche la carta per la stampa, che era razionata. Nel 1947, i giornalisti furono stupefatti nel ritrovare “il capitano Smith” diventato – per volontà di Togliatti – direttore de L’Unità, dopo essere stato fondatore dell’Ansa (la libera agenzia della democrazia degli americani) con il suo vero nome – se poi è quello vero: Renato Mieli, ebreo nato ad Alessandria d’Egitto. Papà di quel Paolo Mieli che è stato necessario mettere a dirigere il Corriere della Sera in anni molto recenti.

Renato MIeli, "capitano Smith"
Renato Mieli, ex “capitano Smith”

Papà Renato restò a dirigere L’Unità per nove anni: dovete essere un duro sacrificio impostogli dai superiori, e perché appena ne uscì (prendendo come occasione la rivolta ungherese) nel 1956,aderì pubblicamente al liberismo di Hayek e Von Mises e pubblicò articoli fortemente anti-comunisti sul Giornale di Montanelli, suo amico. Come sappiamo, invece, Giorgio Napolitano, con stupore di chi lo conosceva come un comunista liberale, molto poco rosso, non uscì dal Partito dopo la rivolta ungherese: rimase. Per lui i compiti di controllo del Pci non erano ancora finiti.
Compiti che ha sempre svolto fedele alla consegna internazionale, quando c’è stato bisogno di lui: dal “divorzio fra Bankitalia e Tesoro”, alle privatizzazioni-svendite dell’IRI, all’inserimento del’Italia nella Europa burocratica e poi globalizzata; ha coperto il fratello Giuliano David Amato nella sua spoliazione dei conti correnti; ha sorvegliato e difeso discretamente tutte le “riforme” volute dal capitale mondiale e tendenti al governo unico mondiale massonico, sorvegliando che il partito detto ‘comunista’ non scartasse in qualche forma di “populismo”(che il Grande Architetto non voglia!). Fino al golpe che ha buttato giù Berlusconi (ma credo che il sistema temesse il suo ministro delle Finanze, Tremonti)

Napolitano e, dietro, Giorgia Amendola
Napolitano e, dietro, Giorgia Amendola

Che il due volte (“eroico”) presidente Napolitano sia massone, non c’è prova (ovviamente). Massone fu sicuramente suo padre, avvocato e maggiorente Giovanni Napolitano (1883-1955). “Fu iniziato massone nella loggia “Giovanni Bovio” di Napoli il 20 giugno 1911, all’obbedienza del Grande Oriente d’Italia (matricola 36.019)”, come a testimoniato Aldo A. Mola, storico ufficiale della Massoneria, che ha potuto consultare gli appositi archivi della Vedova.
Come il padre, anzi come il padre e il nonno dell’altra figura in cui Napoletano s’identifica, il suo fratello maggiore ideologico e suo amico, capo dei miglioristi, con cui ha condiviso 60 anni nel partito, da Togliatti a Berlinguer ad Occhetto. Giorgio Amendola.
Ho ricordato che Napolitano nel ’56 non se ne uscì dal Partito. Vi rimase con Giorgio Amendola, figlio e nipote di massoni famosi. Il padre, Giovanni Amendola, era figlio di Pietro Amendola (garibaldino) ed Adelaide Aglietta (mazziniana), ava della omonima esponente del Partito Radicale pannelliano. Il lato interessante per capire l’uscita papale è che papà Giovanni, sviluppò il lato “gnostico”, magico, spiritista, del radicalismo massonico: “Il direttore del quotidiano radicale La Capitale, Edoardo Arbib (1840-1906, garibaldino, senatore, israelita e massone), vecchio commilitone e amico del padre iniziò Giovanni Amendola alla Società Teosofica, fondata nel 1875 da Helena Petrovna Blavatsky (che fu a Mentana con Garibaldi). La Società Tosofica era frequentata da ricche signore della nobiltà ebraico-piemontese: fra cui la Baronessa Emmelina Sonnino De Renzis, sorella di Sidney Sonnino”: che sarà capo del governo di eccezione in un momento storico in cui la funzione democratica doveva venire meno per forza: la Grande Guerra. Sonnino, padre ebreo e madre britannica, era l’uomo giusto per essere nominato ministro degli Esteri nel 1914, a che l’Italia non deviasse dall’alleanza; lo rimase fino al 1919.

