venerdì 25 ottobre 2013

Raffaele Pennacchio




«Domani parto per Roma, non ci sentiremo per qualche giorno». Così scriveva domenica su Facebook Raffaele Pennacchio, il medico di 55 anni malato di Sla morto a Roma dopo due giorni di presidio davanti al Ministero dell’Economia per chiedere più fondi per l’assistenza domiciliare dei malati gravissimi. Medico in pensione, sposato (anche la moglie è medico) e con due figli di 20 e 19 anni, Pennacchio aveva lavorato alla Asl di Caserta ed era specializzato in chirurgia.
I DIRITTI DEI MALATI - Viveva con la famiglia a Macerata Campania, in provincia di Caserta, e da uomo e da medico credeva fermamente nel rispetto della dignità del malato e nella possibilità di assistere i malati gravi e gravissimi nelle loro abitazioni. Per questo si era speso senza riserve e con enorme dispendio di energie per sostenere il progetto “Restare a casa” del Comitato 16 novembre Onlus. Era molto attivo sui social network. Il suo ultimo post su Twitter è del 21 ottobre, giorno della partenza per Roma: consigliava un articolo del quotidiano L’Unione Sarda che raccontava la partenza dalla Sardegna di alcuni malati tra cui Salvatore Usala, segretario generale della Onlus, anche lui malato di Sla.
IN LISTA PER STAMINA - Pennacchio aveva anche un’altra speranza: Stamina. «Aveva ottenuto a luglio l’autorizzazione dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ed era in lista agli Spedali Civili di Brescia per accedere al metodo Stamina. Forse avrebbe potuto salvarsi o comunque stare meglio - afferma Biagio Padula del Comitato 16 novembre Onlus -. Era un vero combattente, faceva battaglie come quella per l’assistenza domiciliare e per l’aumento dei sussidi quasi più per gli altri che per se stesso. Non percepiva l’assegno per la Sla dal 2010 e mercoledì ha detto al sottosegretario Fadda, tra le lacrime, che bisogna sbrigarsi, che i malati non possono più attendere».
fonte: www.corriere.it

ciao Andrea



E' morto ieri a Milano Andrea Brambilla, Zuzzurro nel duo con Gaspare. Aveva compiuto 67 anni lo scorso 21 agosto ed era ricoverato all'Istituto dei tumori di via Venezian, a Milano, dallo scorso 7 ottobre per un tumore ai polmoni. Lo conferma Nino Formicola, Gaspare nella coppia dall'ospedale dove si trova con la moglie e i figli di Brambilla.
"Ieri sera ha avuto una crisi ed oggi lo hanno sedato. Andrea è morto poco prima delle 22", dice Nino Formicola, commosso, parlando della scomparsa di Andrea Brambilla con cui formava la coppia Gaspare e Zuzzurro. "Tra qualche mese sarebbero stati 40 anni che ci conoscevamo. Gli avevano diagnosticato - spiega all'ANSA Formicola - il tumore al polmone in febbraio. Lui ha affrontato la malattia con grande piglio ed energia. Devo essere onesto, pensavo di essere preparato ma non è così". Formicola, Gaspare nella coppia, spiega: "Mi sono reso conto che per quanto uno possa essere lucido, razionale, cinico, non c'è nulla da fare". Poi, con la voce rotta dalla commozione, racconta che l'altro ieri con Andrea Brambilla stavano discutendo di lavoro. "Andrea era un combattente vero. Voleva tornare in palcoscenico a tutti i costi. Non a caso Veronesi ha scritto un articolo su di lui, proprio oggi, in cui lo citava come esempio". Formicola, che si trova all'Istituto dei tumori di Milano con la moglie e i figli di Brambilla, annuncia anche che i funerali dovrebbero essere sabato a Milano, ma, precisa, "non so ancora nulla di sicuro, ne dove saranno fatti. Probabilmente vicino a casa sua".
fonte: www.ansa.it

Napolitano e la rivolta ungherese del '56





Quando Napolitano disse: "in Ungheria l'Urss porta la pace"

Nel 1956, all'indomani dell'invasione dei carri armati sovietici a Budapest, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti comunisti di primo piano lasciarono il Partito Comunista Italiano, mentre "l'Unità" definiva «teppisti» gli operai e gli studenti insorti, Giorgio Napolitano si profondeva in elogi ai sovietici. L'Unione Sovietica, infatti, secondo lui, sparando con i carri armati sulle folle inermi e facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la «pace nel mondo»...


Giorgio Napolitano nel nov. 1956: "Come si può, ad esempio, non polemizzare aspramente col compagno Giolitti quando egli afferma che oltre che in Polonia anche in Ungheria hanno difeso il partito non quelli che hanno taciuto ma quelli che hanno criticato? E' assurdo oggi continuare a negare che all'interno del partito ungherese - in contrapposto agli errori gravi del gruppo dirigente, errori che noi abbiamo denunciato come causa prima dei drammatici avvenimenti verificatisi in quel paese - non ci si è limitati a sviluppare la critica, ma si è scatenata una lotta disgregatrice, di fazioni, giungendo a fare appello alle masse contro il partito. E' assurdo oggi continuare a negare che questa azione disgregatrice sia stata, in uno con gli errori del gruppo dirigente, la causa della tragedia ungherese.

Il compagno Giolitti ha detto di essersi convinto che il processo di distensione non è irreversibile, pur continuando a ritenere, come riteniamo tutti noi, che la distensione e la coesistenza debbano rimanere il nostro obiettivo, l'obiettivo della nostra lotta. Ma poi ci ha detto che l'intervento sovietico poteva giustificarsi solo in funzione della politica dei blocchi contrapposti, quasi lasciandoci intendere - e qui sarebbe stato meglio che, senza cadere lui nella doppiezza che ha di continuo rimproverato agli altri, si fosse più chiaramente pronunciato - che l'intervento sovietico si giustifica solo dal punto di vista delle esigenze militari e strategiche dell'Unione Sovietica; senza vedere come nel quadro della aggravata situazione internazionale, del pericolo del ritorno alla guerra fredda non solo ma dello scatenamento di una guerra calda, l'intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d'Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all'Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell'Urss ma a salvare la pace nel mondo.


«Napolitano non venga a Budapest. Con il Pci appoggiò i russi invasori», tratto da il Giornale, 26.5.2006.

Un portavoce dei superstiti: "Tardivo il su ripensamento, chi pagò con la vita non vorrebbe essere commemorato da lui".

Hanno perdonato Boris Eltsin, erede dei loro carnefici. Potrebbero, sforzandosi, mandar giù anche un boccone indigesto come Vladimir Putin «l'opportunista» ma Giorgio Napolitano no, proprio no. Il nostro presidente della Repubblica non merita sconti e in Ungheria non deve andare. Soprattutto in quei giorni, nel prossimo autunno, in cui a Budapest si ricorderanno i 50 anni dell'invasione sovietica. A lanciare il diktat è un gruppetto sparuto ma autorevole di magiari, quelli raccolti intorno a «56 Alapitvany» (Fondazione '56). Sono in diciannove, tutti accomunati dallo stesso destino: essersi ribellati agli occupanti venuti da Mosca e aver pagato per questo con duri anni di galera.

