lunedì 30 novembre 2015

chi non lavora non fa l'amore



“Chi non lavora non fa l’amor!”
Questo mi ha detto ieri mia moglie!
“Chi non lavora non fa l’amore!”
Questo mi ha detto ieri mia moglie!
A casa stanco, ieri ritornai, mi son seduto …
niente c’era in tavola.
Arrabbiata lei mi grida
che ho scioperato due giorni su tre…
Coi soldi che le do
non ce la fa più e ha deciso che,
lei fa lo sciopero contro di me!
Chi non lavora non fa I’amore!
Questo mi ha detto ieri mia moglie!
Allora andai a lavorare
mentre eran tutti a scioperare!
E un grosso pugno in faccia mi arrivò,
andai a piedi alla guardia medica!
C’era lo sciopero anche del tranvaj…
Arrivo li, ma il dottore non c’è!
E’ in sciopero anche lui!
Che gioco è Ma?! Ma come finirà…
C’è il caos nella città Non so più cosa far!
Se non sciopero mi picchiano!
Se sciopero, mia moglie dice:
“Chi non lavora non fa I’ amore!”
Dammi I’aumento signor padrone
cosi vedrai che in casa tua
e in ogni casa entra l’amore.
Cosi vedrai che in casa tua
e in ogni casa entra l’amore.


domenica 22 novembre 2015

giovanilismo e donnismo, l’imbroglio della post-sinistra

Sottoscrivo in toto questo articolo di Andrea Bajani pubblicato sul “Manifesto”, “Il giovane Gallino e il vecchio Renzi”. Scrive testualmente Bajani in un passo all’inizio del suo articolo: «Con Luciano Gallino, a cui oggi Torino darà l’ultimo saluto, se ne va via la dimostrazione più evidente di quanto la retorica della gioventù sia farlocca e demagogica. L’anagrafe non è garante di nulla, se non di una, peraltro solo statistica, salute migliore. L’essere giovani non è una patente di intelligenza». Parole non sagge, di più, se non fosse per il fatto che Bajani omette o dimentica di dire che a costruire questi falsi miti è stata in primis proprio la sinistra. Al “giovanilismo” dobbiamo infatti affiancare il “donnismo”. L’essere donna, ancor più che l’essere giovani, costituisce da tempo per la sinistra una sorta di valore aggiunto. Se poi si è giovani (e magari pure di bell’aspetto) e donne nello stesso tempo, allora si è fatto veramente bingo e la strada per essere elette da qualche parte è sicuramente in discesa, quote rosa o non quote rosa.
Quante volte abbiamo sentito ripetere dai leader della sinistra (anche della destra, per la verità) nei comizi, nelle pubbliche assemblee e soprattutto in televisione lo slogan “Siamo dalla parte dei giovani, delle donne, dei lavoratori e dei pensionati”? Laura BoldriniPassi per i lavoratori (con questo termine ci si riferisce agli operai, agli impiegati, ai precari e ai lavoratori salariati in generale, non ai top manager) e per i pensionati (anche in questo caso nel linguaggio comune si intendono quelli a reddito basso o medio basso, non i cosiddetti “pensionati d’oro”); in tal senso l’utilizzo dei termini “lavoratori e pensionati” fa riferimento, anche dal punto di vista linguistico e concettuale, ad una logica di classe o comunque di difesa dei ceti sociali meno abbienti. Ma parlare di “giovani e donne” non ha veramente senso, dal momento che è evidente a tutti/e che ci sono giovani e donne ricchi/e e privilegiati/e o comunque benestanti (indipendentemente dall’appartenenza sessuale) e giovani e donne che non lo sono affatto.
Che senso ha quindi dire di stare dalla parte dei “giovani e delle donne”, come se fossero degli ordini professionali o dei gruppi (classi) sociali o addirittura delle categorie filosofiche? E allora perché non anche “uomini”? Per la semplice ragione che non avrebbe nessun senso. Tanto varrebbe allora dire che si sta dalla parte dell’umanità intera. La qual cosa, politicamente parlando (ma non solo),sarebbe priva di ogni fondamento e di ogni senso, direi anche decisamente ridicola. E’ vero che ormai, nell’era della morte della Politica con la P maiuscola e del trionfo della “politica spettacolo” (al servizio del Mercato), le vecchie categorie politiche sono state gettate nella spazzatura. Però è vero anche che la Politica, da che mondo è mondo, è parziale per definizione. Non si può infatti stare dalla parte di tutti e di tutte. E’ oggettivamente impossibile perché la Politica è scelta. Luciano Gallino Politica significa dire dei sì e dire dei no, significa schierarsi da una parte piuttosto che da un’altra, anche e soprattutto se si ha a cuore il cosiddetto “interesse generale”.
La difesa dell’“interesse generale” di roussoviana memoria non può infatti che passare attraverso il concetto di parzialità, perché è solo attraverso la dialettica (delle parti in conflitto) che si può addivenire ad una sintesi o ad un equilibrio più avanzato, come si soleva dire una volta in gergo politico (proprio quella che non c’è più oggi dal momento che il Mercato e il Capitale sono egemoni e occupano tutto lo spazio politico, da destra a sinistra). Chi lo nega è in malafede oppure è meglio che non si occupi di politica. Ergo, parlare di “giovani” e di “donne” è assolutamente privo di significato. Ha quindi perfettamente ragione Bajani che però (non dimentichiamo che l’articolo è stato pubblicato sul “Manifesto”, in seconda posizione, forse, e dico forse, solo alla “Repubblica” in fatto di femminismo…) si limita ad affrontare il primo aspetto e non indaga il secondo. Va anche detto che l’articolo voleva essere il ricordo di un intellettuale vero come Luciano Gallino (ci uniamo sinceramente al cordoglio) e non era il momento per aprire una riflessione di questo genere (solo l’autore è in grado di sapere se in altre circostanze l’avrebbe aperta, ma questo non ci riguarda).
Ma in realtà c’è una “logica” nel “giovani” e soprattutto nel “donne” e non anche “uomini” (oltre all’evidente aporia cui facevo cenno sopra). Nell’immaginario comune infatti, costruito in decenni di sistematico e quotidiano bombardamento psico-mediatico, donna è diventato sinonimo di vittima, di oppressa, di discriminata. Gli uomini, secondo la ricostruzione femminista della storia, eletta ormai a Verità Universale, sono comunque dei privilegiati in virtù della loro appartenenza sessuale. Come è stato scritto più volte e da più parti (non faccio i nomi perché non voglio fargli pubblicità più di quanta già Matteo Renzinon ne abbiano), “i maschi, indipendentemente dalla loro condizione sociale, sperimentano fin dalla primissima età, i vantaggi e i privilegi che gli derivano dall’essere maschi in una società dominata dalla cultura maschilista e patriarcale”.
Questo viene concepito e proposto come un vero e proprio postulato che, come tale, è stato accettato e sposato più o meno da tutti. Se quindi il famoso “largo ai giovani” trova la sua giustificazione in una sorta di archetipo da sempre storicamente radicato nella mente di tutti (chi è che potrebbe dire o anche concepire “chiudiamo gli spazi ai giovani”; non avrebbe neanche senso, oltretutto…), il “largo alle donne” trova la sua giustificazione nella lettura femminista, eretta a Verità Universale e penetrata ormai nell’immaginario comune, in base alla quale le donne sono comunque dei soggetti in una posizione di svantaggio rispetto agli uomini, indipendentemente dalla loro condizione e/o collocazione sociale. Il che è evidentemente assurdo e anche un po’ demenziale e grottesco, per quanto mi riguarda, oltre che profondamente sessista e interclassista. Ma tant’è. A mio parere, anche e soprattutto questi fenomeni sono significativi dell’impoverimento politico, ideale e culturale complessivo dei nostri tempi. L’attuale “sinistra” non solo non è estranea a tale processo di impoverimento ma ci sta dentro fin sopra i capelli. E anche questo è un fatto evidente, per lo meno per chi scrive.
(Fabrizio Marchi, “Giovanilismo e donnismo, le nuove bandiere della postmodernità capitalista”, da “L’Interferenza” del 12 novembre 2015).

