mercoledì 31 dicembre 2014

alla mia nazione


di Pier Paolo Pasolini


Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

Pier Paolo Pasolini, La religione del mio tempo, 1961

 À ma nation
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Ni peuple arabe, ni peuple balkanique, ni peuple antique, mais nation vivante, nation européenne :
quʼes-tu ? Terre de nouveaux-nés, affamés, corrompus, gouvernants employés de propriétaires fonciers, préfets réactionnaires, avocaillons, gras de brillantine et puant des pieds,
fonctionnaires libéraux charognes comme leurs oncles bigots, une caserne, un séminaire, une plage libre, un bordel!
Des millions de petits-bourgeois comme des millions de porcs paissent en se bousculant au pied des petits immeubles indemnes,
entre les maisons coloniales délabrées désormais comme des églises. Cʼest justement parce que tu as existé, que maintenant tu nʼexistes pas,
Cʼest parce que tu fus consciente, que tu es inconsciente. Ce nʼest que parce que tu es catholique que tu ne peux penser
que ton mal est tout le mal: faute de tout mal.
Sombre dans cette mer radieuse qui est la tienne, libère le monde.

Nel contributo audio la voce di Vittorio Gassman


fonte: sulatestagiannilanns.blogspot.it

ti giri nel sonno, in un sogno, a poca luce

Canzonette mortali 

Io che ho sempre adorato le spoglie del futuro
e solo del futuro, di nient'altro
ho qualche volta nostalgia
ricordo adesso con spavento
quando alle mie carezze smetterai di bagnarti,
quando dal mio piacere
sarai divisa e forse per bellezza
d'essere tanto amata o per dolcezza
d'avermi amato
farai finta lo stesso di godere.


Le volte che è con furia
che nel tuo ventre cerco la mia gioia
è perché, amore, so che più di tanto
non avrà tempo il tempo
di scorrere equamente per noi due
e che solo in un sogno o dalla corsa
del tempo buttandomi giù prima
posso fare che un giorno tu non voglia
da un altro amore credere l'amore.


Un giorno o l'altro ti lascio, un giorno
dopo l'altro ti lascio, anima mia.
Per gelosia di vecchio, per paura
di perderti – o perché
avrò smesso di vivere, soltanto.
Però sto fermo, intanto,
come sta fermo un ramo
su cui sta fermo un passero, m'incanto…


Non questa volta, non ancora.
Quando ci scivoliamo dalle braccia
è solo per cercare un altro abbraccio,
quello del sonno, della calma – e c'è
come fosse per sempre
da pensare al riposo della spalla,
da aver riguardo per I tuoi capelli.


Meglio che tu non sappia
con che preghiere m'addormento, quali
parole borbottando
nel quarto muto della gola
per non farmi squartare un'altra volta
dall'avido sonno indovino.


Il cuore che non dorme
dice al cuore che dorme: Abbi paura.
Ma io non sono il mio cuore, non ascolto
né do la sorte, so bene che mancarti,
non perderti, era l'ultima sventura.


Ti muovi nel sonno. Non girarti,
non vedermi vicino e senza luce!
Occhio per occhio, parola per parola,
sto ripassando la parte della vita.


Penso se avrò il coraggio
di tacere, sorridere, guardarti
che mi guardi morire.


Solo questo domando: esserti sempre,
per quanto tu mi sei cara, leggero.


Ti giri nel sonno, in un sogno, a poca luce.

Giovanni Raboni
1982-1983

dicevano, quella volta, di una struttura poetica sinfonica, a proposito di Giovanni Raboni.
io vedo che c'è una struttura che si assottiglia, a mano a mano che la poesia procede le strofe possiedono un numero progressivamente ridotto di versi. si parte da dieci e si arriva ad un singolo verso.
è il tempo che passa, è la vita che scorre, è il poeta che si sente morire, è la parola che abbisogna di minor spazio,  prevale il silenzio, domina la luce, è il singolo verso che dice tutto: dormi, sogni, ti guardo. 

fonte: nuovateoria.blogspot.it

martedì 30 dicembre 2014

la barca solare di Cheope



da Wikipedia:

La barca solare di Cheope è una delle imbarcazioni più antiche del mondo.

Fu scoperta dagli archeologi nel 1954 nella piana di Giza, in una fossa sul lato sud della Grande piramide. Racchiusa in una camera ermeticamente sigillata, la barca era scomposta in 1224 pezzi, il cui legno si è conservato intatto per più di 4600 anni.

Per ricostruirla sono occorsi 13 anni. Lunga circa 43 metri, ha cinque remi per lato più due a poppa, con funzione di timoni e, dal 1982, è esposta in un museo creato appositamente a fianco della Grande piramide e progettato dall'architetto italiano Franco Minissi.

Poco dopo fu scoperta un'altra barca che però, a causa delle cattive condizioni di conservazione, è stata lasciata all'interno della “galleria” originaria.

Problemi ancora irrisolti

Una delle domande alle quali si è cercato, tuttora inutilmente, di dare risposta è quale fosse la funzione di queste imbarcazioni. Nei rilievi dell'antico Egitto sono spesso raffigurate barche simili. In una tomba di Deir el Bersha è stato trovato un modello di barca che reca la riproduzione di una mummia in viaggio verso la sepoltura. Gli egittologi propendono nel credere che anche Khufu sia stato trasportato verso la tomba su un'imbarcazione funeraria simile (in effetti sembrerebbe che la barca sia stata usata in navigazione).
Resta comunque il problema per quale motivo sarebbe stata sepolta a così poca distanza da un'altra barca dello stesso tipo. E, inoltre, perché tagliarla in 1224 pezzi invece di seppellirla intera? Anche a questi interrogativi non si è riusciti a dare una risposta, considerando anche che le “barche solari” sono presenti fin dalle prime Dinastie e si ritrovano anche nella IV; mancano, invece, completamente nella III (Huni), e nel primo sovrano della IV dinastia (Snefru).

Simbologia religiosa

Volendo dare un significato religioso e simbolico alla tumulazione della barca, sorgono alcuni problemi. I testi delle piramidi, scritti a partire dalla fine della V dinastia, fanno riferimento a due visioni dell'oltretomba. La prima, quella più antica, descrive una rinascita stellare del sovrano e del fatto che il suo ka sarebbe diventato una stella della Duat, una stella della costellazione di Orione.
La seconda espone, invece, il nuovo credo religioso, che indicava l'oltretomba ad occidente, dove ogni giorno il Sole tramonta. È evidente che i testi delle piramidi risentono della teologia di Ra e del credo che il sovrano, dopo la sua resurrezione, avrebbe seguito l'orbita del Sole in processione dietro le barche sacre degli dei. Tutti gli egittologi sono concordi nel ritenere che questo culto diventò importante soprattutto con Khafra, quarto sovrano della IV dinastia. Viene, dunque, a cadere l'ipotesi della "barca solare"; infatti, se prima di Khafra le anime dei sovrani erano destinate, come dicono i testi delle Piramidi, a volare nella Duat, nella regione di Orione, per rinascere come stelle, riesce difficile definire il ruolo di una “barca solare”.
Allo stato attuale delle conoscenze, legate alla casualità dei ritrovamenti archeologici, l'egittologia non è in grado di dare risposte certe.

FILMATO

ritratto di donna velata



da Wikipedia:

è uno sceneggiato di genere giallo, diretto da Flaminio Bollini, con protagonisti Nino Castelnuovo e Daria Nicolodi.

Prodotto dalla RAI nel 1974 è andato in onda dal 31 agosto al 14 settembre 1975 in prima serata sul Programma Nazionale (l'odierna Rai 1) e riuscì a catturare una audience altissima, risultando uno dei programmi televisivi italiani più visti di quell'anno.