Per questo, l'altroieri, sono insorti quando hanno saputo che il presidente ungherese Laszlo Solyom aveva invitato per il prossimo autunno a Budapest anche Giorgio Napolitano. In nove hanno firmato una lettera-appello per chiedere che Napolitano non venga. O se proprio ci tiene a visitare l'Ungheria, lo faccia prima o dopo le commemorazioni. Facendo riferimento alla posizione presa dal Pci nel 1956, la lettera afferma che il documento di allora offrì sostegno internazionale ai sovietici che «repressero nel sangue il desiderio di libertà dell'Ungheria». E Laszlo Balazs Piri, tra i nove firmatari dell'appello, membro del board della Fondazione, già condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione per la sua partecipazione alla rivolta, rilancia: «Purtroppo i governi dei grandi Paesi occidentali non poterono aiutarci. L'opinione pubblica dei Paesi liberi era accanto a noi. Nello stesso tempo, però, in Paesi come Italia e Francia i Partiti comunisti erano allineati a Mosca. Furono d'accordo con questa resa dei conti sanguinosa contro la lotta di liberazione ungherese. Napolitano a quel tempo non era un bambino e aveva un'opinione».

A poco vale per i «reduci» della repressione sovietica il ripensamento del presidente italiano. Un dietrofront tardivo, sostengono. E Balasz Piri è categorico: «La comunità dei veterani del 1956 sente che quest'uomo non deve partecipare alle commemorazioni del '56 ungherese. Chissà cosa direbbero quelli che sono stati impiccati in seguito alla repressione».


Il 26 settembre 2006, a Budapest, Napolitano ha reso omaggio alle vittime della rivoluzione del 1956, soffocata nel sangue dai carri armati sovietici. In quell'occasione ha detto: "Ho reso questo omaggio sulla tomba di Imre Nagy a nome dell'Italia, di tutta l'Italia, e nel ricordo di quanti governavano l'Italia nel 1956 e assunsero una posizione risoluta, a sostegno dell'insurrezione ungherese e contro l'intervento militare sovietico". Non una dichiariazione sulle responsabilità sue e dei suoi «compagni» di partito, non una richiesta di perdono alle vittime (forse 25.000), non un'affermazione che defisse il comunismo «male assoluto».


fonte: www.storialibera.it

lunedì 21 ottobre 2013

il sessantotto

Il sessantotto

Reazionari e conservatori non perdono l'occasione di attaccare il movimento del sessantotto, la sua realtà e i risultati che ha prodotto, non solo enfatizzandone gli errori, ma attribuendo a quella fase storica ogni evento negativo che si è verificato successivamente. Quasi che il 68 sia stato una forza di potere e non, invece, un movimento di opposizione e di contestazione globale.
In parte hanno ragione, perché se il 68 non ha conquistato il potere politico ha però colonizzato gran parte delle coscienze nel nostro paese, portando a compimento una vera e propria rivoluzione culturale, un profondo cambiamento nel vissuto sociale. Combinandosi con diversi fattori e dando importanti contributi a tutte le battaglie civili degli anni Settanta, il 68 ha dato un contributo significativo, per esempio, nella conquista dello Statuto dei lavoratori, nella battaglia sul divorzio e sull'aborto, ha prodotto, come effetto indotto, la nuova legislazione sulla scuola e l'università.
La diffusione giovanile del movimento ha prodotto cambiamenti radicali nel costume, dalla musica al cinema all'abbigliamento, nei rapporti sociali e interpersonali, in quelli tra padri e figli. Per non parlare del linguaggio, dei diritti del bambino e del giovane. Infine la grande attenzione per gli avvenimenti internazionali, l'apertura cosmopolita, la sensazione dell'esistenza di un pianeta giovanile con interessi sovranazionali comuni, la contemporanea esplosione di rivoluzioni e rivolte in tutto il mondo, hanno creato un clima di attesa e di speranza che ha di colpo svecchiato l'intero Paese. E' stato, insomma, un cambiamento decisivo nella mentalità collettiva che ha assunto la forma e la sostanza di una vera rivoluzione culturale.
Oggi molti giovani, potenziali simpatizzanti del movimento, che potrebbero rappresentarne un momento di continuità, hanno solo una conoscenza vaga dei suoi ideali e dei suoi obiettivi. Il risultato paradossale è che mentre gli amici non riescono a valutare l'entità e la portata di quegli anni, i nemici ne testimoniano il carattere "formidabile" onorandone la memoria con una lunga serie di accuse, alcune fondate ma, in gran parte, calunniose. Qualche responsabilità nel favorire la campagna denigratoria nei confronti di quegli anni ce l'hanno, in effetti, alcuni suoi protagonisti, quelli che si sono rapidamente riciclati nei nuovi modelli di comportamento rinnegando in modo spudorato sé stessi e gli ideali giovanili in cui hanno creduto. Si tratta di un gruppo ristretto ma molto appariscente e rumoroso, perché il sistema al quale si sono venduti li mette in prima pagina, bene in vista per tentare di dimostrare la sterilità della coerenza, l'utilità del cinismo camaleontico, la sostanziale debolezza dei valori che animavano il 68.
Il motivo dell'accanimento contro un'epoca che sembra ormai definitivamente tramontata (sepolta dalla disgregazione dell'URSS, dalla strage di Piazza Tien An Men, annientata nella prospettiva di un nuovo ordine mondiale, nella crisi delle ideologie, sotto il crollo del muro di Berlino) si può riconoscere facilmente non solo nella forza e nella durata (1968-1975/76) del movimento, ma nel fatto che sono proprio quei valori a preoccupare i conservatori, quegli ideali che sono, per natura, contrapposti all'ideologia del capitale.
Il movimento del 68 aveva un carattere internazionale, internazionalista, policulturale e interclassista,possedeva una varietà di componenti che finirono per caratterizzarsi in un cocktail esplosivo e variopinto, innestandosi sul filone della protesta operaia e, quindi, sulla tradizione del socialismo e del comunismo internazionale. Ma con una fantasia e una libertà di espressione a questo sconosciuti. E non poteva essere diversamente. Furono gli anni Sessanta, infatti, a preparare il 68. Anni di profondi cambiamenti. Il più importante fu il boom economico, figlio dell'espansione edilizia e della diffusione del pagamento dilazionato - la cambiale - che consentì la vendita sterminata di merci, case, automobili e elettrodomestici. Il Pil cresce e per la prima volta nel governo entra il Partito socialista, dopo la rottura dell'alleanza con il Pci. La conseguenza di questa ventata di benessere fu la diffusione della scolarizzazione che, nel giro di quasi dieci anni, alla fine del boom, consentì il parcheggio scolastico di forza lavoro disoccupata. Le strutture della scuola pubblica ideata da Gentile e dell'università scricchiolarono sotto il peso di una traboccante umanità in cerca di istruzione e cultura, ma la risposta sono ancora autoritarismo e dogmatismo.
Una continua spinta libertaria travolse la società: dagli studi di Piaget sulla psicologia infantile si passò alle geniali denunce del prete di Barbiana, don Milani; Mary Quant inventò la minigonna, i giovani scoprirono la libertà sessuale, si fecero crescere i capelli, impazzirono per il rock, cominciarono ad amare la trasgressione. Ai Beatles venne dato l'ostracismo televisivo mentre in Italia e in tutto il mondo migliaia di giovani formarono bands e gruppi musicali, inventarono un loro linguaggio rinunciando a imitare quello degli adulti. Nella rivoluzione giovanile e studentesca confluirono in modo importante fermenti di rivolta musicale, che culminarono nel raduno di Woodstock. Un vento libertario ispirò anche il movimento dei Provos (provocatori) olandesi, che diffusero l'uso della bicicletta, rigorosamente bianca, e ideali sociali non eversivi da un punto di vista politico, ma rivoluzionari sul piano del costume. Essi proposero valori comunitari, un atteggiamento non egoistico ma solidaristico, la libertà sessuale, la libertà di scelta individuale, l'emancipazione dall'etica famigliare in favore della solidarietà di gruppo giovanile.
In Italia si diffuse l'Onda Verde, un movimento giovanil-musicale vagamente libertario, crebbe l'interesse per la situazione internazionale, mentre tutte le contraddizioni di un paese in crescita economica e sociale stavano per esplodere nel contatto con istituzioni, ideologie, mentalità rimaste, malgrado l'apparente evoluzione del dopoguerra, quelle provinciali e arretrate del periodo fascista e prefascista.
Mentre la classe operaia si apprestava a chiedere legittimamente la propria fetta del boom economico (l'autunno rosso del '69), il pianeta giovani si guardava intorno alla ricerca di miti e modelli da cui trarre ispirazione, rifiutando progressivamente l'intera visione del mondo dei padri e degli adulti in genere e innescando un conflitto generazionale liberatorio e benefico che portò una ventata di verità su rapporti e legami incrostati di ipocrisia e vuota retorica.
                     