fonte: www.libreidee.org

l'ascensore



De Lift è un film horror prodotto nei Paesi Bassi nel 1983 con Huub Stapel, scritto, diretto e musicato dal regista Dick Maas.

Trama

In un palazzo nei pressi di Amsterdam, un ascensore inizia inspiegabilmente a funzionare da solo. Le vittime di questa anomalia sono, nel corso del film, un anziano cieco (che precipita in fondo alla tromba dell'ascensore), un guardiano notturno del palazzo stesso (che viene decapitato), e un addetto alle pulizie (il cui corpo penzolerà dal tetto della cabina). All'inizio del film, 2 coppie rimangono intrappolate nell'ascensore, rimasto inspiegabilmente fermo, dopo un'interruzione della corrente elettrica provocata da un fulmine ed il successivo ripristino della stessa. Un tecnico incaricato della manutenzione, Felix Adelaar, inizia ad esaminare i circuiti elettrici dell'impianto per cercare di trovare eventuali anomalie. Durante l'ispezione conosce una giornalista, Miki De Boer, inviata di una nota rivista locale, che Felix afferma "di trovare spesso nel cestino della spazzatura".

Continuando l'ispezione sembra non emergere alcun difetto all'impianto elettrico, ma Felix sembra prendersi molto a cuore la vicenda: al bowling, con la moglie Saskia e una coppia di amici, sembra annoiato e pensieroso, tanto che la moglie del suo amico ad un certo punto mette in guardia la moglie di Felix, ipotizzando che ci sia un'altra donna in mezzo... Intanto Felix continua le sue indagini, esaminando anche i manuali con gli schemi elettrici. All'ennesima visita nel palazzo, nota un furgone parcheggiato davanti all'ingresso: è della ditta "Rising Sun", produttrice di microprocessori per automatismi, nonché fornitrice della ditta in cui egli lavora (Deta Liften). Con l'aiuto di Miki, raccoglie nell'archivio del giornale molti articoli riguardanti quella ditta; un giorno si danno appuntamento in un bar per continuare la discussione ma ad un certo punto vengono visti dalla coppia di amici prima menzionata.

Felix decide allora di recarsi alla "Rising Sun" per cercare di avere informazioni sulla costruzione dei microprocessori e sulle possibili cause di eventuali loro malfunzionamenti; con lui viene anche Miki che, per non dare nell'occhio, indossa una tuta da lavoro, fingendosi una collega di Felix, con tanto di macchina fotografica. Qui conoscono il direttore ma il colloquio dura ben poco, poiché l'uomo inizia ad innervosirsi, notando Miki che passeggia guardandosi attorno, come se volesse curiosare...

Purtroppo, la presunta scappatella di Felix arriva ben presto alle orecchie di sua moglie, la quale si arrabbia proprio mentre sono a tavola per la cena, insieme ai due figli. Squilla il telefono, è Miki che vuole andare con Felix all'università per parlare con un docente, esperto di elettronica; qui fanno una scoperta interessante: i microprocessori sono sensibili a fattori esterni, come campi elettrici, campi magnetici, radioattività, che ne pregiudicano quindi il corretto funzionamento. Felix rimane perplesso, anche quando il docente racconta di un computer, costruito anni prima, che improvvisamente aveva iniziato a autoprogrammarsi, diventando così incontrollabile.

La mattina seguente, Felix viene convocato dal suo titolare, il quale lo rimprovera per essere andato alla "Rising Sun" e aver sollevato dubbi sul funzionamento dei loro microprocessori e viene posto in aspettativa, come punizione. Nel frattempo, il suo datore di lavoro e il direttore della "Rising Sun" si incontrano di notte e in un'automobile sull'attico del palazzo: il primo appare nervoso, preoccupato da questa vicenda ed esprime il proprio disappunto per aver dato retta all'altro: da qui si capisce che i due avevano deciso di installare un particolare tipo di microprocessore che evidentemente è sfuggito al controllo, diventando instabile.

Rimasto solo, con la moglie e i figli che hanno lasciato la casa e deciso ad andare fino in fondo a questa vicenda, Felix si introduce nottetempo nel palazzo, dopo aver infranto il vetro di una porta, portando con sé la sua inseparabile cassetta degli attrezzi. Con l'ascensore, che stranamente funziona correttamente, sale fino all'ultimo piano e si reca nella sala macchine, si avvicina alla scatola metallica che dovrebbe contenere il microprocessore e che reca la scritta "Rising Sun": lo apre forzandolo e così scopre che dentro non c'è nulla.

Tornato al piano di sotto, entra quindi nella tromba dell'ascensore, aprendo la porta scorrevole del piano superiore a quello dove si era fermato e sale sul tetto della cabina; dopo avervi collegato e acceso la lampada portatile, inizia a salire lentamente tenendo premuto il tasto della pulsantiera di servizio e intanto illumina l'ambiente per controllare se ci sono anomalie. Si ferma 2 volte: prima trova un topo morto su una delle travi d'acciaio delle guide, poi più in alto nota tracce di una sostanza gelatinosa; illuminando la parete nota una griglia avvitata al muro, dalla quale sembrerebbe cadere questa sostanza. Vuole andare a vedere ma la pulsantiera non funziona più, allora si arrampica lungo i cavi di acciaio fino a raggiungere quella griglia. Improvvisamente sente dei passi provenire da una scala esterna, che poi si allontanano.

Ormai Felix è vicino alla soluzione del mistero, perché dopo aver tolto la griglia si trova di fronte ad una terribile verità: un grande microprocessore a base organica che produce una sostanza gelatinosa, la stessa che Felix aveva visto poco prima. Questo microprocessore emette un rumore tipo battito cardiaco e una luce verde lampeggiante, quasi come se fosse un organismo vivente.

Felix allora colpisce più volte il computer con un cacciavite: come reazione a questo gesto violento, l'ascensore comincia a salire e scendere più volte, cercando di ferire Felix, che nel frattempo era rimasto appeso ad una trave d'acciaio, dopo essere stato colpito dal contrappeso. Finalmente la cabina si ferma al piano più alto, mentre Felix faticosamente raggiunge ed apre le porte scorrevoli per tentare di salvarsi uscendo dalla tromba dell'ascensore.