Per affinità di genere può essere accostato ad altri sceneggiati gialli-fantastici del periodo quali A come Andromeda, ESP, Il fauno di marmo, Gamma e soprattutto Il segno del comando, con cui vi sono svariate similitudini.

Trama

L'azione si svolge in Toscana, tra Firenze e la zona di Volterra e coinvolge un giovane squattrinato, Luigi Certaldo (Nino Castelnuovo) alle prese con una misteriosa ragazza, Elisa (Daria Nicolodi, all'epoca molto nota dopo il successo del film Profondo rosso) che pare essere la reincarnazione della misteriosa donna velata ritratta in un quadro del ʾ700.

Tra misteriose apparizioni, personaggi venuti dal passato, morti inspiegabili ed inquietanti coincidenze, il giovane si troverà coinvolto in un intricato mistero legato a un'urna funeraria che nasconde le indicazioni per trovare l'ingresso di una necropoli etrusca piena di tesori.

Sigla

Nella sigla iniziale compare, come unico elemento, misterioso e vagamente inquietante nella fotografia, la famosa statuetta etrusca Ombra della sera.

COMPLETO

domenica 28 dicembre 2014

cappella Paolina



da Wikipedia:

La cappella dei Santi Pietro e Paolo, più conosciuta con il nome di cappella Paolina, derivato da papa Paolo III, che la fece progettare, costruire e affrescare, è una cappella del Palazzo Apostolico nella Città del Vaticano.

Aveva funzioni di cappella "parva" palatina, cioè piccola in contrapposizione alla cappella "magna", cioè la Cappella Sistina. Qui si esponeva il Santissimo Sacramento e, fino al 1670, veniva utilizzata durante il conclave per raccogliere i voti, in virtù della vicinanza con la Cappella Sistina, dalla quale è separata solo dalla Sala Regia.

Attualmente, la cappella è chiusa al pubblico e al di fuori del percorso dei Musei Vaticani in quanto luogo di culto privato del papa. Durante il conclave, essa è il luogo da cui parte la processione dei cardinali elettori diretta alla cappella Sistina e in cui, dopo il canto del Te Deum, il pontefice neoeletto sosta in preghiera personale prima di affacciarsi alla loggia delle benedizioni della basilica vaticana.

Storia

La costruzione e la realizzazione dell'apparato decorativo

Papa Paolo III Farnese venne eletto nel 1534; egli volle la realizzazione, all'interno del Palazzo Apostolico, di una cappella da affiancarsi a quella costruita da Sisto IV, per la custodia del Santissimo Sacramento.

Il progetto venne affidato all'architetto Antonio da Sangallo il Giovane, che Paolo III aveva nominato nel 1536 architetto di tutte le fabbriche pontificie; la costruzione iniziò nel 1537 per terminare tre anni dopo, nel 1540. Il 25 gennaio 1540, memoria liturgica della Conversione di San Paolo, la cappella venne solennemente consacrata dal pontefice e dedicata a San Paolo apostolo.

Appena concluso il lavoro al Giudizio universale nella Cappella Sistina, Paolo III incaricò Michelangelo, ormai ultrasessantenne, di decorare la cappella con affreschi, con storie dei primi apostoli. L'artista lavorò all'opera lentamente, per quanto gli era possibile tra acciacchi e impedimenti, mentre contemporaneamente lavorava alla tomba di Giulio II, terminata nel 1545.L'artista dipinse per la cappella Paolina due affreschi: il primo raffigurante la Conversione di Saulo, realizzato tra il 1542 e il 1545; il secondo la Crocifissione di Pietro, realizzato tra il 1546 e il 1550.

La decorazione della cappella venne poi completata durante il pontificato di Gregorio XIII da Lorenzo Sabbatini e Federico Zuccari, che raccontano altri episodi salienti della vita dei santi Pietro e Paolo. In quell'epoca vennero anche approntati decori in stucco dorati e policromi della volta, simili a quelli contemporanei dispiegati nella Galleria delle Carte Geografiche. Con i pontefici successivi, in particolare al tempo di Alessandro VIII (1690) e poi di Benedetto XIV (1741), si ebbero interventi relativi alla parete di controfacciata e alla sistemazione dell'area presbiterale.

Restauri successivi

Restauri e rifacimenti importanti si registrarono ancora sotto i pontificati di Benedetto XIV (1741, pulitura generale dei dipinti e degli stucchi ad opera di Domenico Spolia), Pio IX (1855-1856, nuova pulitura degli affreschi e realizzazione dell'affresco in controfacciata di Annibale Angelini), Leone XIII (rifacimento degli affreschi dell'abside e restauro della volta) e Pio XI (restauro degli affreschi di Michelangelo sotto la direzione Biagio Biagetti).

L’ultimo intervento di rilievo è stato quello di Paolo VI (1974), effettuato in vista del Giubileo del 1975 sotto la direzione di Luigi e Giovanni Carbonara, che ha visto il radicale riordino dello spazio presbiterale in adesione alle abitudini liturgiche divenute comuni negli anni seguenti il Concilio Vaticano II, mediante la sostituzione dell'altare rivolto al tabernacolo con un nuovo altare staccato dalla parete, di forma ovale, sul quale celebrare guardando i fedeli. Venne inoltre eliminata la balaustra in legno per la comunione e collocato al suo posto un ambone in marmo scolpito. Il pavimento fu ricoperto da una moquette rossa, e così le pareti laterali fino all'altezza degli affreschi.

Il restauro del 2002-2009

Nel 2002 è iniziato un importante restauro della cappella diretto da Arnold Nesselrath, finanziato dai Patrons of the Arts e condotto dal Laboratorio Restauro Dipinti dei Musei Vaticani sotto la supervisione di Maurizio De Luca; l'intervento ha interessato il recupero delle cromie originarie degli stucchi e degli affreschi, in particolare dei due dipinti di Michelangelo, dei quali si sono occupati direttamente De Luca (Crocifissione di Pietro) e Maria Ludmila Pustka (Conversione di Saulo), con la rimozione dovute a manomissioni successive.

Inoltre, durante i lavori è stato rimosso il rifacimento risalente al pontificato di Paolo VI: si è provveduto, con l'approvazione di papa Benedetto XVI che ha visitato il cantiere il 25 febbraio 2009, a ricomporre il vecchio altare marmoreo, staccandolo però dalla parete di fondo così da rendere possibile la celebrazione eucaristica sia “versus populum” che “versus crucem”; è stato tolto l'ambone e rimessa al suo posto la balaustra. Rimossa la moquette che copriva sia la parte inferiore delle pareti, sia il pavimento, quest'ultime sono state restituite al loro aspetto originale.

Infine sono stati restituiti il pavimento marmoreo dell'epoca di Gregorio XVI e la zoccolatura delle pareti in finto marmo, realizzata sotto Pio IX, ed è stato realizzato un sofisticato e complesso impianto di illuminazione a LED con luce bianca con corpi illuminanti non visibili dal piano della cappella ad eccezione di quelli relativi agli otto angli dadofori.

Il restauro è stato presentato il 30 giugno nella Sala Regia del Palazzo Apostolico con l'intervento, tra gli altri, del cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e di Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani.

Nell'Anno Paolino, la cappella è stata riaperta al culto il 4 luglio 2009 con la celebrazione dei primi vespri solenni della XIV domenica del Tempo ordinario, presiedutivi dal papa Benedetto XVI.

Descrizione

Ubicazione

La cappella Paolina si trova nella prima loggia (primo piano) del Palazzo Apostolico; adiacente alla sala Regia, è situata parallela alla facciata della basilica di San Pietro, poggiante su un arco voltato a botte, con l'abside inglobata dentro l'edificio della basilica, al disopra della Pietà. Si accede all'ambiente tramite un portale che si apre nella parete meridionale della sala Regia, con timpano triangolare marmoreo sorretto da due colonne corinzie dello stesso materiale.