Paternalismo e autoritarismo divennero il nemico da rigettare ma il rifiuto si trasformò presto in una feroce critica della cultura tradizionale, della cultura borghese.
I richiami a Karl Marx, per la sua capacità di evidenziare meriti e demeriti, astuzie e ipocrisie della borghesia, e a Sigmund Freud, il disvelatore dell'oscuro oggetto del desiderio, l'amore per Herbert Marcuse, costituirono i punti di riferimento del movimento del sessantotto.
La ricerca di miti funzionali alle problematiche del momento portò con sé l'interesse per le rivoluzioni, cinese e cubana in particolare, verso personaggi come Guevara e verso tutti i movimenti di liberazione dal colonialismo che in quegli anni procedevano di successo in successo.
In primis il Vietnam che dopo aver sconfitto la Francia si prendeva la libertà di buttare a mare l'esercito degli Stati Uniti, di passare di vittoria in vittoria, di creare all'interno degli States un movimento di opposizione che saldava in parte gli interessi dei giovani bianchi a quelli dei neri. Un movimento che culminò nella rivolta nei campus e nel rifiuto a partire per il fronte.
L'interesse per le rivoluzioni contemporanee si estese rapidamente alle rivoluzioni storiche, dei Soviet e francese innanzitutto, fino a comprendere la nostra rivoluzione, quella che ci ha liberato, anche se con l'aiuto degli alleati, dai tedeschi e dai fascisti.
Anche la Resistenza divenne un mito. "Il Monte Rosa è sceso a Milano" di Cino Moscatelli e "Senza tregua, la guerra dei Gap" di Giovanni Pesce furono libri che contribuirono ad alimentarlo. Si stabilì un curioso avvicinamento tra i giovani ribelli che rifiutavano la cultura dei padri e i vecchi partigiani, protagonisti ancora viventi dell'unico evento storico davvero di popolo del nostro paese. Questa complessa trama si arricchì dei motivi del movimento femminista, dalle novità introdotte nella ricerca di nuovi valori da Jack Kerouac e dalla rivoluzione dei fiori, dalla liberazione sessuale come momento rivoluzionario.
Tutto ciò accadde mentre le università e le scuole, organizzate per formare l'élite dirigente di prima della guerra, scoppiavano letteralmente di una massa umana indocile e acculturata, che aveva come prospettiva quella di un lungo parcheggio scolastico utile a indorare la pillola della disoccupazione. Il boom, infatti, si esaurì proprio mentre la classe dei lavoratori avrebbe voluto incassare qualche miglioramento delle sue condizioni di vita, dividendosi almeno una fetta dei profitti padronali degli anni del boom economico (1957-1967). Il nuovo contratto e lo Statuto dei lavoratori furono il risultato di questa dura battaglia che vide gli studenti scendere in campo a fianco del proletariato. L'esplosione del 68 ebbe questo carattere vario e composito, fatto di fantasia e ideologia, di energia giovanile e di illusioni, di impegno e di musica, di banalità e grandi temi, di verbosità e di fatti clamorosi. Fu una lunga (1968-1977) rivoluzione culturale che ha segnato nel mondo, e in particolare in Italia, una stagione di riforme istituzionali, di conquiste salariali e di qualità del lavoro, di rivalutazione di importanti componenti sociali (le donne, i bambini, i giovani, gli anziani), di profonde mutazioni nella mentalità collettiva e nei rapporti interpersonali. Si trattò di cambiamenti che hanno modificato profondamente il comune sentire e senza i quali i referendum sul divorzio e sull'aborto non sarebbero passati.
Fu, anche, una stagione di violenza. Violenza istituzionale, prima di tutto, violenza antioperaia e antisociale, come le bombe alla Banca Nazionale dell'Agricoltura di Milano, prima di una serie di numerose stragi che, a causa del coinvolgimento dei servizi segreti, sono state definite "stragi di stato". Violenza repressiva delle lotte dei lavoratori, degli studenti, delle donne, cariche spietate dei cortei, morti e feriti sotto le camionette, come capitò a Giovanni Ardizzone prima del '68. Naturalmente vi furono anche dure risposte in piazza. E violenza terroristica..
Ma con una distinzione fondamentale. Nel sessantotto il movimento ebbe molte anime, non tutte in sintonia. Una di queste, decisamente minoritaria, fu quella del terrorismo. Curcio, già nel 1968-69 progettava di rapire Aldo Moro e di organizzare le Brigate Rosse. Non ci fu una escalation dalla violenza di massa al terrorismo: chi aveva in mente di percorrere questa strada, lo aveva chiaro fin dall'inizio. E i due percorsi risultano costantemente separati, salvo eccezioni poco più che casuali. In particolare non risulta nemmeno un caso di passaggio al terrorismo dal Movimento studentesco.
La violenza antifascista nacque come autodifesa, come estrema salvaguardia contro forze istituzionali e politiche agguerrite e minacciose. Organizzarsi per difendersi fu una necessità, di fronte all'aggressività di carabinieri e polizia, da una parte, e gruppi fascisti armati di pistole e coltelli, dall'altra.Non è un caso se il prezzo più elevato per la violenza dello scontro sociale lo ha pagato il movimento della Nuova sinistra, lo hanno pagato Saverio Saltarelli, Roberto Franceschi, Claudio Varalli, Giannino Zibecchi, Alberto Brasili e Gaetano Amoroso, tutti i compagni feriti o uccisi negli scontri con le forze dell'ordine e con i fascisti. Solo questi ultimi, qualche volta hanno pagato, come nel caso degli assassini di Brasili. Ma l'assassino di Varalli, Antonio Braggion, pur condannato per eccesso colposo di legittima difesa non ha mai scontato la sua pena. Sentenza curiosa visto che Varalli fu colpito da una pallottola alla nuca.
L'organizzarsi per cercare di non farsi ammazzare finì per disturbare la tranquillità dei manovratori, solleticando la morbosità dei mass media e irritò anche la sensibilità di coloro che magari inneggiano alle rivoluzioni, ma che se vola un pugno gridano al fascismo. Con questo non si vuole assolvere tutto. Vi furono errori ed eccessi che, immancabilmente, sono diventati il pretesto per connotare negativamente il 68 e darne un'immagine riduttiva e falsa. Ma la violenza autodifensiva, ben diversa dal fenomeno del terrorismo, è solo un aspetto di quel periodo che non può definirlo né connotarlo.
Chi, in quegli anni si è impegnato nella politica attiva ha avuto la fortuna di vivere un momento storico di rara intensità, ha partecipato a una rivoluzione culturale che, è vero, non ha toccato i centri del potere reale, ma ha influito profondamente sulla società e sul costume di questo paese, e lo ha migliorato. Ha difeso la democrazia, riconosciuta come un valore, ha contribuito in modo decisivo a creare la consapevolezza di una comunità culturale e di interessi tra tutti i lavoratori, portando un clima di unità tra il mondo del lavoro in fabbrica, i ceti subordinati e le battaglie degli studenti.
La rivoluzione studentesca ha sostenuto con forza l'accidentato cammino dell'emancipazione femminile, guadagnandosi qualche merito anche nelle tante polemiche costruttive e feconde con il movimento femminista e ha diffuso un sentimento di repulsione contro l'imperialismo, il razzismo, il fascismo.
Se in Italia si è cominciato a parlare della Palestina e dei diritti dei palestinesi è stato soprattutto per merito del movimento. E lo stesso è accaduto, probabilmente, su qualsiasi tema o battaglia di avanguardia.
Senza dimenticare di essere giovani, anzi, persone. Per la maggior parte dei militanti il coinvolgimento ideologico non ha minacciato il piacere di vivere e impegnarsi per una o molte cause: il teatro, i concerti, il ballo, gli scherzi si sono integrati con la serietà di un impegno forte per il sogno dell'uguaglianza tra gli uomini, di rapporti più sereni, contrari alla distruttiva frenesia del sistema capitalistico.
I risultati delle rivoluzioni culturali non sono immediati, le trasformazioni sociali avvengono con disarmante lentezza e con processi tutt'altro che lineari e tuttavia l'aspirazione a vivere in un mondo pacificato e sereno, il bisogno di superare la terribile disparità nella distribuzione delle ricchezze, la prospettiva di una soluzione globale per i problemi del mondo, si vanno presentando sempre più chiaramente come vere e proprie necessità, si manifestano come esigenze sempre più attuali e vive, se non come l'unica strada da percorrere per salvarci.
Non ci sarà più un altro sessantotto. Troppo complessa la trama casuale degli elementi che lo hanno reso possibile. Ma le idee forza e le esigenze reali che lo hanno sostenuto sono più che mai operanti, anche se si manifestano in modo diverso. In fondo, la prima testimonianza della vitalità di questi ideali è confermata dall'accanimento con cui i nuovi e i vecchi conservatori li dichiarano "estinti". A nessuno verrebbe in mente di continuare a proclamare la fine di un'idea davvero spenta: le danze intorno al cadavere del nemico durano un giorno, non trent'anni. Se c'è chi strepita è perché sa bene che quelle aspirazioni, quei bisogni sono ancora vivi dentro ognuno di noi e, soprattutto, esistono fuori, nel mondo.
Fotografie di: Gabriella Mercadini, Tano D'Amico, Gianni Berengo Gardin, Francesco Radino, Massimo Perrucci.