La macchina, però, sta iniziando la sua vendetta perché i cavi che sorreggono la cabina iniziano a spezzarsi uno alla volta: Felix sembra ormai spacciato ma qualcuno lo afferra e lo tira fuori, proprio mentre la cabina inizia a precipitare in caduta libera. È Miki a salvarlo, dicendogli poi che "non poteva permettere che l'ascensore uccidesse anche lui".

Il film termina con un colpo di scena: arriva il direttore della "Rising Sun" che osserva desolato Felix ferito e Miki che lo sta aiutando. Si rende conto quindi di aver fallito il suo esperimento, estrae una pistola e spara 4 colpi al computer, come per "ucciderlo". Improvvisamente uno dei cavi rimasto legato all'argano si anima, esce dalla porta ed afferra l'uomo per la gola, trascinandolo poi nella tromba dell'ascensore e lasciandolo sospeso in aria come un impiccato: il microprocessore si è vendicato del suo stesso costruttore!

Produzione

Il film fu realizzato in 32 giorni di ripresa con un budget di 750.000 fiorini, in gran parte finanziato dal produttore Matthijs van Heijningen. Oltre che risparmiando il più possibile, il bilancio finanziario fu alleggerito anche attraverso pubblicità occulte con l'apparizione in video di alcuni marchi come Sony, Skandia e Drum. Durante le riprese, a causa di conflitti crescenti, Maas venne licenziato dal produttore Van Heijningen, salvo venire poi riassunto quando Heijningen si rese conto di non poter finire il film senza di lui.

Per le riprese del film fu necessaria la collaborazione di un'azienda del settore: la Schindler apprezzò lo humour del film ed offrì la propria collaborazione, mettendo a disposizione due meccanici per tutti i giorni di produzione.

Le riprese con gli ascensori furono realizzate nell'edificio "Kronenstede" ad Amstelveen, dove oggi ha una sua sede la società "Logica". Tutte le scene ambientate nella hall davanti agli ascensori furono girate al primo piano. Molte scene, tra cui quella della decapitazione e la battaglia finale con l'ascensore, furono girate all'indietro o al rallentatore, per salvaguardare la sicurezza degli attori.

Accoglienza

Il film è stato un successo di pubblico e critica, e nonostante qualche piccolo errore di effetti speciali, è stato lodato soprattutto per la migliore regia e la storia ben strutturata ed è considerato ancora oggi, come uno dei thriller-horror, più belli di sempre.

Effetti speciali

Dick Maas, si rivolse a Leo Cahn, un addetto di una compagnia olandese per gli effetti speciali.

Il regista Dick Maas, a proposito della scena in cui il poliziotto viene decapitato, disse che voleva usare il trucco che i primi registi dell'Ottocento usarono nei cortometraggi: bloccare la cinepresa e sostituire la testa vera con una finta. Per farla sembrare più realistica, venne dipinta. Era di cartone.
Quando l'ascensore cerca di ferire Felix colpendolo andando in su e giù, in realtà non lo sfiora nemmeno. Questo è un omaggio a Psyco, quando nella scena della doccia il coltello anche se sembra colpire il corpo della protagonista, in realtà nemmeno lo sfiora.
Per la scena in cui Felix scopre il "cuore" dell'ascensore, il liquido blu in realtà doveva essere rosso, ma poi i produttori dissero che era troppo "vivace". Il battito è stato realizzato con un suono di un battito cardiaco, inserito durante il montaggio sonoro.
L'ultima scena è stata molto difficile. Ci volle quasi una settimana per organizzare tutto. Il cavo che si anima, la corrente si riaccende, l'uomo soffoca e rimane impiccato. Per realizzarla, Maas fece accendere la postazione di controllo dell'ascensore, poi durante il montaggio, la velocità fu impostata al contrario e infine l'uomo sembra che soffochi.

Curiosità

Il regista Dick Maas ha composto anche le musiche del film, con l'ausilio di due sintetizzatori Roland, lo Juno-6 e lo Jupiter-8.

La ditta per la quale lavora il protagonista Felix Adelaar doveva chiamarsi Delta Liften, ma per evitare problemi con una ditta già esistente il nome fu modificato poco prima dell'inizio delle riprese in Deta Liften.

Nello stesso anno in cui uscì L'ascensore, Maas fece una sorta di autocitazione nel videoclip When the Lady Smiles di Golden Earring, da lui stesso diretto: in una scena si vede una segretaria che fugge in ascensore inseguita da Barry Hay, mentre nello stesso momento dall'ascensore di fianco esce un meccanico, impersonato da protagonista del film, Huub Stapel, che perplesso osserva la scena.

Nel film ci sono ben quattro personaggi di nome "Kees": il portiere diurno, (Cor Witschge), il custode (Paul Gieske), il cognato (Guus Hoes) ed il portiere di notte (Kees Prins).

Remake

Nel 2001 il regista Dick Maas ha realizzato un remake del film dal titolo di Down - Discesa infernale con James Marshall e Naomi Watts.