Navata

La cappella è a navata unica, coperta con volta a padiglione lunettata e illuminata da una trifora a lunetta semicircolare sulla parete di destra e da due aperture circolari nella volta. Quest'ultima venne decorata da Perin del Vaga a partire dal 1542 e successivamente più volte modificata; il suo aspetto attuale è dovuto agli interventi del 1935-1936 e vede, incorniciati da stucchi, otto affreschi di Federico Zuccari, quattro tondi e quattro vele, raffiguranti Scene della vita degli apostoli Pietro e Paolo e, al centro, la Gloria di San Paolo.

Ai lati del portale d'accesso, a ridosso della controfacciata, si trovano a sinistra un confessionale ligneo intagliato del XX secolo e, a destra, una preziosa acquasantiera; quest'ultima venne donata nel 1877 dalla Guardia nobile a papa Pio XI ed è costituita da un basamento in marmo nero di Aquitania sul quale poggiano due putti in bronzo che reggono una vasca in marmo rosso antico di Turchia.

Ai quattro angoli delle pareti della navata trovano luogo quattro coppie di angeli dadofori, in stucco, realizzati tra il 1580 e il 1581 da Prospero Antichi. Le pareti sono decorate con affreschi; mentre in controfacciata si trova un trompe-l'œil raffigurante una finta architettura, opera di Annibale Angelini, le due pareti laterali presentano ciascuna tre affreschi intervallati da lesene corinzie scanalate: gli affreschi della parete di destra sono incentrati sulla figura dell'apostolo Pietro e raffigurano al centro la Crocifissione di san Pietro di Michelangelo (1546-1550), verso la controfacciata la Caduta di Simon Mago di Lorenzo Sabatini (1573-1576) e verso il presbiterio il Battesimo del centurione Cornelio di Federico Zuccari (1580-1585 circa); gli affreschi della parete di sinistra, invece, sono incentrati sulla figura dell'apostolo Paolo e raffigurano al centro la Conversione di Saulo di Michelangelo (1542-1545), affiancata dai due dipinti di Lorenzo Sabatini (1573-1576) Lapidazione di Santo Stefano verso la controfacciata, e Battesimo di Paolo in casa di Anania verso il presbiterio.

La scelta del soggetto per i due affreschi michelangioleschi, che sono il centro di tutta la decorazione della cappella, non è casuale: uno infatti raffigura la conversione del santo che aveva lo stesso nome di papa Paolo III; l'altro, invece, il martirio del primo pontefice. Entrambe le opere mostrano notevoli innovazioni nell'arte che saranno alla base di futuri sviluppi del manierismo: rinuncia a un'organizzazione spaziale coerente, concitazione delle figure, assenza di Dio (nel caso della Crocifissione di Pietro).

Abside

La navata termina con l'abside, a pianta rettangolare, illuminata da una lanterna a pianta circolare che si apre al centro della volta, quest'ultima caratterizzata da una ricca decorazione in stucco a lacunari; nella parete di fondo, in alto, vi è, all'interno di una cornice in stucco, una lapide marmorea quadrata che reca in lingua latina la frase di San Paolo Mihi [enim] vivere Christus est et mori locom (in italiano: Per me [infatti] il vivere è Cristo e il morire un guadagno - Lettera ai Filippesi 1,21).

A ridosso della parete fondale vi è l'altare della cappella; questo è in marmi policromi, con timpano triangolare poggiante su un elaborato cornicione sorretto due coppie di colonne corinzie lisce; al centro, si trova una pala raffigurante la Trasfigurazione di Gesù, opera di Simone Cantarini che la realizzò nel 1645, ricollocata nell'ancona nel 2009, dopo che era stata rimossa da papa Leone XII per far posto ad un'immagine della Mater Boni Consilii. Alle spalle della mensa, leggermente staccata dal dossale e ripristinata durante i restauri del 2004-2009 in luogo di quella degli anni 1970, si trova il tabernacolo di notevoli dimensioni, del XVIII secolo, sormontato da un pregevole Crocifisso di fine Settecento con croce in legno d'ebano, corpo del Cristo in avorio e decorazioni in bronzo dorato.

L'area presbiterale, ad eccezione della zona in cui si trova la mensa, non è rialzata rispetto al resto della cappella, ma è delimitata da una balaustra lignea risalente agli interventi di restauro condotti sotto il pontificato di papa Leone XIII; la pavimentazione presenta inserti marmorei policromi geometrici, con al centro lo stemma di papa Leone XIII che sostituisce quello originario di Paolo V Borghese.

Organo a canne

Nella sacrestia della cappella, alla quale si accede tramite una porta che si apre nella parete di destra della cappella, si trova l’organo a canne, costruito dalla ditta organaria Pinchi nella seconda metà del XX secolo e già in opera al tempo del restauro del 1974.

Lo strumento è collocato a ridosso della parete meridionale dell’ambiente e la sua mostra, ceciliana, è costituita da canne di Principale disposte ad ala fuori cassa, quest’ultima limitata al basamento. La consolle, indipendente, dispone di due tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note, con i registri, le unioni e gli accoppiamenti azionati da placchette a bilico poste sopra il secondo manuale. L’organo è a trasmissione elettropneumatica e consta di 13 registri.

Di seguito, la disposizione fonica:

Prima tastiera - Grand'Organo

Principale 8'
Flauto 8'
Bordone 8'
Flauto 4'
Ottava 4'
Ripieno 3 file 2'
Unda maris 8'

Seconda tastiera - Espressivo

Bordone 8'
Salicionale 8'
Flauto 4'
Flauto XII 2.2/3'
Voce celeste 8'
Tremolo
Pedale
Bordone 16'

i cavalieri dell'apocalisse finanziaria


I quattro cavalieri bancari (Bank of America, JP Morgan Chase, Citigroup e Wells Fargo) possiedono i quattro cavalieri del petrolio (Exxon Mobil, Royal Dutch/Shell, BP Amoco e Chevron Texaco), in tandem con Deutsche Bank, BNP, Barclays e altri vecchi colossi monetari europei. Ma il loro monopolio sull’economia globale non si ferma sull’orlo del pozzo petrolifero. Secondo i 10mila documenti societari depositati alla SEC, i quattro cavalieri bancari sono tra i primi dieci titolari di azioni di praticamente ogni società di Fortune 500. [1] 

Così sono gli azionisti delle banche centrali? Questa informazione va analizzata molto più da vicino. Le mie domande sulle agenzie di regolamentazione bancaria, in materia di partecipazione azionaria delle prime 25 aziende bancarie degli Stati Uniti furono poste con il Freedom of Information Act, prima di essere negate per motivi di “sicurezza nazionale”. Questo è piuttosto ironico, dal momento che molti azionisti bancari risiedono in Europa. Un archivio importante sulla ricchezza dell’oligarchia globale che possiede queste holding bancarie è l’US Trust Corporation, fondata nel 1853 e ora di proprietà di Bank of America. 