fonte: www.pernondimenticare.net

anoressia maschile





Gli uomini manifestano disturbi del comportamento alimentare in una percentuale molto più bassa rispetto a quella della delle donne.
Le ricerche scientifiche riportano un valore di rapporto di 10:1 o di 9:1.
Il 5% - 10% dei soggetti che soffrono di anoressia nervosa sarebbero di sesso maschile.
I disturbi del comportamento alimentare che si manifestano sembrano però essere limitati a sindromi parziali dell’anoressia nervosa (più raramente anche della bulimia).
Potremmo parlare più correttamente, quindi, di disturbi alimentari non altrimenti specificati con una sintomatologia più prossima all’anoressia.
La diagnosi, i fattori predisponenti, la severità del disturbo, le caratteristiche demografiche, sociologiche e psicologiche, il trattamento ed l’esito della sindrome sono simili alle manifestazioni femminili, tuttavia si evidenziano alcune differenze di genere.
La sintomatologia riguarda:
  • ansia legata al peso corporeo e alla possibilità di ingrassare;
  • ansia legata all’assunzione dei pasti;
  • credenza ingiustificata che il peso sia eccessivo e che il malessere soggettivo possa essere contenuto tramite la perdita di peso;
  • eccesso di esercizio fisico;
  • abuso di farmaci per controllare il peso corporeo.
L’esordio del disturbo si colloca intorno ai 19 anni, quindi in età più tardiva rispetto a quella femminile.
Alla sindrome alimentare possono essere associate difficoltà psicologiche come depressione, iperattività, dipendenza da sostanze (soprattutto alcool), paure ingiustificate e ossessioni (Carlat, Camargo e alt,1997), eccesso di perfezionismo, difficoltà nei rapporti interpersonali  (Fernandez-Aranda e alt, 2004).
Rispetto al sesso femminile si osserva però una maggiore capacità nella gestione degli impulsi.
Nelle donne la sindrome anoressica conduce alla scomparsa del menarca, negli uomini questo problema potrebbe essere sostituito da perdita di interesse sessuale, impotenza e abbassamento dei livelli di testosterone. Le ricerche in questo campo sono ancora in evoluzione.
Il disturbo sembra insorgere come reazione ad un precedente periodo di sovrappeso, vissuto dal soggetto con ansia e vergogna a causa delle pressioni familiari e delle vessazioni subite dal gruppo di pari.
Spesso la richiesta di aiuto è tardiva a causa della vergogna aggiuntiva di star manifestando un “disturbo da femmine”.
Questo conduce spesso all’insorgenza di maggiori complicazioni a livello fisico rispetto alla popolazione femminile.
Le preoccupazioni somatiche manifestate dagli uomini sono legate più all’assenza di grasso e alla presenza di una evidente muscolatura piuttosto che allo stretto controllo del peso corporeo. Questo li conduce spesso a non arrivare a perdite di peso gravemente invalidanti come nei casi femminili.
L’attenzione è rivolta soprattutto alla dimensione delle spalle, della vita e delle anche, mentre glutei e cosce non destano in genere preoccupazioni.
Il controllo del peso e della forma corporea è effettuato maggiormente attraverso un eccesso d attività fisica piuttosto che tramite l’abuso di lassativi e diuretici.
L’impulso che spinge gli uomini a concentrare tutte le loro energie sul conseguimento di un fisico perfetto a discapito della famiglia e degli amici è definito Riverse Anorexia.
Le persone inquadrabili in questa sindrome praticano in modo assiduo e compulsivo body building, sport che permette di aumentare considerevolmente la propria massa muscolare.
L’eccessiva attenzione verso la crescita muscolare e l’assenza di grasso sembra essere speculare all’attenzione delle anoressiche verso l’assenza di grasso e l’annullamento del proprio corpo da qui il temine “anoressia inversa”.
 