fonte: Wikipedia

FILM COMPLETO

mercoledì 18 novembre 2015

sotto controllo

I veri 007 sono più diffusi di quanto pensiamo – Social ed Email sotto controllo

007
Le spie sono in ogni dove. Perché l’Intelligence è, in primo luogo, “human intelligence”: si basa cioè sul fattore uomo, sul contatto con le persone. L’agenzia posiziona i propri agenti là dove le informazioni si veicolano e si diffondono più facilmente. Tra di noi. Nelle strade e nelle piazze. Oggi, sempre più, in quelle virtuali. Non sono forse queste le nuove aree d’incontro? È di pubblico dominio, ad esempio, la notizia che Snowden, l’ex analista dell’NSA, la National Security Agency, abbia di recente messo in guardia sui pericoli delle più comuni piattaforme web, da Facebook a Gmail. Il nostro quotidiano su internet, così come il vicino di casa, il confidente o la persona più insospettabile, insomma, potrebbe essere in qualsiasi momento spiato da un’agenzia”.
La guerra, oggi, non si combatte più sul campo di battaglia. È sotto gli occhi di tutti, ad esempio, che i recenti bombardamenti americani non abbiano sortito i risultati sperati nella lotta all’Isis. Kobane, città occupata dalle loro milizie, è al confine tra Siria e Turchia e, dunque, alle porte dell’Occidente. Non molto tempo fa si sarebbe detto che un massiccio e mirato attacco aereo sarebbe bastato a difendere i nostri confini. Ma è questo il punto: non esistono più confini nella guerra d’oggi, come non esiste più un vero e proprio fronte della battaglia. A partire dalla caduta del muro di Berlino tutto è cambiato, anche la forma della guerra.
Il modo di fare intelligence, poi, all’indomani dell’11 settembre, ha dovuto (soprattutto per CIA e MI5) ristrutturarsi completamente nella mission, ma anche riorganizzare l’organico, le direzioni, competenze ed obbiettivi. Cambiare e in parte stravolgere il modo di pensare e gestire le operazioni.
A livello mondiale il Mossad, anche se di recente ha sofferto molte débâcle che hanno reso pubbliche alcune sue operazioni, resta ad oggi tra i Servizi Segreti che ha collezionato più successi nel corso degli anni. Questo sicuramente a motivo dell’ottimo addestramento dei suoi agenti. L’élite ammessa nell’’Istituto’ (questo significa Mossad in israeliano) deve aver superato prove psicofisiche che sembrerebbero ai più insormontabili. I suoi uomini devono essere in grado di prender decisioni repentine nella massima freddezza e determinazione. Di primissimo livello è però anche l’MI5, l’Intelligence inglese, e la francese DGSE (Direction générale de la sécurité extérieure). Per questo è inquietante la notizia secondo cui uno dei suoi agenti si sarebbe affiliato all’Isis…
La segretezza, nell’Intelligence, non è solo un must o la conditio sine qua un Governo rischia di prestare il fianco ad attacchi interni ed esterni, ma molto di più. Perchè c’è in gioco molto di più. Se viene meno rischia di saltare l’intero sistema di relazioni tra nazioni alleate. Perché i Servizi Segreti, tutti i Servizi Segreti, dialogano fra loro. Vi stupirà, forse, ma è così. Anche se tra due paesi vige una radicata inimicizia, potete star certi che le rispettive Intelligence si parlano. Durante il franchismo, per farvi un esempio, il dittatore spagnolo non riconosceva lo Stato d’Israele ed, anzi, si dichiarava anti-sionista ed anti-ebraico. Con tutto ciò, l’Ejército de Tierra collaborava con il Mossad in cambio del suo addestramento.
Con l’avanzata dell’Isis e più di 3.000 cittadini europei che sono partiti per ingrossarne le fila, in Italia l’allerta è al massimo livello. La nostra Intelligence, comunque, opera con capacità e in costante collegamento con quelle internazionali. E se è vero che non bisogna mai abbassare la guardia, è altrettanto vero che si deve fare attenzione a non generare allarme sociale: eventuali episodi terroristici sono tenuti sotto stretto controllo, e si sta facendo tutto ciò che è umanamente possibile per garantire la nostra sicurezza nazionale.
Nella “Storia dei servizi segreti italiani“, che ho trattato nel mio libro uscito in Italia nel 2013, delineo le lotte di primazia tra AISE ed AISI quando si chiamavano diversamente (SISDE e SISMI), ed anche ai giorni nostri. Tuttavia, nell’intelligence community statunitense avviene lo stesso. Tutti ricordiamo le lotte di potere tra FBI e CIA. Spesso la CIA e la NSA si sovrappongono e collidono con le altre agenzie. Lo stesso talvolta accade in Gran Bretagna in riferimento alle competenze del servizio domestico, l’MI5, ed estero, L’MI6.
Anche per chi è digiuno di conoscenze o preparazione specifiche, può esser davvero formativo e interessante partecipare ad uno dei workshop o incontri promossi dalla realtà che presiedo: l’UNI. Di recente, ad esempio, abbiamo organizzato giornate di studio gratuite ed aperte a tutti in cui parlare proprio di geopolitica, sicurezza e Intelligence.
La realtà è spesso diversa da quello che appare. I rapporti tra le nazioni, tra agenzie, equilibri e sistemi come comunemente ci appaiono, sono spesso molto diversi dalla facciata che mostrano.
Antonella Colonna Vilasi – http://altrogiornale.org
Antonella Colonna Vilasi presidente del Centro Studi sull’Intelligence- UNI, collabora con numerose riviste scientifiche, con articoli su Intelligence e Sicurezza. Insegna Intelligence in numerose agenzie ed università.
http://www.complottisti.com/i-veri-007-sono-piu-diffusi-di-quanto-pensiamo-social-ed-email-sotto-controllo/
fonte: alfredodecclesia.blogspot.it

lunedì 16 novembre 2015

ogni lama di luce

quando vedo le foto di Antonia Pozzi, come anche domenica scorsa allo Spazio Oberdan, per qualche motivo penso a Segantini.





le fotografie  che ritraggono la natura, in particolare la montagna, mi richiamano sia quello sguardo, sia quella forma di appartenenza, totalizzante. un desiderio di adesione assoluto.
le fotografie di Antonia sono belle, sono semplici, dicono del suo rapporto diretto con la realtà, quel che avrebbe voluto e dato, se tutto fosse andato bene.
le poesie di Antonia sono toccanti, struggenti e tristi. 
il linguaggio di Antonia è puro, è vera poesia, è dirompente e autentico.
la leggo, ascolto il suo cuore, il suo nudo cuore, e avverto, senza violenza, come un vento, la sua sofferenza. mi raggiunge leggera eppure pesantissima, due pesi si differenziano. lei è sottile e magra, con il viso affilato e sorridente, sempre, in ogni foto che la ritrae, ma le sue parole sono così cariche di angoscia, trasudano la sua caduta nel vuoto senza mani che la sostengano, che mi sommergono con il loro volume, come se tutto il suo corpo chiedesse assistenza.
le sue parole sono appello, alla natura alle stelle, al mare, all'uomo, all'Altro: sostienimi. 
e invece cade, ancora sta cadendo, io la sento cadere, sta morendo, ancora, Antonia.

Via dei Cinquecento

Pesano fra noi
due troppe parole non dette

e la fame non appagata,
gli urli dei bimbi non placati,
il petto delle mamme tisiche
e l’odore –
odor di cenci, d’escrementi, di morti -
serpeggiante per tetri corridoi

sono una siepe che geme nel vento
fra me e te.

Ma fuori,
due grandi lumi fermi sotto stelle nebbiose
dicono larghi sbocchi
ed acqua
che va alla campagna;

e ogni lama di luce, ogni chiesa
nera sul cielo, ogni passo
di povere scarpe sfasciate

porta per strade d’aria
religiosamente
me a te.

27 febbraio 1938


Periferia

Sento l’antico spasimo -
è la terra
che sotto coperte di gelo
solleva le sue braccia nere -
e ho paura
dei tuoi passi fangosi, cara vita,
che mi cammini a fianco, mi conduci
vicino a vecchi dai lunghi mantelli,
a ragazzi
veloci in groppa a opache biciclette,
a donne,
che nello scialle si premono i seni -

E già sentiamo
a bordo di betulle spaesate
il fumo dei comignoli morire
roseo sui pantani.

Nel tramonto le fabbriche incendiate
ululano per il cupo avvio dei treni…

Ma pezzo muto di carne io ti seguo
e ho paura -
pezzo di carne che la primavera
percorre con ridenti dolori.