Eva Kuhn, teosofa
Eva Kuhn, teosofa

“Dio e popolo”, come Mazzini

Giovanni Amendola, il papà, trovò nella società teosofica l’occultista e maga, nonché vegetariana, Eva Kuhn (Cohen): e la sposò nel 1906. Con rito valdese. L’esoterista e teosofo massone Amendola (papà), il cui figlio sarà poi la guida e il maestro di Napolitano, guardava infatti con interesse al protestantesimo. E quindi, al modernismo: in cui vedeva “la democrazia religiosa (…). La formula riassuntiva, Dio e popolo (di Mazzini) contiene in sostanza la dottrina cattolica del modernismo”(1)
“Dio e popolo”: è il nucleo della fanta-teologia di Bergoglio. Che lui ha espresso, in modo più o meno esplicito, pressappoco in questi termini, un giorno che si arrabbiò per i preti che danno la Comunione in bocca anziché in mano: “Non si può, per onorare il Corpo Reale di Cristo, offendere il Corpo Sociale di Cristo”. Il “popolo” è il vero e superiore “corpo di Cristo”. E non i cattolici, ma l’intera umanità, che è in marcia verso il “Punto Omega” evolutivo, dove l’uomo si scoprirà divino in sé, e le religioni unite nell’auto-adorazione. E’ in questa visione che si spiega la detestazione di Bergoglio per la Chiesa e i cattolici: bisogna de-sacramentalizzarli, togliere la loro specificità sacrale, perché confluiscano nel protestantesimo che è la “democrazia religiosa” di Amendola il teosofo. I sacramenti, sono una superstizione del passato, da sostituire con la “misericordia” universale e indistinta: siete già tutti salvi, siete il corpo sociale di Cristo. Si inginocchia davanti ai detenuti, gli lava i piedi: la mistica del peccatore che non ha bisogno di redenzione né di pentimento. Nasconde il crocifisso e pettorale quando va’ in Sinagoga, o in qualche loggia luterana. Detesta i cattolici. E’ tutto così chiaro: sta eseguendo a puntino il programma.

Croce seminascosta
Croce seminascosta

Che sia personalmente massone non so. Basta che sia modernista. Pare più un prodotto dell’ideologia, che un consapevole fautore: per esempio ha falle di conoscenza della dottrina cattolica, quasi ridicole. Forse è teleguidato, il che è peggio, in un certo senso.
Che cosa volete che commenti: aspettiamoci ogni abuso e violenza. Si dice che voglia fare di Enzo Bianchi un cardinale. Come credente, sono ovviamente offeso e insultato dagli abusi che fa’ della fede che è anche mia; ma è dal Concilio che siamo abituati ai gerarchi che abusano della dottrina e della fede, distruggendo la Chiesa sacramentale. Questi eccessi ridicoli, da parodia, dovrebbero rallegrarci, in fondo: il tempo della fine di tutto ciò si avvicina. Il Sistema accelera la sua presa, aumenta la sua brutalità, non si nasconde più sotto melliflue forme,perché “sa di avere poco tempo”
Il vero commento lo posto e incollo: sono