La famiglia ha un ruolo rilevante nelle genesi del disturbo anche in campo maschile.
L'ambiente familiare pare essere caratterizzato da un'alta richiesta di perfezione; i figli, nel tentativo di rispondere a queste richieste, spesso vivono sentimenti di scarsa autostima ed inadeguatezza.
I padri di maschi anoressici chiedono spesso ai propri figli di eccellere nello sport e di raggiungere un fisico muscoloso e mascolino.
Nelle famiglie con un figlio con disturbi alimentari si riscontrano alte percentuali di separazioni, divorzi e abusi.
La scarsità nei dati reperibili relativi a questo problema è legata non alla sua assenza ma alla mancanza di strumenti di valutazioni tarati sul genere maschile, agli stereotipi culturali e alla difficoltà che incontrano gli uomini che soffrono di questo disturbo nel venire allo scoperto.


fonte: www.anthropsdca.it

domenica 20 ottobre 2013

il mantello dell'invisibilità

Scienziato inglese scopre un materiale che nasconde gli oggetti
La luce viene deviata lambendo l'oggetto che "scompare"

Ecco il mantello che rende invisibili
Una molecola "piega" i fasci luminosi

Utile anche per perfezionare microscopi e fotografie
Negli anni '60 il russo Veselago aveva intravisto la scoperta
di ELENA DUSI

<B>Ecco il mantello che rende invisibili<br>Una molecola "piega" i fasci luminosi</B>
Ecco l'effetto che fa indossare un "mantello invisibile"

ROMA - Non è ancora il mantello che rende trasparente Harry Potter, ma ci stiamo avvicinando. L'immaginifico fisico John Pendry dell'Imperial College di Londra ha trovato la ricetta dell'invisibilità. Il suo segreto - spiega su Science - sta in un materiale capace di piegare la luce a proprio piacimento. Una superficie con proprietà elettromagnetiche tali da deviare i fasci luminosi, farsene lambire e poi costringerli a tornare nella direzione originaria: come se l'oggetto attraversato non esistesse.

Questa danza della luce, descritta in maniera convincente al tavolino, sul piano pratico è stata tradotta solo in rozzi prototipi, finanziati tra gli altri dal dipartimento della difesa Usa. Appaiono come cerchi, spirali, cilindri e minuscole sfere affiancati tra loro o immersi in materiali dalle proprietà elettromagnetiche simili all'aria.

"Credevamo di aver scoperto tutto sull'elettromagnetismo" dice Roberto Olmi dell'Istituto di fisica applicata del Cnr di Firenze. "Fino a quando non si è aperta la strada ai metamateriali: strutture che assumono proprietà fisiche sconosciute in natura, grazie a una particolare disposizione delle componenti microscopiche".

Se immergiamo un bastone nell'acqua ci appare spezzato. "Da un bastone immerso in un metamateriale si otterrebbe un'immagine opposta rispetto a quella riflessa dall'acqua. In termini tecnici diciamo che puntiamo a ottenere un indice di rifrazione negativo" spiega Olmi. Toccando i tasti giusti su questo pianoforte, è possibile rendere trasparenti tutti gli oggetti. "Per il momento - prosegue il ricercatore del Cnr - sapremmo farlo solo "cancellando" un colore alla volta. Ma sovrapponendo strati diversi del metamateriale adatto, ognuno specifico per un colore, potremmo realizzare il vero mantello invisibile".

L'oggetto si presenterà come un puzzle di strutture geometriche simili ad anelli aperti e minuscoli cilindri. Ognuno di essi sarà capace di catturare e deviare il proprio fascio di luce. Anche se, come spiega Pendry, utilizzare il mantello sarà tutt'altro che facile: "Per essere invisibili dobbiamo indossarlo, ma se lo indossiamo non possiamo guardare fuori. Senza contare la difficoltà di ritrovarlo dopo averlo tolto".

I risultati raggiunti oggi partono da lontano. "Alla fine degli anni '60 - racconta Giuseppe Molesini dell'Istituto nazionale di ottica applicata del Cnr - il fisico russo Victor Veselago aveva teorizzato tutto questo, senza avere nessuno dei mezzi di cui disponiamo oggi. I suoi studi sono stati ripresi solo trent'anni più tardi. Molte delle prove sperimentali dimostrano che aveva visto giusto". Se poi il mantello invisibile dovesse risultare del tutto inutile, i metamateriali potranno sempre servire a costruire microscopi potenti e fotografie tecnicamente perfette.

(26 maggio 2006)


fonte: www.repubblica.it

gli angeli del ciclostile

FEMMINISMO E MOVIMENTI FEMMINILI NEI PARTITI POLITICI IN ITALIA - 13
PARTE TERZA - IL MOVIMENTO FEMMINISTA DEGLI ANNI SESSANTA
Capitolo 3 - Gli angeli del ciclostile

LAURA

La contestazione degli studenti non si é incontrata con i partiti della sinistra italiani che tacciavano i leader studenteschi (l’assemblearismo aveva creato i suoi leader), di essere in realtà semplicemente dei radicali borghesi individualisti. Men che mai si sono incontrati con gli altri partiti.
C’erano anche le studentesse, la maggior parte marginalizzate in ruoli di supporto logistico a preparare e diffondere i ciclostilati, insofferenti a questo ruolo polemicamente si auto-definivano “gli angeli del ciclostile”, visto che le loro mamme e le loro nonne, erano definite “angeli del focolare”.
C’è chi dice che nel “movimento studentesco” era il femminismo a lanciare i messaggi più rivoluzionari che riguardava il rapporto tra i sessi.
Era nel Movimento femminista la vera rivolta contro i “valori” fondanti della famiglia patriarcale gerarchicamente organizzata, dove per millenni le donne dovevano apparire sottomesse, etichettate e definite dalla società maschilista come “vergini” da sposare e rendere madri legittime, ovvero “puttane” di vario rango, con un certo fascino per la clientela maschile.
Questa libertà sessuale ricercata nel movimento studentesco, teorizzata dal movimento femminista che rivendicava anche per le donne il piacere sessuale, distinto dal dovere o dalla eventualità della procreazione, trovava in realtà abbastanza sprovvedute le ragazze rispetto all’aggressività dei loro compagni, alimentata dalla cultura maschile consolidata nei millenni. Claudia, che si era laureata in legge nel 1969, ricorda che i compagni, che magari frequentavano prostitute, irridevano la loro ritrosia a concedersi come tradimento al femminismo professato.
LUCIA aggiunge: Negli anni settanta sfilavano nei cortei del movimento femminista. Tante giovani dalle lunghe e variopinte sottane, gli zoccoli ai piedi. Questi cortei non avevano nulla a che fare con quelli degli studenti che con varie sigle - Movimento Studentesco, Servire il Popolo, Autonomia Operaia, Avanguardia Operaia, Potere Operaio, in contrapposizione con i picchiatori fascisti dell' Movimento Sociale Italiano - mettevano le premesse al terrorismo.
Il Movimento femminista, nelle sue varie manifestazioni, spesso non collegate tra loro ed in competizione culturale, si ispirava alle elaborazioni dei gruppi di studio e di ricerche che si consolidavano nei collettivi.
Produceva elaborazione storiche sociologiche psicologiche sulla situazione delle donne nel passato e nel presente. Non si poneva il problema di organizzarsi per accedere al “potere”: si presentava piuttosto come una “filosofia” che spesso usava un linguaggio complicato: al fondo esprimeva una aspirazione di libertà e di pace che si calava direttamente nel cuore delle donne.

Studiava la situazione delle donne nelle civiltà antiche e nella mitologia, e propugnava la libertà di scelta delle donne nella sessualità e nella scelta della maternità.
La parte più strutturata era il "Movimento di Liberazione della Donna", vicino al Partito radicale, che si è adoprato per raccogliere le firme di una proposta di legge sulla liberalizzazione di anticoncezionali e depenalizzazione dell’aborto.