21 gennaio 1938


Dal 23 ottobre 2015 al 6 gennaio 2016 presso Spazio Oberdan,
Viale Vittorio Veneto, 2, Milano
Fondazione Cineteca Italiana in collaborazione con Città metropolitana di Milano, Regione Lombardia, Comune di Milano e Centro Internazionale Insubrico “C. Cattaneo” e “G. Preti”,
presenta
SOPRA IL NUDO CUORE. FOTOGRAFIE E FILM DI ANTONIA POZZI, 
una grande mostra a cura di Giovanna Calvenzi e Ludovica Pellegatta
fonte: nuovateoria.blogspot.it

Valeria

La madre di Valeria Solesin: "Era meravigliosa"

La madre di Valeria Solesin uccisa al Bataclan: "Era meravigliosa"
Si spegne il filo di speranza per Valeria Solesin, la 28enne veneziana delle quale da venerdì sera si sono perse le tracce. La giovane si trovava ad assistere al concerto al Bataclan dove si è consumato uno degli attentati terroristici che hanno insaguinato Parigi. A confermarlo il padre della giovane, Alberto Solesin che, affranto, si è limitato a dire: "Nostra figlia è morta. Manca solo l'ufficialità per motivi burocratici". Ma quello che era un sospetto e un timore sembra diventare ormai una "certezza".
Ed è anche la madre di Valeria ad aggiungere parlando della figlia: "Era una persona meravigliosa, è l'unica cosa che preme ricordare di lei in questo momento". Il console generale italiano a Parigi, Andrea Cavallari, ha confermato la morte. Valeria Solesin si era laureata in sociologia a Trento, dopodiché si era trasferita a Parigi per continuare la specializzazione alla Sorbona dedicandosi ai temi del ruolo delle donne tra famiglia e lavoro. Venerdì sera era al Bataclan insieme al fidanzato, un'amica e un altro giovane. Nel corso dell'attentato, nella concitazione di quei momenti della giovane si erano perdute le tracce. Nella fuga aveva smarrito la borsa con il cellulare e i documenti.

fonte: alfredodecclesia.blogspot.it

domenica 15 novembre 2015

il declino



Downhill è un film muto del 1927 diretto da Alfred Hitchcock.

Trama

« Questa è la storia di due studenti che stringono un patto di lealtà e uno di loro lo mantiene a caro prezzo »

Il tempo della giovinezza. Londra. Anno scolastico 1921-1922. Cortile di un college. Si sta svolgendo una partita di rugby. Il protagonista, Roddy Berwick, è portato in trionfo dai compagni di squadra. Il Rettore si congratula con il padre, sir Thomas: “Vorrei che aveste altri figli come lui”. L’amico di stanza, Tim Wakeley è col padre e con la sorella. Di soppiatto la giovane e avvenente cameriera gli consegna un biglietto: è un invito a farle visita nella pasticceria in cui lavora, nell’orario di chiusura. Roddy si cambia negli spogliatoi e lo intravediamo a torso nudo mentre si asciuga. Genitori e studenti prendono posto nella sala da pranzo. Si recita la preghiera di ringraziamento e Roddy, arrivato leggermente in ritardo, si ferma a recitarla nell’atrio mentre la cameriera graziosa e sfrontata corteggia pure lui. Durante il pranzo gustose scenette di birbantelli che, soffiando nelle cannucce delle penne, lanciano palline nelle tazze di caffè degli austeri ospiti.

L’orologio da polso segna le 17.20. L’orologio della torre segna le 18.05. È l’ora dell’appuntamento galante in pasticceria. L’amico Tim si fa accompagnare da Roddy e la cameriera balla con entrambi. Abile nel ballo Roddy è corretto e non approfitta della disponibilità della ragazza, meno portato nella danza Tim è assai più intraprendente. Divertente intermezzo: un bambino entrato in pasticceria con pochi spiccioli ottiene da Roddy, improvvisato sostituto della commessa impegnata a baciare Tim, una scatola di dolci; immediatamente il locale si riempie di bambini che vogliono comprare altre scatole di dolci. Irritata la commessa rimprovera l’ingenuo Roddy, il quale rimedia pagando con il proprio denaro, una banconota che lei si affretta a ritirare con avidità.

Cerimonia di premiazione. Roddy è elogiato dal Rettore e nominato capitano della squadra di rugby. La macchina da presa inquadra il cappello della divisa degli studenti che nello stemma ha come motto la parola “onore”. Stanza dei due ragazzi. Il bidello li chiama: li vuole il Rettore. Studio del Rettore. Il Rettore comunica che la commessa li ha accusati di aver approfittato di lei. Nel confronto diretto con la giovane, che spera in un consistente risarcimento in denaro, ad essere accusato è Roddy, rampollo di una agiata famiglia, e non Wakeley troppo povero. Roddy protesta la sua innocenza ma non accusa Tim. Viene espulso dal collegio. “Ciò significa, Signore, che non potrò più giocare per gli Old Boys?” e non dice di più. Tristemente prepara la sua valigia e consulta gli orari ferroviari. Dichiara al compagno che non ha intenzione di denunciarlo. L’altro poco nobilmente non trova il coraggio di confessare.

Nella lussuosa casa paterna Robby giunge inatteso, prima della conclusione del corso. Il confronto con il padre è durissimo. Il genitore non crede alle sue giustificazioni e lo insulta, accusandolo di essere un bugiardo. Robby offeso e indignato esce di casa, deciso a non ritornare mai più. La madre spettatrice impotente, non cerca neanche di trattenerlo. Roddy è inghiottito nell’imbuto delle scale mobili che scendono verso i treni della metropolitana.

Il tempo della finzione. Inquadratura mezzobusto di Roddy in smoking: è un cliente del ristorante? La macchina da presa si abbassa e nelle sue mani c’è un vassoio: è un cameriere? La macchina da presa si sposta lateralmente su un palcoscenico e Roddy balla: è stato assunto come attore. Presto si innamora della prima attrice. Ha raccolto il portasigarette da lei dimenticato su un tavolino del ristorante e con il pretesto di restituirglielo va a farle visita nel suo camerino. La mano timidamente impugna il battente della porta tanto desiderata. Soggettiva di lei al tavolino della toilette che lo vede rovesciato e sghembo. Da una vasta e comoda poltrona girata verso il camino, si alza un fil di fumo: un ricco signore, l’amante dell’attrice, fuma, beve cognac, controlla fatture e si lamenta delle spese eccessive di lei per il guardaroba “Un altro cappotto? Vuoi mandarmi in rovina?”. Lo spiantato corteggiatore è compatito dai due che gli danno un passaggio sul taxi e lo lasciano sotto la pioggia, lontano dalla misera pensione in cui alloggia, che si vergogna di mostrare e alla quale giunge con il tram in cui non c’è posto al coperto. Inzuppato si rifugia nella stanza disadorna. Lo attende una lettera provvidenziale: ha ereditato dalla madrina la considerevole somma di 30.000 sterline. È ricco!

La successiva visita al camerino dell’attrice ha un altro tenore: elegantissimo è accolto calorosamente da lei e il suo amante è lieto di cedergli il fascio di bollette delle spese pazze della dama. Ora è Roddy ad ospitarli nel taxi che li trasporta in città. La furba e opportunista attrice è ben felice di acconsentire alla domanda di matrimonio che lo sprovveduto e troppo innamorato corteggiatore ha fretta di concludere. Sarà la sua definitiva rovina. Travolto dai debiti e tradito dalla donna col vecchio amante, Roddy non può far altro che cercare di nuovo la fuga. Un ascensore discende velocemente precipitandolo verso il basso.

Il tempo delle illusioni perdute. Parigi. Moulin Rouge. Locale da ballo per ricche signore attempate. Roddy è pagato 50 franchi per ballare con chi lo richiede. Una solitaria dama lo nota e si informa per averlo al suo tavolo. Gli chiede di raccontargli la sua storia. Un poco lo compiange e un poco lo fa vergognare. I musicisti si asciugano il sudore. È quasi l’alba. Un cliente ha un malore. Si scostano le tende per aprire i vetri e far entrare aria fresca. Un raggio di sole illumina sgarbatamente il viso della donna mettendo crudelmente a fuoco rughe e segni del tempo. Roddy si allontana cosciente dello stato in cui si è ridotto.