L’ultimo US Corporate Trust Director e Trustee Onorario fu Walter Rothschild. Altri direttori furono Daniel Davison di JP Morgan Chase, Richard Tucker di Exxon Mobil, Daniel Roberts di Citigroup e Marshall Schwartz di Morgan Stanley. [2]


J. W. McCallister, un insider dell’industria del petrolio con legami con la Casa dei Saud, ha scritto su ‘The Grim Reaper‘, che ha acquisito un’informazione dai banchieri sauditi secondo cui l’80% della proprietà della New York Federal Reserve Bank, di gran lunga il più potente ramo della Fed, è di sole otto famiglie, quattro delle quali risiedono negli Stati Uniti: Goldman Sachs, Rockefeller, Lehman e Kuhn Loeb di New York, i Rothschild di Parigi e Londra, la Warburg di Amburgo, i Lazards di Parigi e la Israel Moses Seifs di Roma. Thomas D. Schauf della CPA avvalora le affermazioni di McCallister, aggiungendo che dieci banche controllano tutti i dodici rami della Federal Reserve Bank. Nomina N. M. Rothschild di Londra, Banca Rothschild di Berlino, Banca Warburg di Amburgo, BancaWarburg di Amsterdam, Lehman Brothers di New York, Lazard Brothers di Parigi, Kuhn Loeb Bank di New York,Israel Moses Seif Bank dell’Italia, Goldman Sachs di New York e JP Morgan Chase Bank di New York. Schauf elenca William Rockefeller, Paul Warburg, Jacob Schiff e James Stillman quali individui che possiedono grandi quantità di azioni della FED. [3] 

Gli Schiff sono addetti alla Kuhn Loeb. Gli Stillman addetti alla Citigroup, essendosi sposati con il clan Rockefeller alla fine del secolo. Eustace Mullins arrivò alle stesse conclusioni nel suo libro I segreti della Federal Reserve, in cui mostra i grafici che collegano la Fed e le banche associate alle famiglie dei Rothschild, Warburg, Rockfeller e altre. [4] 

Il controllo che queste famiglie di banchieri esercitano sull’economia globale non può essere sottovalutato, ed è volutamente abbastanza avvolto nel segreto. Il loro ramo aziendale è rapido nel screditare qualsiasi informazione che smascheri questo cartello di banche centrali private come “teoria della cospirazione”. Eppure, i fatti restano.



La Casa dei Morgan

La Federal Reserve Bank è nata nel 1913, lo stesso anno negli USA il rampollo bancario J. Pierpont Morgan morì e la Rockefeller Foundation fu costituita. La Casa dei Morgan presiede la finanza statunitense da un angolo tra Wall Street e Broadway, in qualità di quasi-banca centrale degli USA fin dal 1838, quando George Peabody la fondò a Londra. Peabody era un socio in affari dei Rothschild. Nel 1952 il ricercatore sulla Fed Eustace Mullins avanzò l’ipotesi che i Morgan non fossero altro che agenti dei Rothschild. Mullins scrisse che i Rothschild: “…preferivano operare in modo anonimo negli Stati Uniti dietro la facciata di JP Morgan & Company“. [5] 

L’autore Gabriel Kolko ha dichiarato, “le attività di Morgan nel 1895-1896 nella vendita di obbligazioni d’oro degli Stati Uniti in Europa, si basarono sull’alleanza con la Casa dei Rothschild“. [6] 

La piovra finanziaria dei Morgan avvolse rapidamente nei suoi tentacoli tutto il mondo. Morgan Grenfell operò a Londra. Morgan et C.ie governò Parigi. I Lambert, cugini dei Rothschild, istituirono la Drexel & Company di Philadelphia. La Casa dei Morgan supportò Astor, Dupont, Guggenheim, Vanderbilt e Rockefeller. Finanziò il lancio di AT&T, General Motors, General Electric e DuPont. Come i Rothschild di Londra e delle banche Barings, Morgan entrò a far parte della struttura di potere di molti Paesi.
Nel 1890 la Casa dei Morgan prestava alla banca centrale dell’Egitto, finanziava le ferrovie russe, manteneva le obbligazioni brasiliane dei governi provinciali e finanziava i progetti dei lavori pubblici argentini. La recessione del 1893 rafforzò ancor più Morgan. Quell’anno Morgan salvò il governo degli Stati Uniti dal panico bancario, formando un sindacato per sostenere le riserve statali, con un prestito di 62 milioni dollari in oro dei Rothschild. [7] 


Morgan era la forza trainante dell’espansione verso occidente degli Stati Uniti, del finanziamento e del controllo dei buoni delle ferrovie meridionali, attraverso patti di sindacato. Nel 1879 la Central Railroad di New York di Cornelius Vanderbilt, finanziata dai Morgan, adottò tariffe di spedizione preferenziali per supportare il monopolio della Standard Oil di John D. Rockefeller, cementando il rapporto Rockefeller/Morgan. La Casa dei Morgan finì sotto il controllo delle famiglie Rothschild e Rockefeller. Un titolo del New York Herald diceva, “Il Re della ferrovia forma un gigantesco trust“. J. Pierpont Morgan una volta dichiarò: “La concorrenza è un peccato“, ma poi opinò allegramente, “Pensa che tutti i concorrenti del traffico ferroviario ad ovest di St. Louis sono sotto il controllo di una trentina di uomini“. [8] 

Morgan ed Edward Harriman, banchiere della Kuhn Loeb, avevano il monopolio delle ferrovie, mentre le dinastie bancarie Lehman, Goldman Sachs e Lazard si unirono ai Rockefeller nel controllo della base industriale degli Stati Uniti. [9] 


Nel 1903 un trust bancario fu istituito dalle otto famiglie. Benjamin Strong del trust bancario fu il primo governatore della New York Federal Reserve Bank. Nel 1913, la creazione della Fed fuse il potere delle otto famiglie con il potere militare e diplomatico del governo degli Stati Uniti. Se i loro prestiti esteri non venivano ripagati, gli oligarchi potevano ora inviare i marines degli Stati Uniti a raccogliere i debiti. Morgan, Chase e Citibank formarono un sindacato del prestito internazionale. La Casa dei Morgan era accondiscendente con i Windsor e i Savoia. Kuhn Loeb, Warburg, Lehman, Lazard, Israel Moses Seifs e Goldman Sachs hanno avuto stretti legami con i reali europei. Nel 1895 Morgan controllava il flusso di oro degli Stati Uniti. La prima ondata di fusioni statunitensi avvenne alla sua infanzia e fu promossa dai banchieri. Nel 1897 vi furono sessantanove fusioni industriali. Nel 1899 milleduecento. Nel 1904 John Moody, fondatore del Moody Investor Services, disse che era impossibile parlare degli interessi di Rockefeller e Morgan in modo distinto. [10]


La sfiducia pubblica sulle fusioni si diffuse. Molti li considerarono dei traditori che lavoravano per i soldi della vecchia Europa. La Standard Oil di Rockefeller, l’US Steel di Andrew Carnegie e le ferrovie di Edward Harriman furono tutti finanziati dal banchiere Jacob Schiff di Kuhn Loeb, che lavorava a stretto contatto con i Rothschild europei. Diversi stati occidentali vietarono i banchieri. Il predicatore populista William Jennings Bryan fu tre volte il candidato democratico alla presidenza dal 1896 al 1908. Il tema centrale della sua campagna anti-imperialista era che gli USA stavano cadendo nella trappola della “servitù finanziaria a capitalista inglese“. William Howard Taft sconfisse Bryan nel 1908, ma da quel momento il predecessore e mentore di Taft, Teddy Roosevelt, fu costretto da questo populismo diffuso a promulgare lo Sherman Anti-Trust Act. Che poi continuò con la Standard Oil Trust. Nel 1912, si tennero le udienze Pujo, rivolte sulla concentrazione di potere a Wall Street. Nello stesso anno la moglie di Edward Harriman vendette le sue quote della Guaranty Trust Bank di New York a JP Morgan, creando il Morgan Guaranty Trust. Il giudice Louis Brandeis convinse il presidente Woodrow Wilson a chiedere la fine delle intersezioni dei consigli amministrativi. 