 Il Movimento, nelle sue diverse sfaccettature, proponeva ai partiti riforme sconvolgenti; si incontrava con le donne di partiti per discutere sulle interconnessioni tra realtà economiche, sociali, dimostrando che il potere non opera soltanto attraverso la coercizione delle leggi maschiliste, ma anche attraverso le relazioni strutturate o violente della produzione e della riproduzione (anche dei figli).
Nei governi al potere e nei centri di creazione della ricchezza le persone sono definite nel confini dei diritti dei doveri a seconda del sesso cui appartengono. La contestazione studentesca è stata una “rivoluzione” mancata che si è conclusa alla gattopardo per i “leader” che si sono “istituzionalizzati”, confluendo nei partiti più o meno progressisti.
Alcuni dei contestatori si sono dedicati al volontariato, altri all’ecologia, ma in Italia non è nato un partito dei verdi organizzato.
Una minoranza di contestatori violenti hanno continuato a teorizzare la violenza.
La massa dei contestatori che andavano in piazza è tornata alla routine quotidiana con nel cuore il sogno svanito di modificare i rapporti di potere nella società.
Anche le femministe, in gran parte, dopo aver partecipato ai cortei, tornavano alle loro famiglie ma non abbandonavano i loro studi.
Ripercorrendo quello che è stato scritto e registrato nei vari collettivi e si trova ancora nelle varie biblioteche delle donne, ci troviamo di fronte a elaborazioni storiche, politiche, economiche che costituiscono la base di una importante analisi tesa a modificare significativamente i rapporti di potere a partire dall’interno delle famiglie.
Una analisi che inizia dal privato, fondata su quella che si chiamava la “liberazione sessuale” ormai consentita dal progresso delle conoscenze mediche e psicologiche.

venerdì 18 ottobre 2013

la riforma Fornero




estratto da Wikipedia:


La riforma delle pensioni Fornero, detta anche Riforma Fornero, nell'ambito del sistema pensionistico obbligatorio italiano è una riforma previdenziale delle assicurazioni sociali obbligatorie approvata con l' art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 detto "Salva Italia" dalla coalizione di partiti che sostenevano il governo Monti composta da PD, PDL, Unione di Centro e Futuro e Libertà per l'Italia ed altre liste minori.
Essendo il sistema pensionistico obbligatorio finanziato con l'imposizione fiscale (contributi previdenziali e trasferimenti dello Stato) e con la gestione finanziaria a ripartizione, in un periodo di grave crisi finanziarie dello Stato Italiano, la riforma delle pensioni Fornero operava una correzione dei conti pubblici sia nel breve periodo che nel lungo periodo realizzando quindi anche una riforma strutturale del sistema pensionistico obbligatorio. Interventi che dal lato delle entrate hanno previsto anche l'aumento delle aliquote contributive pensionistiche di finanziamento con conseguente aumento del cuneo fiscale per le categorie interessate di commercianti, artigiani e agricoltori. Nel 2013, l'ISTAT rilevava che il rapporto tra le spesa pensionistica ed il PIL era comunque aumentato al 16,85% nel 2011 di circa due punti percentuali rispetto al periodo del 2007 ove era al 15,03%, livello che la Riforma Fornero si prefiggeva di stabilizzare.

Lo scenario italiano di fine 2011 all'approvazione della Riforma Fornero

La riforma del sistema pensionistico obbligatorio viene realizzata in un momento di grave crisi finanziaria dello Stato Italiano quando si sono rese necessarie correzioni significative delle spese e delle entrate. La concomitanza di una crisi che si trascinava dal 2007 con una caduta del PIL e l'aumento della pressione fiscale non erano sufficienti a compensare l'aumento dell'incidenza della spesa pensionistica sul PIL in base alle norme previgenti e quindi alle promesse pensionistiche fatte dalla politica. Il governo italiano ha quindi deciso di intervenire sulla spesa pensionistica sia nel breve che nel lungo periodo aggiornando la legge speciale sulle assicurazioni sociali obbligatorie.

I punti salienti della riforma in sintesi

Assicurazione sociale obbligatoria per la vecchiaia

Il primo effetto della Riforma delle pensioni Fornero è quello di far entrare definitivamente in vigore a 17 anni dalla sua introduzione con la riforma Dini, il calcolo della pensione di vecchiaia con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata. Quindi dal 1/1/2012 si ha:

Introduzione, dal 1/1/2012, del calcolo della quota di pensione di vecchiaia per i contributi versati da tale data, con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata per i fondi che usavano ancora il metodo di calcolo retributivo o pro-rata (v. comma 2);

chi nel 1996 (A.G.O.) aveva più di 18 anni di contributi versati, calcola la pensione di vecchiaia solo con il metodo di calcolo retributivo per i contributi versati fino al 2011 e con il metodo di calcolo contributivo per i contributi versati dal 1/1/2012 (passa cioè al pro-rata dal 1/1/2012). Quindi fino al 31/12/2011 la maggioranza degli italiani hanno la pensione calcolata con il metodo di calcolo retributivo;

chi nel 1996 (A.G.O.) aveva meno di 18 anni di contributi versati, calcola la pensione di vecchiaia con il metodo pro-rata, dal 1996. Questa categoria inizierà ad andare in pensione dopo il 2020 circa;
chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 (A.G.O.), calcola la pensione di vecchiaia solo con il metodo di calcolo contributivo. Questa categoria inizierà ad andare in pensione dopo il 2035;

Introduzione, dal 1/1/2012, della pensione di vecchiaia con le nuove regole (commi seguenti) e della pensione anticipata, che prima non esisteva. Fine della pensione di vecchiaia e anzianità con le vecchie regole (v. comma 3).
In conclusione, fino alla riforma Fornero, e per molti anni ancora, la sostenibilità fiscale del sistema pensionistico italiano sarà condizionata dalle generose prestazioni previste dalla normativa vigente nonostante la riforma Dini.

La stabilizzazione dei conti pubblici nel medio lungo periodo

Così come la Riforma Dini ha introdotto il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata nel 1995, per alcune categorie di lavoratori, iniziando la correzione della crescita del debito pensionistico latente, ma non essendo ancora entrato a regime non ha avuto alcun effetto sulla sostenibilità fiscale degli enti previdenziali. La riforma delle pensioni Fornero, ha posto fine alla crescita del debito pensionistico latente con l'estensione a tutti i lavoratori, siano essi dipendenti o autonomi o liberi professionisti, del metodo di calcolo contributivo per l'anzianità contributiva maturata a partire dal 1/1/2012 (v. c. 2 art. 24). Ciò è dovuto al fatto che a differenza del metodo di calcolo retributivo che restituiva una riserva matematica maggiore rispetto a quanto versato dal singolo iscritto essendo tale metodo svincolato dai contributi, ma legato al reddito, il metodo di calcolo contributivo tende a restituire quanto versato e quindi tende a non ingenerare negli iscritti esagerate aspettative pensionistiche o a credere ad insostenibili promesse pensionistiche. Quindi in futuro, le manovre economiche che dovranno eseguire gli enti previdenziali, a meno di squilibri economici o demografici, saranno dovuti tendenzialmente allo smaltimento del debito previdenziale latente pregresso.

La stabilizzazione dei conti pubblici nei bilanci correnti

Il blocco della perequazione per gli anni 2012-2013, previsto al comma 25, insieme all'innalzamento dell'età pensionabile, previsto al comma 6, hanno determinato un risparmio della spesa previdenziale e quindi un riequilibrio del bilancio dello Stato.

La riforma nell'articolo 24 del decreto "Salva Italia"

Art. 24 Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici
I contenuti della legge, spiegati comma per comma.