Marsiglia. Il porto. Roddy giace febbricitante e delirante in una bettola. Ha le allucinazioni. Dei marinai pietosi lo imbarcano nella stiva di una nave diretta a Londra. Dopo cinque giorni di navigazione è scaricato sulla banchina del porto della sua città. È molto debole e fatica a reggersi in piedi. I raggi del sole gli feriscono gli occhi, ha capogiri e in soggettiva la sua visione risulta alterata, le immagini si sovrappongono confusamente nella sua mente. Un cieco istinto lo conduce a casa e qui lo attende un insperato lieto fine. I genitori, saputa la verità sui fatti trascorsi, l’avevano invano cercato ovunque; ora increduli lo accolgono a braccia aperte. Avrà di nuovo il suo ruolo nella squadra degli Old Boys.

Produzione

Si tratta del penultimo film per la Gainsborough con cui aveva l'impegno di girare altri due film, questo e Virtù facile. Hitchcock aveva già firmato, dopo il grande successo di Il pensionante un nuovo contratto con la British International Pictures per la considerevole cifra di 13.000 sterline annue. Distribuzione: Wardour e F.

Soggetto

Il melodramma è un adattamento di un lavoro teatrale di Ivor Novello e Constance Collier che scrivevano con lo pseudonimo David LeStrange.

Sceneggiatura

La sceneggiatura fu affidata a Stannard che la completò da febbraio a marzo del 1927.

Riprese

Le riprese cinematografiche iniziarono nel mese di marzo 1927 negli studi di Islington.

Cast

I protagonisti sono Ivor Novello (Il pensionante, 1927) e Isabel Jeans (Virtù facile, 1928); nella parte del compagno del college c'è Robin Irvine, anch'egli scritturato poi in Virtù facile, in quella di Archie l'attore Jan Hunter che avrebbe recitato con Hitchcock ancora in Virtù facile e Vinci per me.

Durata

La durata dei canononici 5 rulli che il maestro soleva utilizzare è di 105 minuti.

Prima

La prima a Londra si ebbe il 24 ottobre 1927.

Accoglienza

Il film nato per ripetere il successo di Il pensionante con l'accoppiata Novello-Hitchcock ebbe una discreta accoglienza dalla stampa del settore. Si sottolineò la debolezza dell'intreccio ma si lodò la mano esperta e il tocco originale del regista.

Tecnica cinematografica

Hitch racconterà a Truffaut che sperimentò tecniche di ripresa e di montaggio per le visioni oniriche: allora nei film i sogni erano resi con dissolvenze e l'immagine era sempre sfumata; il regista invece fra un'inquadratura e l'altra fa uso solamente dello stacco, per integrare il sogno nella realtà.

Aveva inoltre dato istruzione che le scene del delirio fossero colorate di verde pallido a ricordo delle luci verdi che a teatro usavano accompagnare la comparsa dei fantasmi.

Temi

Il tema centrale del film è, come recita la didascalia introduttiva, la lealtà di cui è facile approfittare e l'amicizia difficile da mantenere. Centrale è anche il rapporto di scontro dell'adolescente con le istituzioni Scuola e Famiglia, il dramma di non riuscire a far credere la verità, e l'itinerario di degradazione che attende il protagonista, una volta proiettato nel mondo esterno. Non manca la satira sui personaggi minori che vengono ritratti impietosamente.

Critica

Nel loro libro dedicato ad Hitchcock Rohmer e Chabrol sottolineano che il regista coraggiosamente evita di sfruttare il precedente successo di Il pensionante e non riprende la tematica del delitto, si dedica ad altro e riesce a dimostrare di nuovo le sue "doti di creatore di atmosfere, di osservatore satirico, di virtuoso della macchina da presa". In particolare cura alla perfezione tre sequenze: la descrizione del collegio all'inizio del film, la scena del locale notturno parigino, la sequenza del delirio a Marsiglia.

John Taylor Russell così commenta: "Il film ha innegabilmente i suoi momenti di assurdità... nonché certe ingenuità descrittive" ad esempio esemplificare la decadenza morale del protagonista facendolo scendere per una scala mobile della metropolitana di Londra, ma "visto oggi appare uno dei film muti più vivaci e più gioiosamente inventivi di Hitchcock" e cita la scena della pasticceria in cui il regista sfrutta gli effetti dell'illuminazione alla maniera del cinema tedesco e la scena della commedia musicale in cui gioca con le false apparenze, ingannando lo spettatore più volte sul ruolo del protagonista.

fonte: Wikipedia

martedì 10 novembre 2015

vaccini: scienza, coscienza e... complottismo


 di Gabriella Maria Lesmo

Preg.mo Signor Paolo MIELI

Ho letto il Suo editoriale comparso sul “Corriere” del 20 ottobre, dal titolo “Cinque stelle, la malattia pericolosa dei complottisti anti-vaccini” in cui Lei attribuisce a costoro la responsabilità della ondata anti-vaccini che starebbe travolgendo l’Italia e scatenerebbe un’epidemia prossima ventura di malattie come il tetano, la poliomielite, l’epatite B, la difterite e la pertosse.

Non commento le Sue opinioni politiche, ma non posso tacere sulle affermazioni che riguardano i vaccini, essendo Medico, Specialista in Pediatria e Anestesia e Rianimazione, nonché madre di un ragazzo con la vita rovinata da una reazione avversa alle vaccinazioni anti-infettive eseguite per obbligo di legge.

Con tutto il rispetto, l’articolo dimostra quanto profonda sia la disinformazione. Infatti, non possono verificarsi epidemie di tetano in quanto il tetano non è malattia infettiva e, propriamente, nemmeno epidemie di epatite B, che si trasmette per via parenterale e venerea. Circa la utilità delle vaccinazioni ricordo solo, per brevità, che la malattia invasiva da Haemophilus B, di per sé rara negli Stati Uniti con 1,73 casi ogni 100.000 bambini di età inferiore ai 5 anni, lo è ancor più nel nostro paese. Inoltre essa è più rappresentata negli over 65 che in età pediatrica. Da ultimo, il vaccino anti-Haemophilus B non protegge dalle infezioni invasive di ceppi non tipizzabili, che risultano essere più frequenti.

Il vaccino anti-pneumococcico contiene solo alcuni sierotipi di pneumococchi e risulta scarsamente immunogeno, specie nel bambino piccolo.
Per ciò che riguarda l’efficacia della pratica vaccinale, non è possibile comprovare l’avvenuta immunizzazione dei vaccinati, sia per inesistenza di parametri specifici, sia perché, quando dosabili gli anticorpi specifici, per ammissione delle stesse ditte produttrici di vaccini, la presenza di un titolo anticorpale specifico, non garantisce la capacità di difesa del vaccinato in caso di contagio futuro per via naturale.
Informazioni e dati non sono una invenzione dei “complottisti anti-vaccini”, bensì sono scritti nel più importante testo di infettivologia pediatrica mondiale , il “Red Book” della American Academy of Pediatrics, regolarmente aggiornato.