Le profezie della Beata Anna Caterina Emmerich

“Vidi ancora una volta che la Chiesa di Pietro era minata da un piano elaborato dalla setta segreta, mentre le bufere la stavano danneggiando. Ma vidi anche che l’aiuto sarebbe arrivato quando le afflizioni avrebbero raggiunto il loro culmine. Vidi di nuovo la Beata Vergine ascendere sulla Chiesa e stendere il suo manto su di essa. Vidi un Papa che era mite e al tempo stesso molto fermo… Vidi un grande rinnovamento e la Chiesa che si librava in alto nel cielo”.
“Vidi che molti pastori si erano fatti coinvolgere in idee che erano pericolose per la Chiesa. Stavano costruendo una Chiesa grande, strana, e stravagante. Tutti dovevano essere ammessi in essa per essere uniti ed avere uguali diritti: evangelici, cattolici e sette di ogni denominazione. Così doveva essere la nuova Chiesa… Ma Dio aveva altri progetti”. (22 aprile 1823)
“Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola… Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto… C’erano solo divisioni e caos..”. (12 settembre 1820)
“Ho visto di nuovo la strana grande chiesa che veniva costruita là [a Roma]. Non c’era niente di santo in essa. Ho visto questo proprio come ho visto un movimento guidato da ecclesiastici a cui contribuivano angeli, santi ed altri cristiani. Ma là [nella strana chiesa] tutto il lavoro veniva fatto meccanicamente. Tutto veniva fatto secondo la ragione umana… Ho visto ogni genere di persone, cose, dottrine ed opinioni.
C’era qualcosa di orgoglioso, presuntuoso e violento in tutto ciò, ed essi sembravano avere molto successo. Io non vedevo un solo angelo o un santo che aiutasse nel lavoro. Ma sullo sfondo, in lontananza, vidi la sede di un popolo crudele armato di lance, e vidi una figura che rideva, che disse: “Costruitela pure quanto più solida potete; tanto noi la butteremo a terra””. (12 settembre 1820)
“Ebbi una visione del santo Imperatore Enrico. Lo vidi di notte, da solo, in ginocchio ai piedi dell’altare principale in una grande e bellissima chiesa… e vidi la Beata Vergine venire giù da sola. Ella stese sull’altare un panno rosso coperto con lino bianco, vi pose un libro intarsiato con pietre preziose e accese le candele e la lampada perpetua…
Allora venne il Salvatore in persona vestito con l’abito sacerdotale…
La Messa era breve. Il Vangelo di San Giovanni non veniva letto alla fine [è la ‘nuova’ Messa che vede la Emmerich: prima del Concilio, alla fine, veniva letto il proemio del Vangelo di Giovanni: In principio era il Verbo. Ndr.]. Quando la Messa fu terminata, Maria si diresse verso Enrico e stese la sua mano destra verso di lui dicendo che questo era in riconoscimento della sua purezza. Allora lo esortò a non avere esitazioni. Dopo di ciò vidi un angelo, esso toccò il tendine della sua anca, come Giacobbe. Enrico provava grande dolore, e dal quel giorno camminò zoppicando… ” (12 luglio 1820)
“Vedo altri martiri, non ora ma in futuro… Vidi le sette segrete minare spietatamente la grande Chiesa. Vicino ad esse vidi una bestia orribile che saliva dal mare… In tutto il mondo le persone buone e devote, e specialmente il clero, erano vessate, oppresse e messe in prigione. Ebbi la sensazione che sarebbero diventate martiri un giorno.
“Vidi anche il rapporto tra i due papi… Vidi quanto sarebbero state nefaste le conseguenze di questa falsa chiesa. L’ho veduta aumentare di dimensioni; eretici di ogni tipo venivano nella città [di Roma]. Il clero locale diventava tiepido, e vidi una grande oscurità… Allora la visione sembrò estendersi da ogni parte. Intere comunità cattoliche erano oppresse, assediate, confinate e private della loro libertà. Vidi molte chiese che venivano chiuse, dappertutto grandi sofferenze, guerre e spargimento di sangue. Una plebaglia selvaggia e ignorante si dava ad azioni violente. Ma tutto ciò non durò a lungo”. (13 maggio 1820)
Quando la Chiesa per la maggior parte era stata distrutta e quando solo i santuari e gli altari erano ancora in piedi, vidi entrare nella Chiesa i devastatori con la Bestia. Là essi incontrarono una donna di nobile contegno che sembrava portare nel suo grembo un bambino, perché camminava lentamente. A questa vista i nemici erano terrorizzati e la Bestia non riusciva a fare neanche un altro passo in avanti.