Comma 1 - principi

comma1

Lo scopo della riforma previdenziale è quello di garantire la stabilità economico-finanziaria dello Stato e la sostenibilità fiscale del sistema pensionistico obbligatorio in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo, in conformita' dei seguenti principi e criteri:

a) equita' e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi e clausole derogative soltanto per le categorie più deboli;

b) flessibilita' nell'accesso ai trattamenti pensionistici anche attraverso incentivi alla prosecuzione della vita lavorativa;

c) adeguamento dei requisiti di accesso alle variazioni della speranza di vita; semplificazione, armonizzazione ed economicita' dei profili di funzionamento delle diverse gestioni previdenziali.

comma 2 - estensione del metodo di calcolo contributivo

comma2

A decorrere dal 1º gennaio 2012, con riferimento alle anzianita' contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianita' è calcolata secondo il sistema contributivo.
Con questa norma entra in vigore il metodo di calcolo contributivo pro-rata anche per quelli che ne erano rimasti esenti con la Riforma Dini e precisamente chi nel 1996 aveva maturato 18 anni di anzianità contributiva. Per le anzianità contributive maturate dal 2012 non c'è più l'aumento del debito pensionistico latente come accadeva con la vigenza del metodo di calcolo retributivo che restituiva una pensione di vecchiaia ove l'aliquota contributiva pensionistica di computo era sempre maggiore dell'aliquota contributiva pensionistica di finanziamento.

comma 3 - fissa il termine di vigenza delle vecchie regole e di decorrenza delle nuove pensioni

comma3

Per chi matura entro il 31 dicembre 2011 i requisiti di età per il pensionamento di vecchiaia e di anzianità contributiva previsti dalla normativa precedente alla riforma Fornero, continua a conseguire la prestazione previdenziale secondo detta normativa sia in termini di diritto di accesso e alla decorrenza della pensione di vecchiaia e della pensione di anzianità
Le nuove prestazioni previdenziali previste a partire dal 1 gennaio 2012 sono:

a) «pensione di vecchiaia», conseguita esclusivamente sulla base dei requisiti di cui ai commi 6 e 7, salvo quanto stabilito ai commi 14, 15-bis e 18;

b) «pensione anticipata», conseguita esclusivamente sulla base dei requisiti di cui ai commi 10 e 11, salvo quanto stabilito ai commi 14, 15-bis, 17 e 18.

comma 4 - Pensioni AGO destinatari della riforma e incentivi al posticipo del pensionamento

comma4

Elenco dei destinatari delle norme del presente articolo:

Iscritti all'AGO;
Iscritti a forme esclusive e sostitutive dell'AGO;
Iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Sono previsti incentivi al posticipo del pensionamento.

comma 5 - esclusione da precedenti normative per i destinatari della riforma

comma5

comma 6 - pensioni A.G.O. requisiti anagrafici per ottenere la pensione

comma6

A) Requisiti anagrafici per le lavoratrici dipendenti iscritte all'AGO per accedere al pensionamento
decorrenza età minima

dal 1/1/2012 62 anni
dal 1/1/2014 63 anni e 6 mesi
dal 1/1/2016 65 anni
dal 1/1/2018 66 anni

B) Requisiti anagrafici per le lavoratrici autonome iscritte all'AGO per accedere al pensionamento e per le lavoratrici gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
decorrenza età minima

dal 1/1/2012 63 anni e 6 mesi
dal 1/1/2014 64 anni e 6 mesi
dal 1/1/2016 65 anni e 6 mesi
dal 1/1/2018 66 anni

C) Requisiti per i lavoratori dipendenti e per le lavoratrici dipendenti di cui all'articolo 22-ter, comma 1, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78
decorrenza età minima

dal 1/1/2012 66 anni

D) Requisiti d. per i lavoratori autonomi la cui pensione e' liquidata a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335
decorrenza età minima

dal 1/1/2012 66 anni

comma 7 - pensioni A.G.O. anzianità contributiva minima per conseguire la pensione e pensione minima

comma7

Requisiti per la pensione di vecchiaia
Requisito parametro
anzianità contributiva 20 anni
importo pensione non inferiore a (1) 1,5 volte l'assegno sociale(2)
(1) per i lavoratori iscritti all'AGO dopo il 1/1/1996. (2) assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
oppure
Requisiti per la pensione di vecchiaia
Requisito parametro
età per il pensionamento di vecchiaia 70 anni
anzianità contributiva 5 anni

comma 8 - posticipo del requisito anagrafico per ottenere l'assegno sociale

comma8

decorrenza aumento di età per ottenere l'assegno sociale
dal 1/1/2018 un anno

comma 9 - pensioni A.G.O. età pensionabile a 67 anni dal 2021

comma9

Lavoratori destinatari: v. comma 4
decorrenza età per il pensionamento di vecchiaia
dal 1/1/2021 67 anni

comma 10 - pensioni A.G.O. requisiti per conseguire la pensione anticipata e modalità di decurtazione della rata

comma10

A) Requisiti di anzianità contributiva per l'accesso alla pensione anticipata
Destinatario lavoratore uomo
decorrenza anzianità contributiva minima

dal 1/1/2012 42 anni e mesi 1
dal 1/1/2013 42 anni e mesi 2
dal 1/1/2014 42 anni e mesi 3

Destinatario lavoratore donna
decorrenza anzianità contributiva minima

dal 1/1/2012 41 anni e mesi 1
dal 1/1/2013 41 anni e mesi 2
dal 1/1/2014 41 anni e mesi 3

B) Decurtazione della rata per la quota calcolata con il metodo di calcolo retributivo
Percentuale di decurtazione
età di accesso al pensionamento percentuale di decurtazione della rata

61 anni 1%
60 anni 2%
59 anni 4%
58 anni 6%
57 anni 8%
per ogni anno in meno riduzione del 2% in più

comma 11 - pensioni AGO altri requisiti per conseguire la pensione anticipata

comma11

Lavoratori destinatari: iscritti all'AGO dopo il 1/1/1996
anzianità contributiva minima importo minimo della rata
20 anni 2,8 volte l'assegno sociale

comma 12 - aggiornamento di altre norme e adeguamento alle speranze di vita dei precedenti requisiti contributivi e anagrafici

comma12

comma 13 - adeguamenti biennali agli incremente della speranza di vita dopo il 2019

comma13

comma 14 - esodati 1

comma14

comma 15 - esodati 2

comma15

comma 15-bis - eccezioni per il pensionamento

comma15-bis

A) Lavoratori destinatari: dipendenti iscritti all'AGO e forme sostitutive per avere la pensione anticipata con 64 anni di età anagrafica
requisito parametro
anzianità contributiva 35 anni al 31/12/2012
maturazione requisiti pensionistici ai sensi della tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, e s.m.i. al 31/12/2012

B) Lavoratori destinatari: lavoratrici per avere la pensione la pensione di vecchiaia a 64 anni in aggiunta a quanto previsto dal comma 6 lett. a se più favorevole
requisito parametro
anzianità contributiva 20 anni al 31/12/2012
età anagrafica 60 anni al 31/12/2012

comma 16 - aggiornamento dei coefficienti di trasformazione in rendita

comma16

Si estende l'aggiornamento triennale dei coefficienti di trasformazione in rendita fino a 70 anni e oltre tenendo conto dell'allungamento della speranza di vita.
Gli aggiornamenti dei coefficienti di trasformazione in rendita, successivi a quello decorrente dal 1º gennaio 2019 sono effettuati con periodicità biennale.

comma 17 - addetti alle lavorazioni faticose e pesanti

comma17

comma 17-bis - segue comma 17

comma17-bis

comma 18 - incremento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento

comma18

Fissa la data del 31/10/2012 per l'emanazione di un regolamento con le misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonche' dei rispettivi ordinamenti,
per i lavoratori di cui:

A)all'articolo 78, comma 23, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché ai rispettivi dirigenti;

B)al personale di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, nonché ai rispettivi dirigenti;