Nel 1914 il Clayton Antitrust Act fu approvato. Jack Morgan, figlio e successore di J. Pierpont, rispose invitando i clienti della Morgan Remington e Winchester ad aumentare la produzione di armi. Sostenne che gli Stati Uniti dovevano entrare nella Prima guerra mondiale. Pungolato dalla Fondazione Carnegie e da altri oligarchi, Wilson li appoggiò. Come scrisse Charles Tansill in L’America va in guerra: “Anche prima del fragore delle armi, la ditta francese dei Rothschild Freres informò la Morgan & Company di New York, suggerendo la flottazione di un prestito di 100 milioni di dollari, una parte consistente del quale doveva essere lasciato negli Stati Uniti per pagare gli acquisti francesi di beni statunitensi“. La Casa dei Morgan finanziò la metà dello sforzo bellico degli Stati Uniti, durante la ricezione delle commissioni che allinearono aziende come GE, Du Pont, US Steel, Kennecott e ASARCO. Tutti erano clienti della Morgan che anche finanziò la guerra anglo-boera in Sud Africa e la guerra franco-prussiana. La Conferenza di Pace di Parigi del 1919 fu presieduta da Morgan, che sostenne gli sforzi della ricostruzione sia tedeschi che alleati. [11]


Negli anni ’30 il populismo ritornò negli USA dopo che Goldman Sachs, Lehman Bank e altri approfittarono del crollo del 1929. [12] 

Il presidente della commissione bancaria del Congresso, Louis McFadden (D-NY), disse della Grande Depressione, “Non fu un incidente, ma un avvenimento attentamente artificioso… I banchieri internazionali cercarono di suscitare una situazione disperata qui, in modo che potessero imporsi come governanti di tutti noi“. Il senatore Gerald Nye (D-ND) presiedette un’indagine sulle munizioni nel 1936. Nye concluse che la Casa dei Morgan aveva gettato gli Stati Uniti nella prima guerra mondiale per proteggere i prestiti e creare una industria bellica in piena espansione. Nye poi produsse un documento dal titolo ‘La prossima guerra‘, che cinicamente parlava “del vecchio trucco della dea democrazia“, attraverso cui il Giappone poteva essere usato per trascinare gli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale. Nel 1937 Ii segretario degli Interni Harold Ickes avvertì sull’influenza delle “60 famiglie d’America”. 

Lo storico Ferdinand Lundberg scrisse un libro dallo stesso titolo. Il giudice della Corte Suprema William O. Douglas denigrò “l’influenza dei Morgan… la più perniciosa nell’industria e nella finanza di oggi.” Jack Morgan rispose spingendo gli Stati Uniti verso la seconda guerra mondiale. Morgan aveva stretti rapporti con le famiglie Iwasaki e Dan, i due clan più ricchi del Giappone, che possedevano Mitsubishi e Mitsui rispettivamente da quando le imprese apparvero nello shogunato del 17° secolo. Quando il Giappone invase la Manciuria, massacrando contadini cinesi a Nanchino, Morgan minimizzò l’incidente. Morgan ebbe anche stretti rapporti con il fascista italiano Benito Mussolini, mentre il nazista tedesco dr. Hjalmar Schacht fu un agente di collegamento della Morgan Bank durante la seconda guerra mondiale. Dopo la guerra i rappresentanti della Morgan incontrarono Schacht presso la Banca dei regolamenti internazionali (BRI) a Basilea, in Svizzera. [13]



La Casa dei Rockefeller

La BIS è la banca più potente del mondo, la banca centrale globale delle otto famiglie che controllano le banche centrali private di quasi tutte le nazioni occidentali e in via di sviluppo. Il primo presidente della BIS fu il banchiere dei Rockefeller Gates McGarrah, funzionario presso la Chase Manhattan e la Federal Reserve. McGarrah è il nonno dell’ex direttore della CIA Richard Helms. I Rockefeller, come i Morgan, avevano stretti legami con Londra. David Icke scrive ne ‘I figli di Matrix‘, che Rockefeller e Morgan erano solo “controfigure” dei Rothschild europei. [14] 

BIS è di proprietà di Federal Reserve, Banca d’Inghilterra, Banca d’Italia, Banca del Canada, Banca nazionale svizzera,Nederlandsche Bank, Bundesbank e Banca di Francia. Lo storico Carroll Quigley ha scritto, nel suo epico libro ‘Tragedy and Hope’, che la BIS era parte di un piano “per creare un sistema mondiale di controllo finanziario privato capace di dominare il sistema politico di ogni Paese e l’economia mondiale nel suo complesso… essere controllati in modo feudale dalle banche centrali del mondo che agiscono di concerto con accordi segreti.” Il governo degli Stati Uniti ebbe diffidenza storica verso la BIS, facendo lobbying, senza successo, per la sua scomparsa alla Conferenza di Bretton Woods del 1944. Invece il potere delle otto famiglie fu ingrandito con la creazione a Bretton Woods del FMI e della Banca Mondiale. La Federal Reserve si riprese le azioni della BIS solo nel settembre 1994. [15] 

La BIS detiene almeno il 10% delle riserve monetarie di almeno 80 banche centrali del mondo, del FMI e di altre istituzioni multilaterali. Opera da agente finanziario negli accordi internazionali, raccoglie informazioni sull’economia globale ed è prestatore di ultima istanza per evitare il collasso finanziario globale. La BIS promuove l’agenda del fascismo del monopolio capitalista. Diede un prestito ponte all’Ungheria negli anni ’90 per garantire la privatizzazione dell’economia di quel Paese. Servì ad incanalare il finanziamento delle otto famiglie di Adolf Hitler, guidate dalla J. Henry Schroeder e Mendelsohn Bank dei Warburg di Amsterdam. Molti ricercatori sostengono che la BIS è al nadir del riciclaggio globale dei narcodollari. [16] 

Non è un caso che la BIS abbia sede in Svizzera, luogo preferito per nascondere la ricchezza dell’aristocrazia mondiale e sede della P2 italiana, dei massoni della Loggia Alpina e del nazismo internazionale. Altre istituzioni controllate dalle otto famiglie sono il World Economic Forum, la Conferenza monetaria internazionale e l’Organizzazione mondiale del commercio.


Bretton Woods fu una manna per le otto famiglie. Il FMI e la Banca Mondiale sono stati al centro di questo “nuovo ordine mondiale”. Nel 1944 le prime obbligazioni della Banca Mondiale furono emesse da Morgan Stanley e First Boston. La famiglia francese Lazard fu sempre più coinvolta negli interessi della Casa dei Morgan. La più grande banca d’investimento della Francia, la Lazard Freres di proprietà delle famiglie Lazard e David-Weill, vecchi rampolli bancari genovesi rappresentati da Michelle Davive. Un recente presidente e CEO di Citigroup fu Sanford Weill. Nel 1968 Morgan Guaranty lanciò Euro-Clear, sistema di compensazione bancario con sede a Bruxelles sui titoli in eurodollari. Fu il primo tentativo del genere automatizzato. Alcuni presero a chiamarlo Euro-Clear “The Beast”. Bruxelles funge da quartier generale della nuova Banca centrale europea e della NATO. Nel 1973 i funzionari di Morgan s’incontrarono segretamente alle Bermuda per resuscitare illegalmente la vecchia casa dei Morgan, 20 anni prima che la legge Glass-Steagal venisse abrogata. Morgan e Rockefeller fornirono sostegno finanziario alla Merrill Lynch, sostenendo i Big 5 dell’investimento bancario statunitense. Merrill è ora parte di Bank of America.