Personalmente, non nego a priori l’utilità del “farmaco-vaccino”, come strumento di prevenzione di specifica patologia in categorie di persone a rischio, bensì contesto la pretesa innocuità della pratica delle “vaccinazioni di massa. Con questo termine si indica la somministrazione di 25 -26 vaccinazioni anti-infettive a tutti i nuovi nati nel primo anno di vita, in un lasso di tempo di 10-11 mesi, vaccini rivolti anche verso malattie poco o nulla rappresentate nella fascia di età pediatrica.
Nonostante il D.M. 7 aprile 1999 che individua in quattro i vaccini obbligatori, di fatto i nuovi nati ne ricevono SEI perché da anni il Sistema Sanitario Nazionale fornisce solo una formulazione composta contenente sei vaccini, i quattro obbligatori oltre al vaccino anti-Haemophilus B e il vaccino anti-pertosse.

Alla inoculazione del vaccino esavalente viene associata la iniezione di vaccino 13-valente anti-pneumococcico, per tre sedute. Oltre a queste, altre vaccinazioni vengono promosse e fornite dal SSN: la vaccinazione anti-morbilloanti-parotite e anti-rosoliavaccinazione anti-meningococcicaanti-varicellaanti-epatite A.

Secondo le specifiche linee guida del Ministero della Salute, un lattante deve essere vaccinato anche se nato prematuro, di basso peso, epilettico, cerebropatico, HIV positivo, convalescente, ”moderatamente” febbrile e persino se ha già avuto una reazione avversa grave ad una vaccinazione.

Tale pratica ha sollevato e solleva non poche perplessità nel mondo scientifico internazionale, che ravvisa significativi e inquietanti collegamenti tra la precoce iperstimolazione del sistema immunitario infantile indotta dai vaccini e l’insorgenza di gravi malattie neurologiche infantili, alterazioni dello sviluppo, allergie, sindromi autoimmuni, morte improvvisa in culla, patologie sino a pochi anni fa sconosciute o estremamente rare, ma ancor più preoccupa le tante famiglie che hanno visto ammalarsi un figlio e diventare autistico in concomitanza con un inoculo di vaccini.

Nonostante la Medicina Accademica reagisca con estrema lentezza a tale drammatica situazione, è ormai disponibile a livello mondiale una notevole quantità di dati epidemiologici e di studi clinici ed autoptici che indicano che la malattia autistica si realizza nell’organismo infantile nella delicata fase di sviluppo, come effetto di una encefalopatia innescata dalle vaccinazioni che danneggiano il tessuto nervoso con meccanismo immuno-allergo-tossico. Tale patologia non va confusa con l’encefalite acuta ed ha un andamento tipicamente subdolo, le manifestazioni cliniche essendo evidenti dopo settimane e mesi dalla vaccinazione interessando le aree cerebrali deputate alla funzioni integrative, funzioni che mancano fisiologicamente nel bambino piccolo.

Poiché Lei nomina, per sconfessarne la credibilità, il dottor Andrew Wakefield che assieme ad altri colleghi londinesi evidenziò la presenza di virus del morbillo nei linfonodi intestinali di bambini autistici con malattia infiammatoria intestinale, dovrebbe sapere che questa prima parte del lavoro di Wakefield fu confermata, sin d’ allora, da un immunologo universitario giapponese, il Dr Kawashima. Questi che fu in grado di identificare il virus del morbillo riscontrato nei linfonodi ileali ed era il virus vaccinale. In tempi recenti i lavori londinesi di Wakefield sono stati riabilitati ed il suo allora primario londinese ha avuto la meglio contro chi lo volle cacciare. Per dover di verità ricordo anche che alcuni studi danesi, citati per anni a dimostrazione della inesistente correlazione tra vaccinazioni e insorgenza di autismo si sono rivelati FALSI . Il principale autore degli studi danesi fu il Dr. Poul Thorsen, attualmente latitante, che figura nella lista dei maggiori ricercati dalla FBI, contro cui è stato spiccato mandato di cattura per una lunga serie di reati federali contestatigli negli Stati Uniti, in merito alle ricerche sull’Autismo .

Lo “scandalo nello scandalo” è emerso altresì dalle dichiarazioni del Deputato americano Bill Posey, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato della Florida che traduco, l’originale lo trova in rete.
“… Se leggete le e-mail e i dati relativi alle riunioni, nonché le disposizioni finanziarie che questo truffatore ha intrattenuto con il CDC, vi farà assolutamente venire il voltastomaco. Costui non era un ricercatore qualunque. Costui era l’uomo chiave del CDC in Danimarca. Costui era strettamente legato ai migliori ricercatori nell’ambito della sicurezza dei vaccini del CDC … e Thorsen ha cucinato gli studi per produrre i risultati che volevano diffondere. A loro non importava se gli studi fossero validi o quanto veniva pagato per manipolarli dall’inizio. Stiamo parlando di qualcuno che ha fondamentalmente rubato soldi pubblici che avrebbero dovuto essere utilizzati per migliorare la salute e la sicurezza dei più vulnerabili della nostra società: i nostri giovani bambini. …”.
Per brevità non riporto la testimonianza del dottor Thompson, rintracciabile sul web, che ha confessato pubblicamente di aver falsato gli studi che negavano la correlazione autismo e vaccino MMR.
Da tempo esiste un forte contrapposizione tra lo Stato Italiano che impone la politica delle “vaccinazioni di massa” pretendendo che siano l’unico modo di combattere le malattie e che siano sempre e comunque innocue ed una parte sempre più vasta della popolazione che rifiuta l’obbligo vaccinale per i propri bambini e pretende di poter scegliere consapevolmente come proteggere la loro salut.

In questa guerra pro- vaccinazioni- di- massa, ministero, regioni e Asl, dimenticano che i vaccini sono a tutti gli effetti dei farmaci pro-infiammatori aventi lo scopo di far maturare una memoria immunologica al di fuori della malattia naturale, ma che non sempre ci riescono.

I vaccini anti-infettivi, in quanto farmaci, posseggono indicazioni, controindicazioni, effetti collaterali ed effetti avversi, ma questi ultimi vengono volutamente omessi con strategie diverse, sia sui foglietti illustrativi dei vaccini, sia sul materiale divulgativo delle Asl.

Infatti, forse per scarsa consapevolezza della questione, forse per colpevole ignoranza, la maggior parte delle reazioni avverse ai vaccini non viene segnalata alla farmacovigilanza, come si evince dalla disamina dei tanti casi gravi per i quali le famiglie intentano causa allo stato. In questo modo i vaccini risultano falsamente “innocenti .

La politica sanitaria, come ogni politica, impone scelte non sempre condivisibili, spesso discutibili e basate su motivazioni tutt’altro che cristalline. Nel nostro Paese, per citare i casi più famosi, un Ministro della sanità, De Lorenzo, fu condannato per tangenti ricevute in cambio di aver reso obbligatorio il vaccino anti-epatite B.

Poggiolini, direttore generale del servizio farmacologico nazionale, fu condannato per aver falsato i prezzi dei medicinali e inserito farmaci nel prontuario nazionale, in cambio di tangenti; ancor oggiPoggiolini è sotto processo per omicidio colposo, per la possibile responsabilità avuta nel mancato controllo di sangue trasfusionale. I morti da trasfusioni infette non saranno presenti al dibattimento. Numerose case farmaceutiche sono state a loro volta condannate per tangenti relative all’inserimento di farmaci negli elenchi del SSN e spinto in alto i prezzi.