C)di cui alla legge 27 dicembre 1941, n. 1570, nonché ai rispettivi dirigenti;

D)lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488(salvo quanto indicato al comma 3, primo periodo)

comma 19 - modifiche al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 42

comma19

comma 20

comma20

comma 21 - contributo di solidarietà a carico dei pensionati dal 2012 al 2017

comma21

comma 22 - aumento delle aliquote di finanziamento e di computo per commercianti e artigiani

comma22

Destinatari: lavoratori artigiani e commercianti iscritti alle gestioni autonome dell'INPS
Aliquota contributiva pensionistica di finanziamento e di computo
decorrenza incremento di aliquota contributiva pensionistica di finanziamento e di computo

dal 1/1/2012 1,30%
dal 1/1/2013 0,45%
dal 1/1/2014 0,45%
dal 1/1/2015 0,45%
dal 1/1/2016 0,45%
dal 1/1/2017 0,45%
dal 1/1/2018 0,45%

comma 23 - aumento delle aliquote di finanziamento e di computo per coltivatori diretti e simili

comma23

comma 24 - verifica della sostenibilità delle casse dei professionisti

comma24

Questo comma riguarda le casse di previdenza dei liberi professionisti, e più direttamente quelle trasformate ai sensi del D.Lgs. 509/1994. Infatti, quelle nate ai sensi del D.Lgs. 103/1996 prevedono la determinazione della pensione di vecchiaia secondo il metodo di calcolo contributivo fin dalla loro istituzione e soprattutto non hanno un debito previdenziale latente accumulato in quanto il patrimonio, fin dalla loro istituzione, copre la riserva matematica relativa agli iscritti.
Diverso è invece il discorso per le casse di previdenza dei liberi professionisti trasformate ai sensi del D.Lgs. 509/1994, in quanto le stesse erogano fin dalla loro trasformazione pensioni di vecchiaia calcolate con il metodo di calcolo retributivo e le stesse hanno accumulato enormi debiti previdenziali latenti.
La normativa precedente prevedeva la verifica della sostenibilità solo fino a 30 anni e soprattutto in termini di saldo totale.
Il comma 24 prevede che i bilanci tecnici attuariale siano verificati in termini di saldo previdenziale ossia la differenza tra le entrate contributive e le spese per le prestazioni previdenziali sia positiva in un arco temporale di 50 anni.
La norma ha un duplice scopo.
Cercare di ridurre le generose prestazioni attuali e prevedere nel lungo periodo la verifica della adeguatezza delle prestazioni pensionistiche.
Eliminare il patrimonio di questi enti dalla verifica della sostenibilità per limitare il trasferimento di risorse dai lavoratori attivi ai pensionati dato il già favorevole rapporto pensionati/iscritti.
Con questa norma la Riforma Fornero ha creato il presupposto per l'assorbimento del patrimonio degli enti, da parte dello Stato centrale che è comunque garante della erogazione delle prestazioni pensionistiche.

comma 25 - sospensione della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici per il 2012 e il 2013

comma25

A) Lavoratori destinatari: pensionati all'AGO e forme sostitutive per avere rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per gli anni 2012 e 2013
importo pensione rivalutazione

fino a 3 volte importo trattamento minimo INPS 100%
fino a 3 volte importo trattamento minimo INPS rivalutato rivalutazione fino a 3 volte il trattamento minimo INPS rivalutato
superiore a 3 volte importo trattamento minimo INPS rivalutato nessuna rivalutazione

comma 26

comma26

comma 27

comma27

comma 27-bis

comma27-bis

comma 28 - commissione di valutazione per forme di accesso graduale al pensionamento e forme di decontribuzione

comma28

Si istituisce una commissione che valuti:

A) forme di gradualità nell'accesso al trattamento pensionistico determinato secondo il metodo contributivo rispetto a quelle previste dal presente decreto;

B) forme di decontribuzione parziale dell'aliquota contributiva obbligatoria verso schemi previdenziali integrativi in particolare a favore delle giovani generazioni.

comma 29 - educazione previdenziale

comma29

E' prevista la diffusione di programmi, in particolare tra le giovani generazioni, per renderli consapevoli della necessità dell'accantonamento di risorse a fini previdenziali, in funzione dell'assolvimento del disposto dell'art. 38 della Costituzione.

comma 30 - tavolo di confronto sugli ammortizzatori sociali

comma30

comma 31 - tassazione indennità fine rapporto eccedente 1.000.000 €

comma31

comma 31-bis

comma31-bis

I risparmi della manovra economica

Come ogni riforma previdenziale dei sistemi previdenziali con gestione a ripartizione, la variazione delle norme serve per mantenere l'equilibrio tra le entrate fiscali che finanziano il sistema pensionistico e le uscite costituite dalle prestazioni previdenziali ed assistenziali. La riforma delle pensioni Fornero, è previsto che porterà ad una correzione dei conti per 20 miliardi di euro.

Giulia Spizzichino




ROMA  -  "Né gioia, né tanto meno dolore. La sua morte mi lascia totalmente indifferente". Giulia Spizzichino, 87 anni, ebrea romana, figlia di un commerciante di stoffe, ha perso gran parte della sua famiglia nell'eccidio delle Fosse Ardeatine e nei campi di sterminio in Germania. Tutto il ramo materno, i "Di Consiglio": 26 persone tra cui 11 bambini, è stato ucciso dai nazisti. Sette solo nella strage del marzo '44.

È morto Priebke, l'ufficiale delle SS...

"È arrivato fino a 100 anni, si rende conto? Io avevo 17 anni all'epoca e nel giro di pochi mesiho perso decine di familiari, molti uccisi dal suo fucile. E io non riesco a farmene una ragione. Vivo di pane e Shoah".

A tutti i processi di Priebke in Italia è sempre stata in prima fila. Cambierà qualcosa con la sua morte?

"La sua morte mi lascia indifferente. Sono io che non trovo pace. A volte mi dico che a 87 anni dovrei tranquillizzarmi e invece mi continuo a svegliare la notte perché mi ritornano tutti in mente, il nonno Mosè, gli zii Cesare e Salomone, i cugini Franco e Marco, Giovanni, il bimbo di 18 giorni. Questo dolore lo voglio tenere tutto per me".

Lei come si salvò?

"Chi consegnò la mia famiglia alla morte era un italiano, Leonardo Leonardi. Ogni ebreo valeva 5mila lire. Quando arrivò il camion dei fascisti, io con mio padre e mia madre eravamo già andati a dormire nel minuscolo appartamento di una zia che era a Madonna dei Monti davanti a quello degli altri miei cugini e non sapevano che stavamo nascosti lì".

L'ufficiale non ha mai rinnegato il suo passato, neanche nella sua ultima auto-intervista. Si aspettava un gesto di pentimento?

"È rimasto un nazista convinto. Quando veniva a Roma amava fare colazione con cornetto e cappuccino nella zona del Pantheon, non è mai andato a portare un fiore a tutte quelle vittime".

Lei è andata fino in Argentina per sostenere l'estradizione di Priebke...

"Nel 1994 sono arrivata a San Carlos de Bariloche per richiedere la sua estradizione per crimini contro l'umanità. In questo paesino sembrava che nessuno conoscesse l'esatto passato dell'ufficiale. Per fortuna non l'ho mai incontrato, almeno questa sofferenza mi è stata risparmiata. Tutte le mie memorie sul viaggio sono scritte nel libro "La farfalla impazzita" che, durante un'udienza, ho voluto regalare a Papa Francesco".


fonte: www.repubblica.it