Allora vidi la Bestia che fuggiva di nuovo verso il mare, e i nemici stavano scappando nella più grande confusione… Poi vidi, in grande lontananza, grandiose legioni che si avvicinavano. Davanti a tutti vidi un uomo su un cavallo bianco. I prigionieri venivano liberati e si univano a loro. Tutti i nemici venivano inseguiti. Allora, vidi che la Chiesa veniva prontamente ricostruita, ed era magnifica più di prima”. (Agosto-ottobre 1820)
“Vedo il Santo Padre in grande angoscia. Egli vive in un palazzo diverso da quello di prima e vi ammette solo un numero limitato di amici a lui vicini. Temo che il Santo Padre soffrirà molte altre prove prima di morire. Vedo che la falsa chiesa delle tenebre sta facendo progressi, e vedo la tremenda influenza che essa ha sulla gente. Il Santo Padre e la Chiesa sono veramente in una così grande afflizione che bisognerebbe implorare Dio giorno e notte”. (10 agosto 1820)
“La scorsa notte sono stata condotta a Roma dove il Santo Padre, immerso nel suo dolore, è ancora nascosto per evitare le incombenze pericolose. Egli è molto debole ed esausto per i dolori, le preoccupazioni e le preghiere. Ora può fidarsi solo di poche persone; è principalmente per questa ragione che deve nascondersi. Ma ha ancora con sé un anziano sacerdote di grande semplicità e devozione. Egli è suo amico, e per la sua semplicità non pensavano valesse la pena toglierlo di mezzo.
Ma quest’uomo riceve molte grazie da Dio. Vede e si rende conto di molte cose che riferisce fedelmente al Santo Padre. Mi veniva chiesto di informarlo, mentre stava pregando, sui traditori e gli operatori di iniquità che facevano parte delle alte gerarchie dei servi che vivevano accanto a lui, così che egli potesse avvedersene”.
“Non so in che modo la scorsa notte sono stata portata a Roma, ma mi sono trovata vicino alla chiesa di Santa Maria Maggiore, e ho visto tanta povera gente che era molto afflitta e preoccupata perché il Papa non si vedeva da nessuna parte, e anche per via dell’inquietudine e delle voci allarmanti in città.
La gente sembrava non aspettarsi che le porte della chiesa si aprissero; essi volevano solo pregare fuori. Una spinta interiore li aveva condotti là. Ma io mi trovavo nella chiesa e aprii le porte. Essi entrarono, sorpresi e spaventati perché le porte si erano aperte. Mi sembrò che fossi dietro la porta e che loro non potessero vedermi. Non c’era alcun ufficio aperto nella chiesa, ma le lampade del Santuario erano accese. La gente pregava tranquillamente.
Poi vidi un’apparizione della Madre di Dio, che disse che la tribolazione sarebbe stata molto grande. Aggiunse che queste persone devono pregare ferventemente… Devono pregare soprattutto perché la chiesa delle tenebre abbandoni Roma”. (25 agosto 1820)
“Vidi la Chiesa di San Pietro: era stata distrutta ad eccezione del Santuario e dell’Altare principale. San Michele venne giù nella chiesa, vestito della sua armatura, e fece una pausa, minacciando con la spada un certo numero di indegni pastori che volevano entrare. Quella parte della Chiesa che era stata distrutta venne prontamente recintata… così che l’ufficio divino potesse essere celebrato come si deve. Allora, da ogni parte del mondo vennero sacerdoti e laici che ricostruirono i muri di pietra, poiché i distruttori non erano stati capaci di spostare le pesanti pietre di fondazione”. (10 settembre 1820)
“Vidi cose deplorevoli: stavano giocando d’azzardo, bevendo e parlando in chiesa; stavano anche corteggiando le donne. Ogni sorta di abomini venivano perpetrati là. I sacerdoti permettevano tutto e dicevano la Messa con molta irriverenza. Vidi che pochi di loro erano ancora pii, e solo pochi avevano una sana visione delle cose. Vidi anche degli ebrei che si trovavano sotto il portico della chiesa. Tutte queste cose mi diedero tanta tristezza”. (27 settembre 1820)