John D. Rockefeller usò le sue ricchezze petrolifere per acquisire Equitable Trust, che aveva inghiottito alcune grandi banche e società dal 1920. La Grande Depressione contribuì a consolidare il potere dei Rockefeller. La loro banca Chase si fuse con la Kuhn Loeb Manhattan Bank, formando Chase Manhattan, cementando un rapporto familiare di lunga data. La Kuhn-Loeb aveva finanziato, insieme a Rothschild, il tentativo dei Rockefeller di diventare i monarchi del petrolio. La National City Bank di Cleveland rese disponibili a John D. il denaro necessario per intraprendere la monopolizzazione dell’industria petrolifera statunitense. La banca fu identificata nelle audizioni del Congresso come una delle tre banche di proprietà Rothschild negli Stati Uniti, negli anni 1870, quando i Rockefeller crearono la Standard Oil of Ohio. [17] 

Un socio dei Rockefeller alla Standard Oil fu Edward Harkness, la cui famiglia controllava la Chemical Bank. Un altro era James Stillman, la cui famiglia controllava la Manufacturers Hanover Trust. Entrambe le banche si fusero sotto l’ombrello della JP Morgan Chase. Due figlie di James Stillman sposarono due figli di William Rockefeller. Le due famiglie controllano anche una grossa fetta di Citigroup. [18]
Nel settore assicurativo, i Rockefeller controllano Metropolitan Life, Equitable Life, Prudential and New York Life. Le banche dei Rockefeller controllano il 25% di tutte le attività delle 50 maggiori banche commerciali degli Stati Uniti e il 30% di tutte le attività delle 50 più grandi compagnie di assicurazione. [19] 


Le imprese di assicurazione, la prima negli Stati Uniti fu lanciata dai massoni attraverso la loro Woodman of America, svolgono un ruolo chiave nel traffico in narcodollari alle Bermuda. La società controllate da Rockefeller comprendono Exxon Mobil, Chevron Texaco, BP Amoco, Marathon Oil, Freeport McMoran, Quaker Oats, ASARCO, United, Delta, Northwest, ITT, International Harvester, Xerox, Boeing, Westinghouse, Hewlett-Packard, Honeywell, International Paper, Pfizer, Motorola, Monsanto, Union Carbide e General Foods. La Fondazione Rockefeller ha stretti legami finanziari con le fondazioniFord e Carnegie. Altri sforzi filantropici della famiglia: Rockefeller Brothers Fund, Rockefeller Institute for Medical Research, General Education Board, Rockefeller University e Università di Chicago, che sforna un flusso costante di economisti di estrema destra apologeti del capitalismo internazionale, tra cui Milton Friedman. 

La famiglia possiede 30 Rockefeller Plaza, dove l’albero di Natale nazionale viene illuminato ogni anno, e il Rockefeller Center. David Rockefeller fu determinante nella costruzione delle torri del World Trade Center. La principale sede della famiglia Rockefeller è un massiccio complesso nello Stato di New York, conosciuto come Pocantico Hills. Possiede anche un appartamento di 32 camere sulla 5th Avenue a Manhattan, una villa a Washington DC, Monte Sacro Ranch in Venezuela, piantagioni di caffè in Ecuador, diverse aziende in Brasile, una tenuta a Seal Harbor, nel Maine e resort nei Caraibi, Hawaii e Puerto Rico. [20]
Le famiglie Dulles e Rockefeller sono cugine. Allen Dulles ha creato la CIA, assistito i nazisti, coperto l’assassinio di Kennedy con la sua fasulla Commissione Warren e raggiunto un accordo con i Fratelli musulmani per creare assassini mentalmente controllati. [21] 

Il fratello John Foster Dulles presiedette il falso trust della Goldman Sachsprima del crollo del mercato azionario nel 1929 e aiutò il fratello a rovesciare i governi di Iran e Guatemala. Entrambi erano Skull & Bones, attivi nel Council on Foreign Relations (CFR) e massoni di 33° grado. [22] 


I Rockefeller contribuirono a formare il Club di Roma orientato verso lo spopolamento, presso la tenuta di famiglia di Bellagio, in Italia. Nel loro immobile di Pocantico Hills crearono la Commissione Trilaterale. La famiglia è uno dei principali finanziatori del movimento eugenetico che produsse Hitler, la clonazione umana e l’attuale ossessione sul DNA negli ambienti scientifici statunitense. John Rockefeller Jr. fu a capo del Consiglio sulla popolazione fino alla morte. [23] 

Il figlio, omonimo, è senatore del West Virginia. Il fratello Winthrop Rockefeller era vice-governatore dell’Arkansas e l’uomo più potente di quello Stato fino al suo decesso nel 2006. Nell’intervista dell’ottobre 1975 aPlayboy Magazine, il vicepresidente Nelson Rockefeller, che era anche governatore di New York, articolò la paternalistica visione del mondo della sua famiglia: “Sono un grande sostenitore della pianificazione totale mondiale, della pianificazione economica, sociale, politica, militare.” Ma di tutti i fratelli Rockefeller, è David, fondatore della Commissione Trilaterale (TC) ed ex presidente della Chase Manhattan, che ha guidato l’agenda globale fascista di famiglia. Ha difeso lo Scià di Persia, il regime sudafricano dell’apartheid e la giunta cilena di Pinochet. Fu il più grande finanziatore del CFR, della TC e (durante la guerra del Vietnam), del Comitato per una pace effettiva e duratura in Asia, una miniera d’oro contrattuale per coloro che hanno passato la loro vita fuori dai conflitti.

Nixon gli chiese di essere il segretario del Tesoro, ma Rockefeller rifiutò, sapendo che il suo potere era molto più saldo al timone della Chase. L’autore Gary Allen scrive su ‘Dossier Rockefeller’ che nel 1973 “David Rockefeller incontrò ventisette capi di Stato, tra cui i governanti della Russia e della Cina Rossa.” Dopo il golpe della Banca Nugan Hand/CIA del 1975 contro il Primo ministro australiano Gough Whitlam, la Corona inglese nominò suo successore Malcolm Fraser, che si precipitò negli Stati Uniti incontrando il presidente Gerald Ford dopo aver conferito con David Rockefeller. [24]






Note:

[1] 10K Filings of Fortune 500 Corporations to SEC. 3-91
[2] 10K Filing of US Trust Corporation to SEC. 6-28-95
[3] “The Federal Reserve ‘Fed Up’. Thomas Schauf. 1-02
[4] The Secrets of the Federal Reserve. Eustace Mullins. Bankers Research Institute. Staunton, VA. 1983. p.179
[5] Ibid. p.53
[6] The Triumph of Conservatism. Gabriel Kolko. MacMillan and Company New York. 1963. p.142
[7] Rule by Secrecy: The Hidden History that Connects the Trilateral Commission, the Freemasons and the Great Pyramids. Jim Marrs. HarperCollins Publishers. New York. 2000. p.57
[8] The House of Morgan. Ron Chernow. Atlantic Monthly Press NewYork 1990
[9] Marrs. p.57
[10] Democracy for the Few. Michael Parenti. St. Martin’s Press. New York. 1977. p.178
[11] Chernow
[12] The Great Crash of 1929. John Kenneth Galbraith. Houghton, Mifflin Company. Boston. 1979. p.148
[13] Chernow
[14] Children of the Matrix. David Icke. Bridge of Love. Scottsdale, AZ. 2000
[15] The Confidence Game: How Un-Elected Central Bankers are Governing the Changed World Economy. Steven Solomon. Simon & Schuster. New York. 1995. p.112
[16] Marrs. p.180
[17] Ibid. p.45
[18] The Money Lenders: The People and Politics of the World Banking Crisis. Anthony Sampson. Penguin Books. New York. 1981
[19] The Rockefeller File. Gary Allen. ’76 Press. Seal Beach, CA. 1977
[20] Ibid
[21] Dope Inc.: The Book That Drove Kissinger Crazy. Editors of Executive Intelligence Review. Washington, DC. 1992
[22] Marrs.
[23] The Rockefeller Syndrome. Ferdinand Lundberg. Lyle Stuart Inc. Secaucus, NJ. 1975. p.296
[24] Marrs. p.53

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fonte: freeondarevolution.blogspot.it

sabato 27 dicembre 2014

Mosè di Michelangelo



da Wikipedia:

Il Mosè è una scultura marmorea (altezza 235 cm) di Michelangelo, databile al 1513-1515 circa, ritoccata nel 1542, e conservata nella basilica di San Pietro in Vincoli a Roma, nel complesso statuario concepito quale Tomba di Giulio II (in effetti il papa è sepolto in San Pietro insieme allo zio Sisto IV). Tra le prime scolpite per il progetto del mausoleo del papa, fu anche l'unica tra quelle pensate fin dall'inizio ad essere usata nel ridimensionato risultato finale, che vide la luce solo dopo quarant'anni di tormentate vicende.