Queste ed altre frodi in campo sanitario sono ricorrenti e minano irreversibilmente la credibilità del sistema che ci governa e ci impone una sola e indiscutibile “verità scientifica”, la sua, e che costringerebbe i medici in protocolli comportamentali e rigidi percorsi di cura, in contrasto con i dettami della Professione Medica che ha come scopo primario il prendersi cura del paziente e non la vendita di farmaci, peraltro sempre più costosi e tossici.

Il tribunale di Milano, lo scorso anno, ha emesso una sentenza che riconosce il nesso di causalità tra la somministrazione del vaccino esavalente e lo sviluppo di encefalopatia post-vaccinica in forma di Autismo, nel figlio dei ricorrenti.

Non è stata la prima sentenza a riconosce la lesività di un vaccino anti-infettivo esavalente, ma è la più importante per sostanza  Ebbene, il ministero della salute si è violentemente scagliato contro la sentenza e più società di pediatria hanno chiesto la testa del Medico Consulente Tecnico D’Ufficio  “colpevole” di aver studiato, guardato gli atti e ragionato sui fatti con mente libera da pregiudi.

Questo non è un comportamento di uno Stato democratico, che ha il dovere di verificare periodicamente l’appropriatezza e delle proprie scelte sanitarie e del loro impatto sullo stato di salute della popolazione, bensì di un sistema dittatoriale che, lungi dal considerare gli interessi dei cittadini, men che meno quelli più fragili come i bambini e gli anziani, si dà da fare per escogitare le minacce più efficaci perché diventino bacino d’utenza di tanti farmaci, cercando di piegare all’obbedienza la classe medica premiando l’esercito degli yes-men e privando dell’abilitazione all’esercizio i medici “eretici”, “complottisti”, “anti-vaccinisti”, e persino navigatori del web, ossia i medici che sanno ragionare con la propria testa, che hanno a cuore l’interesse dei pazienti, che non sono sul libro paga delle industrie farmaceutiche, che non han paura che i loro pazienti curiosino su internet prima di venire in studio, quelli che hanno indagato lo stato immunologico, metabolico, tossicologico e nutrizionale dei bambini e ragazzi ammalatisi dopo i vaccini, quelli che han studiato le innumerevoli cartelle cliniche di bambini e ragazzi finiti in ospedale dopo aver ricevuto le vaccinazioni, quelli che hanno cercato e trovato modo di far scomparire tanti sintomi sistemici e neurologici delle encefalopatie post-vaccinali.

Se quella della libertà di scelta per la salute dei propri figli e la libertà di cura deve essere una guerra, questi medici la combatteranno con decisione, stetoscopio al collo, parker nel taschino, PC a tracolla, a fianco di sani e malati, stretti in un’alleanza per la salute senza tentennamenti .

fonte:

http://autismovaccini.org/2015/10/21/vaccini-scienza-coscienza-e-complottismo/ 

fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

venerdì 6 novembre 2015

la vigna di Leonardo

la Casa degli Atellani la conoscevo.
sapevo della sua esistenza e spesso ho messo il naso dentro il cortile, quando aperto in questo periodo di Expo, passando in corso Magenta.
mi sembrava una meraviglia.
ora posso dire che lo è, l'ho visitata e ho goduto del suo splendore.
la vigna di Leonardo è altrettanto bella, il giardino della casa è splendido, si respira un'aria nuova, non milanese, sembra di essere in una delle magnificenti ville sul Lago Maggiore, almeno a me ricorda quella atmosfera.
della vigna è rimasto ben poco, ma il luogo è pieno di evocazioni, 
si trema un po' pensando alla storia,
si immaginano fantasmi,
si rimane stupefatti da tanta bellezza.



Non lontano dal Cenacolo di Leonardo da Vinci e di fronte a Santa Maria delle Grazie, la casa degli Atellani è, seppur modificata nei secoli, il solo edificio di corso Magenta che conservi ancora l’aspetto che presentava durante il Rinascimento. Ma chi erano gli Atellani? Gli Atellani, o della Tela, erano una famiglia di cortigiani e diplomatici, originari della Basilicata, giunti al nord nel corso del Quattrocento, al servizio dei duchi di Milano, di Ludovico il Moro e degli Sforza. È proprio il Moro, nel 1490, a regalare a Giacometto della Tela, capostipite conosciuto della famiglia, due case a corte con giardino situate lungo il borgo delle Grazie, l’attuale corso Magenta. Due case vicine e separate: l’una nel luogo dello scomparso numero civico 67; l’altra, probabilmente già ricostruita nel primo Cinquecento, nel luogo dell’attuale ingresso al numero civico 65. I discendenti di Giacometto le abitano fino al Seicento. Nel 1919 il senatore Ettore Conti ne diventa il nuovo proprietario e affida all’architetto Piero Portaluppi, suo genero, l’incarico di trasformarle nella sua nuova abitazione. Portaluppi abbatte il muro che le separava e s’inventa una casa sola, unendo le due corti preesistenti grazie a un nuovo atrio porticato, sotto il quale prevede l’ingresso all’appartamento padronale. La pianta della nuova casa viene riequilibrata intorno a un inedito asse prospettico che si spinge fino al giardino interno. 





















Leonardo da Vinci si trasferisce a Milano, alla corte di Ludovico il Moro, nel 1482. Sedici anni dopo, nel 1498, Ludovico regala a Leonardo una vigna. Una vigna di forma rettangolare, larga 59 metri e lunga 175 metri, estesa nella direzione dell’attuale via de’ Grassi: una vigna di quasi sedici pertiche, oltre un ettaro di terreno. Parte della vigna di Leonardo si trovava qui, nel perimetro dell’attuale giardino di casa degli Atellani. 
Sulla Vigna di Leonardo cade l’oblio per quattro secoli, fino ai giorni in cui Portaluppi avvia il cantiere di casa degli Atellani. È in questo periodo che l’architetto Luca Beltrami, grande storico di Leonardo, verifica sugli atti e i documenti rinascimentali la possibile esatta posizione della vigna, proprio in fondo a questo giardino. Ed è in questo periodo che Beltrami identifica e fotografa la vigna di Leonardo, incredibilmente ancora intatta, prima che venga distrutta da un incendio e dalle urgenze dell’urbanistica. In questi ultimi anni la Fondazione Portaluppi e gli attuali proprietari della casa hanno promosso una ricerca intorno al sito della vigna di Leonardo. Scavando nell’area riconosciuta da Beltrami sono stati individuati i camminamenti che regolavano i filari della vigna, seppelliti sotto le macerie dei bombardamenti del 1943. Grazie al materiale organico ritrovato il professor Attilio Scienza, massimo esperto di dna della vite, è riuscito a risalire al dna del vitigno coltivato da Leonardo: la Malvasia di Candia Aromatica. Sulla scorta di questi risultati, in fondo al giardino di Casa degli Atellani, nel luogo in cui la riconobbe Luca Beltrami, nel rispetto del dna identificato del vitigno e secondo i filari originari, nel 2015 è stata ripiantata, ed è rinata, la vigna di Leonardo da Vinci.

fonte: nuovateoria.blogspot.it