“La Chiesa si trova in grande pericolo. Dobbiamo pregare affinché il Papa non lasci Roma; ne risulterebbero innumerevoli mali se lo facesse. Ora stanno pretendendo qualcosa da lui. La dottrina protestante e quella dei greci scismatici devono diffondersi dappertutto. Ora vedo che in questo luogo la Chiesa viene minata in maniera così astuta che rimangono a mala pena un centinaio di sacerdoti che non siano stati ingannati. Tutti loro lavorano alla distruzione, persino il clero. Si avvicina una grande devastazione”. (1 ottobre 1820)
“Quando vidi la Chiesa di San Pietro in rovina, e il modo in cui tanti membri del clero erano essi stessi impegnati in quest’opera di distruzione – nessuno di loro desiderava farlo apertamente davanti agli altri -, ero talmente dispiaciuta che chiamai Gesù con tutta la mia forza, implorando la Sua misericordia. Allora vidi davanti a me lo Sposo Celeste ed Egli mi parlò per lungo tempo…
Egli disse, fra le altre cose, che questo trasferimento della Chiesa da un luogo ad un altro significava che essa sarebbe sembrata in completo declino. Ma sarebbe risorta. Anche se rimanesse un solo cattolico, la Chiesa vincerebbe di nuovo perché non si fonda sui consigli e sull’intelligenza umani. Mi fece anche vedere che non era rimasto quasi nessun cristiano, nell’antico significato della parola”. (4 ottobre 1820)
“Mentre attraversavo Roma con San Francesco e altri santi, vedemmo un grande palazzo avvolto dalle fiamme, da cima a fondo. Avevo tanta paura che gli occupanti potessero morire bruciati perché nessuno si faceva avanti per spegnere il fuoco. Tuttavia, mentre ci avvicinavamo il fuoco diminuì e noi vedemmo un edificio annerito. Attraversammo un gran numero di magnifiche stanze, e finalmente raggiungemmo il Papa. Era seduto al buio e addormentato su una grande poltrona. Era molto ammalato e debole; non riusciva più a camminare.
Gli ecclesiastici nella cerchia interna sembravano insinceri e privi di zelo; non mi piacevano. Parlai al Papa dei vescovi che presto dovevano essere nominati. Gli dissi anche che non doveva lasciare Roma. Se l’avesse fatto sarebbe stato il caos. Egli pensava che il male fosse inevitabile e che doveva partire per salvare molte cose… Era molto propenso a lasciare Roma, e veniva esortato insistentemente a farlo…
La Chiesa è completamente isolata ed è come se fosse completamente deserta. Sembra che tutti stiano scappando. Dappertutto vedo grande miseria, odio, tradimento, rancore, confusione e una totale cecità. O città! O città! Cosa ti minaccia? La tempesta sta arrivando; sii vigile!”. (7 ottobre 1820)
“Ho anche visto le varie regioni della terra. La mia Guida [Gesù] nominò l’Europa e, indicando una regione piccola e sabbiosa, espresse queste sorprendenti parole: “Ecco la Prussia, il nemico”. Poi mi mostrò un altro luogo, a nord, e disse: “questa è Moskva, la terra di Mosca, che porta molti mali”. (1820-1821)
“Fra le cose più strane che vidi, vi erano delle lunghe processioni di vescovi. Mi vennero fatti conoscere i loro pensieri e le loro parole attraverso immagini che uscivano dalle loro bocche. Le loro colpe verso la religione venivano mostrate attraverso delle deformità esterne. Alcuni avevano solo un corpo, con una nube scura al posto della testa. Altri avevano solo una testa, i loro corpi e i cuori erano come densi vapori. Alcuni erano zoppi; altri erano paralitici; altri ancora dormivano oppure barcollavano”. (1 giugno 1820)
“Quelli che vidi credo che fossero quasi tutti i vescovi del mondo, ma solo un piccolo numero era perfettamente retto. Vidi anche il Santo Padre – assorto nella preghiera e timoroso di Dio. Non c’era niente che lasciasse a desiderare nella sua apparenza, ma era indebolito dall’età avanzata e da molte sofferenze. La testa pendeva da una parte all’altra, e cadeva sul petto come se si stesse addormentando. Egli aveva spesso svenimenti e sembrava che stesse morendo. Ma quando pregava era spesso confortato da apparizioni dal Cielo. In quel momento la sua testa era dritta, ma non appena la faceva cadere sul petto vedevo un certo numero di persone che guardavano rapidamente a destra e a sinistra, cioè in direzione del mondo.