Il Mosè, grazie al suo vigore, al virtuosismo anatomico e alla sua imponenza (proporzionato al doppio del naturale) è una delle opere scultoree più famose di Michelangelo e della scultura occidentale in generale, esempio paradigmatico di quella "terribilità" che si riscontra nelle sue opere migliori.

Storia

Si immagina che già dal primo progetto della tomba di Giulio II, del 1505, il registro superiore dovesse essere decorato da quattro figure sedute a tutto tondo, di grandezza superiore al naturale per la collocazione rialzata, raffiguranti Mosè, appunto, San Paolo (entrambi avevano ricevuto la rivelazione divina), e le personificazioni della Vita attiva e della Vita contemplativa.

Nel progetto del 1513, ripreso dopo la morte del papa e ridimensionato nel 1516, le statue occupavano ancora il registro superiore, ma invece di affacciarsi sulle due facce del monumento isolato, si trovavano affiancate agli angoli di un monumento addossato a una parete. Fu probabilmente in questo periodo che la statua del Mosè venne realizzata, quando l'artista scolpì anche i due Prigioni del Louvre (Schiavo morente e Schiavo ribelle), prima dell'avvio dei lavori in San Lorenzo per Leone X e Clemente VII.

Citata indirettamente in una lettera di Michelangelo del 1515, pare che la statua a quel tempo fosse avviata ma dovesse ancora essere completata. Restata a lungo nella bottega romana dell'artista, venne infine messa in opera solo nel 1542-1545. In quell'occasione Michelangelo operò varie modifiche, tra cui quella più vistosa di riscolpire la testa girandola verso destra, un vero saggio di virtuosismo documentato da una lettera recentemente riscoperta da Antonio Forcellino.

Descrizione e stile

La statua del Mosè occupa nel monumento a Giulio II la posizione al centro nel registro inferiore. Se nel progetto iniziale era solo una delle circa quaranta statue a tutto tondo previste, in quello finale ne divenne l'elemento primario poiché, come l'artista fece scrivere al suo biografo Ascanio Condivi, «questa sola statua è bastante a far onore alla sepoltura di papa Giulio».

Il profeta viene rappresentato in posizione seduta, con la testa barbuta rivolta a sinistra, il piede destro posato per terra e la gamba sinistra sollevata con la sola punta del piede posata sulla base. La posizione delle gambe ricorda quella del Profeta Isaia di Raffaello (1511-1512), che le fonti ricordano come elogiato dal Buonarroti. Il braccio sinistro è abbandonato sul grembo, mentre quello destro regge le tavole della Legge, mentre la mano arriccia la lunga barba. Curiosamente le tavole della legge risultano rovesciate, come se fossero scivolate dalle braccia del Mosè. La statua, nella sua composizione, esprime la solennità e la maestosità del personaggio biblico. Celebre lo sguardo del Mosè definito come “terribile”: esso è stato interpretato come espressione del carattere di Michelangelo, irascibile, orgoglioso e severo, per il quale è stato appositamente coniato il termine "terribilità".

Per quest'opera, Michelangelo si rifece a esempi quattrocenteschi, come il San Giovanni Evangelista di Donatello, e antichi come il Torso Belvedere e le antiche divinità fluviali. Da Donatello in particolare riprese la carica di energia trattenuta, soprattutto nel volto contratto e concentrato, ma amplificata da una maggiore carica dinamica, grazie allo scatto contrario della testa rispetto al corpo.

Le corna sul capo del Mosè, tipiche della sua iconografia, sono probabilmente dovute ad un errore di traduzione dell'Libro dell'Esodo (34-29), nel quale si narra che Mosè, scendendo dal monte Sinai, avesse due raggi sulla fronte. L'ebraico "karan" o "karnaim" - "raggi" - potrebbe essere stato confuso con "keren" - "corna". All'errore può aver contribuito anche il fatto che nel Medioevo si riteneva che solo Gesù potesse avere il volto pieno di luce.

Leggende

È legato a questa scultura l'aneddoto secondo il quale Michelangelo, contemplandola al termine delle ultime rifiniture e stupito egli stesso dal realismo delle sue forme, abbia esclamato «Perché non parli!?» percuotendone il ginocchio con il martello che impugnava.

A proposito della maestosa barba del Mosè, il Vasari disse che è scolpita con una perfezione tale da sembrare più «opera di pennello che di scalpello».

Secondo la fantasia popolare, nella barba del Mosè, sotto il labbro inferiore, leggermente a destra, Michelangelo avrebbe scolpito il profilo di papa Giulio II e una testa di donna.

venerdì 26 dicembre 2014

Madonna Esterhazy

Raffaello Madonna col Bambino e San Giovannino, Madonna Esterhazy.

è piccola.
un piccolo quadro incompiuto, i volti mai portati a termine.

forse, siccome è piccola, hanno pensato di accostarle altri due quadri:
la Vergine del Borghetto, attribuita a Francesco Melzi, copia antica della Vergine delle rocce di Leonardo concessa dall’istituto delle Suore Orsoline, e la Madonna della rosa di Giovanni Antonio Boltraffio, prestito del Museo Poldi Pezzoli. 

 Attribuito a Francesco Melzi Madonna col Bambino, San Giovannino e un angelo (la Vergine delle Rocce del Borghetto) 1510 - 1520 Tempera e olio su tela, 198 x 122 cm Milano, Congregazione Orsoline di San Carlo
 Giovanni Antonio Boltraffio Madonna con il Bambino 1495 ca. Tempera su tavola, 45 x 36 cm Milano, Museo Poldi Pezzoli

hanno temuto che non fosse sufficiente? dicono che li hanno accostasti al quadro di Raffaello per affinità di pose e personaggi. deve essere così.

a me Raffaello basta, e avanza. e viene dall'Ungheria, dal Museo delle Belle Arti di Budapest, un bel viaggio per farci contenti.

la signorina che ci accompagna (la visita a Palazzo Marino del quadro di Natale scelto ogni anno per la città è sempre rigorosamente accompagnata)  parla come un robot, indicazioni storiche ma poco pittoriche. Raffaello e i rapporti con il papato di Giulio II, Raffaello rispetto a Michelangelo e Leonardo, Raffaello  e la vita a Urbino e Firenze e poi a Roma, cambiamento epocale per l'artista e per la storia dell'arte, Raffaello e la sua Madonna trasportata e completata a Roma e mai finita, la Madonna scomparsa per due secoli poi donata da Papa Clemente XI a Cristina di Brunswick all'inizio del '700, Raffaello e la sua Madonna alla fine di proprietà della Collezione privata Esterhazy.