Poi vidi che tutto ciò che riguardava il Protestantesimo stava prendendo gradualmente il sopravvento e la religione cattolica stava precipitando in una completa decadenza. La maggior parte dei sacerdoti erano attratti dalle dottrine seducenti ma false di giovani insegnanti, e tutti loro contribuivano all’opera di distruzione.
In quei giorni, la Fede cadrà molto in basso, e sarà preservata solo in alcuni posti, in poche case e in poche famiglie che Dio ha protetto dai disastri e dalle guerre”. (1820)
“Vedo molti ecclesiastici che sono stati scomunicati e che non sembrano curarsene, e tantomeno sembrano averne coscienza. Eppure, essi vengono scomunicati quando cooperano (sic) con imprese, entrano in associazioni e abbracciano opinioni su cui è stato lanciato un anatema. Si può vedere come Dio ratifichi i decreti, gli ordini e le interdizioni emanate dal Capo della Chiesa e li mantenga in vigore anche se gli uomini non mostrano interesse per essi, li rifiutano o se ne burlano”. (1820-1821)
“Vidi molto chiaramente gli errori, le aberrazioni e gli innumerevoli peccati degli uomini. Vidi la follia e la malvagità delle loro azioni, contro ogni verità e ogni ragione. Fra questi c’erano dei sacerdoti e io con piacere sopportavo le mie sofferenze affinché essi potessero ritornare ad un animo migliore”. (22 marzo 1820)
“Ho avuto un’altra visione della grande tribolazione. Mi sembrava che si pretendesse dal clero una concessione che non poteva essere accordata. Vidi molti sacerdoti anziani, specialmente uno, che piangevano amaramente. Anche alcuni più giovani stavano piangendo. Ma altri, e i tiepidi erano fra questi, facevano senza alcuna obiezione ciò che gli veniva chiesto. Era come se la gente si stesse dividendo in due fazioni”. (12 aprile 1820)
“Vidi un nuovo Papa che sarà molto rigoroso. Egli si alienerà i vescovi freddi e tiepidi. Non è un romano, ma è italiano. Proviene da un luogo che non è lontano da Roma, e credo che venga da una famiglia devota e di sangue reale. Ma per qualche tempo dovranno esserci ancora molte lotte e agitazioni”. (27 gennaio 1822)
“Verranno tempi molto cattivi, nei quali i non cattolici svieranno molte persone. Ne risulterà una grande confusione. Vidi anche la battaglia. I nemici erano molto più numerosi, ma il piccolo esercito di fedeli ne abbatté file intere [di soldati nemici]. Durante la battaglia, la Madonna si trovava in piedi su una collina, e indossava un’armatura. Era una guerra terribile. Alla fine, solo pochi combattenti per la giusta causa erano sopravvissuti, ma la vittoria era la loro”. (22 ottobre 1822)
“Vorrei che fosse qui il tempo in cui regnerà il Papa vestito di rosso. Vedo gli apostoli, non quelli del passato ma gli apostoli degli ultimi tempi e mi sembra che il Papa sia fra loro.”
“Nel centro dell’inferno ho visto un abisso buio e dall’aspetto orribile e dentro di esso era stato gettato Lucifero, dopo essere stato assicurato saldamente a delle catene…Dio stesso aveva decretato questo; e mi è stato anche detto, se ricordo bene, che egli verrà liberato per un certo periodo cinquanta o sessanta anni prima dell’anno di Cristo 2000. Mi vennero indicate le date di molti altri eventi che non riesco a ricordare; ma un certo numero di demoni dovranno essere liberati molto prima di Lucifero, in modo che tentino gli uomini e servano come strumenti della vendetta divina.”
“Un uomo dal viso pallido fluttuava lentamente al di sopra della terra e, sciogliendo i drappi che avvolgevano la sua spada, li gettò sulle città addormentate, che vennero legate da questi. Questa figura gettò la pestilenza sulla Russia, l’Italia e la Spagna. Attorno a Berlino vi era un fiocco rosso e da lì venne in Westfalia. Ora la spada dell’uomo era sguainata, strisce rosse come il sangue pendevano dall’impugnatura e il sangue che grondava da questa cadeva sulla Westfalia “.
“Gli ebrei ritorneranno in Palestina e diverranno cristiani verso la fine del mondo.”
Note
1) Ringrazio la rivista Sodalitium per queste documentazioni.
Maurizio Blondet
fonte http://www.maurizioblondet.it/bergoglio-elogia-napolitano-e-bonino-esegue-il-programma-2/
fonte: alfredodecclesia.blogspot.it