si va bene, ho capito, ma a me interessa il quadro e il suo movimento.
Raffaello, Madonna col Bambino e San GiovanninoFrancesco Melzi, Madonna col Bambino, San Giovannino e un angeloG. A. Boltraffio, Madonna con il BambinoRaffaello Madonna col Bambino e San Giovannino (Madonna Esterházy) circa 1508 tempera e olio su tavola, 28,5 x 21,5 cm Budapest, Museo di Belle Arti (Szépművészeti Múzeum)
quella Madonna è una madre. più una madre che una Madonna. si torce un po', deve fare uno sforzo trattenere il suo bambino, vivace e irrequieto, che vuole il gioco di San Giovannino che se la gode tranquillo nel suo angolo. sembra fermo, il quadro, le figure in un triangolo, ma si muove. tutto qui, a me sembra abbastanza per dire che è un bel vedere perché la madre è bellissima e tenera e i suoi piccoli protetti sono vivi, oltre la tela. dietro c'è Roma, con i Fori Imperiali, e la morbidezza delle forme della Madonna e dei suoi piccoli si protrae oltre i corpi, nel paesaggio. i personaggi sono tutti in relazione tra loro e ognuno per sé, si parlano e vivono di vita propria, in un'armonia complessa ma espressione di cose semplici.
è la stessa impressione che ho avuto l'anno scorso, sempre nella Sala Alessi di Palazzo Marino, guardando, sempre di Raffaello, la Madonna di Foligno (http://nuovateoria.blogspot.it/2014/01/adesso-potrei-anche-farla-lunga-e.html ). c'erano angeli come nuvole, c'era una madre con un bambino così mosso, così vivace, così familiare a tutte noi, senza fierezza, senza enfasi. 
in un commento del Corriere della Sera di Carlo Bertelli leggo: Non si trattava di semplici scene di vita quotidiana, bensì di cogliere un momento presago nella vita della Madre e del Figlio. Un gesto, un velo di malinconia dovevano avvertire della consapevolezza di entrambi. L'elaborazione della Madonna Esterházy era stata complessa. Un disegno conservato agli Uffizi dimostra che Raffaello aveva già perfezionato la composizione, tranne il paesaggio, che nella tavola evoca monumenti medievali e rovine di Roma, tanto che alcuni pensano che il giovane maestro avesse portato la tavola con sé per finirla. Nel disegno, il piccolo san Giovannino sembra quasi ritroso di fronte alla vivacità di Gesù, ma nel dipinto, tutto si chiarisce. Gesù indica il cartiglio che attrae l?attenzione di san Giovannino. Sappiamo che cosa vi è scritto: «Ecce Agnus Dei». Così il gioco innocente dei due bambini ci rivela la tragedia imminente. Ne è consapevole Maria, che trattiene Gesù come se questi volesse precipitarsi verso il sacrificio. 

un quadro errante, di piccole dimensioni e quindi trasportabile dallo stesso Raffaello in viaggio da Firenze a Roma, poi però me lo hanno portato qui, a casa mia.

fonte: nuovateoria.blogspot.it

Grillo esalta Mussolini e infanga Matteotti!




di Gianni Lannes


La storia contemporanea riscritta ad uso e consumo. Un caso di sgangherato revisionismo sotto dettatura ha facile presa, in un belpaese di analfabeti funzionali, e di smemorati che non sanno o non ricordano cosa è accaduto ieri sera. La farina è del ragioniere, meglio noto come evasore tombale, o di altri dall'estero? C’è di più: l’elogio pubblico del duce nonché del fascismo (alla voce apologia, ovvero reato), già manifestato in più occasioni dal Grillo sparlante e da alcune onorevolesse (Taverna e Lombardi). Ecco l’ultima stramberia revisionista del grullo telecomandato, cooptato dagli angloamericani, con cui si intrattiene in sede diplomatica, a far data dal 2008: Mussolini è estraneo al delitto Matteotti. Il 24 novembre scorso, infatti, è apparso sul blog del padrone pentastelluto il seguente titolo ad effetto:

MUSSOLINI, LO STORICO PETACCO SUL BLOG DI GRILLO: “NON FECE UCCIDERE MATTEOTTI, FU UN COMPLOTTO CONTRO BENITO”.

Il sedicente storico, al secolo il giornalista Arrigo Petacco parte in quarta e la spara davvero grossa senza uno straccio di prova: 

«Buongiorno cari amici, io sono Arrigo Petacco e sono stato invitato a parlare, per il vostro blog, di un caso molto clamoroso, anche essere un po’ vecchio: il caso Matteotti e vi dico la mia opinione».



Messora, Di Pietro, Grillo, Ricca...

E di rimando il blog, non si sa se Grillo o direttamente Casaleggio, sentenzia: «Un momento di svolta del fascismo fu il delitto Matteotti del 1924 dopo il quale fu, in modo aperto, istituita la dittatura, ma il Duce affermò di essere totalmente estraneo al delitto Matteotti.e che i mandanti del delitto andavano ricercati presso certi putridi ambienti finanziari e capitalisti, sui quali era in corso una indagine riservata; senza però fare nomi e senza precisare a quali ambienti si riferisse. Lei pensa che Mussolini sia stato veramente estraneo al delitto?».

Arrigo Petacco così pontifica: «Ne sono certissimo, quel delitto è molto strano, anche se poi ci hanno versato sopra valanghe di propaganda e di bugie, etc. È un delitto stranissimo perché io, che oltre lo storico ho fatto anche il giornalista di cronaca nera, ho seguito il fatto come è accaduto veramente, senza tutto il ciarpame che ci hanno fatto sopra».
Comunque, per chi non vuole scomodarsi a leggere gli atti della prima istruttoria giudiziaria, a cura del magistrato indipendente Mauro del Giudice (nativo di Rodi Garganico), che per primo indagò sull’omicidio Matteotti, e fu presto estromesso bonariamente dal regime, e nel 1954 diede alle stampe il volume Cronistoria del processo Matteotti, è sufficiente volgere l’attenzione alle seguenti fonti documentate: Archivio centrale dello Stato, Archivi della London School of  Economics, Archivio storico della Banca d’Italia, Archivio storico della Banca Commerciale, Archivio storico della Camera dei Deputati, Archivio storico del ministero degli Affari esteri, Archivio storico del Federal Bureau of  Investigation, Casellario politico centrale, Presidenza del consiglio dei ministri, Segreteria particolare del duce (carteggio ordinario e carteggio riservato), National Archives Records Administration di Washington.

Altrimenti, si può ripiegare sui lavori storici di De Felice e Rossini, ma soprattutto sull’imprescindibile libro di Mauro Canali, intitolato Il delitto Matteotti (Il Mulino, 1997). A tale proposito, scrive da preveggente lo stesso Canali (a pagina 10 e 14):
«Era inevitabile che il delitto Matteotti fosse strumentalizzato da facili e interessati divulgatori – per i quali ha rappresentato solo l’occasione per porre in circolazione, al riparo dell’impunità garantita da un clima culturale corrivo e complice – alcune  ipotesi tra le più eccentriche… E’ stata davvero irrilevante la presenza di capitale americano in Italia nei primi anni Venti? Quanto pesò la questione dei debiti di guerra sull’evidente sostegno che il fascismo ebbe dagli Stati Uniti?... Del resto, come spiegare altrimenti, ad esempio l’incontro tra Mussolini e l’ambasciatore americano Child, alla vigilia della marcia su Roma, del quale si conosce la sola versione, approssimativa e manierata, del diplomatico?... Settori importanti della produzione del nostro paese risultano, negli anni della crisi del regime liberale, direttamente o indirettamente controllati dal capitale americani…». Mai sentita nominare la convenzione Sinclair?
Ma che ci faceva Beppe Grillo nel 2008 ad una riunione segreta con l’ambasciatore United States of  America a Roma, come si evince da un rapporto desecretato nel 2012 dal Dipartimento di Stato? E perché il comico non ha mai detto nulla ai suoi seguaci? Che coincidenza: un anno esatto, prima della nascita del movimento 5 stelle. A questa domanda il ventriloquo ligure non ha ancora risposto dopo due anni, e non ha mai rivelato nulla ai suoi adepti e fans. Grillini, per favore, non siate grulloni ad oltranza. Svegliatevi!

riferimenti: